La legge 104/92 è la norma quadro in tema di disabilità. In essa sono regolamentate e disciplinate i permessi retribuiti mensili al congedo straordinario di 2 anni, le agevolazioni fiscali ai sussidi. Le agevolazioni che la legge in commento prevede per i disabili sono molteplici ed alcuni poco conosciuti.
La Legge 104 indirizzata ai portatori di handicap in situazione di gravità, oppure i lavoratori che assistono un parente in queste condizioni. Sono comunque previste delle agevolazioni anche per i portatori di handicap non grave e per i portatori di handicap superiore ai 2/3.
Sono previste agevolazioni anche per gli invalidi: l’invalidità non va confusa con l’handicap, in quanto, mentre quest’ultimo consiste in una condizione di svantaggio sociale, l’invalidità consiste in una riduzione della capacità lavorativa.
La non autosufficienza è una condizione ancora differente: per soggetto non autosufficiente, in particolare, si intende chi è impossibilitato a compiere gli atti quotidiani della vita o chi non può deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore.
Soggetti destinatari della norma
I permessi retribuiti possono essere richiesti al proprio datore di lavoro, pubblico o privato, da:
– disabili con contratto individuale di lavoro dipendente: sono inclusi anche i lavoratori in modalità part-time, sono invece esclusi i lavoratori autonomi e quelli parasubordinati, i lavoratori agricoli a tempo determinato occupati in giornata, i lavoratori a domicilio e quelli addetti ai lavoro domestici e familiari;
– genitori lavoratori dipendenti: madre e/o padre biologici, adottivi o affidatari di figli disabili in situazione di gravità anche non conviventi;
– coniuge lavoratore dipendente: resta attualmente escluso il convivente more uxorio anche se in proposito sono stati sollevati dubbi di legittimità costituzionale, da ultimo con ordinanza del 15/09/2014 del Tribunale di Livorno;
– parenti o affini entro il II grado lavoratori dipendenti: figli, nonni, nipoti, fratelli, suoceri, generi, nuore, cognati del soggetto disabile con lui conviventi;
– parenti o affini entro il III grado lavoratori dipendenti: zii, nipoti, bisnonni, bisnipoti nel caso in cui genitori o coniuge siano ultrasessantacinquenni ovvero in caso di mancanza, decesso o patologie invalidanti degli altri soggetti sopra individuati.
L’Inps ha esteso, con la circolare n. 38/2017, la possibilità di fruire dei permessi previsti dalla legge 104/1992 per l’assistenza ai disabili anche alle parti di un’unione civile e ai conviventi di fatto con riferimento al proprio partner. Il beneficio, però, non è stato esteso per l’assistenza dei parenti del compagno, che resta fuori dal campo di applicazione della legge in analisi.
Modalità operative: presentazione della domanda
Al fine di ottenere le agevolazioni previste dalla Legge 104 è necessario che venga riconosciuto lo stato di disabilità. Il primo passo è l’ottenimento del certificato medico rilasciato dal proprio medico curante. Successivamente occorre presentare, attraverso i vari canali, la domanda di accertamento dei requisiti sanitari. L’accertamento medico potrà, poi, consentire l’accesso non solo ai benefici legati alla Legge 104, ma anche a quelli connessi alla non autosufficienza, all’invalidità civile, cecità, sordità, etc. La procedura, dunque, è unica sia per l’handicap che per l’invalidità, anche se le due condizioni danno diritto a benefici differenti.
Permessi retribuiti Legge 104
Il lavoratore che assiste un figlio o un familiare (coniuge, affine o parente entro il 3° grado) con handicap grave ha diritto a 3 giorni di permesso retribuito mensile.
L’assistenza al portatore di handicap, affinché siano concessi i permessi retribuiti, deve essere continuativa: questo non comporta necessariamente la convivenza tra il lavoratore ed il disabile. Ciò che interessa, è che sia presente un’assistenza sistematica ed adeguata: in base a ciò, è possibile chiedere i permessi presentando un programma delle modalità di assistenza. Sulla congruità medico-legale del programma deve esprimersi il dirigente del Centro medico legale della sede INPS competente .
In caso di ricovero ospedaliero, si possono fruire i permessi se:
- è richiesta l’assistenza da parte di un familiare;
- il disabile è in stato vegetativo persistente;
- il disabile ha una prognosi infausta a breve termine.
- il disabile deve uscire dalla strutturaper visite specialistiche e terapie.
Anche il lavoratore portatore di handicap con connotazione di gravità ha diritto agli stessi permessi lavorativi. Il permesso può essere anche frazionato ad ore (2 ore al giorno) ed è necessaria, in tutti i casi, la certificazione specifica di handicap grave, rilasciata dall’apposita Commissione medica Asl (integrata da un medico dell’Inps), per poterne fruire.
