AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 10 dicembre 2020, n. 580
Istanza di interpello riguardante l’applicazione della disciplina di cui all’art. 8, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 26/10/1972
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA S.p.A. (di seguito anche la “Società” ovvero l'”Istante” ovvero “ALFA”) è una società per azioni costituita e residente ai fini fiscali in Italia, attiva nei settori …omissis… .
Il quesito verte sulla corretta applicazione dell’articolo 8, comma 1, lett. a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 26/10/1972 alla fattispecie di seguito rappresentata ed in particolare sulla possibilità di considerare tale operazione una cessione all’esportazione (nello specifico una cd. Triangolazione all’esportazione) non imponibile ai sensi del citato articolo, con la possibilità per il primo cedente di incrementare il proprio “plafond libero” e per l’Istante il proprio “plafond vincolato”.
Ciò premesso, si riporta di seguito la descrizione della fattispecie oggetto di interpello.
L’Istante ha stipulato un contratto con BETA (…omissis…), soggetto extra-UE, per la fornitura di alcuni BENI (…omissis…).
A tale riguardo, si illustrano i principali passaggi negoziali e logistici che caratterizzeranno la prospettata operazione:
i. Ai fini della costruzione dei BENI, i vari componenti saranno progettati e forniti dall’Istante, nonché da altre società residenti nell’Unione Europea, nello specifico, dalla società francese FRA S.A.S (di seguito, “FRA”), dalla società tedesca DEU GmbH (di seguito, “DEU”) e dalla società olandese NL (di seguito, “NL”).
ii. Tali componenti verranno acquistati da GAMMA S.A.S. (di seguito, “GAMMA”, società francese partecipata da ALFA S.p.A., dalla società francese FRA, dalla società tedesca DEU e dalla società olandese FNL), soggetto passivo stabilito in Francia e identificato ai fini IVA in Italia. Si rileva come GAMMA sia l’unico soggetto autorizzato alla produzione dei BENI, stante il possesso delle dovute licenze e dei relativi brevetti.
iii. GAMMA ha appaltato l’assemblaggio e la certificazione dei BENI a ALFA.
iv. I componenti di cui sopra, di cui parte forniti dalla stessa Società, verranno quindi consegnati a GAMMA presso lo stabilimento italiano dell’Istante, …omissis…, a partire dai Paesi di stabilimento dei vari fornitori. In tale stabilimento, ALFA S.p.A., procederà all’assemblaggio e certificazione dei BENI per conto di GAMMA. I componenti, così come i BENI ultimati, rimarranno ancora di proprietà di GAMMA.
v. Al completamento delle fasi di assemblaggio e certificazione, GAMMA trasferirà la proprietà dei BENI all’Istante con modalità di consegna “Free on Board” (di seguito, “FOB”) – “Prima Compravendita”, in quanto l’Istante è l’unico soggetto titolato ad effettuare le cessioni degli stessi a BETA, in base ai contratti stipulati tra le parti e alle richieste pervenute dal …omissis….
vi. L’Istante, dunque, trasferirà successivamente la proprietà dei BENI a BETA, sempre con modalità di resa FOB (“Seconda Compravendita”).
vii. Da un punto di vista logistico, i BENI saranno trasportati presso un aeroporto italiano, in nome e per conto di GAMMA, a cura di vettori scelti da GAMMA, con modalità di consegna FOB, e stivati all’interno di un aereo cargo di proprietà di BETA. In altri termini, a fronte di un duplice passaggio di proprietà, vi sarà un unico trasporto effettuato a cura di GAMMA a partire direttamente dagli stabilimenti in cui i BENI saranno assemblati e certificati a destinazione dell’aereo cargo di proprietà di BETA, ove saranno stivati.
viii. Una volta stivati, e avute luogo sia la Prima che la Seconda compravendita, BETA provvederà al trasporto dei velivoli in EXTRAUE, trasportando i BENI dal suddetto aeroporto attraverso il proprio aereo cargo.
ix. Ai fini doganali l’Istante sarà il soggetto esportatore dei BENI, in quanto unico titolare delle licenze d’esportazione di …omissis…. Più precisamente, i BENI saranno dichiarati all’esportazione in dogana dalla Società Istante presso lo stabilimento di …omissis…in fuori dogana e successivamente trasportati per il “visto uscire” in aeroporto, coerentemente con quanto precisato dalla Nota n. 17660/1346 del 25 luglio 1996 dell’Agenzia delle Dogane secondo la quale nelle operazioni triangolari è il promotore ad agire come esportatore ai fini doganali.
Sulla base di quanto sopra riportato, la Società Istante, prima di porre in essere il relativo comportamento, chiede di conoscere quale sia il corretto trattamento fiscale delle suesposte operazioni negoziali (qualificazione dell’operazione e maturazione del plafond). In particolare, chiede conferma che l’operazione a catena così come sopra descritta possa configurare una cd. triangolare all’esportazione (Quesito n. 1), con possibilità per GAMMA di incrementare il proprio plafond cd. “libero” e per l’istante il plafond cd. “vincolato” (Quesito n. 2).
