Gli Ermellini accolgono il ricorso del Fisco. I giudici di legittimità, infatti, evidenziano che i giudici di appello hanno omesso di considerare che la copia del PVC era stata depositata dalla società contribuente per cui “ tale prova era, comunque, stata ritualmente acquisita al processo e la Commissione tributaria provinciale aveva, di conseguenza, l’obbligo, a mente della disposizione richiamata dalla ricorrente (secondo cui il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti), di valutare le risultanze di tale atto nella sua valenza oggettiva, con la conseguente violazione, nella decisione adottata, di tale disposizione, avendo il giudice dichiarato espressamente di non considerare tale elemento benché ritualmente acquisito al giudizio (cfr., al riguardo, Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016, Rv. 640192; Sez. 3, Sentenza n. 20382 del 11/10/2016, Rv. 642907)”.
La Corte Suprema accoglie anche la doglianza sulla natura dei movimenti bancari ribadendo il principio di diritto secondo cui “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili”). Per cui la CTR ha errato nel ritenere che l’onere di provare la portata delle movimentazioni bancarie e i beneficiari dei prelevamenti incombesse all’amministrazione.
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