La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 26654 depositato il 28 novembre 2013 intervenendo in tema di licenziamento ha statuito che l’applicazione del D.Lgs n. 276/2003 esclude i lavoratori in somministrazione dal computo dei 15 dipendenti ai fini della tutela reale ex articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Ma l’impiego di tali lavoratori in violazione delle norme del contratto collettivo applicato dall’azienda fa sì che i lavoratori in eccesso siano computati nella dimensione aziendale ai fini della tutela reale.
Gli Ermellini hanno puntualizzato che l’utilizzo di lavoratori in somministrazione in numero superiore ai limiti previsti dal CCNL applicato dall’azienda costituisce “frode alla legge” e tali contratti devono intendersi stipulati per eludere la norma di legge che tutela con la reintegra i lavoratori illegittimamente licenziati. Pertanto, nel caso in specie, considerando i somministrati impiegati in più rispetto ai limiti del CCNL l’azienda supera il limite dei 15 dipendenti e alla stessa i giudici applicano la tutela reale, imponendo all’azienda la reintegra del lavoratore illegittimamente.
La vicenda ha riguardato due lavoratori licenziati dal datore di lavoro e gli stessi impugnavano il provvedimento inanzi al Tribunale, in veste di giudice del lavoro, che annullava i licenziamenti intimati per ritenuta tardività degli addebiti. Il datore di lavoro impugnava la decisione del giudice di prime cure inanzi alla Corte di Appello i cui giudici respingevano i gravami del ricorrente e confermavano la sentenza di primo grado. In particolare per i giudici di appello doveva essere disattesa la contestazione avanzata dalla società volta alla negazione della tutela reale conseguente all’invalidità dei recessi, per l’impossibilità di computo, nell’organigramma ordinario dell’azienda, di due lavoratori somministrati da terzi, sul rilievo che trattavasi di mera utilizzazione di lavori esterni interinali, indipendentemente dal superamento del limite massimo del contingentamento.
La società datrice di lavoro per la cassazione della sentenza impugnata propone ricorso, basato su tre motivi di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini respingono il ricorso proposto dalla società. I giudici di legittimità che “la violazione della disposizione che impone il contingentamento, in rapporto ai limiti stabiliti dalla contrattazione collettiva (nello specifico di quello in numero di cinque lavorato previsto dall’art. 17 c.c.n.I. per i dipendenti da aziende di gas ed acqua), non può che determinare, pertanto, sul piano delle conseguenze, l’impossibilità di invocare, da parte di chi si pone in contrasto con la suddetta previsione di legge, le conseguenze espressamente previste in tema di (non) computo del lavoratori somministrati ai fini dell’applicazione di normative di legge, tra cui anche quella in tema di tutela reale conseguente al recesso datoriale (v. nello stesso senso Cass. 15.7.2011 n. 15610, in motivazione).”
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