La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 1862 depositata il 28 gennaio 2020 intervenendo in tema di emendabilità delle dichiarazioni fiscali per la correzione di errori di fatto e di diritto ribadendo che “l’emendabilità, in via generale, di qualsiasi errore, di fatto o di diritto, contenuto in una dichiarazione resa dal contribuente all’Amministrazione fiscale, anche se non direttamente rilevabile dalla stessa dichiarazione; ciò per l’impossibilità di assoggettare il dichiarante ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico, in conformità con i principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53 Cost.) e della oggetti va correttezza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.). Il contribuente, quindi, non solo può contestare, anche emendando le dichiarazioni da lui presentate all’Amministrazione finanziaria, l’atto impositivo che lo assoggetti ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico; ma tale contestazione impugnando la cartella esattoriale, è l’unica possibile non essendogli consentito di esercitare alcuna reazione di rimborso dopo il pagamento della cartella “
La vicenda ha riguardato un contribuente a cui, in seguito ad un controllo automatizzato effettuato ex art. 36 bis dpr 600 del 1973 e/o dell’art. 54 bis del dpr n. 633 del 1972, gli veniva notificato una cartella di pagamento. Avverso tale atto impositivo, il contribuente proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale che però respingeva le doglianze del ricorrente. La decisione della CTP veniva impugnata inanzi alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di secondo grado respingevano il ricorso confermando la decisione di primo grado ed in particolare assumevano che l’errore, di cui la parte appellante chiedeva la correzione, sarebbe avvenuto con la dichiarazione del 2003 relativo all’anno di imposta 2002 , correzione non più possibile essendo intervenuto la decadenza ex art. 43 dpr 600/1973.
Il contribuente, avverso la decisione della CTR, proponeva ricorso in cassazione fondato su un unico motivo.
Gli Ermellini accolgono il ricorso del contribuente ricordando che “la dichiarazione dei redditi del contribuente, affetta da errore sia esso di fatto che di diritto commesso dal dichiarante nella sua redazione, è emendabile e ritrattabile anche in sede contenziosa, quando dalla medesima possa derivare l’assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico. Come è noto la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti. Del resto una interpretazione giurisprudenziale che non consentisse la correzione della dichiarazione darebbe luogo a un prelievo fiscale indebito, incompatibile con i principi costituzionali della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., comma 1, e dell’oggettiva correttezza dell’azione amministrativa, di cui all’art. 97 Cost, comma 1.”
Nell’ordinanza in commento, continuano i giudici del palazzaccio, precisano che nonostante “la normativa fiscale prevede che la dichiarazione di rettifica può essere efficacemente presentata, entro determinati limiti temporali (il D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, applicabile ratione temporis alla fattispecie e dell’art. 43 dpr 600/73, prevede il limite temporale dell’emendabilità della dichiarazione integrativa “non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo”) appare necessario in ossequio alla gerarchia delle fonti , ai sensi degli artt. 57 e 97 Cost., interpretare la normativa sulla emendabilità della dichiarazione limitatamente al fine circoscritto dell’utilizzabilità “in compensazione ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17″, indicata nella successiva proposizione della disposizione.”
Pertanto per i giudici della Corte Suprema “in tema di imposte sui redditi, la possibilità per il contribuente di emendare la dichiarazione, allegando errori di fatto o di diritto, incidenti sull’obbligazione tributaria, è esercitabile anche in sede contenziosa per opporsi alla maggiore pretesa dell’Amministrazione finanziaria, ed anche oltre il termine previsto per l’integrazione della dichiarazione – fissato in quello prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, Come introdotto dal D.P.R. n. 435 del 2001, art. 2. Tali principi sono stati altresì di recente ulteriormente precisati ritenendo che il termine annuale di cui all’art. 2 comma 8 bis del d.p.r. 322/1998, previsto per la presentazione della dichiarazione integrativa e finalizzata all’utilizzo in compensazione il credito eventualmente risultante, così come non interferisce sul termine di decadenza di quarantotto mesi previsto per l’istanza di rimborso di cui all’art. 38 del dPR 602/73″ . Per cui alla luce dei principi richiamati dalla Corte il termine annuale non esplica alcun effetto sul procedimento contenzioso instaurato dal contribuente per contestare la pretesa tributaria, anche qualora la stessa sia fondata su elementi o dichiarazioni forniti dal contribuente medesimo.
Infine la cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36 bis D.P.R. 600/73 costituisce il primo atto impositivo, per cui possono essere dedotti in giudizio tutti i vizi della pretesa tributaria.
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