Inoltre, viene chiesto se nel caso in cui il soggetto non stabilito in Italia (GAMMA) ponga in essere in qualità di primo cedente una cd. Triangolare all’esportazione non imponibile ai fini IVA, debba applicarsi l’articolo 17 comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 26/10/1972 (Quesito n. 3).
Infine, viene chiesta conferma dell’irrilevanza del soggetto esportatore, ai fini della qualificazione sopra richiesta (Quesito n. 4), nonché della corretta interpretazione delle norme volte a regolare la prova all’esportazione da parte di entrambi i soggetti coinvolti nell’operazione (Quesito n. 5).
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Quesito n. 1
In merito alla prima questione, la Società Istante ritiene che la Prima Compravendita e la Seconda Compravendita, unitamente considerate, siano idonee a configurare un’ipotesi di triangolare IVA all’esportazione ai sensi dell’art. 8, primo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 26/10/1972. La norma citata prevede la non imponibilità ai fini IVA delle esportazioni dirette, ossia delle “cessioni, anche tramite commissionari, eseguite mediante trasporto o spedizione di beni fuori del territorio della Comunità economica europea, a cura o a nome dei cedenti o dei commissionari, anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi”.
Tra le esportazioni “dirette” ex art. 8, primo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 26/10/1972, si annoverano anche le c.d. operazioni triangolari extracomunitarie. Con tale espressione si intende fare riferimento a quelle tipologie di triangolazioni caratterizzate dall’intervento di un soggetto (cd. promotore) che si pone da un lato quale acquirente del primo cedente nazionale e dall’altro quale cedente nei confronti del cessionario extracomunitario, destinatario finale dei beni. In tal caso, la non imponibilità IVA dell’operazione tra il promotore ed il soggetto extracomunitario è estesa anche alla cessione antecedente.
In sintesi, le due cessioni sono “non imponibili” se entrambe rispettano congiuntamente i seguenti requisiti:
– i beni vengano trasportati o spediti fuori dal territorio della Unione Europea. La locuzione “spedizione al di fuori del territorio comunitario” va letta alla luce dell’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia nella sentenza resa il 19 dicembre 2013 nell’ambito della causa c-563/12, in virtù della quale “si deve rilevare che, ai sensi dell’articolo 146, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112, gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati da un acquirente, o per conto del medesimo, fuori dall’Unione. Tale disposizione deve essere letta in combinato disposto con l’articolo 14, paragrafo 1, di detta direttiva, ai sensi del quale si considera «cessione di beni» il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario. Da tali disposizioni e, segnatamente, dal termine «spediti», contenuto nell’articolo 146, paragrafo 1, lettera b), deriva che l’esportazione di un bene si perfeziona e l’esenzione della cessione all’esportazione diviene applicabile quando il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente, il fornitore prova che tale bene è stato spedito o trasportato al di fuori dell’Unione e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dell’Unione”;
– il trasporto o la spedizione dei beni all’estero avvenga direttamente a cura (o a nome) del primo cedente, anche se per incarico del proprio cessionario, ossia il promotore della triangolazione;
– il promotore della triangolazione ed il cessionario extracomunitario non acquisiscono la disponibilità dei beni all’interno del territorio nazionale.
In merito al rispetto dei menzionati requisiti, si osserva che – nel caso di utilizzo della clausola FOB – la spedizione al di fuori del territorio dell’Unione Europea si considera come eseguita a cura del primo cedente, senza che il promotore della triangolazione e il cessionario acquisiscano la disponibilità dei beni all’interno del territorio nazionale.
Ebbene, secondo la società Istante, con l’applicazione della clausola FOB alle operazioni di compravendita, il requisito del trasporto effettuato dal primo cedente fuori dal territorio dell’Unione Europea può considerarsi soddisfatto nel caso di specie.
Al fine di avvalorare quanto ritenuto, la Società Istante ha richiamato la
Risoluzione Ministeriale del 4 novembre 1986, n. 416596 (e, in senso conforme, la Risoluzione Ministeriale 13 agosto 1996, n. 178/E).
In particolare, per quanto attiene la Prima Compravendita, il cedente (i.e., GAMMA) collocherà (direttamente o tramite terzi), sulla base del relativo termine di resa FOB, i BENI a bordo di un aeromobile senza che il promotore (i.e. la Società Istante) acquisisca la disponibilità dei medesimi nel territorio nazionale.
Alla luce di quanto esposto, ad avviso della Istante, la Prima Compravendita e la Seconda Compravendita, a fronte di un unico trasporto dei BENI, sono idonee a configurare un’ipotesi di triangolare IVA all’esportazione ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lett. a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 26/10/1972.
Quesito n. 2
In merito al secondo aspetto relativo alla maturazione del plafond, la Società Istante ritiene che dalla qualificazione di cui sopra, ne discenderà la possibilità per GAMMA di beneficiare di un diritto integrale alla formazione del plafond per gli esportatori abituali, in relazione alle cessioni alle esportazioni di cui alla Prima Compravendita, mentre in relazione alla Società Istante, le operazioni di cui alla Seconda Compravendita darebbero il diritto alla formazione di un plafond cd. vincolato per il valore pari al corrispettivo pattuito per la Prima Compravendita.
