AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 26 marzo 2021, n. 215
IVA – Servizio di teleassistenza infermieristica – Regime di esenzione ai sensi dell’articolo 10, primo comma, n. 18) del D.P.R. n. 633 del 1972
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società ALFA (di seguito, anche la “Società” o “l’Istante”), società recentemente costituita, fornisce assistenza infermieristica da remoto a pazienti affetti dal morbo di Parkinson per ottimizzarne la qualità di vita.
L’oggetto sociale della Società prevede la progettazione, l’organizzazione, la gestione e l’erogazione di servizi di teleconsulto infermieristico per finalità di cura, assistenza e sostegno ai malati cronici mediante impiego di linee telefoniche tradizionali e/o di strumenti tecnologici innovativi o di nuove metodologie.
In particolare, la Società offre un servizio di teleassistenza infermieristica che prevede la presa in carico dei pazienti affetti dalla malattia di Parkinson tramite la predisposizione di un servizio di teleconsulto infermieristico mediante una piattaforma tecnologica multicanale.
In data 3 febbraio 2019 la Società ha presentato istanza di interpello alla Direzione Regionale della … chiedendo chiarimenti in merito all’applicabilità del
regime di esenzione IVA di cui all’articolo 10, comma 1, numero 18), del D.P.R. n. 633 del 1972, riguardo alle prestazioni infermieristiche rese ai pazienti da remoto, telefonicamente ovvero tramite piattaforma informatica.
La Direzione Regionale ha precisato che le attività poste in essere dalla società interpellante non sono riconducibili alle prestazioni mediche secondo i principi espressi dalla Corte di giustizia UE ed evidenziati nella circolare dell’Agenzia delle entrate n. 4/E del 28 febbraio 2005 e, conseguentemente, non possono fruire del regime di esenzione IVA ai sensi dell’articolo 10 primo comma, n. 18 del citato D.P.R. n. 633 del 1972.
Nello specifico, la Direzione Regionale ha ritenuto che “dal punto di vista oggettivo, le prestazioni rese dalla società istante direttamente nei confronti dei malati di Parkinson, attraverso colloqui telefonici con ciascun paziente non siano riconducibili a prestazioni mediche dirette alla diagnosi cura e riabilitazione, ma piuttosto a prestazioni dirette all’assistenza del paziente, alla “orchestrazione informata degli interventi di cura ” Inoltre, con riferimento al servizio di teleconsulto rivolto ai caregiver (ossia a coloro che si occupano dei malati), le prestazioni rese dall’istante sembrano dirette a fornire a quest’ultimi una sorta di consulenza rivolta alla gestione del malato. Anche l’attività fornita tramite infermieri al neurologo e al fisioterapista, attraverso l’accesso ai dati clinici del paziente e alle informazioni relativi all’evoluzione della malattia, rappresenta più un’attività di supporto al neurologo o al fisioterapista che una prestazione medica diretta al paziente”.
La Società non ritiene condivisibile la risposta fornita, ritenendo che le prestazioni sanitarie mantengano la loro qualificazione indipendentemente dalle modalità con cui sono rese e che la specifica modalità di erogazione del servizio non dovrebbe avere rilevanza alcuna sulla natura del servizio stesso, non andandone a modificare la sostanza e le finalità.
Posto quanto sopra, la Società propone nuova istanza di interpello fornendo ulteriori informazioni, non originariamente rappresentate, a suo giudizio necessarie al corretto inquadramento del quesito, precisando che l’istanza originaria è da considerarsi quale parte integrante dell’interpello in oggetto.
In particolare, ALFA ritiene che per il corretto inquadramento della questione sia imprescindibile comprendere la peculiarità delle malattie croniche, e della malattia di Parkinson in particolare, e la conseguenza specificità degli obiettivi di cura e delle prestazioni che esse richiedono.
La Società segnala che l’attività erogata si sostanzia nel fornire supporto infermieristico a distanza nella diagnosi e nella gestione infermieristica della sintomatologia del Morbo di Parkinson attraverso una piattaforma di Telesalute che, oltre a permettere un continuo supporto al paziente a domicilio, consente ai medici curanti di assumere decisioni cliniche anche al di fuori delle visite ambulatoriali. La struttura è diretta da un Direttore Sanitario specializzato nello studio e cura della malattia di Parkinson che coordina infermiere specializzate.
