La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ ordinanza n. 347 depositata il 10 gennaio 2014 intervenendo in materia di incassi dei commercianti a dettaglio affermando che è legittima la ripresa fiscale a carico del supermercato qualora dai registri dei corrispettivi dei singoli punti vendita non emerge il valore relativo all’incasso dei corrispettivi acquisiti mediante accettazione dei c.d. “buoni pasto” utilizzati per acquisti di merci da parte dei clienti.
La vicenda ha riguardato una società di capitale, che gestiva una catena di supermercati, che sottoposta a verifica fiscale con conseguente redazione del PVC in cui venivano contestate, tra le altre, la mancata annotazione di 30 fatture attive inerenti ai rimborsi del controvalore dei buoni pasto utilizzati per acquisti di merci da parte dei clienti. A seguito di tale verifica fiscale veniva emesso e notificato un avviso di accertamento per maggiori imposte IVA, IRPEG e IRAP.
La società contribuente avverso tale atto impositivo proponeva ricorso inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale i cui giudic non accoglievano le doglianze del ricorrente. La società impugnava la decisione del giudice di prime cure dinanzi alla Commissione Tributaria regionale che in riforma della sentenza di promo grado annullava l’avviso di accertamento.
Per i giudice dell’appello non vi era stato, da parte della società, evasione dell’IVA o altri tributi sugli incassi corrispondenti ai buoni pasto, atteso che lo scontrino fiscale rilasciato alla clientela riportava sia le somme per contanti (con la dicitura pagamenti per contanti) sia le somme corrispondenti all’indicato controvalore (con la dicitura “pagamenti vari”). Pertanto, vi era stata solamente una irregolarità formale dell’indicazione del numero delle fatture a fronte del rimborso ricevuto dalle imprese emittenti i buoni in questione.
Per la cassazione della sentenza di seconde cure l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso, basato su due motivi di censura, alla Corte Suprema. Lamentando, in particolare, la insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 cpc.
Gli Ermellini, criticando fortemente l’operato della CTR, accolgono il ricorso dell’Agenzia e cassano la sentenza impugnata rinviando ad altra sezione della CTR. Infatti per i giudici di legittimità il giudice di appello “non ha dato specifico conto delle emergenze documentali dalle quali ha tratto il proprio convincimento, essendosi limitato ad assumere sussistente la prova dell’avvenuta contabilizzazione a fini fiscali dei menzionati controvalori accettati in corrispettivo, senza però fare analitica precisazione di quali siano le risultanze di causa (che anche la parte controricorrente insiste a menzionare genericamente, pur assumendo l’esistenza di una corrispondenza specifica sugli scontrini fiscali di chiusura giornaliera di cassa e pur assumendo che sul registro dei corrispettivi risultano effettivamente annotati gli incassi corrispondenti alle fatture ricevute dalle società emittenti, sia pure in corrispondenza del mese successivo a quello di accettazione come corrispettivo dei buoni pasto) da cui detta prova emerge”.
Per i giudici del Palazzaccio, nella sentenza cassata, erano presenti i sintomi di una possibile decisione ingiusta, posto che la CTR ha valutato negligentemente i dati istruttori. La ricorrente Agenzia delle Entrate ha quindi lamentato a buon diritto il vizio di motivazione nella misura in cui il giudice del merito non ha considerato le risultanze del PVC, “nel quale risultava escludersi che fosse stata effettuata una annotazione specifica dei corrispettivi acquisiti mediante accettazione dei buoni pasto, atteso che i verbalizzanti avevano dato atto di avere esaminato i registri dei corrispettivi dei singoli punti vendita, senza avere potuto rilevare il valore relativo all’incasso dei predetti”. Ciononostante, la CTR ha ritenuto documentata la contabilizzazione ai fini fiscali dei controvalori, senza dare conto degli elementi fattuali in ragione dei quali ha ritenuto comprovate le argomentazione della contribuente. Ora il giudice del rinvio dovrà riesaminare la controversia alla luce dei rilievi della Cassazione.
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