La Corte di Cassazione, sezione III, con l’ordinanza n. 29252 depositata il 13 novembre 2024, intervenendo in tema di risarcimento del danno per segnalazioni abusive alla centrale rischi, ha ribadito il principio secondo cui ” in materia di responsabilità civile, il danno all’immagine «per illegittima segnalazione alla Centrale Rischi», in quanto costituente «danno conseguenza», non può ritenersi sussistente «in re ipsa», dovendo essere allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento” (Cass., sez. 6-3, 28/03/2018, n. 7594).

Pertanto, nel giudizio di risarcimento del danno da illegittima segnalazione alla centrale dei rischi l’onere della prova si ripartisce secondo le regole ordinarie: trattandosi di illecito aquiliano, spetta all’attore dimostrare sia l’esistenza del danno, sia il nesso di causa tra condotta colposa del creditore e danno.

Si è, inoltre, precisato, che il danno patrimoniale da segnalazione indebita può essere oggetto anche di prova presuntiva, che, nel caso di un imprenditore, può investire ‹‹un peggioramento della sua affidabilità commerciale, essenziale anche per l’ottenimento e la conservazione dei finanziamenti, con lesione del diritto ad operare sul mercato secondo le regole della libera concorrenza›› (così, in motivazione, Cass., sez. 1, 09/07/2014, n. 15609), mentre, per un qualsiasi altro soggetto, può consistere anche nella dimostrazione della maggiore difficoltà nell’accesso al credito (Cass., sez. 3, 10/02/2020, n. 3133). 

La vicenda ha riguardato una società di capitale ed il suo amministratore. Quest’ultimo conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Treviso, la società  chiedendo che, previo accertamento della illegittimità delle segnalazioni effettuate in Centrale Rischi della Banca d’Italia, la convenuta fosse condannata al risarcimento dei danni. In particolare l’attore quale socio ed amministratore, aveva prestato garanzia per il pagamento di canoni di locazione finanziaria per un capannone. La convenuta, la quale spiegava domanda riconvenzionale di risarcimento del danno derivante dall’asserito discredito subito in conseguenza del giudizio introdotto dall’attore, il giudice adito, accogliendo l’eccezione sollevata, dichiarava la propria incompetenza. Il Giudice di primo grado, dopo avere rilevato che con l’atto di riassunzione l’attore aveva limitato la domanda di accertamento della indebita segnalazione alla propria posizione di garante e non anche a quella dell’utilizzatrice, escludeva qualsiasi responsabilità risarcitoria della concedente sia perché l’indicazione del debito in sofferenza aveva riguardato soltanto la garantita e non anche l’attore, sia per difetto di prova del discredito commerciale asseritamente subito; disattendeva, altresì, la domanda riconvenzionale avanzata dalla convenuta per difetto di prova del danno e condannava l’attore al pagamento delle spese di lite ed ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.. La decisione di primo grado veniva riformata parzialmente dalla Corte d’appello limitatamente alla condanna pronunciata in primo grado a carico dell’appellante ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., ed è stata confermata per il resto, con condanna dello stesso appellante al pagamento di tre quarti delle spese di entrambi i gradi di giudizio. In particolare che il credito non avrebbe dovuto essere segnalato in Centrale Rischi proprio perché contestato, considerato che non risultavano dimostrate altre situazioni sintomatiche di uno stato di difficoltà economica della debitrice che la creditrice avrebbe dovuto valutare prima di effettuare la segnalazione. L’attore avverso la decisione di appello proponeva ricorso per cassazione fondato su due motivi.

I giudici di legittimità accoglievano il ricorso principale nei termini di cui in motivazione, assorbiti ogni altra questione e diverso profilo nonché il ricorso incidentale.

Per gli Ermellini, in tema di prova, hanno precisato che fermo restando che il danno subito in conseguenza della segnalazione a sofferenza ben può essere provato anche a mezzo di presunzioni, è evidente che agli atti del giudizio emergono indizi da cui poteva dedursi il nesso di causalità tra la segnalazione e la revoca degli affidamenti in precedenza concessi alla debitrice principale e del conseguente pregiudizio risentito dal ricorrente, essendo tra la segnalazione e la revoca degli affidamenti intercorso un breve lasso di tempo (Cass., sez. 3, 21/10/2022, n. 31137; Cass., sez. 3, 25/09/2023, n. 27262; sulla rilevanza, nel ragionamento presuntivo, di specifiche circostanze da cui inferire il pregiudizio allegato cfr. Cass., sez. U, 15/11//2022, n. 33659; Cass., sez. U, 15/11/2022, n. 33645; sul doveroso apprezzamento, non isolato bensì complessivo ed organico dei singoli elementi indiziari o presuntivi a disposizione cfr. Cass., 20/06/2019, n. 16581).”