L’Istante segnala che già nell’istanza originaria, con riferimento al requisito oggettivo, vengono ampiamente descritte le modalità (colloqui col paziente, questionari anamnestici, triage, interazione con i caregiver, con i medici curanti e altre figure professionali sanitarie..) e gli strumenti (piattaforma digitale di eHealth, telefono, mail..) mediante i quali le cure vengono erogate, mentre finalità della nuova presente istanza è quella di fornire elementi a supporto del contenuto prettamente medico/sanitario dell’intervento infermieristico svolto dalla Società.
La Società evidenzia che gli infermieri preposti all’erogazione del servizio sono infermieri professionali regolarmente abilitati all’esercizio della professione ed iscritti al proprio albo di competenza, come pure sono iscritte all’albo le altre figure coinvolte nell’erogazione del servizio (neurologi, fisioterapisti, ecc…). Fa, inoltre, presente che i servizi di teleconsulto infermieristico erogati rientrano nelle “prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona” sulla base di quanto indicato nel Piano Nazionale della Cronicità. Tale Piano, peraltro, individua nella diffusione dell’Infermiera/e case-manager dedicato, nell’Educazione Terapeutica e nella Telemedicina alcuni degli strumenti fondamentali per il conseguimento degli obiettivi di cura nelle malattie croniche e nel Parkinson in particolare.
La Società richiama la definizione di Telemedicina, secondo le linee guida sul tema emanate dal Ministero della Salute, ossia “una modalità di erogazione di servizi di assistenza sanitaria, tramite il ricorso a tecnologie innovative, in particolare alle Information and Communication Technologies (ICT), in situazioni in cui il professionista della salute e il paziente (o due professionisti) non si trovano nella stessa località”.
In tale contesto, la Società sottolinea che il servizio trae diretta ispirazione dal Piano Nazionale della Cronicità, proponendosi specificamente di operare per garantire la continuità delle cure, quando il paziente non si trova presso i presidi sanitari, bensì al proprio domicilio, visti anche i crescenti vincoli di accesso ai supporti specialistici istituzionali e i costi ad esso associati. Tale tipo di intervento implica, peraltro, che accanto al medico, divengano figure cardine della cura le altre figure sanitarie, tra le quali un ruolo primario rivestono gli infermieri.
Coerentemente con le principali linee di intervento enunciate nel Piano, il servizio prevede la presa in carico del malato di Parkinson erogando tramite i propri infermieri prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione avvalendosi dei seguenti fondamentali strumenti di cura:
1. un case manager specialistico dedicato a ciascun paziente; a tale figura è demandato, tra l’altro, l’intervento di “educazione terapeutica” diretto al paziente ed ai suoi caregiver, strumento rivolto alla cura dei sintomi (cura) ma anche alla gestione psicologica e comportamentale (cura) del paziente allo scopo di consentirgli, per quanto possibile, il recupero funzionale e sociale (riabilitazione);
2. l’intervento in Telemedicina, realizzato mediante una piattaforma digitale di e- Health, con accesso multicanale (telefono, videochiamata, email, sms, aree riservate della piattaforma):
a. quale canale di erogazione di prestazioni sanitarie infermieristiche finalizzate al monitoraggio, valutazione (diagnosi) e gestione (cura) della complessa sintomatologia;
b. quale strumento per la condivisione delle informazioni cliniche necessarie ad abilitare le decisioni terapeutiche del medico e delle altre figure professionali del team di cura ogni volta che si rendano necessarie (cura).
La prestazione di cura così erogata nei confronti del paziente si articola lungo le seguenti dimensioni di intervento:
– definizione di un Piano Assistenziale Infermieristico (PAI) di Cura individualizzato per ogni paziente che identifica i bisogni clinico-assistenziali, definisce gli obiettivi di cura, articola gli interventi di cura ed individua i risultati attesi e le relative metodiche di analisi;
– monitoraggio della sintomatologia, in particolare quella non motoria, che il paziente possa presentare quando si trova a domicilio, per consentirne una tempestiva valutazione (diagnosi) e identificare gli interventi necessari alla appropriata gestione del sintomo (cura).