La Società richiama quanto disposto dalla Risoluzione n. 80/E del 4 agosto 2011, dove l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che un soggetto non stabilito, identificato nel territorio dello Stato, “realizza un’operazione rilevante ai fini dell’IVA i cui corrispettivi – nei termini di cui all’art. 8 – danno titolo ad effettuare acquisti senza IVA, quando pone in essere: a.1) esportazioni;…”
Quesito n. 3
La Società, inoltre, al fine di interpretare correttamente il disposto del comma secondo dell’articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 26/10/1972, rappresenta che, nel caso in esame, essendo la cessione tra GAMMA e ALFA una cessione non imponibile ai fini IVA, non trova applicazione il meccanismo dell’inversione contabile, stante la limitazione oggettiva data dalla norma medesima (la società richiama la Risoluzione n. 21/E del 20 febbraio 2015, ritenendo che i chiarimenti ivi forniti non siano applicabili al caso di specie in quanto non vi è un’IVA da applicare – i.e. non vi è alcun debito di imposta).
Sul punto, la Società Istante sottolinea come a medesime conclusioni sia pervenuta la stessa Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 37/E del 22 dicembre 2015 dove, pur se in relazione ad una fattispecie diversa di inversione contabile, è stato chiarito che “il presupposto applicativo dell’inversione contabile è l’imponibilità dell’operazione. Tale sistema non si applica quindi nell’ipotesi in cui l’operazione sia non imponibile agli effetti dell’IVA”.
Per cui, l’Istante ritiene che, essendo la responsabilità del cedente, come debitore di imposta, derogata solo nei casi di operazioni imponibili, è questi (i.e. il cedente) che rimane soggetto agli obblighi di fatturazione in applicazione dell’art. 21, comma 1 e comma 6, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 26/10/1972, trattandosi, nel caso di specie, di operazione non imponibile ai sensi dell’articolo 8, primo comma, lettera a), del citato decreto.
D’altro canto, e ad ulteriore supporto rispetto a quanto già evidenziato, la Società Istante ritiene che, laddove si richiedesse a GAMMA, in qualità di soggetto non stabilito in Italia, di emettere una fattura dalla propria partita IVA francese (che la Società Istante dovrebbe poi integrare ai sensi del combinato disposto dell’art. 17, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 26/10/1972, e degli art. 46 e 47, decreto legge n. 331 del 30 agosto 1993), si creerebbe una disparità di trattamento tra soggetti stabiliti e non stabiliti nel territorio dello Stato, a fronte della medesima fattispecie. In altri termini, così facendo sarebbe preclusa, ad un soggetto UE non stabilito in Italia, la possibilità di far concorrere tale cessione fra quelle idonee alla sua qualificazione come esportatore abituale e alla formazione del plafond utile all’effettuazione di acquisti in sospensione di imposta.
La Società, pertanto, ritiene che sussistano validi argomenti per sostenere che, nel caso di specie, GAMMA possa emettere la fattura con il numero di identificazione IVA italiano.
Infatti, l’identificazione IVA in Italia di un soggetto non stabilito è funzionale non soltanto all’adempimento degli obblighi derivanti dall’applicazione dell’IVA ma anche all’esercizio dei relativi diritti.
Fra tali diritti non può non ritenersi compreso anche quello di effettuare acquisti in sospensione di imposta da parte dell’esportatore abituale che abbia effettuato operazioni idonee alla maturazione di un plafond. Non potrebbe, quindi, essere disconosciuta la possibilità di documentare questo tipo di operazioni attraverso una fattura emessa con il numero di identificazione IVA italiano, giacché solo attraverso tale fattura è possibile far concorrere l’operazione al volume d’affari e computarla fra le operazioni verso l’estero rilevanti ai fini dell’applicazione della disciplina a favore degli esportatori abituali prevista dall’art. 8, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 26/10/1972. Se così non fosse, si verificherebbe quella discriminazione a danno dei soggetti non stabiliti in Italia (a maggior ragione se trattasi di soggetti stabiliti nella UE come nel caso di specie) che l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto correttamente di evitare con la Risoluzione n. 102/E del 21 giugno 1999, riconoscendo anche ai soggetti non stabiliti di avvalersi della disciplina in questione.
Questa conclusione appare avvalorata da un recente documento di prassi della stessa Agenzia delle Entrate.
Infatti, con la Circolare 14/E del 17 giugno 2019 l’Agenzia ha precisato che nei casi di acquisti da fornitori stabiliti in altro paese UE soggetti a reverse charge – e pertanto di acquisti effettuati da soggetto passivo stabilito in Italia – è possibile che il fornitore emetta fattura elettronica via SdI, e quindi con le regole italiane. Ciò implica che la fattura sia emessa dal fornitore utilizzando il numero di identificazione italiano. Evidentemente, la circolare ammette la possibilità che in alcuni casi, come quello in esame, il soggetto non stabilito abbia la possibilità di emettere la fattura con il numero di identificazione italiano, anche se il cessionario sia un soggetto stabilito in Italia.
…omissis….
