La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 3805 depositata il 16 febbraio 2018 intervenendo in tema di validità della notifica ha statuito che “In tema di notificazione del ricorso per Cassazione a mezzo posta elettronica certificata (PEC), la carenza di sottoscrizione digitale del ricorso e la mancanza, nella relata, della firma digitale dell’avvocato notificante non sono causa d’inesistenza dell’atto. Gli Ermellini si sono pronunciati, citando il principio delle SS.UU. (sent. n. 7665/2016), sancito in via generale dall’articolo 156 c.p.c., secondo cui la nullità non può mai essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato, in merito all’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione proposta dal controricorrente per carenza della prescritta sottoscrizione digitale del ricorso e della relata di notifica.”
Pertanto per il principio sopra indicato la notifica eseguita con modalità telematica deve eseguirsi “nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici”. I giudici del palazzaccio nel dirimere la questione dell’eccezione d’inammissibilità del ricorso, hanno evidenziato che la parte ricorrente, ha dato la prova della notifica tramite PEC del ricorso per cassazione, depositando “..l’attestazione di conformità – del ricorso, delle relazioni di notifica e di tutta la documentazione – all’originale informatico dell’atto, sottoscritto con firma digitale e notificato come allegato ai messaggi di posta elettronica certificata, ai sensi della L. n. 53 del 1994, artt. 6 e 9, e del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 23”. Pertanto la parte ricorrente, come previsto dall’art. 9, comma 1 bis, della L. 53/94, ha depositato la stampa della ricevuta di accettazione, della ricevuta di consegna e di tutti gli allegati, attestando, ai sensi dell’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 82/2005, la conformità delle copie analogiche agli originali (duplicati) informatici da cui sono tratte. Quanto alla mancanza di sottoscrizione digitale nella relata di notifica deve applicarsi il principio disposto dall’art. 156, codice procedura civile, secondo il quale la nullità non può essere mai pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato.
In particolare la Suprema Corte puntualizza che “..la presenza di attestato di conformità all’originale informatico, sia circa la successiva modificabilità del documento sottoscritto con firma digitale PAdES (PDF Advanced Electronic Signatures), poiché questa può essere verificata aprendo il file con l’idoneo programma (Acrobat Reader) opportunamente impostato, che non consente di inficiare la validità del documento firmato originariamente.”
Gli Ermellini ribadiscono nella predetta ordinanza che “In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati a decorrere dal 10 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lettera a), e 17 D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (nel testo vigente ratione temporis); b) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, invece, la prestazione è assoggettata a detto regime di tassazione separata solo per quanto riguarda la sorte capitale, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore e corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dall’art. 6 legge 26 settembre 1985, n. 482, alle somme provenienti dalla liquidazione del rendimento. Sono tali le somme derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato – non necessariamente finanziario – non anche quelle calcolate attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnicoattuariali di capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate.” Il predetto principio rientra nel solco di quanto già statuito dalle SS.UU. (n. 13642 del 2011) «In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 124 del 1993, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17, solo per quanto riguarda la “sorte capitale” corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17»
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