AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 413 del 3 agosto 2023
IVA – Operazioni (cessione di fabbricati quali beni ammortizzabili) escluse dalla formazione del prorata di detrazione – Articoli 19, comma 5 e 19bis, comma 2
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
L’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale Pubblica del Comune Alfa (nel prosieguo ATER o Istante), rappresenta di essere un ente pubblico avente natura economica, strumentale alla Regione Beta, dotato di personalità giuridica, autonomia imprenditoriale, patrimoniale, finanziaria e contabile.
L’Istante dichiara di essere stato costituito con legge della Regione Beta (…), a seguito della trasformazione dell’Istituto Autonomo Case Popolari del Comune Alfa.
L’Istante, fa presente, altresì, di svolgere «il ruolo di operatore pubblico dell’edilizia e di gestore del patrimonio immobiliare affidato dalla Regione […], in supporto agli enti locali e ad altri soggetti pubblici per le politiche abitative, operando al fine quello di garantire l’efficacia, l’efficienza e l’economicità delle proprie funzioni amministrative ed agevolare il risanamento gestionale e la riqualificazione del patrimonio amministrato» [cfr. articolo (…) della L.R. (…)].
In particolare, l’Istante, «ha come oggetto sociale principale lo svolgimento delle seguenti attività (cfr. Statuto dell’Istante):
1. realizzazione di programmi di intervento di edilizia pubblica di recupero, riqualificazione e di nuova costruzione e relative infrastrutture;
2. acquisizione di immobili da destinare all’edilizia residenziale pubblica;
3. gestione del patrimonio pubblico residenziale di propria competenza, nonché la gestione degli alloggi di edilizia residenziale anche di proprietà di terzi».
Al riguardo, l’Istante evidenzia che l’attività di gestione immobiliare si estrinseca in numerose operazioni di cessione di fabbricati; in particolare, negli ultimi anni (segnatamente dal 2019 al 2021) il medesimo Ente afferma di aver perfezionato la cessione di oltre 750 fabbricati (per la quasi totalità a uso abitativo) realizzando un fatturato complessivo di oltre 90 milioni di euro.
Le operazioni di compravendita immobiliare «sono quindi eseguite ordinariamente dall’Istante e rappresentano una percentuale significativa del volume di affari ai fini dell’IVA».
Ai fini della redazione del bilancio di esercizio, l’Istante precisa che «considera sia i fabbricati abitativi sia i fabbricati strumentali destinati alla locazione, come ”beni ammortizzabili” ai sensi del principio contabile OIC 16 che nella versione vigente prevede a determinate condizioni l’ammortamento anche di fabbricati a uso abitativo».
Ciò posto, l’Istante rappresenta che «né le cessioni di fabbricati strumentali né le cessioni di fabbricati abitativi sono state fino ad ora considerate operazioni rilevanti ai fini della determinazione della percentuale di detrazione dell’IVA di cui all’articolo 19, comma 5, del d.P.R. n. 633/72, sulla base di un’interpretazione letterale dell’articolo 19 bis, comma 2» del medesimo d.P.R.
Tuttavia, «l’Istante ritiene che il suddetto metodo non risponda ad una corretta interpretazione della disposizione e, in particolare, dei principi che governano il meccanismo del prorata di detrazione IVA e l’interpretazione dell’articolo 19 bis, comma 2, del d.P.R. n. 633/1972» e chiede, pertanto, di confermare:
1) «che sia le cessioni di fabbricati abitativi sia le cessioni di fabbricati strumentali rientrino tra le operazioni attive rilevanti ai fini della determinazione della percentuale di detrazione secondo la corretta interpretazione del concetto di ”bene ammortizzabile”, ai sensi del suddetto articolo 19 bis, comma 2, del d.P.R. 633/72»;
2) «in subordine al quesito 1, rientrino comunque fra le operazioni attive rilevanti ai fini della determinazione della percentuale di detrazione le cessioni di fabbricati abitativi in quanto questi si qualificano anche come ”beni non ammortizzabili”, ai fini delle imposte sui redditi».
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In merito al quesito sub 1), l’Istante, nel ricordare che rappresenta un ente pubblico economico la cui attività principale attiene alla gestione di unità immobiliari sia abitative sia strumentali, osserva che il citato articolo 19bis, secondo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, costituisce il recepimento nell’ordinamento interno dell’articolo 174, paragrafo 2, lettera a), della Direttiva n. 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 (di seguito Direttiva IVA).