Con documentazione integrativa prodotta in data 28 dicembre, sulla base di specifiche richieste, la Società ha fornito ulteriori elementi conoscitivi per una più approfondita disamina della fattispecie.
La Società fa presente che, nel corso del 2019, ha ottenuto l’autorizzazione ad operare quale “struttura ambulatoriale di neurologia e medicina interna con il servizio di tele-infermieristica”, mentre risulta in corso la procedura di “accreditamento”. Inoltre, a partire dal 12 marzo, ha erogato oltre 6000 interventi di teleassistenza infermieristica sulla base di alcune partnership.
Nella documentazione allegata, inoltre, l’Istante ha specificato che il servizio prevede un abbonamento di durata annuale che da diritto ad un numero illimitato di interventi di teleconsulto per paziente, oltre ad un numero di interventi pianificati definiti nel PAI.
Il pagamento del servizio – ad eccezione di quello tramite la pubblica amministrazione (convenzionamento con il SSN) che segue regole proprie codificate – avviene, a seconda dei canali eventualmente instaurati: direttamente dal paziente interessato, con rimborso da parte di Fondi o Assicurazioni (in caso di convenzione stipulata dal paziente), tramite piattaforma di Welfare Aziendale.
Da ultimo, a sostegno delle proprie argomentazioni sopra riportate, la Società sottolinea che, nel corso del 2020, la telemedicina ha rappresentato una importante risposta all’emergenza sanitaria causata dal COVID-19, che ha consentito di proteggere le persone fragili senza privarle dell’accesso ai servizi sanitari.
Alla luce di quanto sopra esposto e dei documenti allegati, ALFA chiede di riesaminare le prestazioni svolte riconoscendone la natura di prestazioni mediche di diagnosi, cura e riabilitazione, una volta preso atto della particolarità degli obiettivi di cura di malattie croniche ed in particolare del Parkinson, come ampiamente argomentato, riconoscendo così che le prestazioni mediche fornite siano da assoggettare al regime di esenzione da IVA.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La Società è del parere che le prestazioni mediche fornite siano da assoggettare al regime di esenzione da IVA, ai sensi dell’articolo 10, primo comma, n. 18 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, risultando soddisfatti entrambi i requisiti oggettivo e soggettivo richiesti dalla norma.
Al riguardo, la Società ritiene evidente che l’intervento sanitario richiesto per la cura delle malattie croniche e del Parkinson in particolare è per sua natura complesso, articolandosi in diverse azioni e richiedendo l’intervento di diverse figure professionali, e pertanto esso non può che essere valutato nella sua interezza, assumendo poco significato la frammentazione delle singole prestazioni svolte, ai fini dell’individuazione del suo scopo principale, che è quello di diagnosi, cura e riabilitazione e dunque di tutela della salute dei malati di Parkinson, compatibilmente con le peculiarità della malattia soprarichiamate.
Peraltro, anche volendo esaminare le singole prestazioni isolatamente, l’Istante ritiene ravvisabile il contenuto medico/sanitario per ciascuna di esse, in quanto tutte le attività sopra descritte rientrano nel profilo professionale dell’infermiere e sono parte caratterizzante il contenuto della sua professione.
Inoltre, con riferimento al fatto che tali prestazioni siano svolte da remoto la Società ritiene mutuabile, anche nel caso di specie, il principio espresso nella risoluzione n. 60 del 2017, ossia il fatto che le prestazioni sanitarie mantengano la loro qualificazione indipendentemente dalle modalità con cui sono rese e che la specifica modalità di erogazione del servizio non dovrebbe avere rilevanza alcuna sulla qualificazione del servizio stesso non andandone a modificare la sostanza e le finalità, ma avendo esclusivamente lo scopo di ottimizzarne la fruizione da parte del paziente.
In merito al requisito soggettivo, inoltre, la Società ritiene non sussistere alcun dubbio circa tale requisito, dal momento che gli infermieri preposti all’erogazione del servizio sono infermieri professionali regolarmente abilitati all’esercizio della professione ed iscritti al proprio albo di competenza, ed ugualmente dicasi per le altre figure coinvolte nell’erogazione del servizio (neurologi, fisioterapisti, ecc…).
In considerazione di quanto rappresentato, l’Istante ribadisce che le prestazioni del servizio reso debbano, pertanto, ricadere nella definizione generale di prestazioni sanitarie ai sensi dell’art. 10, n. 18 del D.P.R. n. 633 del 1972, secondo cui sono esenti dall’IVA le prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona.
Parere dell’Agenzia delle entrate
L’articolo 10, primo comma, n. 18), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 prevede l’esenzione da IVA per “le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell’art. 99 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro delle finanze”.
Si ricorda che ai fini dell’applicazione del regime di esenzione IVA di cui all’articolo 10, primo comma, n. 18 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, debbono sussistere congiuntamente sia il requisito oggettivo (ossia che trattasi di prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona), sia il requisito soggettivo (ossia che le prestazioni siano rese nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, secondo le disposizioni dello Stato).
Tale disposizione trova fondamento nell’articolo 132, paragrafo 1, lettera c), della Direttiva del 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE, ai sensi del quale “gli Stati membri esentano le operazioni seguenti: (. ) c) le prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dallo Stato membro interessato (. .)”.
L’Amministrazione Finanziaria ha delineato l’ambito oggettivo e soggettivo di applicazione dell’esenzione in commento con numerosi documenti di prassi.
In proposito, sotto il profilo oggettivo, la risoluzione n. 184 del 24/9/2003 ha precisato che ” – per attività di diagnosi si indica l’attività diretta a identificare la patologia da cui i pazienti sono affetti;
– per prestazioni di cura, secondo la normativa vigente, si indicano le prestazioni di assistenza medico generica, specialistica, infermieristica, ospedaliera e farmaceutica (…);
– per prestazioni di riabilitazione si intendono quelle che, al pari delle prestazioni di cura, prevedono una prevalente prestazione di fare e sono rivolte al recupero funzionale e sociale del soggetto”.
La circolare 28 gennaio 2005, n. 4/E ha, inoltre, chiarito che l’applicazione dell’articolo 10, primo comma, n. 18) del Decreto IVA “va limitato alle prestazioni mediche di diagnosi, cura e riabilitazione il cui scopo principale è quello di tutelare o ristabilire la salute delle persone, comprendendo in tale finalità anche quei trattamenti o esami medici a carattere profilattico eseguiti nei confronti di persone che non soffrono di alcuna malattia”.
Le precisazioni contenute nei documenti di prassi sopra richiamati sono state fornite alla luce delle pronunce della Corte di Giustizia Europea in tema di prestazioni mediche esenti da IVA.
Dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia emerge che “… le nozioni di «cure mediche», di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112, e di «prestazioni mediche», ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera c), della stessa, riguardano entrambe prestazioni che hanno lo scopo di diagnosticare, di curare e, nella misura del possibile, di guarire malattie o problemi di salute” (si veda, al riguardo la sentenza della Corte del 18 settembre 2019, WolfHenning Peters, causa C- 700/17 e la sentenza del 2 luglio 2015, De Fruytier, causa C334/14).
Sotto il profilo oggettivo, si osserva inoltre che la Corte di Giustizia, con la sentenza n. C-141/00 del 10 settembre 2002, ha affermato che l’applicazione dell’esenzione Iva alle prestazioni mediche deve essere valutata in relazione alla natura delle prestazioni fornite, a prescindere dalla forma giuridica che riveste il soggetto che le rende.
L’esenzione prevista dall’art. 10, n. 18), del D.P.R. 633/1972 è inoltre vincolata alla circostanza che il prestatore del servizio sia abilitato all’esercizio della professione sanitaria. Riguardo al profilo soggettivo, la circolare n. 4/E del 2005 ha precisato che “la prestazione medica o paramedica può essere esente dall’IVA solo se resa dai soggetti sottoposti a vigilanza ai sensi dell’articolo 99 del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265 e successive modificazioni ovvero individuati dal decreto del ministero della Sanità 17 maggio 2002”.
