CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 dicembre 2018, n. 31686
Cessazione del rapporto – TFR – Estinzione del giudizio – Evento interruttivo – Privazione della rappresentanza processuale – Sospensione dall’esercizio della professione forense di uno dei difensori
Rilevato
– che con sentenza del 3 marzo 2017, la Corte d’Appello di Roma confermava la decisione del Tribunale di Roma che, revocando il decreto ingiuntivo emesso dallo stesso Tribunale in favore di E. C. ed a carico dell’INPS, in accoglimento dell’opposizione promossa dall’Istituto, rigettava la domanda del primo, avente ad oggetto il pagamento di differenze retributive vantate a titolo di TFR in relazione alla cessazione del rapporto con A. – LAI S.p.A. in a.s.;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto non sussistere l’error in procedendo dal C. imputato al primo giudice consistente nel non aver questi dichiarato l’estinzione del giudizio per mancata tempestiva riassunzione del medesimo al verificarsi dell’evento interruttivo dato dall’essere egli rimasto privo di rappresentanza processuale in ragione della sospensione dall’esercizio della professione forense di uno dei suoi difensori e del difetto dello ius postulandi del codifensore, mero abogado stabilito, circostanze notificate all’INPS da altro difensore e ribadite da un nuovo ulteriore difensore costituitosi innanzi al Tribunale al fine di eccepire l’intervenuta estinzione; che per la cassazione di tale decisione ricorre il C., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, l’INPS;
– che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;
Considerato
– che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 301, 302, 303, 305, 324 c.p.c. e 2697 c.c., deduce la non conformità a diritto della pronunzia resa dalla Corte territoriale in ordine all’efficacia sanante della costituzione in giudizio del ricorrente, senza riconoscere effetto alcuno alla comunicazione dell’evento interruttivo precedentemente notificata all’INPS e mirata al solo fine di dar corso alla decorrenza dei termini per la riassunzione;
– che con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 1199, 2697 c.c., 115, 116 e 91 c.p.c. deduce l’erroneità della statuizione resa dalla Corte territoriale circa l’insussistenza di motivi d’appello concernenti il merito nel contempo dando atto dell’insussistenza di ulteriori crediti oltre quelli di cui l’INPS aveva dato prova dell’avvenuto saldo nonché della statuizione in ordine alle spese, contestando, in relazione al pagamento della somma ingiunta effettuato dall’INPS successivamente all’emissione del decreto, l’accollo delle spese di lite sulla base del criterio della soccombenza;
che il primo motivo deve ritenersi inammissibile alla stregua dell’orientamento accolto da questa Corte (cfr. da ultimo Cass. n. 14520/2015 e Cass. n. 6838/2016) secondo cui l’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., nel consentire la denuncia dei vizi di attività del giudice che comportino la nullità della sentenza o del procedimento, non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce soltanto l’eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del denunciato error in procedendo, con la conseguenza che, ove ¡I ricorrente non indichi lo specifico e concreto pregiudizio subito, l’addotto error in procedendo non acquista rilievo idoneo a determinare l’annullamento della sentenza impugnata;
– che parimenti inammissibile si rivela il secondo motivo, da un lato, non risultando adeguatamente censurata, con riferimento al vizio di nullità della sentenza di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, la lamentata omessa pronunzia in ordine alla proposta impugnazione nel merito di quanto statuito dal primo giudice in ordine alla totale soddisfazione del credito, dall’altro, rivelandosi carente, sotto il profilo dell’autosufficienza, la censura avanzata con riguardo alla statuizione relativa alle spese, non dandosi qui conto dell’essere stato tempestivamente sollevato e fatto oggetto di contraddittorio tra le parti il rilievo per cui il pagamento del credito da parte dell’INPS sarebbe intervenuto dopo l’emissione del decreto ingiuntivo;
– che, pertanto discostandosi dalla proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissibile;
– le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 6.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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