La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 32936 depositata il 17 dicembre 2024, intervenendo in tema di mancata indicazione del numero identificativo dell’iscrizione ipotecaria e giudicato implicito, ha statuito che La mancata indicazione del numero identificativo dell’iscrizione ipotecaria non si traduce nella impossibilità di individuare il provvedimento impugnato e, dunque, non può avere alcuna conseguenza sulla proponibilità o validità della domanda, di cui può, al più, comportare una mera irregolarità.

Inoltre, per i giudici di legittimità, in tema di violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. il giudicato implicito sulla giurisdizione si forma tutte le volte in cui la causa sia stata decisa nel merito, con esclusione delle sole decisioni che non contengano statuizioni implicanti l’affermazione della giurisdizione. Ne consegue che la preclusione da giudicato non può scaturire da una pronuncia che non contenga alcuna statuizione sull’attribuzione o sulla negazione del bene della vita preteso, ma si limiti a risolvere questioni giuridiche strumentali all’attribuzione del bene controverso (Cass., Sez. U, 19 marzo 2020, n. 7454). (…) (v. Cass., Sez. U., 12 maggio 2017, n. 11799, secondo cui, in tema di impugnazioni, qualora un’eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un’enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex art. 345, secondo comma, cod.proc.civ. per il giudicato interno formatosi ai sensi dell’art. 329, secondo comma, cod. proc. civ., né è sufficiente la mera riproposizione, utilizzabile, invece, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure, fermo restando che, in tal caso, la mancanza di detta riproposizione rende irrilevante in appello l’eccezione, se il potere di sua rilevazione è riservato solo alla parte, mentre, se competa anche al giudice, non ne impedisce a quest’ultimo l’esercizio ex art. 345, secondo comma, cod.proc.civ.).”

Infine, per il Supremo consesso, confermando un consolidato orientamento, “l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato (Cass., Sez. 5, 7 novembre 2017, n. 26310).”