AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 22 giugno 2021, n. 8
Consulenza giuridica – IVA – Legge antispreco – Cessione gratuita di beni non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione
Con la consulenza giuridica specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA (di seguito, “Istante” o “Associazione”) chiede di chiarire la portata interpretativa delle disposizioni vigenti in materia di cessione gratuita dei beni merce, recate dall’articolo 16 della legge 19 agosto 2016, n. 166 (in breve, “Legge antispreco” o “Legge n. 166”) e, in particolare: 1) come vada interpretata la locuzione, utilizzata con riferimento a numerose categorie di prodotti, “non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione per imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che non ne modificano l’idoneità all’utilizzo o per altri motivi similari”; 2) se tale disposizione, rendendo inoperante la presunzione di cessione di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 441 (di seguito, “d.P.R. n. 441”) e quindi escludendo dall’ambito di applicazione dell’IVA le predette cessioni gratuite, consenta di mantenere il diritto alla detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti dei prodotti oggetto delle stesse. L’Associazione in sostanza chiede conferma che il trattamento fiscale agevolativo in commento possa applicarsi alle erogazioni liberali di beni: a) aventi imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che non ne modificano l’idoneità di utilizzo; b) aventi un design superato e, quindi, invendibili a motivo del disegno, del colore, della forma, del materiale, quali quelli relativi alla passata stagione; c) privi dei requisiti di cui alle precedenti lettere a) e b), ma non commercializzati per scelte aziendali che non investono le caratteristiche o le condizioni dei singoli prodotti.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
A parere dell’Istante la disposizione di cui trattasi prevede due distinti raggruppamenti di prodotti: – quelli “non commercializzati”; – quelli “non idonei alla commercializzazione”; e soltanto per la seconda categoria richiede l’ulteriore condizione della sussistenza di imperfezioni, alterazioni, danni, vizi che non ne modificano l’idoneità all’utilizzo o per altri motivi similari.
L’Associazione è del parere, quindi, che nell’ambito applicativo della disposizione in commento, accanto ai prodotti invendibili per superamento tecnologico o per superamento estetico (nel design, nei colori, nella forma, nella dimensione ecc.), siano ricompresi anche i prodotti non commercializzati per libera decisione aziendale, che può fondarsi su ragioni di marketing, contingenti, strategiche senza alcun riferimento alle specifiche condizioni e caratteristiche dei prodotti.
Tale interpretazione risponderebbe, ad avviso dell’Istante, “alla formulazione letterale della norma che impiega tra le due categorie di prodotti la congiunzione disgiuntiva o alternativa «o» (…) in luogo della congiunzione cumulativa «e»” nonché alla ratio di contrasto agli sprechi della Legge n. 166. Nel caso in cui questa Amministrazione non fosse dello stesso avviso, l’Associazione ritiene, comunque, possibile ricomprendere, tra i beni alla cui cessione gratuita si applica la disposizione agevolativa in argomento, “tanto i prodotti aventi imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che non ne modificano l’idoneità all’utilizzo quanto quelli aventi un design superato e, quindi, invendibili a motivo del disegno, del colore, della forma, del materiale, quali, tipicamente, nel settore della moda, i capi relativi alla passata stagione”. In ogni caso, a parere dell’Associazione, la donazione effettuata ai sensi dell’anzidetta normativa, in quanto equiparata alla distruzione dei beni, deve considerarsi esclusa dall’IVA, con diritto alla detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti o sui costi di produzione dei beni stessi.
