La Corte di Giustizia UE, seconda sezione, con la sentenza depositata il 4 ottobre 2024 nella causa C-650/22, intervenendo in tema trasferimento dei giocatori di norme della FIFA ed UEFA ha stabilito che L’articolo 45 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a norme che sono state adottate da un’associazione di diritto privato avente lo scopo, in particolare, di disciplinare, organizzare e controllare il calcio a livello mondiale, e che prevedono:

–        in primo luogo, che un giocatore professionista, parte contraente di un contratto di lavoro, al quale è imputata una risoluzione senza giusta causa di tale contratto, e il nuovo club che lo ingaggia a seguito di tale risoluzione, sono responsabili in solido per il pagamento di un’indennità dovuta al club di provenienza per il quale tale giocatore lavorava e che è fissata sulla base di criteri talvolta imprecisi o discrezionali, talvolta privi di nesso oggettivo con il rapporto di lavoro di cui trattasi e talvolta sproporzionati;

–        in secondo luogo, che, nel caso in cui l’ingaggio del giocatore professionista avvenga durante un periodo protetto in forza del contratto di lavoro che è stato risolto, il nuovo club incorre in una sanzione sportiva consistente nel divieto di tesserare nuovi giocatori per un determinato periodo, a meno che dimostri di non aver istigato tale giocatore a risolvere detto contratto, e

–        in terzo luogo, che l’esistenza di una controversia connessa a tale risoluzione di contratto osta a che la federazione nazionale di calcio di cui è membro il club di provenienza rilasci il certificato internazionale di trasferimento necessario per il tesseramento del giocatore presso il nuovo club, con la conseguenza che tale giocatore non può partecipare a competizioni di calcio per conto di tale nuovo club, a meno che sia dimostrato che tali norme, come interpretate e applicate nel territorio dell’Unione europea, non si spingono oltre quanto è necessario per perseguire l’obiettivo di garantire la regolarità delle competizioni di calcio tra club, mantenendo un certo grado di stabilità nell’organico dei club di calcio professionistico.

2)      L’articolo 101 TFUE deve essere interpretato nel senso che tali norme costituiscono una decisione di associazione di imprese che è vietata dal paragrafo 1 di tale articolo e che può beneficiare di un’esenzione ai sensi del paragrafo 3 di detto articolo solo se è dimostrato, mediante argomenti ed elementi di prova convincenti, che tutte le condizioni richieste a tal fine sono soddisfatte. 

La vicenda ha riguardato un giocatore di calcio, di nazionalità francese, il quale firmò un contratto quadriennale di lavoro con una squadra di calcio russa. Successivamente la squadra di calcio russa risolse il contratto per motivi che, a suo avviso, erano legati alla condotta del giocatore. La squadra di calcio adì alla Camera di risoluzione delle controversie (CRC). Tale organo accolse parzialmente la richiesta della squadra di calcio russa e condannava il giocatore a versare un’indennità. In secondo luogo, essa rigettò la domanda riconvenzionale del giocatore. In terzo luogo la CRC dichiarò che l’articolo 17, paragrafo 2) del RSTG non sarebbe stato applicato al giocatore in futuro. Veerso tale decisione il giocatore propose appello al Tribunale arbitrale dello sport (TAS), il quale condannò in solido la FIFA e l’Urbsfa al pagamento di una somma provvisionale al giocatore sospendendo, per il resto, il procedimento per consentire alle parti di definire la questione della determinazione dell’importo del danno subìto dal giocatore in Belgio a causa del comportamento illecito di queste due associazioni. Il giocatore adì al Tribunale del commercio per ottenere la condanna della FIFA e dell’Urbsfa a versargli un’indennità a titolo di risarcimento del danno che riteneva di aver subito a causa del comportamento illecito di tali due associazioni.  La FIFA ha interposto appello. I giudici di appello richiedono di chiarire se il danno che il giocatore ritiene di aver subito, essendogli stato impedito di esercitare la sua attività di calciatore professionista durante la stagione 2014/2015, trovi la sua origine in un comportamento illecito della FIFA e dell’Urbsfa, consistente nell’aver applicato nei suoi confronti regole che violano gli articoli 45 e 101 TFUE, ossia l’articolo 17 del RSTG, l’articolo 9, paragrafo 1, di tale regolamento e l’articolo 8.2.7 dell’allegato 3 di detto regolamento.

