Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 29400 depositata il 5 luglio 2019
Omesso versamento Iva – Omesso versamento ritenute certificate – Omesso versamento delle ritenute previdenziali – Stessa indole – Recidiva – Sussiste
Massima
La definizione di reati “della stessa indole”, posta dall’art. 101 c.p. e rilevante per l’applicazione della recidiva ex art. 99 c.p., comma 2, n. 1, prescinde dalla identità della norma incriminatrice e fa riferimento ai criteri del bene giuridico violato o del movente delittuoso, che consentono di accertare, nei casi concreti, i caratteri fondamentali comuni fra i diversi reati, e conseguentemente deve ritenersi corretta la decisione che con accertamento in fatto ha ritenuto della stessa indole i reati di omesso versamento IVA e delle ritenute certificate con il reato di omesso versamento di ritenute previdenziali
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Catania, con sentenza del 19 aprile 2018, ha confermato la sentenza del Tribunale di Catania del 26 ottobre 2017, che aveva condannato D.D.V.M. alla pena di anni 2 di reclusione ed Euro 2.500,00 di multa oltre alle spese per il reato di cui all’art. 81 c.p. e D.L. n. 463 del 1983, art. 2, comma 1 bis, omesso versamento per gli anni 2010 e 2011 di Euro 153.142,00.
2. Ricorre per Cassazione l’imputato, tramite il difensore, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dal disp. att. c.p.p., art. 173, comma 1.
2.1. Violazione di legge (art. 178, c.p.p.).
L’avviso di contestazione dell’INPS per il mancato pagamento dei contributi previdenziali è stato notificato non nella sede legale della società (debitrice dei contributi, la Bingo Service srl) ma all’indirizzo di residenza (presunta) del ricorrente. L’avviso è stato restituito al mittente con la dicitura di compiuta giacenza, quindi l’imputato non ha mai avuto conoscenza della contestazione INPS.
2.2. Violazione di legge (art. 43 c.p. e L. n. 638 del 1983, art. 2) e manifesta illogicità della motivazione sull’elemento soggettivo del reato.
La mancata conoscenza dell’invito al pagamento non può far configurare il dolo del reato in contestazione. La stessa Corte di Cassazione ha statuito come la mancata conoscenza dell’intimazione dell’INPS (nel caso effettuata per compiuta giacenza, come nella fattispecie oggi in giudizio) esclude il dolo del reato.
2.3. Violazione di legge (artt. 99 e 101 c.p.), mancanza ed illogicità della motivazione sulla riconosciuta recidiva qualificata.
Il ricorrente è stato già condannato per evasione IVA (D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 bis), ma la recidiva qualificata deve riguardare reati della stessa indole. L’evasione fiscale non può ritenersi della stessa indole di reati attinenti ad omissioni contributive (previdenziale). Il criterio di peculiarità comuni dei reati, per la recidiva qualificata, del resto è solo sussidiario, mentre il criterio principale è quello della ricomprensione nella stessa norma di legge violata.
Manca pertanto la possibilità di ritenere la recidiva qualificata, come invece erroneamente ritenuto dalla Corte di appello con motivazione sbrigativa.
2.4. Illogicità della motivazione per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
La Corte di appello ha escluso le circostanze attenuanti generiche in relazione alla reiterazione della condotta per mesi e all’assenza di ulteriori elementi da valorizzare per il riconoscimento.
L’inadempimento dei pagamenti riguarda, però, solo l’ultima fase della vita della società, dovuto peraltro a questioni di crisi economica; inoltre tutti i dipendenti sono stati pagati, e questo doveva essere valutato per la concessione delle circostanze dell’art. 62 bis c.p. (infatti il ricorrente al posto di licenziare ha preferito continuare nell’attività nonostante la crisi).
Ha chiesto quindi l’annullamento della decisione impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso risulta inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi e per genericità, articolato peraltro in fatto e riproduttivo delle considerazioni dell’appello, senza critiche specifiche di legittimità.
4. Relativamente alla notifica dell’intimazione INPS la stessa risulta spedita con raccomandata all’indirizzo del ricorrente, residenza anagrafica, perfezionata per compiuta giacenza. Sul punto la giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere valida la notifica, e quindi l’effettiva conoscenza della contestazione, quando la stessa è inviata nel luogo di residenza, vedi Cassazione, Sez. 3, n. 19457 del 08/04/2014 – dep. 12/05/2014, Giacovelli, Rv. 259724: “In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, la effettiva conoscenza della contestazione dell’inadempimento contributivo può essere desunta dalla esatta indicazione del destinatario e dall’indirizzo di recapito sulla raccomandata inviata al contravventore, sicché è irrilevante la impossibilità di risalire alla identità del consegnatario del plico in mancanza di concreti e specifici dati obiettivi idonei a dimostrare che la comunicazione non sia stata portata a conoscenza del destinatario senza sua colpa”.