Al riguardo, l’Istante evidenzia che sia la citata disposizione contenuta nella Direttiva IVA sia quella di cui alla normativa nazionale prevedono che dal calcolo della percentuale di detrazione IVA venga escluso il volume di affari relativo alle cessioni di ”beni ammortizzabili” (rectius ”beni d’investimento”) che sono utilizzati da un soggetto passivo nella sua impresa.
A parere dell’Istante, la ratio della disposizione in commento sarebbe rinvenibile nella relazione di accompagnamento alla Direttiva n. 77/388/CEE (c.d. Sesta Direttiva, successivamente trasfusa nella citata Direttiva IVA), in cui veniva affermato che le cessioni di beni ammortizzabili dovevano escludersi dal calcolo del prorata di detraibilità IVA «[…] onde evitare che possano falsarne il significato reale nella misura in cui essi non riflettono l’attività professionale del soggetto passivo» e nella stessa relazione veniva affermato che «tali operazioni sono escluse solo se non rientrano nell’attività professionale abituale del soggetto passivo». Inoltre, il richiamato articolo 174, paragrafo 2, lettera a) della Direttiva IVA deve essere inteso in quanto volto a garantire che le cessioni di beni aventi un valore elevato e utilità durevole (c.d. ”beni a utilità durevole” o ”beni ammortizzabili”) non falsino la determinazione del prorata di detraibilità, in quanto dette cessioni risultano essere occasionali, non ricorrenti e con scarso assorbimento delle risorse che un’impresa utilizza nell’ambito della propria attività tipica.
L’Istante richiama la sentenza della Corte di Giustizia UE del 6 marzo 2008 emessa nella causa C98/07, Nordania Finans, nella quale, intervenendo al fine di chiarire la portata applicativa del suddetto articolo 174, paragrafo 2, lettera a), della Direttiva IVA, i giudici unionali hanno affermato, tra l’altro, che detta disposizione «non contiene alcun rinvio esplicito al diritto degli Stati membri per determinare il suo senso e la sua portata» (cfr. punto 18). In questo modo, il concetto di bene ammortizzabile, ai sensi del citato articolo 174 della Direttiva IVA, rappresenta una nozione propria del diritto dell’Unione europea, soggetta ad un’interpretazione autonoma e uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione stessa e dello scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi (punto 17 della medesima sentenza); pertanto, lo Stato membro non ha alcuna facoltà di attribuire alla nozione di bene ammortizzabile, di cui al citato articolo 174 della Direttiva IVA, un significato diverso rispetto a quello conferito dalla stessa CGUE.
Ciò premesso, l’Istante ritiene che, come emerge dalle conclusioni dell’Avvocato Generale nella suddetta causa C98/07 (punto 68), l’esclusione dal calcolo del prorata di detraibilità IVA del volume di affari derivante dalle vendite dei ”beni ammortizzabili” è giustificata solo se tali vendite hanno carattere eccezionale o non abituale e, di conseguenza non richiedono che i beni e servizi normalmente utilizzati dal soggetto passivo siano utilizzati in misura proporzionale al fatturato da esse prodotto. Al punto 25 della sentenza emessa nella citata causa C98/07, la CGUE chiarisce che «la nozione di ”beni d’investimento che il soggetto passivo ha utilizzato nella sua impresa” ai sensi dell’art. 19, n. 2 della sesta direttiva non può comprendere quelli la cui vendita riveste, per il soggetto passivo interessato, il carattere di un’attività economica usuale. Infatti, per l’interessato l’acquisto e successivamente la vendita di tali beni richiedono l’utilizzo corrente dei beni e dei servizi ad uso misto. Poiché questa vendita rientra nelle attività usuali e soggette ad imposta delsoggetto passivo, ilrelativo fatturato dev’essere preso in considerazione del calcolo del prorata di detrazione affinché questo rifletta nel migliore dei modi la parte di utilizzo, per queste attività, dei beni e dei servizi destinati ad uso misto, salvo disconoscere l’obiettivo di neutralità del sistema comune dell’IVA».
A parere dell’Istante, i principi sanciti dalla giurisprudenza della CGUE inducono ad affermare che il criterio in base al quale ”i beni ammortizzabili” debbano essere esclusi dal calcolo del prorata di detraibilità, di cui al suddetto articolo 19bis, secondo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, non risieda tanto nella riconducibilità o meno di determinati beni alla definizione di beni strumentali al fine della predisposizione del bilancio di esercizio, né tantomeno ai fini delle imposte sui redditi, ma nel carattere usuale rispetto all’attività effettivamente svolta da un soggetto (cfr. anche Corte di Cassazione sentenza n. 5016 del 25 febbraio 2020).