Quesito n. 4
In merito alla questione connessa all’irrilevanza del soggetto esportatore ai fini della qualificazione dell’operazione, l’Istante ritiene che, nel caso di specie, il riconoscimento del beneficio della non imponibilità IVA alla Prima Compravendita prescinda dal fatto che il primo cedente (i.e. GAMMA) non sia anche l’esportatore ai fini doganali (i.e. il soggetto a cui è intestata la bolla doganale di esportazione), atteso che il legislatore attribuisce – a tal fine – rilevanza esclusiva al trasporto della merce fuori dal territorio comunitario effettuato dal soggetto cedente o da terzi per suo conto (nell’operazione descritta il soggetto esportatore è l’Istante, in quanto detentore delle licenze di esportazione di materiale).
Quesito n. 5
Infine, con riferimento alla corretta interpretazione delle norme relative alla prova dell’esportazione, la Società rappresenta che, dal momento che il beneficio della non imponibilità ai fini IVA si applica alla cessione posta in essere dal primo cedente, sorge in capo a tale soggetto l’obbligo di dimostrare il materiale trasferimento dei beni fuori dal territorio comunitario.
L’Istante ritiene che, in conseguenza dell’introduzione del sistema ECS (nota dell’Agenzia delle Dogane n. 3945/D del 27 giugno 2007) la prova dell’avvenuta esportazione dei beni dovrà risultare dal messaggio elettronico “risultati di uscita” che l’ufficio doganale di uscita trasmette all’ufficio doganale di esportazione e che viene registrato nella banca dati dell’Agenzia delle Dogane (AIDA).
Per cui, la Società ritiene che GAMMA possa provare l’esportazione dei BENI tramite la conferma dei risultati di uscita che il competente ufficio dell’Agenzia delle Dogane rilascerà all’Istante (in luogo della vidimazione della propria fattura), utilizzando il numero MNR (Movement Reference Number – riportato sul DAE – Documento di accompagnamento all’esportazione, che sostituisce l’esemplare n. 3 del DAU) rilasciato dall’Agenzia delle Dogane alla Società Istante.
Al fine di associare la bolletta doganale di esportazione e la fattura di GAMMA in maniera univoca, l’Istante rappresenta che sia la fattura emessa da GAMMA sia la bolletta doganale riporteranno i codici seriali dei BENI esportati, sì da poterne garantire un collegamento diretto ed immediato.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Quesito n. 1
Nel caso in esame, in via principale l’Istante chiede di conoscere quale sia il corretto trattamento fiscale ai fini IVA della complessa operazione triangolare diretta alla vendita di BENI a BETA (soggetto extra-UE).
La Società afferma che trattasi di un’ipotesi di triangolare IVA all’esportazione ai sensi dell’art. 8, primo comma, lett. a) del DPR n. 633 del 26/10/1972.
La norma citata, disciplina ai fini Iva le operazioni di esportazione “proprie”, ossia caratterizzate dal fatto che la merce lascia effettivamente il territorio comunitario per una destinazione estera e, nel particolare, la lett. a), ricomprende il modello delle c.d. triangolazioni.
Tale operazione, nella forma più “classica”, vede il coinvolgimento di tre soggetti:
– il primo cedente, che vende i beni ad un altro soggetto, c.d. promotore, e su incarico di questo provvede al trasporto dei beni al di fuori dell’Unione Europea;
– il promotore della triangolazione, che acquista beni dal primo cedente e li rivende al proprio cliente extracomunitario, incaricando il primo cedente di curare il relativo trasporto fuori dall’Unione Europea;
– il cessionario finale extracomunitario che acquista i beni dal promotore e li riceve direttamente dal primo cedente.
Ciò premesso, analizzando la “prima compravendita”, si osserva che questa si sostanzia, ai fini IVA, in una cessione di beni territorialmente rilevante in Italia, in considerazione del fatto che i beni […] vengono materialmente assemblati dall’Istante nel proprio stabilimento […] e sono ivi localizzati nel momento in cui vengono ceduti.
Tuttavia, al fine di qualificare correttamente il trattamento da applicare alla “prima compravendita”, occorre verificare se l’intera operazione può, come richiesto, qualificarsi quale triangolazione all’esportazione e quindi essere considerata, nel suo insieme, non imponibile.
A tal fine, occorre che le due cessioni rispettino congiuntamente i seguenti requisiti:
a. i beni vengano trasportati o spediti fuori dal territorio della UE;
b. il trasporto o la spedizione dei beni all’estero avvenga direttamente a cura (o a nome) del primo cedente, anche se per incarico del proprio cessionario, ossia il promotore della triangolazione;
c. il promotore della triangolazione ed il cessionario extracomunitario non acquisiscono la disponibilità dei beni all’interno del territorio nazionale.
Con riferimento ai requisiti sopra elencati si espongono di seguito gli aspetti potenzialmente critici dell’operazione oggetto di interpello:
– relativamente al punto sub a) si fa presente che nella transazione descritta dalla parte, la consegna dei beni avviene con il caricamento degli stessi su un aereo cargo di proprietà di BETA, presso un aeroporto italiano;
– relativamente al punto sub b) si evidenzia che il trasporto dei beni ha inizio presso lo stabilimento dell’Istante (ovvero del promotore) dove gli stessi sono localizzati;
– relativamente al punto sub c) posto che l’assemblaggio dei beni avviene presso uno stabilimento di proprietà di ALFA occorre verificare l’eventuale disponibilità degli stessi in capo alla Società, circostanza che qualificherebbe la prima compravendita come cessione interna e non come esportazione.