Parere dell’Agenzia delle entrate
La Legge n. 166, come previsto dall’articolo 1, persegue l’obiettivo di favorire ” il recupero e la donazione” delle eccedenze alimentari, di medicinali, di prodotti farmaceutici e di altri prodotti a fini di solidarietà sociale, nonché quello di contribuire alle limitazioni degli impatti negativi sull’ambiente e sulle risorse naturali mediante azioni volte a “ridurre la produzione di rifiuti” e a “promuovere il riuso e il riciclo al fine di estendere il ciclo di vita dei prodotti”. A tal fine, l’articolo 16 della Legge antispreco, al comma 1, stabilisce che la presunzione di cessione di cui all’articolo 1 del d.P.R. n. 441 del 1997 non opera per alcune tipologie di beni espressamente individuate dalla stessa disposizione, qualora la loro distruzione si realizzi con la cessione gratuita agli enti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b) della medesima legge, ossia “gli enti pubblici nonché gli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche e solidaristiche e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività d’interesse generale anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale nonché attraverso forme di mutualità, compresi gli enti del Terzo settore di cui al codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo del 3 luglio 2017, n. 117”; ciò alle condizioni di carattere procedurale previste dal successivo comma 3. Più specificatamente, ai fini qui di interesse, si tratta dei seguenti beni: d) “dei prodotti destinati all’igiene e alla cura della persona, dei prodotti per l’igiene e la pulizia della casa, degli integratori alimentari, dei biocidi, dei presidi medico chirurgici, dei prodotti di cartoleria e di cancelleria, non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione per imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che non ne modificano l’idoneità all’utilizzo o per altri motivi similari”; dbis) “dei libri e dei relativi supporti integrativi non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione per imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che non ne modificano l’idoneità all’utilizzo o per altri motivi similari”; d-ter) “dei prodotti tessili e di abbigliamento, dei mobili e dei complementi di arredo, dei giocattoli, dei materiali per l’edilizia inclusi i materiali per la pavimentazione, degli elettrodomestici ad uso civile ed industriale, nonché dei televisori, personal computer, tablet, e-reader e altri dispositivi per la lettura in formato elettronico, non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione per imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che non ne modificano l’idoneità all’utilizzo o per altri motivi similari”; e) “degli altri prodotti individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze (…), non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione per imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che non ne modificano l’idoneità all’utilizzo o per altri motivi similari”.
Tali categorie di beni, rispetto ad altre previste dal medesimo articolo 2 contenenti definizioni più puntuali, sono caratterizzate dal generico riferimento di essere «non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione per imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che non ne modificano l’idoneità’ all’utilizzo o per altri motivi similari».
Al riguardo si ricorda che il legislatore, con l’introduzione dell’articolo 16 della Legge antispreco, ha sostanzialmente mutuato l’analoga disposizione agevolativa sulla cessione gratuita dei beni già prevista dall’articolo 13, commi 2 e 3 (ora abrogati), del decreto legislativo 13 dicembre 1997, n. 460 (in breve, anche “D.lgs. n. 460”) – inizialmente avente ad oggetto derrate alimentari e prodotti farmaceutici – ed ha ampliato la platea dei beni che possono essere oggetto di tale cessione intervenendo, in più occasioni, direttamente su detto articolo 16 e non tramite emanazione di un DM ai sensi della citata lettera e).
Parallelamente, l’articolo 6, comma 15, della legge 13 maggio 1999, n. 133, stabilisce che «si considerano distrutti agli effetti dell’IVA» i prodotti alimentari e i prodotti farmaceutici nonché altri prodotti, da individuare con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, destinati a finalità di solidarietà sociale senza scopo di lucro «non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione per carenza o errori di confezionamento, di etichettatura, di peso o per altri motivi similari nonché per prossimità della data di scadenza» ceduti gratuitamente ai medesimi soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b) della Legge antispreco. Per quanto concerne la disposizione recata dall’abrogato comma 2 dell’articolo 13 del d. lgs. n. 460 del 1997, con la circolare n. 168/E del 26 giugno 1998, paragrafo 4.3, è stato precisato che detta disposizione trovava applicazione limitatamente alle derrate alimentari e ai prodotti farmaceutici “esclusi dal circuito commerciale per difetti di confezionamento o altre cause che, pur diminuendo o facendo venir meno il valore commerciale del prodotto, non ne impediscono tuttavia l’utilizzo”. Con la risoluzione n. 254/E del 20 giugno 2008 sono stati poi forniti chiarimenti in merito alla cessione gratuita di prodotti di telefonia mobile non più commercializzabili o oggetto di vendita in quanto obsoleti, ossia non più in linea con gli attuali standard di mercato in termini di tecnologia o di design. Nel caso di specie, è stata ritenuta applicabile l’analoga disposizione agevolativa di cui