I permessi per l’assistenza del disabile sono retribuiti dall’Inps, ma anticipati dal datore di lavoro, che provvede poi al recupero in sede di denuncia mensile Uniemens.
Per ottenerli è necessario inviare un’apposita domanda all’Inps ed al datore di lavoro.
L’azienda non può rifiutare la concessione dei permessi, ma può richiederne la programmazione, se:
- il lavoratore può individuare in anticipo le giornate di assenza;
- non è pregiudicato il diritto dell’invalido all’effettiva assistenza;
- la programmazione è condivisa con lavoratori e rappresentanze sindacali.
Ad ogni modo, il lavoratore può sempre spostare unilateralmente i permessi, perché l’interesse di assistenza e tutela del disabile prevale sulle esigenze organizzative aziendali
Frazionabilità del permesso in ore
(orario normale di lavoro settimanale / numero di giorni lavorativi settimanali) x 3 = ore mensili fruibili
Congedo retribuito di due anni
Coloro che assistono un familiare convivente con handicap grave certificato ha diritto a un congedo straordinario retribuito, della durata massima di 2 anni nell’arco della vita lavorativa: è possibile assentarsi anche in maniera frazionata, ma la frazionabilità è soltanto giornaliera e non oraria.
Il beneficio compete ai seguenti soggetti:
- coniuge che convive col lavoratore,
- ai genitori,
- ai figli conviventi,
- ai fratelli ed alle sorelle conviventi, i
- n mancanza, ad altri parenti o affini fino al terzo grado;
è indispensabile la convivenza col soggetto disabile.
I due anni di congedo straordinario sono da intendersi come massimo utilizzabile, per ciascun dipendente, nell’intero arco della vita lavorativa. Pertanto, se vi sono più familiari per i quali si possa fruire del congedo, in ogni caso non è possibile superare i due anni totali, comprensivi di tutte le assenze inerenti ogni assistito.
Nel computo del limite dei 2 anni rientrano anche le giornate festive e non lavorative ricomprese tra le giornate di assenza.
La domanda per il congedo straordinario consiste in un’autocertificazione, accompagnata dal certificato di handicap grave; deve essere presentata al proprio dirigente o alla propria amministrazione, se si lavora per un ente pubblico. I dipendenti privati, invece, devono inoltrare la domanda direttamente all’Inps: dopo che l’Istituto verifica la correttezza formale e accoglie l’istanza, devono effettuare la richiesta al proprio datore di lavoro.
L’indennità per il congedo straordinario corrisponde alle voci fisse e continuative dell’ultima retribuzione, sino ad un massimo di circa 48.000 euro annuali (cifra rivalutata periodicamente); si ha diritto, inoltre, alla contribuzione figurativa.
Diritto alla scelta della sede lavorativa
Il lavoratore che sia portatore di handicap grave, beneficiario di Legge 104, o che assiste un parente in possesso del medesimo stato, ha il diritto di scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, a meno che non sussistano ragioni contrarie motivate dall’azienda. Più che di un diritto, in questi casi parliamo di interesse legittimo.
È differente la situazione dei dipendenti pubblici: in particolare, i lavoratori della P.A. che sono in possesso di un’invalidità superiore a 2/3 hanno il diritto di scelta prioritaria tra le sedi disponibili.
Trasferimento
Il portatore di handicap grave, o il lavoratore che assiste un familiare nella stessa condizione, non può essere trasferito in altra sede dall’azienda contro la sua volontà, a prescindere dall’esistenza di ragioni valide e motivate dall’azienda: in tale situazione, difatti, si configura un vero e proprio diritto soggettivo in capo al dipendente.
Lavoro notturno
Il lavoratore beneficiario di Legge 104, oppure che assiste o ha a proprio carico un soggetto portatore di handicap grave, non può essere adibito dall’azienda al lavoro notturno contro la sua volontà.
Lavoro domenicale o festivo
La legge non prevede espressamente, per i portatori di handicap grave o per i familiari che li assistono, la possibilità di rifiutarsi di prestare lavoro festivo o domenicale. Prevedono questa possibilità, tuttavia, alcuni contratti collettivi, come il CCNL Commercio e Terziario, nel quale è stabilito che i portatori di handicap grave beneficiari di Legge 104, nonché i familiari conviventi che li assistono, possono legittimamente rifiutarsi di lavorare la domenica e nei festivi.
Contributi figurativi aggiuntivi
Il possesso di handicap, a prescindere dalla gravità, non dà diritto a particolari agevolazioni previdenziali. Queste, infatti, sono dovute in base all’invalidità, cioè alla riduzione della capacità lavorativa. In particolare, il lavoratore con invalidità sopra il 74% ha diritto, a partire dalla data di riconoscimento di tale percentuale di riduzione della capacità lavorativa, a 2 mesi l’anno di contributi figurativi, che si aggiungono alla contribuzione versata per raggiungere prima la pensione. In questo modo, è possibile anticipare la pensione sino a 5 anni.