Tuttavia, con riferimento alle potenziali criticità connesse al trasporto dei beni, la scrivente ritiene che la circostanza che il trasporto venga effettuato in nome e per conto di GAMMA (primo cedente) da un vettore terzo scelto da GAMMA, con modalità di consegna FOB, sia sufficiente a configurare quanto richiesto relativamente al trasporto, dal primo comma, lett. a), dell’art. 8 del DPR n. 633/1972.
Infatti, con riferimento alla criticità relativa al requisito di cui al punto sub a), nell’istanza si legge che i beni verranno “stivati all’interno di un aereo cargo di proprietà di BETA” con resa FOB. Tale passaggio appare coerente con le disposizioni del T.U delle Leggi Doganali approvato con il DPR n. 43/1973, al quale occorre fare riferimento per definire cosa sia un’esportazione, anche ai fini IVA. In particolare l’art. 130 disciplina il caso di uscita di merci dal territorio doganale per via marittima e aerea, sancendo che, in tale fattispecie le merci “si considerano uscite dal territorio doganale salvo prova contraria, nel momento dell’imbarco sulle navi e sugli aeromobili”.
Sul punto, l’Amministrazione Finanziaria ha avuto modo di confermare questa chiave di lettura nella Risoluzione Ministeriale n. 416596 del 1986, nella quale viene chiarito che “La non imponibilità al tributo, prevista dal richiamato articolo 8, lett. a) è altresì applicabile nel caso in cui i beni, acquistati nello Stato […] con la clausola FOB, vengono consegnati dal cedente nazionale direttamente al vettore marittimo od aereo che ne cura il trasporto all’estero; ciò in quanto, con il collocamento a bordo degli stessi devesi considerare rispettata […] la condizione dettata dalla norma fiscale in ordine all’esecuzione della spedizione o del trasporto dei beni medesimi fuori dal territorio doganale”.
Con riferimento invece alla criticità relativa al requisito di cui al punto sub b), nell’istanza viene rappresentato che da un punto di vista logistico, i BENI saranno trasportati a cura di vettori scelti da GAMMA e in nome e per conto di GAMMA. In tale caso si ritiene che la condizione richiesta che il trasporto sia effettuato dal primo cedente può considerarsi rispettata.
Con riferimento invece alla circostanza che i beni entrino nella “disponibilità” del promotore (requisito sub c), si ritiene che nel caso prospettato il fatto che sia la stessa Società, prima cessionaria, ad assemblare i beni non costituisca di per sé un ostacolo all’applicazione nella fattispecie in esame delle previsioni dell’art. 8, comma 1, lett. a) del DPR n. 633/1972.
Infatti, l’Amministrazione Finanziaria, con Risoluzione n. 72/2000, ha chiarito che “la circostanza che i beni prima della loro spedizione all’estero siano sottoposti” ad opera del promotore “a test o collaudi per il controllo della rispondenza del macchinario prodotto ai requisiti costruttivi richiesti non costituisce consegna in Italia, trattandosi di meri fatti tecnici diretti esclusivamente a garantire la qualità ed il funzionamento dei beni prima della loro spedizione” non costituisce un ostacolo alla considerazione dell’operazione quale cessione all’esportazione ai sensi dell’art. 8, lett. a), del DPR n. 633/1972. Anche nel caso in esame, si ritiene che la circostanza che il bene venga assemblato e certificato dal soggetto che risulta essere il promotore dell’operazione, non appare sufficiente a configurare la “disponibilità del bene” in capo al promotore della triangolazione.
Analoga conclusione è ricavabile dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 24964 del 10.12.2010, sentenza n. 13951 del 24.06.2011, sentenza n. 6898 del 25.03.2011 e sentenza n. 23588 del 20.12.2012, richiamata, quest’ultima, dall’Agenzia delle entrate nella Risoluzione n. 94 del 2013). In particolare nella sentenza n. 24964 richiamata dalle successive, la Corte di Cassazione ha avuto modo di sottolineare che “per configurare una triangolazione esente da Iva non è essenziale la prova del trasporto all’estero a cura e nome del cedente, quanto che l’operazione fin dalla sua origine e nella sua rappresentazione documentale sia stata voluta come cessione nazionale in vista di trasporto a cessionario residente all’estero, nel senso che tale destinazione sia riferibile alla comune volontà degli originari contraenti”.
[…] Sullo specifico punto la Corte ha avuto modo di osservare che: “lo scopo della norma è quello di evitare operazioni fraudolente, le quali si verificherebbero se il cessionario nazionale potesse autonomamente, e cioè al di fuori di un preventivo regolamento contrattuale con il cedente, decidere di non esportare i beni ovvero di esportarli in un altro Stato”.
Pertanto, conclude la Corte “ad assicurare il risultato perseguito dalla norma, si rende sufficiente che la consegna a cessionario nazionale sia stata, per comune volontà, originariamente prevista come cessione per il trasporto e la consegna a clienti residenti nell’altro “Stato membro” e che tale previsione risulti contenuta ed esplicitata in tutta la documentazione relativa alle operazioni in questione”.