all’abrogato comma 3 dell’articolo 13 del D. lgs. n. 460 – avente ad oggetto beni non di lusso – considerando che, nello specifico settore, “l’obsolescenza comporta (…) una rilevante alterazione del valore economico del prodotto tanto da costituire per il bene stesso una anomalia sopravvenuta (…)”. E’ opportuno richiamare, inoltre, una disposizione analoga recata dall’articolo 54, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 264, secondo cui sono considerati distrutti agli effetti dell’IVA «i prodotti editoriali e le dotazioni informatiche non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione», ceduti gratuitamente ad enti locali, istituti di prevenzione e pena, istituzioni scolastiche, orfanotrofi ed enti religiosi. Con riferimento a tali ultimi prodotti, l’articolo 2, comma 4, del DM 25 maggio 2001, n. 264, ha stabilito che questi si considerano non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione « quando non siano più inseriti in distribuzione ovvero quando presentino difetti o vizi di produzione tali da renderli non adatti all’immissione in mercato ovvero quando, in ragione della loro obsolescenza tecnologica, non risultino più adeguati alle esigenze del cliente». Quanto sopra rappresentato, in virtù sia del tenore letterale della norma in commento sia di un’interpretazione sistematica della normativa e della prassi in materia, si osserva quanto segue. In primo luogo, si ritiene che, ai fini dell’applicazione dell’articolo 16 della Legge n. 166, il requisito individuato per le categorie di beni di cui alle lettere d), d-bis) e d-ter), ossia la presenza di imperfezioni, alterazioni, danni o vizi dei prodotti tali da non modificarne l’idoneità all’utilizzo o altri motivi similari, non si riferisca alla locuzione «non più commercializzati», ma solo all’espressione «non idonei alla commercializzazione». Una diversa interpretazione, peraltro, renderebbe ridondante la prima locuzione, che verrebbe assorbita dall’interpretazione della seconda. Per quanto concerne gli «altri motivi similari» ammessi al beneficio, si è dell’avviso che questi debbano riguardare circostanze oggettive, legate alle caratteristiche del prodotto, e quindi riscontrabili. Si evidenzia, comunque, che trattandosi di una disciplina agevolativa che deroga agli ordinari principi di applicazione dell’IVA, non sia possibile effettuarne un’interpretazione estensiva e che l’individuazione dell’ambito applicativo della stessa debba discendere dalla precisa attuazione della ratio della norma, il cui scopo è quello, in sostanza, di recuperare e donare, per fini di solidarietà sociale, determinati beni, estendendone il ciclo di vita e, quindi, riducendo la produzione di rifiuti o di scarti. Possono, pertanto, considerarsi ricompresi nell’ambito applicativo dell’articolo 16, comma 1, lettere d), d-bis) e d-ter) della Legge n. 166 i beni ivi indicati, a condizione che : – siano ceduti gratuitamente ai soggetti indicati all’articolo 2, comma 1, lettera b) della medesima legge; – siano ancora astrattamente idonei all’utilizzo; – non siano più commercializzati, ossia non siano più presenti nei canali distributivi, avendo esaurito il loro ciclo di vita commerciale ed avendo subito una rilevante riduzione di valore economico, tale da non renderne comunque più conveniente la vendita (ad esempio, beni rimasti pressoché privi di valore commerciale e ritirati dal circuito di vendita in quanto obsoleti, per tecnologia o per design) o comunque non più rispondenti alle esigenze di mercato; oppure – non siano più idonei alla commercializzazione a causa di imperfezioni, alterazioni, danni o vizi del prodotto o del suo imballaggio o di altri motivi simili, legati alle caratteristiche intrinseche del bene stesso, che ne alterano in modo rilevante il valore economico. In ogni caso, si tratta quindi di beni che, se non fossero oggetto di donazione, sarebbero destinati ad essere distrutti o a costituire un rifiuto o scarto. La sussistenza delle anzidette condizioni in relazione alla cessione degli anzidetti beni implica, comunque, ovviamente, una valutazione di fatto che potrà essere effettuata in concreto solo in sede di controllo. Si rammenta, infine, che, ai fini dell’applicazione dell’agevolazione in commento, è necessario che vengano effettuati gli adempimenti procedurali previsti dal comma 3 del medesimo articolo. Per quanto riguarda il secondo quesito, inerente il diritto alla detrazione dell’IVA assolta dall’impresa donante per l’acquisto o la produzione dei beni ceduti, come sopra rilevato, l’articolo 16, comma 1, della Legge n. 166 specificando che non opera la presunzione di cessione recata dall’articolo 1 del d.P.R. n. 441, equipara la cessione gratuita dei beni in questione (qualora avvenga alle condizioni e secondo la procedura descritte nello stesso articolo) alla loro distruzione. In tali casi, dunque, la cessione gratuita dei beni sopra indicati non è soggetta a IVA. Ne consegue che il donante conserva il diritto alla detrazione dell’imposta assolta all’atto dell’acquisto o dell’importazione delle merci o delle materie prime per i quali è stata cambiata la destinazione. Tale effetto si produce, ovviamente, a condizione che siano rispettati tutti i requisiti specificatamente previsti dall’articolo 16 della Legge n. 166.
L’anzidetta conclusione, peraltro, è in linea con quanto precisato dalla circolare n. 26/E del 26 marzo 2008, paragrafo 4, con riferimento all’analoga disciplina recata dall’abrogato comma 3 dell’articolo 13 del D. lgs. n. 460.
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