Per i giudici unionali le norme adottate dalle associazioni sportive per disciplinare la prestazione di lavoro subordinato, la prestazione di servizi o lo stabilimento dei giocatori professionisti o semiprofessionisti e, in termini più ampi, le norme che, pur non disciplinando formalmente detto lavoro, detta prestazione o tale stabilimento, incidono direttamente su tale lavoro, tale prestazione di servizi o detto stabilimento, possono ricadere nell’ambito di applicazione degli articoli 45, 49 e 56 TFUE (sentenza del 21 dicembre 2023, European Superleague Company, C‑333/21, EU:C:2023:1011, punti 85 e 86 nonché giurisprudenza ivi citata).

(…)     Allo stesso modo, le norme adottate da tali associazioni e, più in generale, il comportamento di tali associazioni ricadono nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato FUE in materia di diritto della concorrenza quando ne sono soddisfatti i presupposti di applicazione (sentenza del 21 dicembre 2023, European Superleague Company, C‑333/21, EU:C:2023:1011, punto 87 e giurisprudenza ivi citata). 

(…)  Infatti, le norme di cui trattasi nel procedimento principale hanno, da un lato, con ogni evidenza, un impatto diretto sul lavoro dei giocatori: quelle ricordate ai punti da 13 a 17 di questa sentenza sono destinate a disciplinare i contratti di lavoro dei giocatori professionisti, che definiscono le loro condizioni di lavoro e, indirettamente, l’attività economica a cui tale lavoro può dare origine. Per quanto riguarda le norme di cui ai punti 10, 19 e 20 di questa sentenza, si deve ritenere che esse producano un impatto diretto sul lavoro dei giocatori, in quanto assoggettano a determinate condizioni la loro partecipazione alle competizioni, il che costituisce l’oggetto essenziale della loro attività economica (v., in questo senso, sentenza del 21 dicembre 2023, Royal Antwerp Football Club, C‑680/21, EU:C:2023:1010, punti 59 e 60 e giurisprudenza ivi citata).”

I giudici UE evidenziano che ” L’articolo 45 TFUE, che ha effetto diretto, osta a qualsiasi misura che, a prescindere che sia fondata sulla cittadinanza o sia applicabile indipendentemente da essa, può sfavorire i cittadini dell’Unione qualora intendano svolgere un’attività economica nel territorio di un altro Stato membro diverso dal loro Stato membro di origine impedendo loro di abbandonarlo o dissuadendoli dal farlo (sentenza del 21 dicembre 2023, Royal Antwerp Football Club, C‑680/21, EU:C:2023:1010, punto 136 e giurisprudenza ivi citata).

(…) Misure di origine non statale possono essere ammesse, anche se ostacolano una libertà di circolazione sancita dal Trattato FUE, se è dimostrato, primo, che la loro adozione persegue un obiettivo legittimo di interesse generale compatibile con detto Trattato e, quindi, di natura non puramente economica, e, secondo, che esse rispettano il principio di proporzionalità, il che implica che esse siano idonee a garantire il conseguimento di detto scopo e non eccedano quanto necessario per farlo. Per quanto attiene, più in particolare, alla condizione relativa all’idoneità di dette misure, va ricordato che esse possono essere considerate come idonee a garantire la realizzazione dell’obiettivo addotto solo se rispondono realmente all’intento di raggiungerlo in modo coerente e sistematico (sentenze del 21 dicembre 2023, European Superleague Company, C‑333/21, EU:C:2023:1011, punto 251, nonché del 21 dicembre 2023, Royal Antwerp Football Club, C‑680/21, EU:C:2023:1010, punto 141 e giurisprudenza ivi citata).

(…) L’articolo 101 TFUE è applicabile non solo a qualsiasi ente che esercita un’attività economica e che deve, in quanto tale, essere qualificato come «impresa», a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento, ivi inclusi enti costituiti nella forma di associazioni che, in base al loro statuto, hanno l’obiettivo di organizzare e controllare un determinato sport, nella misura in cui esercitano un’attività economica ad esso collegata, ma anche a enti che, benché non costituiscano necessariamente di per sé imprese, possono essere qualificati come «associazioni di imprese» (sentenza del 21 dicembre 2023, Royal Antwerp Football Club, C‑680/21, EU:C:2023:1010, punti da 76 a 78 e giurisprudenza ivi citata).”