Nel caso in esame, sulla base di quanto rappresentato dalla Società istante, in virtù dell’impegno contrattualmente vincolante con BETA, si ha certezza che la complessa operazione descritta è concepita, fin dall’origine, in vista del definitivo trasferimento e cessione della merce all’estero.
Sul punto, anche la Corte di Giustizia (CGE, causa C-446/13, punto 28), trattando diversa fattispecie, ha affermato che “un fornitore di beni, …, quando spedisce questi ultimi a un prestatore incaricato di lavori di rifinitura, non trasferisce all’acquirente il potere di disporre dei beni di cui trattasi come proprietario. Una siffatta spedizione mira unicamente a rendere i beni di cui trattasi conformi agli obblighi contrattuali del fornitore affinché possa aver luogo la successiva cessione all’acquirente”. Tale affermazione, assume un connotato generalmente applicabile anche nella particolare situazione di cui si tratta in cui il medesimo soggetto acquirente del bene finito è anche chi presta l’opera.
Nel caso in esame, non sembra esserci dubbio che tutta l’operazione, così come rappresentata, appare preordinata alla fornitura di beni destinati ad essere utilizzati in territorio extra-UE.
Pertanto, per tutto quanto finora espresso e tenendo conto che la ratio della disposizione in esame è da ricercarsi nella volontà […] di detassare all’origine le operazioni per le quali l’atto del consumo si esaurisce altrove, la scrivente ritiene che la complessiva operazione descritta rientri nelle disposizioni dell’art. 8, comma primo, lett. a) del DPR n. 633 del 1972.
Quesito n. 2
Relativamente alla richiesta dell’Istante avente ad oggetto il diritto alla maturazione del plafond per gli esportatori abituali in capo ad entrambi i soggetti (GAMMA e ALFA) coinvolti nell’operazione si rappresenta quanto segue.
L’art. 8, comma 1, lett. c) e comma 2, del DPR n. 633/1972 consente ad alcune condizioni l’acquisto di beni e servizi senza pagamento dell’imposta. […] Sulla base di quanto esposto sopra con riferimento alla qualificazione dell’operazione nell’ambito dell’art. 8, comma 1, lett. a) del DPR n. 633/1972, la scrivente ritiene corretta l’interpretazione della Società relativamente al diritto per entrambi i soggetti (GAMMA e ALFA) alla formazione del plafond.
A ciò, a parere della scrivente, non osta il fatto che GAMMA sia un soggetto non residente identificato ai fini IVA in Italia. Infatti, lo stesso art. 17, comma 3, del DPR n. 633/1972 prevede che “nel caso in cui gli obblighi o i diritti derivanti dall’applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto sono previsti a carico ovvero a favore di soggetti non residenti e senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, i medesimi sono adempiuti od esercitati, nei modi ordinari, dagli stessi soggetti direttamente, se identificati ai sensi dell’articolo 35-ter, ovvero tramite un loro rappresentante residente nel territorio dello Stato […]”.
Tale disposizione è stata già oggetto di interpretazione da parte dell’Amministrazione Finanziaria che ha affermato (risoluzione n. 102/1999) la possibilità di acquistare beni e/o servizi senza addebito di IVA prevista dal citato articolo 8, sussistendone i requisiti di legge, anche alle società estere che hanno nominato un rappresentante fiscale in Italia o che ivi si sono identificate. Infatti, la norma va intesa essere applicata sia al caso in cui è fatto obbligo di adempiere a precisi obblighi tributari, derivanti dall’applicazione del tributo, che al caso di esercizio dei relativi diritti. La risoluzione afferma che “pertanto, si appalesa legittima per il rappresentante fiscale la facoltà di esercitare il diritto di acquistare beni e/o servizi ovvero importare beni senza l’applicazione dell’imposta con l’utilizzo del “plafond”, nel rispetto ovviamente dei limiti e delle condizioni previsti dalla legge. Del resto una diversa interpretazione, attesa la ratio dell’istituto, finalizzato ad eliminare o quanto meno a ridurre nei confronti dell’esportatore e dell’operatore assimilato il rischio di esposizioni finanziarie derivanti dal sistema proprio di applicazione dell’IVA, determinerebbe un’ingiustificata discriminazione rispetto agli operatori nazionali”.
Tale posizione è stata poi confermata con la risoluzione n. 80/2011 che ha ribadito che un soggetto non stabilito, identificato nel territorio dello Stato, “realizza un’operazione rilevante ai fini dell’IVA i cui corrispettivi […] danno titolo ad effettuare acquisti senza IVA, quando pone in essere: a.1) esportazioni;…” .
Pertanto, alla luce di quanto sopra, sussistendo tutte le condizioni di legge richieste, la scrivente condivide la posizione espressa dalla Società ritenendo che nella fattispecie oggetto di interpello maturerà in capo a GAMMA il diritto integrale alla formazione del plafond per gli esportatori abituali, in relazione alla Prima Compravendita, mentre per la Società Istante, le operazioni di cui alla Seconda Compravendita daranno diritto alla formazione di un plafond cd. vincolato per il valore pari al corrispettivo pattuito per la Prima Compravendita, e un diritto integrale alla formazione del plafond per un importo pari alla differenza tra la Prima e la Seconda Compravendita.