Nel caso di specie, secondo l’Istante, «è dimostrato che le operazioni di cessioni di fabbricati abitativi e strumentali sono regolarmente effettuate dall’Istante. Ciò è infatti evidenziato sia dal numero di cessioni poste in essere in ciascuna annualità sia dal volume di fatturato originato dalle stesse»; inoltre, le medesime operazioni «sono strettamente correlate e in raccordo alle finalità dell’oggetto sociale, essendo manifestazione di una modalità di gestione del patrimonio immobiliare affidato all’Istante».
Quindi, a parere dell’Istante, «una corretta applicazione dei principi sanciti dalla CGUE […] non può quindi che confermare che il volume d’affari delle cessioni dei fabbricati abitativi e strumentali eseguite dall’Istante debba essere rilevante ai fini della determinazione del prorata di detrazione IVA, ai sensi dell’articolo 19, comma 5, del d.P.R. 633/1972».
Con riferimento al quesito sub 2), espresso in subordine, l’Istante evidenzia che, anche nell’ipotesi in cui non si dovesse condividere la tesi dallo stesso prospettata relativamente al quesito sub 1), dovrebbero restare incluse dal calcolo della percentuale di detraibilità IVA quantomeno le cessioni di fabbricati ad uso abitativo. A tal proposito, l’Istante sostiene che, «anche dando seguito all’interpretazione dell’articolo 19 bis, comma 2, del d.P.R. n. 633/1972 menzionata in alcuni documenti secondo la quale per l’individuazione dei beni ammortizzabili si dovrebbe avere riguardo dei criteri previsti ai fini delle imposte sui redditi (cfr. risposta interpello n. 165 del 4 giugno 2020), il volume d’affari delle cessioni di fabbricati abitativi risulterebbe infatti comunque incluso nel calcolo della suddetta percentuale di detrazione poiché tali unità immobiliari non si qualificano come beni ammortizzabili ai fini delle imposte sui redditi, ai sensi dell’articolo 102 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986, n. 917».
Infatti, quest’ultima disposizione «prevede la deducibilità, ai fini dell’IRES, delle quote di ammortamento del costo dei beni materiali per l’esercizio dell’impresa e tali non sono i fabbricati abitativi locati a terzi che rappresentano, invece, l’oggetto della predetta attività di locazione immobiliare (cfr. circolare 21 maggio 1999, n. 112 e risoluzione n. 55/E del 26 febbraio 2002)».
Parere dell’agenzia delle entrate
In via preliminare, si osserva che l’Istante, in relazione alla qualificazione assunta con riferimento alle predette operazioni di cessione e locazione di immobili, «precisa di potersi qualificare impresa costruttrice la cui attività viene svolta in qualità di stazione appaltante attraverso l’affidamento di appalti a imprese terze nel rispetto delle norme del D.lgs. 50/2016 (Codice degli appalti)».
Al riguardo, si evidenzia che tale qualificazione esula dalle competenze della scrivente Agenzia e viene qui recepita acriticamente.
Inoltre, esula dalle valutazioni esperibili in sede di interpello il comportamento adottato dall’Istante ai fini civilistici in sede di redazione del bilancio con riferimento ai beni oggetto del quesito.
Ciò posto, con riguardo all’IVA, si osserva che ai fini della determinazione dell’imposta dovuta, l’articolo 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 prevede la possibilità di detrarre dall’imposta relativa alle operazioni effettuate quella assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni e servizi acquistati o importati nell’esercizio di impresa arte o professione.
Il secondo comma dell’articolo 19 prevede, in via generale, che non è detraibile l’imposta relativa all’acquisto di beni e servizi afferenti operazioni esenti o comunque non soggette all’imposta.
Il successivo quinto comma dell’articolo 19 prevede, tra l’altro, che «Ai contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo ad operazioni esenti ai sensi dell’articolo 10, il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui all’articolo 19bis […]».
L’articolo 19bis dispone, tra l’altro, al primo comma che «La percentuale di detrazione di cui all’articolo 19, comma 5, è determinata in base al rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto a detrazione, effettuate nell’anno, e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell’anno medesimo. […]».
