La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 39168 depositata il 25 ottobre 2024, intervenendo in tema di responsabilità penale per violazione degli obblighi sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, ha ribadito il principio secondo cui “nelle imprese di grandi dimensioni occorre un puntuale accertamento, in concreto, della gerarchia delle responsabilità all’interno dell’apparato strutturale, così da verificare la eventuale predisposizione di un adeguato organigramma dirigenziale ed esecutivo il cui corretto funzionamento esonera l’organo di vertice da responsabilità di livello intermedio e finale (così, Sez. 4, n. 4123 del 10/12/2008 – dep. 28/01/2009, Vespasiani; Sez. 4, 9 luglio 2003, Boncompagni; Sez. 4, 27 marzo 2001, Fornaciari, nonché Sez. 4, 26 aprile 2000, Mantero).
Altrettanto consolidato è però il principio che la delega non può essere illimitata quanto all’oggetto delle attività trasferibili.”
La vicenda ha riguardato un dirigente, con delega di funzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro, di una società a responsabilità limitata accusato del reato di lesioni colpose per l’infortunio occorso ad un dipendente della società. Il dipendente, mentre era intento ad eseguire le operazioni di carico di capriate realizzate dalla società W.S., veniva investito dal ribaltamento di una di esse che, dopo essere stata poggiata sul rimorchio per il successivo trasporto, non essendo stata adeguatamente assicurata con fasce alle sponde del mezzo, si era rovesciata, anche a causa di una raffica di vento. Il Tribunale riconosceva il dirigente del reato ascritto. La decisione di primo grado veniva confermata anche dalla Corte di appello. I giudici di merito hanno ritenuto che l’imputato, nella sua qualità di dirigente con delega alla sicurezza, era venuto meno all’obbligo di organizzare l’attività di carico degli elementi prefabbricati in modo che ne fosse garantita la stabilità in ogni fase. In particolare i giudici di appello dopo aver richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui sul datore di lavoro grava l’obbligo di valutare tutti i rischi connessi all’attività lavorativa e di individuare così le misure cautelari necessarie a prevenirli, adottandole ed assicurandosi che i lavoratori le osservino, – obbligo di prevenzione che non è limitato al solo rispetto delle norme tecniche ma che richiede anche la produzione di ogni ulteriore accortezza necessaria ad evitare i rischi per i lavoratori -, ha affermato che, nel caso di specie al A.A., quale delegato del datore di lavoro ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 81/2008, competeva l’adozione di ogni ulteriore accortezza necessaria ad evitare i rischi per i lavoratori con valutazione adeguata e completa per specificare concretamente regole descrittive dei comportamenti da tenere per prevenirne il verificarsi. Il dirigente impugnava la sentenza di appello con ricorsp per cassazione fondato su un unico motivo. Per il dirigente è stato ritenuto responsabile nella sua veste di delegato dall’amministratore ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 81/2008; la suddetta delega, che ha lo scopo di trasferire obblighi, funzioni, responsabilità del datore di lavoro ad altro soggetto, non può essere estesa all’all’elaborazione del documento di valutazione dei rischi ed alla designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei rischi, essendo ciò testualmente impedito dalla disposizione contenuta nel successivo articolo 17.
I giudici di legittimità annullavano la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello.
Per gli Ermellini la delega per funzione non può avere ad oggetto tutte le attività il D.Lgs. n. 81 del 2008 statuisce una serie di “… obblighi del datore di lavoro non delegabili, per l’importanza e, all’evidenza, per l’intima correlazione con le scelte aziendali di fondo che sono e rimangono attribuite al potere/dovere del datore di lavoro (art. 17).
Trattasi: a) dell’attività di valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza al fine della redazione del documento previsto dal cit. D.Lgs., all’art. 28, contenente non solo l’analisi valutativa dei rischi, ma anche l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate; b) della designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi (RSPP).”
I giudici di piazza Cavour hanno evidenziato come l’evoluzione normativa e giurisdizionale abbia determinato che “Il deficit organizzativo è divenuto il principale addebito mosso al datore di lavoro. Si pretende da questi la predisposizione di un sistema di gestione della prevenzione, articolato in termini congrui rispetto alle dimensioni e alla complessità dell’organizzazione produttiva, sia quanto alle figure soggettive chiamate a concorrere al funzionamento di tale sistema, sia quanto alle funzioni da assegnare ai diversi ruoli, coerentemente al disegno legislativo che contempla, accanto al datore di lavoro, il dirigente, il preposto, il medico competente, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e, infine, lo stesso lavoratore (a tacere di altre figure, esterne all’organigramma aziendale), ciascuno titolare di compiti peculiari.“
In particolare, il Supremo consesso ha riaffermato che “in tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro ha l’obbligo di analizzare e individuare, con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro, e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (Sez. 4, n. 20129 del 10/03/2016, Rv. 267253).”
Sulla base dei principi richiamati la Suprema Corte ha ritenuto errata la conclusione dei giudici di merito affermando che “Il fatto stesso che si trattasse di aspetto dell’organizzazione ricompreso nel contenuto essenziale del documento di valutazione dei rischi avrebbe dovuto condurre ad escludere che i compiti e le responsabilità connesse al suo governo potessero formare oggetto di valida ed efficace delega a terzi, alla luce del testuale disposto dell’art. 17 T.U. cit. che, come detto, espressamente esclude la delegabilità della valutazione di tutti i rischi e della elaborazione del relativo documento (previsto dall’art. 28): attività che, ai sensi dell’art. 29, comma 3, deve essere “immediatamente” nuovamente eseguita “in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori”.”