Quesito n. 3
La Società ha inoltre chiesto se nel caso in cui il soggetto non stabilito in Italia (GAMMA) ponga in essere in qualità di primo cedente una cd. Triangolare all’esportazione non imponibile ai fini IVA, debba applicarsi l’art. 17 comma 2 del DPR n. 633/1972.
Il citato articolo prevede l’applicazione del meccanismo del “reverse charge” per tutte le operazioni imponibili in Italia effettuate da un soggetto non residente, ancorché direttamente identificato.
La scrivente, concorda con quanto evidenziato dalla società Istante relativamente al fatto che tale meccanismo trovi applicazione solo nel caso di cessioni di beni o prestazioni di servizi territorialmente imponibili nel territorio nazionale.
Tale aspetto, come segnalato dalla Società, trova conferma nella Circolare n. 37/E/2015 dove l’Amministrazione Finanziaria chiarisce che “il presupposto applicativo dell’inversione contabile è l’imponibilità dell’operazione. Tale sistema non si applica quindi nell’ipotesi in cui l’operazione sia non imponibile agli effetti dell’IVA “
Ulteriore conferma mutatis mutandis era stata fornita […] nella Circolare n. 12/E/2015, nella parte in cui disciplina il trattamento IVA da applicare nel caso di estrazione di beni da un deposito IVA, chiarisce che se il bene estratto è oggetto di una cessione all’esportazione, la fattura va emessa in regime di non imponibilità IVA […]. Considerato pertanto che l’operazione oggetto di interpello, nel suo complesso, può essere considerata una cessione all’esportazione non imponibile ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. a) del DPR n. 633/1972, nel caso di specie non trova applicazione la previsione di cui all’art. 17 comma 2.
Quesito n. 4
La Società istante chiede altresì conferma dell’irrilevanza del soggetto esportatore ai fini della qualificazione dell’operazione.
In sostanza l’Istante ritiene che, nel caso di specie, il riconoscimento del beneficio della non imponibilità IVA alla Prima Compravendita prescinda dal fatto che il primo cedente (GAMMA) non sia anche l’esportatore ai fini doganali (il soggetto a cui è intestata la bolla doganale di esportazione), atteso che il legislatore attribuisce – a tal fine – rilevanza esclusiva al trasporto della merce fuori dal territorio comunitario effettuato dal soggetto cedente o da terzi per suo conto (nell’operazione descritta il soggetto esportatore è l’Istante, in quanto detentore delle licenze di esportazione di materiale).
La Società dichiara che “i BENI saranno dichiarati all’esportazione in dogana dalla Società Istante presso lo stabilimento di […] in fuori dogana e successivamente trasportati per il “visto uscire” in aeroporto”.
La scrivente concorda con la società istante che la non imponibilità dell’operazione di cui all’art. 8, primo comma, lett. a) del DPR n. 633/1972 è legata alla circostanza che il trasporto dei beni fuori dall’UE sia curato direttamente dal cedente, indipendentemente da chi curi l’operazione ai fini doganali.
Tale impostazione risulta confermata dall’Agenzia delle Dogane con Nota n. 17660/1996, nella quale si afferma che “affinché si possa configurare un’esportazione come triangolare, è necessario che il trasporto della merce al di fuori della Comunità, non l’operazione doganale, sia curato direttamente dal cedente su incarico del cessionario. […] la regolarità dell’operazione è attestata dall’apposizione del visto doganale su entrambe le fatture di vendita (del cedente e del cessionario), non assumendo più rilevanza quale sia il soggetto cui viene fatturato l’importo relativo al trasporto”
Anche l’Amministrazione Finanziaria con Circolare Min. Fin. n. 73 del 1984 chiariva che “[…] La circostanza che la bolletta di esportazione sia intestata al cessionario non esclude la non imponibilità della precedente cessione sempreché il primo cedente provi di aver dato esecuzione alla medesima mediante trasporto o spedizione, anche tramite terzi, dei beni all’estero o comunque fuori dal territorio doganale”.
Pertanto, si ribadisce in questa sede (circostanza già evidenziata nella R.M. n. 178 del 1986) che per fruire della non imponibilità all’imposta è necessario che la messa a bordo dei beni venga eseguita dal cedente (direttamente o dando incarico a terzi), indipendentemente dalla circostanza che la bolletta di esportazione sia intestata alla Società Istante.
Quesito n. 5
Infine, la Società ha chiesto chiarimenti in ordine alla corretta interpretazione delle norme volte a regolare la prova all’esportazione da parte di entrambi i soggetti coinvolti nell’operazione.
A tal proposito si specifica che l’art. 8 del DPR n. 633/1972 sancisce che ” l’esportazione deve risultare da documento doganale, o da vidimazione apposta dall’ufficio doganale su un esemplare della fattura, ovvero su un esemplare della bolla di accompagnamento […], o, se questa non è prescritta, sul documento di cui all’articolo 21, quarto comma, secondo periodo”.
