AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 18 dicembre 2020, n. 604
IVA – Interventi diretti alla riqualificazione energetica di edifici – Aliquota applicabile
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La Società (di seguito la Società o l’Istante) opera in diversi settori commerciali ed è leader nella gestione dei servizi energetici e tecnologici anche per il mercato pubblico, tra cui sono compresi i settori della sanità, della pubblica amministrazione centrale e locale, nonché gli istituti d’istruzione. Nell’ambito dell’istruzione, la Società si occupa non solo di grandi progetti ex-novo, ma anche della ristrutturazione e dell’adeguamento di strutture complesse già esistenti.
Nello specifico, l’A.T.I. – , di cui l’istante è parte, ha partecipato ad una gara d’appalto a procedura aperta, indetta dall’Università (d’ora in avanti “l’Università” o “il Committente”) per la realizzazione dei lavori di riqualificazione energetica degli edifici del complesso universitario, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 95, c. 6 e 13, del D. Lgs. n. 50/2016 e s.m.i.
A seguito dell’approvazione della proposta avanzata, l’A.T.I. è stata dichiarata aggiudicataria della citata procedura.
Pertanto, la Società, quale Capogruppo/Mandataria dell’A.T.I. aggiudicataria, in forza di mandato collettivo speciale con rappresentanza, ha proceduto, in data …, alla stipula del contratto d’appalto relativo alla gara di cui sopra con l’Università, avente ad oggetto una serie “di interventi di riqualificazione energetica di tutti gli edifici del complesso universitario (…), tali da ridurre i consumi energetici e ridurre le emissioni di CO2 e predisposti a valle della elaborazione delle diagnosi energetiche dei fabbricati con l’individuazione degli interventi utili al miglioramento dell’efficienza degli stessi”.
Si tratta di un insieme sistematico di interventi di recupero (tra i quali, a titolo di esempio, il rifacimento del controsoffitto, degli impianti di scolo, ecc.) che, nel loro insieme, sono finalizzati all’efficientamento energetico degli edifici universitari.
Come previsto nel contratto, nelle more della stipula, la società ha ricevuto in consegna i luoghi e ha dato avvio all’esecuzione anticipata dei lavori, che, ad oggi, sono completamente ultimati.
Si precisa, inoltre, che la società ha fatturato anticipatamente solo parte del corrispettivo pattuito ed ha ricevuto da parte dell’Università una dichiarazione in cui si attesta che i lavori oggetto del contratto d’appalto rientrano nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’art. 31, c.1, lett. d), della L. 457/78, oggi recepito all’interno del “Testo Unico dell’Edilizia” (D.P.R. n. 380/2001), e, pertanto, sono assoggettabili ad aliquota ridotta del 10% ai sensi del n. 127-quaterdecies), della Tabella A, parte III, allegata al d.P.R. 633/72.
A tal proposito, evidenzia che il legislatore italiano si è avvalso della facoltà riconosciuta dalla Direttiva 112 del 2006, agevolando determinati interventi di recupero, mediante un rinvio diretto alle norme sull’edilizia residenziale, al fine di favorire la rivalorizzazione degli edifici degradati. In sostanza, a prescindere dalla natura dei soggetti che pongono in essere le prestazioni e dalla destinazione d’uso dell’immobile, l’agevolazione si applica agli interventi di restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia, esclusi quelli di manutenzione ordinaria e straordinaria.
Diversamente, l’aliquota ridotta al 10% si applica agli interventi di manutenzione (ordinaria e straordinaria) effettuati su fabbricati a prevalente destinazione abitativa ai sensi dell’ articolo 7, comma 1, lett. b), L. 488/1999.
L’Istante, tuttavia, segnala che la legge 10/1991, recante l’attuazione del piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia (L. 10/1991), a sua volta, all’art 26, 1°comma, recita testualmente: “Gli interventi di utilizzo delle fonti di energia di cui all’articolo 1 in edifici ed impianti industriali (…) sono assimilati a tutti gli effetti alla manutenzione straordinaria di cui agli articoli 31 e 48 della legge 5 agosto 1978, n. 457”. Per effetto di tale assimilazione i lavori di riqualificazione energetica sono inquadrabili nell’ambito della manutenzione straordinaria.
