La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 34655 depositata il 27 dicembre 2024, intervenendo in tema di regime fiscale dei c.d. lavoratori impatriati, ha affermato che la prassi amministrativa dell’Amministrazione finanziaria ” non esonera dalla formulazione della richiesta al datore di lavoro, fornendo una soluzione alternativa per il caso dell’impossibilità di provvedere del medesimo, dall’altro non introduce -né potrebbe non avendo valore di legge- il divieto di rimborso, consentito, come si è detto sino all’aggiunta del comma 5 ter dell’art. 16 D.Lgs. 147/2015.

(…) gli adempimenti formali per accedere all’agevolazione in parola, posto che i medesimi sono previsti non per legittimare il rimborso -che soggiace alla sussistenza dei requisiti sostanziali- ma per ottenere il beneficio fiscale attraverso la richiesta al proprio datore di lavoro, al quale sono rimessi gli adempimenti in qualità di sostituto di imposta. “

La vicenda ha riguardato un dipendente che rientrato in Italia, dopo avere lavorato per oltre due anni in Cina e Giappone per conto della società datrice di lavoro, assumendo al suo rientro incarico, presso la stessa impresa. Per cui al rientro procede alla richiesta di rimborso per l’IRPEF relativa ai due anni di imposta, ai sensi dell’art. 16 D.Lgs. 147/2016, in quanto lavoratore ‘impatriato’. Il dipendente ricorre ai giudici. La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado ha ritenuto sussistenti i requisiti di cui all’art. 16 D.Lgs. 147/2016 ed escluso la continuità con la precedente posizione lavorativa, in quanto oggetto di nuovo contratto con il quale venivano assegnate le superiori mansioni di ‘director manager’. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione fondato su un unico motivo.

I giudici di legittimità rigettano il ricorso dell’Agenzia delle entrate.

Gli Ermellini premettono che “l’art. 5, comma 1 lett. d) del D.L. 34/2019, conv. con mod. dalla L. 58/2019, è stato aggiunto all’art. 16 del D.Lgs. 147/2015 -rubricato ‘Regime speciale per i lavoratori impatriati – il comma 5 ter, che nell’ultima parte dispone che: ‘Non si fa luogo, in ogni caso, al rimborso delle somme versate in adempimento spontaneo’.

(…) Il disposto del quarto comma dell’art. 16 D.Lgs. 147/2015 stabilisce che al lavoratore che si sia trasferito in Italia entro il 31 dicembre 2015 si applichi la disciplina prevista dalla legge 238/2010, assicurando nondimeno la possibilità alternativa di formulare l’opzione per l’applicazione del regime previsto dal medesimo articolo 16. “

Inoltre per i giudici di piazza Cavour “L’assenza di un divieto di rimborso – antecedentemente all’introduzione del citato comma 5 ter – (…) non comporta la decadenza dal beneficio fiscale, ma più semplicemente non consente più di attivare la procedura di richiesta del beneficio tramite il sostituto di imposta, ponendo a carico del contribuente l’onere di richiedere il rimborso, ove intenda recuperare la maggiore imposta corrisposta.