A seguito della soppressione del documento di accompagnamento dei beni viaggianti, l’Amministrazione Finanziaria aveva ritenuto che l’unico documento in grado di fornire la prova dell’uscita della merce dalla Comunità andasse individuato nell’esemplare 3 della dichiarazione doganale di esportazione, munito del timbro e del visto dell’ufficio doganale di uscita.
A tal riguardo, il Ministero delle Finanze, con Circolare n. 35/1997, ha chiarito che, in caso di cessioni all’esportazione, la prova dell’esportazione per il primo fornitore è costituita “dal visto apposto sulla fattura emessa nei confronti del proprio cessionario dall’ufficio doganale, all’atto del compimento delle operazioni doganali di esportazione, con l’indicazione degli estremi del documento doganale emesso, integrato successivamente con la menzione dell’uscita dei beni dalla Comunità, apposta dallo stesso ufficio doganale su presentazione dell’esemplare del documento di esportazione munito del visto della dogana di uscita”. Questo sistema probatorio è stato superato a seguito dell’introduzione delle procedure di esportazione informatizzate denominate Export control system (ECS), basate sullo scambio di messaggi informatici tra l’ufficio doganale di uscita e quello in cui è presentata la dichiarazione di esportazione. Con l’applicazione generalizzata della dichiarazione doganale telematica, la prova dell’esportazione è data da un messaggio informatico (” risultati di uscita”) trasmesso dalla dogana di uscita alla dogana di esportazione e registrato sul sistema informativo doganale AIDA. Ciò che rileva, pertanto, sono i dati contenuti nel sistema AIDA e non l’eventuale stampa di tale comunicazione detenuta dall’operatore. La nota n. 3945 del 27 giugno 2007 dispone infatti che “il dato di cui è in possesso l’Amministrazione doganale equivale alla prova di uscita fornita con il sistema cartaceo dal timbro apposto dalla dogana di uscita sul retro dell’esemplare 3 della dichiarazione doganale”.
La regolare uscita della merce può essere accertata dallo stesso operatore consultando un’apposita sezione del sito istituzionale dell’Agenzia, mediante la digitazione del codice dell’operazione ovvero del Movement reference number (MRN).
Tale numero è riportato sul DAE […] che viene rilasciato dall’Amministrazione doganale al momento della presentazione della dichiarazione doganale.
Si evidenzia che nonostante la telematizzazione del processo doganale, rimane immutata la necessità che la prova dell’esportazione […] sia fornita da ambedue gli operatori nazionali coinvolti nell’operazione triangolare.
Alla luce di quanto sinora esposto, la scrivente ritiene che il promotore della triangolazione (ALFA) possa provare l’avvenuta esportazione attraverso il messaggio elettronico «risultati di uscita», registrato sul sistema doganale Aida.
Con riferimento alla prova dell’esportazione da parte del primo cedente (GAMMA), si ritiene che le regole precedenti all’introduzione del sistema ECS siano ancora valide (con i dovuti adattamenti procedurali), come confermato al par. 4 della nota delle dogane n. 3945/2007 citata dal contribuente. In tale documento si legge che il sistema ECS “supera l’uso dell’esemplare 3 del DAU prevedendo il Documento di Accompagnamento Esportazione (DAE).” Purtuttavia “nessun cambiamento interviene sull’ulteriore eventuale documentazione richiesta per motivi fiscali (ad esempio, l’apposizione del visto doganale sulle fatture commerciali in caso di triangolazioni), la cui funzione e relativa applicazione risultano al momento invariate”. Nella citata Circolare 35/1997, il Ministero delle Finanze, ha fornito chiarimenti connessi alla prova che deve essere fornita dal primo cedente: “la prova dell’esportazione dei beni sarà costituita dal visto apposto sulla fattura emessa nei confronti del proprio cessionario dall’ufficio doganale, all’atto del compimento delle operazioni doganali di esportazione, con l’indicazione degli estremi del documento doganale emesso, integrato successivamente con la menzione dell’uscita dei beni dalla Comunità, apposta dallo stesso ufficio doganale su presentazione dell’esemplare del documento di esportazione munito del visto della dogana di uscita. In alternativa, è possibile comprovare l’effettiva uscita dei beni dalla Comunità, conservando insieme alla fattura di cessione copia o fotocopia del documento doganale vistato dalla dogana di uscita”.
Per cui, al fine di provare l’esportazione rimangono necessari i seguenti adempimenti in capo al primo cedente:
˗ apposizione del visto doganale sulla fattura emessa nei confronti del primo cessionario e presentata all’atto dell’esportazione. […] come risulta dalla Circolare n. 16/D/2011 dell’Agenzia delle Dogane “nel caso in cui da tale verifica ([…] verifica sul sistema AIDA) il MRN risulti chiuso (uscita conclusa), le fatture ad esso associate sono da considerarsi vistate ai fini della non imponibilità IVA”.
˗ successiva integrazione con la menzione dell’uscita dei beni dal territorio dell’Ue o in alternativa, copia del documento doganale d’esportazione, intestato al promotore e contenente il riferimento alla triangolazione, unitamente alla stampa del messaggio di uscita.
Il presente parere viene reso sulla base dei fatti, dei dati e degli elementi forniti […].
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