Pensione anticipata
Per i lavoratori che abbiano un grado di invalidità pari o superiore all’80% hanno diritto di accedere alla pensione di vecchiaia anticipata, ossia con 60 anni e 7 mesi di età per gli uomini e 55 anni e 7 mesi per le donne (e 20 anni di contributi). Si applica, a questi requisiti, l’attesa di un periodo di finestra pari a 12 mesi dalla maturazione dei requisiti alla liquidazione della pensione.
Assegno ordinario d’invalidità
L’assegno ordinario d’invalidità è riconosciuto a prescindere dal possesso di handicap, per i soggetti con riduzione della capacità lavorativa superiore a 2/3. Sono necessari 5 anni di contributi versati, di cui 3 nell’ultimo quinquennio e sono previsti di limiti di cumulo tra assegno e altri redditi.
In particolare, la normativa prevede una riduzione:
- del 25% se il reddito totale supera quattro volte il trattamento minimo;
- del 50% se il reddito totale supera cinque volte il trattamento minimo;
Quando l’assegno d’invalidità è trasformato in pensione di vecchiaia, al compimento dell’età pensionabile, diviene pienamente cumulabile con tali redditi; inoltre, cadono tutti i limiti al cumulo dei redditi in presenza di almeno 40 anni di contributi.
L’assegno ordinario d’invalidità è compatibile con l’attività lavorativa, ma non è compatibile col trattamento di disoccupazione: in questo caso, è possibile optare per l’indennità più favorevole.
Pensione d’invalidità civile
La pensione d’invalidità, o assegno d’invalidità civile, è una prestazione assistenziale, dunque spetta a prescindere dal versamento di contributi; la prestazione non è collegata al possesso di handicap, ma è necessaria un’invalidità riconosciuta superiore al 74%. Per ottenere l’assegno, il reddito posseduto non deve essere superiore a 4.800,38 euro, per l’anno 2016.
l sussidio è compatibile sia con l’attività lavorativa che con la disoccupazione, ma è incompatibile con qualsiasi pensione diretta d’invalidità e con tutte le prestazioni pensionistiche d’invalidità per causa di guerra, di lavoro o di servizio, comprese le rendite Inail. L’interessato può comunque optare per il trattamento più favorevole.
Pensione d’inabilità
La pensione d’inabilità ordinaria è anch’essa indipendente dal possesso di handicap, in quanto spetta in presenza di un’assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi lavoro; sono necessari i seguenti requisiti contributivi: 5 anni di contributi di cui 3 versati nell’ultimo quinquennio. La pensione è incompatibile con qualsiasi attività lavorativa, dipendente, parasubordinata o autonoma.
L’ammontare della pensione di inabilità risulta dalla somma:
- dell’importo dell’assegno di invalidità (che si calcola in proporzione ai contributi versati, col metodo retributivo sino al 2011, misto o contributivo, a seconda dell’anzianità assicurativa), non integrato al trattamento minimo;
- della maggiorazione, pari agli anni di contribuzione compresi tra la decorrenza della pensione di inabilità ed il compimento dei 60 anni di età (in pratica, la pensione è pari a quella che il lavoratore avrebbe avuto una volta raggiunti 60 anni di età).
Se , in sede di accertamenti sanitari, viene invece riscontrato il possesso d’inabilità per assoluta e permanente impossibilità a svolgere le proprie mansioni lavorative o a proficuo lavoro, hanno diritto alla pensione d’inabilità soltanto i dipendenti pubblici, in casi particolari.
Pensione per invalidi civili totali
La pensione d’inabilità per invalidi civili totali (soggetti con riconosciuta invalidità totale e permanente del 100%) è un assegno dovuto a soggetti di età tra i 18 e i 65 anni, impossibilitati a svolgere qualsiasi attività lavorativa. L’emolumento è dunque incompatibile con qualsiasi lavoro: a differenza della pensione d’inabilità ordinaria, però, si tratta di una prestazione assistenziale, dunque la provvidenza è dovuta indipendentemente dal versamento di contributi, ma è soggetta al limite di reddito annuale di 16.532,10 euro.
Indennità di accompagnamento
L’indennità di accompagnamento è un trattamento che spetta agli invalidi civili totali non in grado di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore o non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita.
Tale indennità non è incompatibile con l’attività lavorativa (poiché l’impossibilità di lavorare si determina soltanto in presenza dello status di inabilità assoluta e permanente a svolgere qualsiasi attività lavorativa), né con la percezione di altri redditi. Per il 2016 l’importo mensile spettante è pari a 512,34 euro, e l’importo annuale è pari a 6.148,48 euro.
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