In sostanza, per i soggetti che effettuano sia operazioni imponibili sia operazioni esenti ai sensi dell’articolo 10 del d.P.R. n. 633 del 1972, il diritto alla detrazione dell’IVA spetta in misura proporzionale alle prime e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui al citato articolo 19bis, ossia in base al rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto alla detrazione, effettuate nell’anno, e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell’anno medesimo (cd. ”prorata” di detrazione, da applicare a tutta l’imposta ”a monte” e non soltanto a quella relativa a beni e servizi ad uso promiscuo).
Il medesimo articolo 19bis, al secondo comma, dispone che «Per il calcolo della percentuale di detrazione di cui al comma 1 non si tiene conto delle cessioni di beni ammortizzabili, […]».
Tale ultima previsione recepisce nell’ordinamento interno quanto stabilito dall’articolo 174, paragrafo 2, della Direttiva IVA, sopra richiamato, il quale prevede, tra l’altro, che «In deroga al paragrafo 1, per il calcolo del prorata di detrazione non si tiene conto degli importi seguenti: a) l’importo del volume d’affari relativo alle cessioni di beni d’investimento utilizzati dal soggetto passivo nella sua impresa; […]».
Al riguardo, la Corte di Giustizia UE, nella sentenza 6 marzo 2008 emessa nella causa C98/07, Nordania Finans, ha precisato che la finalità dell’esclusione delle cessioni dei beni d’investimento dal calcolo del prorata di detrazione si giustifica «onde evitare che possano falsarne il significato reale nella misura in cui essi non riflettano l’attività professionale del soggetto passivo. […] Tali operazioni sono d’altronde escluse solo se non rientrano nell’attività professionale abituale del soggetto passivo» (cfr. sentenza citata, punti 22 e 23).
La stessa CGUE nei successivi punti 24 e 25 della medesima sentenza, ha precisato che «il legislatore comunitario ha quindi inteso escludere dal calcolo del prorata il fatturato relativo alla vendita di beni allorché questa vendita riveste un carattere inusuale rispetto all’attività corrente del soggetto passivo interessato e non richiede quindi un utilizzo dei beni o dei servizi ad uso misto in un modo che sia proporzionale al fatturato che genera. Come ha sottolineato l’avvocato generale al paragrafo 68 delle sue conclusioni, l’inclusione di tale fatturato nel calcolo del prorata di detrazione falserebbe il suo risultato nel senso che esso non rifletterebbe più la rispettiva parte dell’impiego dei beni o servizi adibiti ad uso misto per le attività imponibili e le attività esenti.
In tale contesto, la nozione di beni d’investimento che il soggetto passivo ha utilizzato nella sua impresa […] non può comprendere quelli la cui vendita riveste, per il soggetto passivo interessato, il carattere di un’attività economica usuale.».
Come chiarito nella risposta pubblicata n. 165 del 2020, «per l’individuazione dei beni strumentali ammortizzabili ai fini della disposizione in commento, in assenza di una definizione ai fini dell’Imposta sul Valore Aggiunto, si deve avere riguardo ai criteri per essi disposti ai fini delle imposte dirette».
In particolare, è stato chiarito che «per ”beni oggetto dell’attività propria dell’impresa” devono intendersi quelli il cui impiego qualifica e realizza l’attività normalmente esercitata (commercio, lavorazione, noleggio, locazione finanziaria ecc.) e per ”beni strumentali utilizzati nell’esercizio dell’attività propria” quelli impiegati esclusivamente come mezzo per l’esercizio di detta attività e, pertanto, diversamente dai primi, inidonei, come tali, a qualificare la natura dell’attività svolta». Nella citata risposta è stata altresì richiamata la circolare 3 agosto 1979, n. 25, con la quale è stato precisato che «per ”attività propria dell’impresa” si deve ritenere […] quella che normalmente ed abitualmente viene esercitata dall’imprenditore e non quindi quella svolta in maniera occasionale o, comunque, di scarsa rilevanza nell’ambito dell’impresa».
Ciò posto, si ritiene che ai fini dell’applicazione dell’articolo 19bis, secondo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972 e del calcolo della percentuale di detrazione, debba farsi riferimento alla definizione di ”beni ammortizzabili”, rilevante ai fini delle imposte dirette.
Nel caso di specie, quindi, non concorreranno alla formazione del prorata le cessioni di fabbricati che l’Istante ha qualificato, secondo criteri che non costituiscono oggetto del presente interpello, quali beni fiscalmente ammortizzabili ai fini delle imposte dirette, vale a dire diversi da quelli c.d. ”merce” di cui all’articolo 92 del TUIR e da quelli c.d. ”patrimoniali” di cui all’articolo 90 del TUIR.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto, fermo restando impregiudicato il potere di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria.