La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 20977 depositata il 13 settembre 2013 intervenendo in tema di IVA ha statuito che non è detraibile l’IVA sugli utili erogati agli associati in partecipazione che anno effettuato conferimenti unicamente in denaro.
La Corte Suprema rigettando il ricorso del contribuente ha reso definitivo l’avviso di accertamento ai fini IVA emesso nei confronti di una società operativa nel settore edilizio e immobiliare. I giudici di legittimità hanno accolto le tesi dell’Agenzia delle Entrate e confermato la decisione dei giudici di merito che avevano ritenuto indebita la detrazione dell’IVA operata dalla società sugli utili corrisposti ad alcuni associati in partecipazione che avevano effettuato “conferimenti in denaro”.
La società ricorrente nel ricorso presentato alla Corte Suprema ha lamentato l’inadeguatezza e contraddittorietà della decisione della Commissione Tributaria Regionale sulla tematica relativa all’IVA corrisposta sugli utili riconosciuti agli associati in partecipazione, in quanto si era in presenza di “una prestazione di servizi” alla stregua dell’articolo 3 D.P.R. n. 633 del 1972, al pari delle somme prestate a mutuo.
Gli Ermellini hanno posto in subordine la problematica, sollevata dal contribuente, relativa alla qualificazione giuridica del contratto di associazione in partecipazione per decidere la controversia , ritenendo, invece, determinante la circostanza della natura dell’’apporto dei conferimenti degli associati in partecipazioni avvenuto “integralmente in denaro” . Tale circostanza “impedisce di poter configurare uno dei presupposti oggettivi che giustifica l’imponibilità ai fini IVA rappresentato, ai sensi dell’art. comma 3 lett. a) d.p.r. n. 633/72, dall’essere in presenza di una cessione di beni. E poiché il conferimento in danaro non può essere assimilato in una cessione di benimancherebbe in radice, anche a condividere la sussumibilità del contratto nell’ambito dei rapporti di scambio, il nesso di corrispettività rispetto all’iniziale messa a disposizione di capitale in denaro”. Infine, per i giudici della Corte Suprema, l’assimilazione ai fini IVA, pure prospettata dalla contribuente, fra apporto in denaro dell’associato e somme corrisposte a titolo di mutuo al mutuatario che la disciplina in tema di IVA qualifica espressamente come “prestazione di servizi” (ex art. 3 del D.P.R. n. 633/72) non induce a conclusioni diverse.
La fatturazione non è sufficiente. Ma a sostegno della tesi secondo cui è indetraibile l’IVA sugli utili in favore degli associati in partecipazione, milita anche il disposto dell’art. 19 del D.P.R. n. 633/1972, in conformità all’art. 17 della sesta direttiva del Consiglio CEE del 15 maggio 1977, n. 77/388/CEE. La predetta norma non ammette in ogni caso la detrazione dell’imposta pagata “a monte” per l’acquisto o l’importazione di beni o per conseguire la prestazione di servizi necessari all’impresa, atteso che, in base alla normativa citata, ai fini della detrazione, non è sufficiente che le dette operazioni attengano all’oggetto dell’impresa e siano fatturate, ma è altresì indispensabile che esse siano, a loro volta, assoggettabili al tributo. Tale conclusione trova piena conferma nella giurisprudenza della Corte di Giustizia ove si è ritenuto che l’esercizio del diritto di detrazione sia limitato soltanto alle imposte dovute, vale a dire alle imposte corrispondenti a un’operazione soggetta all’IVA o versate in quanto erano dovute.
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