Per quanto concerne, in particolare, i soggetti prestatori abilitati all’esercizio della professione medica, l’articolo 99 del T.U. delle leggi sanitarie stabilisce, al primo comma, prevede che “è soggetto a vigilanza l’esercizio della medicina e chirurgia, della farmacia e delle professioni sanitarie di levatrice, assistente sanitaria visitatrice e infermiera diplomata”. Ai sensi dell’articolo 1 del decreto del 17 maggio 2002 adottato dal Ministro della Salute, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, recante individuazione delle prestazioni sanitarie esenti dall’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto “sono esenti dall’IVA le prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona, oltre che dagli esercenti una professione sanitaria o un’arte ausiliaria delle professioni sanitarie indicate all’art. 99 del testo unico delle leggi sanitarie (..) da: c) gli operatori abilitati all’esercizio delle professioni elencate nel decreto ministeriale 29 marzo 2001”.
Quest’ultimo decreto individua, in particolare, all’articolo 2, lett. a), la figura professionale dell'”infermiere”.
Nel caso in esame, in base a quanto evidenziato nell’istanza, la Società offre un servizio di teleassistenza infermieristica per le persone con Malattia di Parkinson ad opera di infermieri professionali regolarmente abilitati all’esercizio della professione ed iscritti al proprio albo di competenza; tali requisiti sono altresì soddisfatti anche in relazione alle altre figure coinvolte nell’erogazione del servizio (neurologi, fisioterapisti, ecc…). Risulterebbe, dunque, soddisfatto il requisito soggettivo previsto dall’art. 10 n. 18) del D.P.R. 633/1972 ai fini dell’esenzione.
La modalità di erogazione del servizio avviene mediante una piattaforma digitale di e-Health, con accesso multicanale (telefono, videochiamata, email, sms, aree riservate della piattaforma) che, secondo quanto riferito nell’istanza, rappresenta, al contempo: a) un canale di erogazione di prestazioni sanitarie infermieristiche finalizzate al monitoraggio, diagnosi e gestione della complessa sintomatologia del paziente; b) uno strumento per la condivisione delle informazioni cliniche per tutti i professionisti del team interessati nella cura del paziente.
Ai fini che qui rilevano, occorre, pertanto, valutare come e se la peculiare ed innovativa modalità di erogazione del servizio in esame, c.d. teleassistenza infermieristica, incida sull’inquadramento delle prestazioni, anche ai fini della loro qualificazione come prestazioni sanitarie.
Con riferimento al tema dell’erogazione di prestazioni sanitarie per via telefonica, è intervenuta di recente la Corte di Giustizia (cfr. sentenza del 5 marzo 2020, causa C-48/19), la quale ha avuto modo di chiarire che l’articolo 132, paragrafo 1, lettera c), della Direttiva 2006/112/CE “deve essere interpretato nel senso che prestazioni fornite per telefono, consistenti nel dare consulenze relative alla salute e alle malattie, possono rientrare nell’esenzione prevista da tale disposizione, a condizione che esse perseguano uno scopo terapeutico, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare ” Inoltre, “L’articolo 132, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che esso non impone che, per il fatto che prestazioni mediche sono fornite telefonicamente, gli infermieri e gli assistenti sanitari che offrono tali prestazioni siano soggetti a requisiti di qualificazione professionale supplementari, affinché dette prestazioni possano beneficiare dell’esenzione prevista da tale disposizione, a condizione che esse possano essere considerate come aventi un livello di qualità equivalente a quello delle prestazioni fornite da altri prestatori che utilizzano lo stesso mezzo di comunicazione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare”.
La Corte di Giustizia evidenzia, dunque, che le prestazioni di cura effettuate per telefono possono rientrare nell’esenzione da IVA prevista all’articolo 132, paragrafo 1, lettera c), della Direttiva 2006/112, se soddisfano tutte le condizioni di applicazione di tale esenzione, ossia se i) costituiscono una prestazione medica e se ii) vengono effettuate nel contesto dell’esercizio delle professioni mediche e paramediche come definite dallo Stato membro interessato.
La sussistenza di una prestazione medica ai fini dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera c) è, pertanto, legata allo scopo terapeutico dell’attività, ed è quest’ultimo, non il luogo né il mezzo, a determinare se una prestazione medica deve essere esentata dall’IVA o meno.