Pertanto, basandosi esclusivamente sulla citata previsione contenuta nelle norme del settore edilizio ed energetico al fine di delineare il perimetro applicativo dell’agevolazione in esame, si perviene alla conclusione che i lavori di riqualificazione energetica oggetto del presente interpello ne restano esclusi e sono, invece, assoggettabili ad aliquota ordinaria.
D’altra parte, l’Istante evidenzia che le disposizioni nazionali in tema di aliquote agevolate devono essere interpretate in conformità delle norme e dei principi sovranazionali che esse recepiscono.
Si rende, quindi, necessaria una lettura dell’agevolazione di cui al n. 127- quaterdecies in combinato disposto con gli artt. 98, 110 e dell’Allegato III della Direttiva 2006/112/CE.
A tal riguardo, A evidenzia che la Corte di Giustizia ha più volte sottolineato che lo scopo delle agevolazioni consiste nel favorire i beni e servizi ritenuti necessari e che la facoltà prevista dalla Direttiva IVA di applicare l’aliquota ridotta è strettamente connessa alla funzione sociale che gli stessi rivestono. Per quanto concerne, in particolare, il n. 10 dell’Allegato III della Direttiva IVA, con la pronuncia del 4 giugno 2015, C-161/14, Commissione/Regno Unito, i giudici comunitari hanno sottolineato che non tutte le cessioni, le costruzioni, i restauri e le trasformazioni di edifici sono agevolabili, ma soltanto quelli relativi ad abitazioni o servizi forniti nell’ambito della politica sociale e, tra queste, rientrano le operazioni dirette a migliorare la qualità dell’edificio e, di conseguenza, delle persone che ne fruiscono.
Pertanto, in una lettura unionalmente orientata del n. 127- quaterdecies, il rinvio alle norme sull’edilizia contenuto nella disposizione agevolativa è compatibile con la disciplina comunitaria nella misura in cui esclude gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria che siano privi della finalità di politica sociale. In quest’ottica, tuttavia, gli interventi diretti alla riqualificazione energetica di edifici universitari, oggetto del presente interpello, rientrerebbero nell’ambito applicativo dell’aliquota ridotta al 10%, in quanto dotati della funzione sociale sancita a livello comunitario.
Precisa, inoltre, che, per le operazioni in esame, il soggetto tenuto al versamento dell’IVA è il committente, che, in quanto ente pubblico, rientra nell’ambito di applicazione del meccanismo dello split payment di cui all’art. 17-ter del d.P.R. 633/72.
L’art. 17-ter del d.P.R. 633/72 stabilisce che, per le cessioni di beni e le prestazioni i servizi effettuate nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni, “per le quali i cessionari o committenti non sono debitori d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia d’imposta sul valore aggiunto, l’imposta è in ogni caso versata dai medesimi secondo modalità e termini fissati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze”.
Tale meccanismo influisce inevitabilmente sulle modalità di adempimento degli obblighi previsti dalla disciplina in materia di IVA.
In particolare, secondo quanto disposto dall’art. 2 del DM 23 gennaio 2015, il fornitore, in relazione alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nei confronti della Pubblica Amministrazione, ha l’obbligo di:
– emettere fattura nei modi ordinari, indicando l’aliquota IVA, con l’annotazione “scissione dei pagamenti”, ovvero “split payment” ai sensi dell’art. 17-ter del d.P.R. 633/72;
– annotare nei registri IVA vendite le fatture emesse con l’indicazione dell’imposta ivi applicata.
Inoltre, atteso che l’onere del versamento è ribaltato in capo al destinatario dell’operazione, l’IVA:
– non confluisce nelle liquidazioni periodiche del cedente o prestatore;
– non deve essere indicata neppure nella dichiarazione IVA annuale di quest’ultimo.
Infatti, nella dichiarazione IVA, al rigo VE38, viene riportato solo l’importo relativo all’imponibile delle operazioni attive effettuate in regime di split payment, le quali finiscono per incidere solo sul volume d’affari complessivo e non sulla determinazione del credito o debito d’imposta.
D’altro canto, invece, la Pubblica Amministrazione destinataria delle operazioni:
– qualora abbia effettuato gli acquisti nell’ambito delle proprie attività istituzionali, provvede al versamento diretto dell’IVA nei modi e tempi previsti;
– qualora, invece, abbia effettuato gli acquisti di beni e servizi nell’esercizio di attività commerciali e sia un soggetto passivo ai fini IVA, ha l’obbligo di annotare le fatture nei registri di cui agli artt. 23 e 24 del d.P.R. 633/72 e di registrare le fatture nel registro acquisti di cui all’art. 25 del d.P.R. 633/72 ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA in sede di liquidazione periodica. Tali acquisti confluiranno, di conseguenza nella dichiarazione annuale, tra le operazioni ammesse in detrazione.
Il meccanismo dello split payment determina, dunque, una “scissione” tra soggetto debitore d’imposta nei confronti dell’Erario e soggetto tenuto al versamento, ossia il cessionario o committente.
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare 15/E del 13 aprile 2015 e la risoluzione n.75/E del 14 settembre 2016, ha chiarito che “il meccanismo della scissione dei pagamenti non fa venir meno in capo al fornitore la qualifica di debitore d’imposta in relazione all’operazione effettuata nei confronti dell’ente pubblico” e rappresenta un mero “trasferimento in termini di obbligo di versamento che non comporta la traslazione della soggettività passiva”.
In altre parole, il suddetto meccanismo rappresenta una mera delega di pagamento dell’imposta, per la quale l’unico responsabile resta il fornitore.
In proposito, l’Istante sottolinea che mentre, di norma, le violazioni sulla fatturazione si riflettono anche sul corretto adempimento degli obblighi dichiarativi, atteso che le medesime fatture errate concorrono alla liquidazione annuale del tributo, in caso di split payment, il cedente o prestatore per le operazioni effettuate, sebbene emetta la fattura con IVA e la registri, di fatto, non indica nella dichiarazione annuale l’aliquota IVA applicata, ma si limita a riportare solo la relativa base imponibile.
Ciò significa che, ad incidere sulla determinazione dell’imposta dovuta dal fornitore, non è l’aliquota IVA applicata, bensì esclusivamente il volume d’affari realizzato.
La suddetta aliquota finirà, invece, per impattare sulla dichiarazione del soggetto pubblico committente, sempreché l’acquisto sia effettuato nell’esercizio di un’attività commerciale.
La circolare del 13 aprile 2015, n.15 precisa che gli adempimenti ai fini IVA previsti in capo al destinatario sono finalizzati esclusivamente a semplificare le modalità di corresponsione dell’imposta e che quest’ultimo resta responsabile nei confronti dell’Erario, anche sotto il profilo sanzionatorio, solo in caso di omesso versamento. Tuttavia, occorre rilevare che la circostanza per cui il cessionariocommittente sia tenuto solo al versamento dell’imposta non sembra di per sé escludere la possibilità di applicare la sanzione prevista per i soggetti che, in relazione all’acquisto di beni e servizi, abbiano ricevuto fatture irregolari e non abbiano provveduto alla loro regolarizzazione nei termini e secondo le modalità previste dalla legge.
Inoltre, nel caso di specie, l’errata applicazione dell’aliquota IVA in fattura deriverebbe dalla volontà del committente ente pubblico (l’Università), il quale afferma sotto la propria responsabilità, mediante apposita dichiarazione qui allegata, che le operazioni sono assoggettabili ad aliquota ridotta del 10%.
Tutto ciò premesso, l’Istante chiede di conoscere:
A) La corretta interpretazione del d.P.R. n. 633/1972, Tabella A, parte III, n. 127-quaterdecies, in relazione alla possibilità di applicare l’aliquota agevolata alle prestazioni sopra descritte. A tal riguardo, si chiede se l’ambito applicativo dell’agevolazione di cui al n. 127-quaterdecies della Tabella A, parte III, del d.P.R. 633/72 debba essere determinato sulla base di un criterio interpretativo che tenga conto esclusivamente del rinvio alle disposizioni dell’edilizia [di cui alle lettere c), d) ed e) dell’articolo 31 della legge n. 457 del 1978 (trasfuse nelle lettere c), d) ed f) dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 – Testo Unico dell’Edilizia)], oppure se tale norma debba essere letta in combinazione con le disposizioni sovranazionali di riferimento e, segnatamente, gli artt. 96, 98 e 110 della Direttiva 2006/112/CE e secondo i principi della Corte di Giustizia sopra richiamati.
