La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 2066 depositata il 29 gennaio 2025, intervenendo in tema del termine di fornire giustificazioni alla contestazione nella procedura disciplinare, ha ribadito il principio (Cass., sez. lav., 17.12.2018, n. 32607) secondo cui “il dato letterale del secondo comma, ove si fa riferimento alla presentazione delle giustificazioni e non anche alla ricezione delle stesse da parte datoriale, è sufficientemente chiaro, orientando l’attività ermeneutica nel senso di attribuire alle parti sociali l’intento di riferire il termine di decadenza per l’esercizio del diritto di difesa da parte del lavoratore, al momento dell’invio delle giustificazioni e non della ricezione delle medesime da parte del datore di lavoro, non potendo prospettarsi ragionevoli dubbi sull’effettiva portata del significato della clausola (vedi, sul principio in claris non fit interpretatio, Cass. 3/6/2014 n. 12360, Cass. 10/3/2008 n. 6366).”
La vicenda ha riguardato il dipendente di una società a responsabilità limitata a cui veniva notificato, a seguito di contestazione disciplinare, il provvedimento di licenziamento disciplinare. Il lavoratore impugnava il provvedimento di espulsione. Il Tribunale adito, nella veste di giudice del lavoro, aveva respinto la sua opposizione all’ordinanza del medesimo Tribunale che, nella fase sommaria del procedimento ex lege n. 92/2012, in accoglimento solo parziale del ricorso da lui proposto per l’annullamento del licenziamento per giusta causa irrogatogli dalla datrice di lavoro. Il dipendente impugna la sentenza di primo grado. La Corte di appello rigettava il reclamo proposto. I giudici di appello premetteva che al lavoratore era stato irrogato licenziamento per giusta causa per essersi, all’interno del deposito posto alla guida del furgone aziendale nonostante nell’area ove si trovava vi fosse spazio per effettuare inversione di marcia ed uscire dall’area stessa, nell’avere proceduto in retromarcia, a velocità non adeguata, fino ad urtare la tubazione dell’impianto di aria compressa del deposito, contenente aria a pressione di 6.5 bar, provocando la piegatura di un tratto di tubazione e la fuoriuscita della tubazione dal suo alloggiamento, con recidiva rispetto alla violazione disciplinare. Il lavoratore, avverso la sentenza di appello, proponeva ricorso per cassazione fondato quattro motivi.
I giudici di legittimità accoglievano il primo motivo di ricorso, dichiaravano assorbiti gli altri.
Per gli Ermellini vertendosi “in tema di decadenza (prevista dalla disposizione contrattuale collettiva in esame), secondo i principi enunciati in sede di legittimità (cfr. in termini Cass. Sez. Un. 14/4/2010 n. 8830; Cass. 24/3/2011 n. 6757) l’effetto impeditivo di esse va collegato al compimento da parte del soggetto, unicamente dell’attività necessaria ad avviare il procedimento di comunicazione demandato ad un servizio – idoneo a garantire un adeguato affidamento – sottratto alfa sua ingerenza, in ragione di un equo e ragionevole bilanciamento degli interessi coinvolti (vedi Cass. 16/7/2018 n. 18823). 9. … Il termine di cinque giorni dalla contestazione dell’addebito, prima della cui scadenza è preclusa, ai sensi dell’art. 7, quinto comma, della legge n. 300 del 1970, la possibilità di irrogazione della sanzione disciplinare, è, dunque, chiaramente funzionale ad esigenze di tutela dell’incolpato (Cass. S.U. 7/5/2003 n. 6900)”
Il Supremo consesso evidenzia che di recente, sul tema, è stato ribadito il principio di diritto secondo cui “secondo cui il datore di lavoro che intenda adottare una sanzione disciplinare non può omettere l’audizione del lavoratore incolpato che, nel termine di cui all’art. 7, comma 5, st. lav., ne abbia fatto espressa ed inequivocabile richiesta contestualmente alla comunicazione di giustificazioni scritte, anche se queste appaiano di per sé ampie ed esaustive” (così al p.to 9 di Cass. n. 12272/2023 ed ivi il richiamo ai precedenti di legittimità in senso conforme).”