Inoltre la notifica doveva essere diretta alla persona fisica datore di lavoro e responsabile penalmente dell’omesso versamento: “In tema di omesso versamento all’INPS delle ritenute previdenziali, è legittima la notifica del verbale di accertamento all’imputato quale datore di lavoro presso la sede della società nelle mani del responsabile della produzione, atteso che, vertendosi in materia di illecito penale, non si applica il regime delle notificazioni previsto per i soli illeciti di natura amministrativa dalla L. n. 689 del 1981” (Sez. 3, n. 20753 del 13/01/2006 – dep. 16/06/2006, Agostini, Rv. 23451101).
Relativamente alla validità della notifica tramite posta, per compiuta giacenza, si deve confermare la giurisprudenza di questa Corte che ha ritenuto valida la notifica per compiuta giacenza, inoltre il ricorrente sia nelle fasi di merito e sia nel ricorso per Cassazione non rappresenta nessun fatto di portata tale da far ritenere scollegato il luogo di notifica alla sua persona: “In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, non essendo necessarie particolari formalità per la notifica dell’accertamento, la comunicazione della contestazione al contravventore è validamente perfezionata anche in caso di notificazione dell’atto effettuata mediante raccomandata con ricevuta di ritorno, perfezionatasi per “compiuta giacenza”, dando luogo ad una presunzione legale di conoscenza che può essere vinta ove il contravventore provi di non avere avuto, senza colpa, notizia dell’atto, mediante la dimostrazione di un fatto o di una situazione, non superabile con l’ordinaria diligenza, che spezzi o interrompa in modo duraturo il collegamento fra il destinatario ed il luogo di destinazione della comunicazione” (Sez. 3, n. 43250 del 20/07/2016 – dep. 13/10/2016, D’Alonzo, Rv. 26793801; vedi anche Sez. 3, n. 52026 del 21/10/2014 – dep. 15/12/2014, Volpe Pasini, Rv. 26128701; in senso contrario vedi Sez. 3, n. 43308 del 15/07/2014 – dep. 16/10/2014, Parello, Rv. 26074601).
Sussiste pertanto l’elemento soggettivo del reato contestato, anche perché durante tutto il processo di merito nessun pagamento (anche se tardivo) è avvenuto, inoltre lo stesso imputato nel ricorso per cassazione evidenzia che l’omesso pagamento delle contribuzioni previdenziali è avvenuto per crisi economica, e non già per l’omessa conoscenza della contestazione.
5. Relativamente alla recidiva il motivo risulta manifestamente infondato, in quanto “La definizione di reati “della stessa indole”, posta dall’art. 101 c.p. e rilevante per l’applicazione della recidiva ex art. 99 c.p., comma 2, n. 1, prescinde dalla identità della norma incriminatrice e fa riferimento ai criteri del bene giuridico violato o del movente delittuoso, che consentono di accertare, nei casi concreti, i caratteri fondamentali comuni fra i diversi reati” (Sez. 6, n. 15439 del 17/03/2016 – dep. 13/04/2016, C, Rv. 26654501; vedi anche Sez. 1, n. 27906 del 15/04/2014 – dep. 26/06/2014, Stocco, Rv. 26050001).
Si tratta, quindi, di un accertamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato come nel caso in giudizio. La Corte di appello infatti ha ritenuto che le omissioni IVA e le omissioni di ritenute certificate (D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 bis) presentano caratteri fondamentali comuni con il reato in accertamento.
Può conseguentemente affermarsi il seguente principio di diritto: “La definizione di reati “della stessa indole”, posta dall’art. 101 c.p. e rilevante per l’applicazione della recidiva ex art. 99 c.p., comma 2, n. 1, prescinde dalla identità della norma incriminatrice e fa riferimento ai criteri del bene giuridico violato o del movente delittuoso, che consentono di accertare, nei casi concreti, i caratteri fondamentali comuni fra i diversi reati, e conseguentemente deve ritenersi corretta la decisione che con accertamento in fatto ha ritenuto della stessa indole i reati di omesso versamento IVA e delle ritenute certificate con il reato di omesso versamento di ritenute previdenziali“.
6. Relativamente al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche la Corte di appello ha adeguatamente motivato, rilevando come l’elevato importo delle omissioni e la reiterazione per più mesi, nell’assenza di altri elementi positivi di valutazione, esclude la concessione delle circostanze di cui all’art. 62 bis c.p..
Del resto, “La decisione sulla concessione o sul diniego delle attenuanti generiche è rimessa alla discrezionalità del giudice di merito, che nell’esercizio del relativo potere agisce con insindacabile apprezzamento, sottratto al controllo di legittimità, a meno che non sia viziato da errori logico-giuridici” (Sez. 2, n. 5638 del 20/01/1983 – dep. 14/06/1983, Rosamilia, Rv. 159536; Sez. 5, n. 7562 del 17/01/2013 – dep. 15/02/2013, P.G. in proc. La Selva, Rv. 254716; Sez. 6, n. 14556 del 25/03/2011 – dep. 12/04/2011, Belluso e altri, Rv. 249731).
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 2000,00, e delle spese del procedimento, ex art. 616 c.p.p..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.