B) In via subordinata, quali siano le eventuali sanzioni comminabili in caso di errata applicazione dell’imposta, considerato che l’aliquota ridotta al 10% sarebbe applicata in forza della dichiarazione trasmessa dalla Pubblica Amministrazione destinataria delle operazioni e le operazioni sono effettuate in regime di split payment.
In particolare, tenendo conto delle considerazioni sopra esposte in materia di split payment, l’Istante chiede di valutare il regime sanzionatorio applicabile al caso in esame, in particolare per quanto riguarda:
– le violazioni di natura dichiarativa;
– il profilo della responsabilità del fornitore, atteso che l’ente pubblico destinatario dell’operazione insiste affinché ai lavori effettuati venga applicata l’aliquota agevolata.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante, con riferimento ai quesiti di cui alle lettere A) e B), non propone alcuna soluzione interpretativa.
Parere dell’agenzia delle entrate
Si fa presente, preliminarmente, che gli elementi rappresentati nell’istanza vengono assunti acriticamente, nel presupposto della loro veridicità, così come esposti, in considerazione del fatto che, per il corretto inquadramento dei descritti interventi edilizi oggetto del contratto di appalto, è necessaria una verifica fattuale dei lavori medesimi, verifica che in ogni caso richiede accertamenti e rilevamenti tecnici.
Tanto premesso, con riferimento al quesito di cui alla lettera A), l’Istante chiede se i lavori di riqualificazione energetica degli edifici … dell’Università , oggetto del contratto di appalto in commento, possano fruire dell’aliquota ridotta del 10% ai sensi del n. 127-quaterdecies), della Tabella A, parte III, allegata al d.P.R. 633/72.
Al riguardo, si fa presente che l’articolo 96 della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 dispone che alle forniture di beni e servizi si applica l’aliquota ordinaria; in deroga a tale disposto, il successivo articolo 98 della Direttiva stabilisce che “1. Gli Stati membri possono applicare una o due aliquote ridotte.
2. Le aliquote ridotte si applicano unicamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi delle categorie elencate nell’allegato III (…)”.
Tale previsione normativa attribuisce agli Stati membri la facoltà e non l’obbligo di applicare aliquote ridotte sui beni di cui all’Allegato III della Direttiva; la Corte di giustizia, in proposito, ha precisato che “la possibilità di procedere a una tale applicazione selettiva dell’aliquota IVA ridotta è giustificata in particolare dalla considerazione che, costituendo tale aliquota un’eccezione, la limitazione della sua applicazione ad elementi concreti e specifici della categoria di prestazioni di cui trattasi è coerente con il principio secondo il quale le esenzioni e le deroghe devono essere interpretate in senso restrittivo” (sentenza del 9 novembre 2017, in causa C-499/16, AZ), salvo il limite del rispetto del principio della neutralità fiscale, poiché non è consentito che “beni o prestazioni di servizi simili, che si trovano in concorrenza gli uni con gli altri, siano trattati in modo diverso dal punto di vista dell’IVA” (sentenza 11 settembre 2014, in causa C-219/13, K).
Si segnala, inoltre, che, in forza dell’art. 110 della Direttiva 2006/112/CE è, altresì, riconosciuta agli Stati membri la facoltà di mantenere aliquote dell’IVA ridotte inferiori al 5 per cento solo se già applicate prima del 1° gennaio 1991 (c.d. clausola di stand still).
L’Allegato III alla Direttiva 2006/112/CE contiene l’elenco delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi che possono essere assoggettate alle aliquote ridotte, tra cui, nell’ambito dell’edilizia, vengono individuate al punto 10) la “cessione, costruzione, restauro e trasformazione di abitazioni fornite nell’ambito della politica sociale” e al punto 10 bis) la “riparazione e ristrutturazione di abitazioni private, esclusi i materiali che costituiscono una parte significativa del valore del servizio reso”.
In coerenza con le disposizioni della Direttiva n. 2006/112/CE e dei principi elaborati dalla Corte di Giustizia, in ambito domestico è prevista l’applicazione di aliquote agevolate con riferimento a molteplici tipologie di interventi edilizi ritenuti meritevoli di tutela, riguardanti sia l’edilizia pubblica che privata. Il quadro normativo delineato dal Legislatore nazionale, attraverso la previsione di aliquote agevolate nel settore edile, è, ad ogni modo, estremamente complesso ed articolato e molteplici sono le finalità pubbliche e sociali dallo stesso perseguite.