La Corte specifica in proposito che le consultazioni consistenti nello spiegare le diagnosi e le terapie possibili, nonché nel proporre modifiche dei trattamenti seguiti, dato che consentono alla persona interessata di comprendere la sua situazione sul piano medico e, se del caso, di agire di conseguenza, in particolare di assumere o di non assumere un determinato farmaco, possono perseguire uno scopo terapeutico e rientrare, a tale titolo, nella nozione di “prestazioni mediche”, ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera c), di tale Direttiva. Diversamente, le prestazioni che consistono nella comunicazione di informazioni su patologie o terapie, ma che non possono, a causa del loro carattere generale, contribuire a proteggere, mantenere o ristabilire la salute delle persone, non possono rientrare in tale nozione. Analogamente, non rientrano nel regime di esenzione le prestazioni consistenti nella fornitura di informazioni di ordine amministrativo.
Nel caso in esame, le prestazioni erogate nei confronti del paziente si articolano lungo le seguenti dimensioni di intervento: i) definizione di un Piano Assistenziale Infermieristico (PAI) di cura individualizzato per ogni paziente; ii) monitoraggio della sintomatologia, al fine di identificare gli interventi necessari alla appropriata gestione dei sintomi della patologia cronica della malattia di Parkinson, costituendo prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona.
Sulla base dei principi delineati dalla Corte di Giustizia, la specifica modalità di erogazione del servizio non sembra escludere la natura sanitaria delle prestazioni rese, volte alla cura dei malati di Parkinson, attraverso azioni – come evidenziato dall’Istante – volte al “miglioramento del quadro clinico e dello stato funzionale, alla minimizzazione della sintomatologia, alla prevenzione della disabilità e al miglioramento della qualità di vita dei pazienti”. A sostegno di ciò, occorre tener conto dei peculiari obiettivi di cura di tale malattia e inquadrare le singole prestazioni nell’ottica delle malattie cronico-degenerative.
Si fa presente, inoltre, che, ai fini di un esaustivo inquadramento della fattispecie in esame, la scrivente ha richiesto un parere tecnico al Ministero della Salute, in cui è stato precisato che “le prestazioni erogate a distanza dal personale infermieristico sono assimilabili alla Teleconsulenza medico-sanitaria, così definita: “un ‘attività sanitaria, non necessariamente medica ma comunque specifica delle professioni sanitarie, che si svolge a distanza ed è eseguita da due o più persone che hanno differenti responsabilità rispetto al caso specifico. Essa consiste nella richiesta di supporto durante lo svolgimento di attività sanitarie, a cui segue una videochiamata in cui il professionista sanitario interpellato fornisce all’altro, o agli altri, indicazioni per la presa di decisione e/o per la corretta esecuzione di azioni assistenziali rivolte al paziente. La teleconsulenza può essere svolta in presenza del paziente, oppure in maniera differita. ln questa attività è preminente l’interazione diretta tramite la videochiamata, ma è sempre necessario garantire all’occorrenza la possibilità di condividere almeno tutti i dati clinici, i referti e le immagini riguardanti il caso specifico. E’ un’attività su richiesta ma sempre programmata e non può essere utilizzata per surrogare le attività di soccorso”. Oppure alla Teleassistenza da parte di professioni sanitarie (infermiere/fisioterapista/logopedista/ecc), che è un atto professionale di pertinenza della relativa professione sanitaria e si basa sull’interazione a distanza tra il professionista e paziente/caregiver per mezzo di una videochiamata, alla quale si può all’occorrenza aggiungere la condivisione di dati, referti o immagini. Il professionista che svolge l’attività di teleassistenza può anche utilizzare idonee app per somministrare questionari, condividere immagini o video tutorial su attività specifiche. Lo scopo della teleassistenza è quello di agevolare il corretto svolgimento di attività assistenziali, eseguibili prevalentemente a domicilio. La teleassistenza è prevalentemente programmata e ripetibile in base a specifici programmi di accompagnamento del paziente ‘”
Tutto ciò premesso, alla luce di quanto sopra, si è del parere che le prestazioni rese mediante una piattaforma digitale di e-Health, in quanto prestate per finalità diagnostiche, di cura e riabilitazione dai professionisti abilitati operanti presso la struttura e rese nei confronti del paziente/cliente finale, rientrino nel regime di esenzione previsto dall’articolo 10, comma 1, n. 18), del D.P.R. n. 633 del 1972.
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