Ai fini che qui rilevano, il n. 127-quaterdecies) della Tabella A, Parte III, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, assoggetta ad aliquota IVA ridotta del 10 per cento le “prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione di case di abitazione di cui al n. 127-undecies) e alla realizzazione degli interventi di recupero di cui all’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457, esclusi quelli di cui alle lettere a) e b) del primo comma dello stesso articolo”.
L’ambito applicativo dell’agevolazione di cui al n. 127-quaterdecies della Tabella A, parte III, del d.P.R. 633/72, come si evince peraltro dal dato testuale della disposizione normativa, è, pertanto, ancorato alle disposizioni del sopra menzionato articolo 31, lettere c), d) ed e) della legge n. 457 del 1978 (trasfuse nelle lettere c), d) ed f) dell’art. 3 del d.P.R. n. 380/2001, Testo Unico dell’Edilizia).
Si evidenzia, al riguardo, che la qualificazione degli interventi urbanistici ai sensi delle citate disposizioni, oggi contenute nel Testo Unico dell’Edilizia, deve tener conto di tutte le previsioni di legge che regolano la materia; l’articolo 123 del suddetto Testo Unico dell’Edilizia (in cui è stato trasfuso il disposto dell’articolo 26, comma, della legge 10 del 1991 citato dall’istante) prevede tra l’altro che “gli interventi di utilizzo delle fonti di energia di cui all’articolo 1 della legge 9 gennaio 1991 n. 10 in edifici ed impianti industriali non sono soggetti ad autorizzazione specifica e sono assimilati a tutti gli effetti alla manutenzione straordinaria di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a).”
Conseguentemente, riguardo allo specifico quesito posto dall’Istante in ordine all’applicabilità dell’agevolazione di cui al citato n. 127-quaterdecies ai lavori di riqualificazione energetica, oggetto del contratto d’appalto sul complesso universitario in esame, si fa presente che, per la corretta definizione degli interventi edilizi indicati dall’istante, occorre fare riferimento alla classificazione degli stessi ai sensi delle disposizioni dell’articolo 31, comma 1, della Legge 5 agosto 1978 n. 457. In particolare, solo gli interventi di recupero rientranti nelle previsioni di cui alle lettere c), d) ed e) del sopra menzionato articolo 31 della legge n. 457 del 1978 (trasfuse nelle lettere c), d) ed f) dell’art. 3 del d.P.R. n. 380/2001), riguardanti, rispettivamente, il restauro e risanamento conservativo (cfr. lett. c); la ristrutturazione edilizia (cfr. lett. d) e la ristrutturazione urbanistica (cfr. lett. e), possono fruire dell’aliquota agevolata ai sensi del citato n. 127-quaterdecies. Restano, invece, esclusi gli interventi classificati o classificabili di manutenzione ordinaria e straordinaria di cui alle lettere a) e b) del primo comma dello stesso articolo.
Si segnala, infatti, che per le operazioni di riqualificazione energetica degli edifici non è prevista una particolare disposizione in merito alla aliquota IVA applicabile. Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi poste in essere per la loro realizzazione, pertanto, sono assoggettate all’imposta sul valore aggiunto in base alle aliquote previste per gli interventi di recupero del patrimonio immobiliare in cui gli stessi si sostanziano, con la conseguenza che, per individuare l’aliquota IVA in concreto applicabile, si rende necessario tener conto di come l’intervento di riqualificazione energetica attuato sull’edificio sia qualificabile sotto il profilo edilizio (cfr. Circ. n. 36/E del 31 maggio 2007, § 9).
Riguardo agli interventi edilizi sopra menzionati, la scrivente ha fornito, peraltro, chiarimenti con la circolare del 24 febbraio 1998, n. 57, procedendo anche ad una elencazione, ancorché esemplificativa, dei lavori riconducibili nelle suddette categorie.
Nel caso in esame, nella documentazione sottoscritta da (…) dell’Università, allegata all’istanza, viene attestato che i lavori in corso di esecuzione (…) presso gli edifici del complesso universitario di (…), sono qualificabili come lavori di ristrutturazione edilizia, ai sensi dell’art. 31 Legge 457/78, lettera d).
A tal riguardo, si rammenta che gli interventi di ristrutturazione edilizia, individuati all’articolo 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. 380 del 2001, riguardano gli interventi rivolti “a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché a quelli ubicati nelle zone omogenee A, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria”. Il testo richiamato è frutto di una pluralità di modifiche (cfr. articolo 1, comma 1, lettera a, D.lgs. 301/2002, articolo 30, comma 1, lettera a, D.L. 69/2013 e dall’art. 10, comma 1, lett. b), n. 2), D.L. 16 luglio 2020, n. 76).
Con numerosi documenti di prassi è stato peraltro chiarito che l’aliquota IVA ridotta prevista per le prestazioni relative a contratti di appalto per la realizzazione di interventi di recupero di cui alle lettere c), d) ed e) del comma 1 dell’art. 31 della L. n. 457 del 1978 si applica a prescindere dalla tipologia degli edifici o delle opere oggetto degli interventi stessi (cfr. in proposito circolare ministeriale n. 142/E del 9 agosto 1994; risoluzione n. 157/E del 12 ottobre 2001 e risoluzione n. 10/E del 22 gennaio 2003).
Pertanto, in considerazione di quanto sopra esposto, qualora i lavori oggetto del contratto di appalto in esame stipulato con l’Università X – anche in base alla verifica del titolo abilitativo rilasciato dal Comune – siano inquadrabili tra gli interventi di ristrutturazione edilizia, individuati all’articolo 3, comma 1, lettera d), del D.P.R. 380 del 2001, agli stessi risulterà applicabile l’aliquota IVA ridotta, di cui n. 127- quaterdecies) della Tabella A, Parte III, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972.
Non potranno, invece, beneficiare dell’aliquota IVA ridotta prevista dal citato n. 127-quaterdecies le attività qualificabili come mera manutenzione (ordinaria e straordinaria), ivi inclusi, come detto, gli interventi di utilizzo delle fonti di energia di cui all’articolo 1 della legge 9 gennaio 1991 n. 10 in edifici ed impianti industriali.
È il caso di rilevare, tuttavia, che quando gli interventi previsti in ciascuna delle categorie sopra richiamate sono integrati o correlati ad interventi di categorie diverse (ad esempio, negli interventi di ristrutturazione edilizia sono necessarie, per completare l’intervento edilizio nel suo insieme, opere di pittura e finitura ricomprese in quelle di manutenzione ordinaria) occorre tener conto del carattere assorbente della categoria “superiore” rispetto a quella “inferiore”, al fine dell’esatta individuazione degli interventi da realizzare e dell’applicazione delle relative disposizioni agevolative (cfr. circolare 24 febbraio 1998, n. 57).
Come rappresentato nelle premesse, per le operazioni in esame, il soggetto tenuto al versamento dell’IVA è il committente, che, in quanto ente pubblico, rientra nell’ambito di applicazione del meccanismo dello split payment di cui all’art. 17-ter del d.P.R. 633/72.
Ciò posto, con il quesito di cui alla lettera B), l’Istante chiede di conoscere il regime sanzionatorio amministrativo applicabile al caso in esame nell’ipotesi di errata applicazione dell’aliquota IVA agevolata in luogo di quella ordinaria, “in particolare per quanto riguarda:
– le violazioni di natura dichiarativa;
– il profilo della responsabilità del fornitore, atteso che l’ente pubblico destinatario dell’operazione insiste affinché ai lavori effettuati venga applicata l’aliquota agevolata”.
Come chiarito e più volte ribadito con diversi documenti di prassi “il meccanismo della scissione dei pagamenti non fa venire meno in capo al fornitore la qualifica di debitore dell’imposta in relazione all’operazione effettuata nei confronti dell’ente pubblico. Il fornitore, pertanto, è tenuto all’osservanza degli obblighi di cui al DPR n. 633 del 1972 connessi all’applicazione dell’imposta nei modi ordinari.
La circostanza che, in relazione all’operazione effettuata nei confronti dell’ente pubblico, il fornitore rimane debitore – verso l’erario – dell’imposta addebitata ed evidenziata in fattura, influenza l’esecuzione degli obblighi cui è tenuto il fornitore. In proposito, ai sensi dell’art. 2, comma 2, del DM (Decreto 23 gennaio 2015)”. I soggetti passivi dell’IVA che effettuano le operazioni di cui all’articolo 1 non sono tenuti al pagamento dell’imposta ed operano la registrazione delle fatture emesse ai sensi degli articoli 23 e 24 del decreto n. 633 del 1972 senza computare l’imposta ivi indicata nella liquidazione periodica.
“In relazione all’imposta addebitata dai fornitori le PA sono responsabili del versamento all’Erario dell’imposta.
L’omesso o ritardato adempimento del versamento all’erario (per conto del fornitore) da parte delle PA è sanzionato ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997″ (Cfr. Circolari 13 aprile 2015, n. 15/E e 7 novembre 2017, n. 27/E).
In proposito, giova anzitutto chiarire che grava esclusivamente sul fornitore, che emette la fattura, l’onere di qualificare la prestazione erogata e oggetto di fatturazione ai fini della corretta applicazione dell’imposta, indipendentemente dalle eventuali indicazioni fornite a tal fine dal committente.
Conseguentemente, la sanzione di cui all’articolo 13, commi 1 e 3 del decreto legislativo n. 471 del 1997 grava sulla Pubblica Amministrazione solo laddove, a fronte della corretta applicazione dell’imposta in fattura, la committente ne abbia omesso in tutto o in parte il versamento.
Diversamente, risponde il fornitore della sanzione in oggetto, in caso di versamento all’erario, da parte della Pubblica Amministrazione, di un’imposta inferiore a quella dovuta, laddove il carente versamento derivi dall’erronea applicazione e indicazione in fattura di un’aliquota errata.
Ne consegue che, qualora i lavori oggetto del contratto di appalto in esame stipulato con l’Università X non siano, di fatto, riconducibili tra gli interventi di ristrutturazione edilizia, ne deriva, come chiarito, l’obbligo di applicare l’aliquota IVA
ordinaria e, pertanto, il fornitore che ha erroneamente applicato l’aliquota agevolata, risponde:
– della sanzione prevista dall’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997, per la violazione degli obblighi inerenti la documentazione e la registrazione di operazioni imponibili ai fini dell’imposta sul valore aggiunto;
– conseguentemente, della sanzione prevista dall’articolo articolo 13, commi 1 e 3, del medesimo decreto, per carente versamento dell’IVA dovuta all’erario.
Resta inteso che, “fermo restando il versamento dell’imposta addebitata in fattura secondo le regole proprie dello split payment, nell’ipotesi in cui le pubbliche amministrazioni ricevano una fattura indicante l’IVA in misura inferiore a quella dovuta, per acquisti di beni e servizi effettuati nell’esercizio di un’attività commerciale, le stesse dovranno fare ricorso alla procedura di regolarizzazione di cui all’articolo 6, comma 8, D.lgs n. 471/97 e, quindi, l’imposta oggetto di regolarizzazione dovrà essere corrisposta con le modalità previste da tale procedura” (Cfr. Circolare 19 febbraio 2015, n. 6/E).
In caso di applicazione erronea dell’aliquota IVA agevolata in luogo di quella ordinaria, il fornitore non risponde, invece, della sanzione prevista nell’ipotesi di dichiarazione IVA infedele dall’articolo 5, comma 4, del decreto legislativo n. 471 del 1997, posto che, come si evince anche dalla lettura delle Istruzioni per la compilazione del Modello IVA 2020, è necessario al “Rigo VE38 indicare le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti delle pubbliche amministrazioni e degli altri soggetti di cui al comma 1-bis dell’art. 17-ter e per le quali l’imposta deve essere versata dai cessionari o committenti in applicazione delle disposizioni contenute nel citato art. 17-ter”.
Più nello specifico, non può realizzarsi alcuna infedeltà dichiarativa dal momento che nel citato rigo VE38 va indicato solo l’importo imponibile – che, quindi, concorre alla determinazione del volume d’affari del fornitore – delle cessioni e/o prestazioni che rientrano nell’ambito di applicazione del meccanismo dello split payment di cui all’articolo 17-ter del d.P.R. n. 633 del 1972, senza altresì valorizzare la relativa IVA.
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