La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 12790 depositata il 10 maggio 2024, intervenendo in tema di sicurezza sul lavoro sull’obbligo di partecipazione ai corsi formativi del lavoratore, ha stabilito il principio secondo cui “… il legislatore del 2008, nello stabilire che l’attività di formazione deve avvenire “durante l’orario di lavoro”, chiarisce contestualmente che essa non può comportare oneri a carico del lavoratore; il che rappresenta un implicito riconoscimento della possibilità datoriale di richiedere che la formazione avvenga in orario corrispondente a prestazioni di lavoro esigibili oltre l’orario normale, fermo restando, sotto il profilo della relativa remunerazione, l’applicazione delle prescritte maggiorazioni; …”
La vicenda ha riguardato un dipendente di una società, la quale aveva organizzato i corsi di formazione sulla sicurezza dei luoghi di lavoro fuori dal normale orario di lavoro, ed a cui il lavoratore aveva rifiutato di partecipare. La società datrice di lavoro dispone, nei confronti del dipendente, un provvedimento di messa in aspettativa d’ufficio senza retribuzione per mancata partecipazione ai corsi sulla sicurezza sul lavoro. Il lavoratore impugna tale provvedimento innanzi all’autorità giudiziaria. Il Tribunale adito, in funzione di giudice del lavoro, rigettava il ricorso del dipendente. Avverso tale decisione, il dipendente, proponeva appello. La Corte territoriale rigettava l’appello ritenendo, in sostanza, che il lavoratore era obbligato alla partecipazione della formazione nell’orario a tal fine stabilito dalla società, qualificando tale partecipazione, ai fini della relativa remunerazione, nella misura in cui fosse svolta al di fuori dell’orario dal medesimo normalmente seguito, come prestazione di lavoro straordinario, esigibile dalla società. In particolare veniva affermato che il disposto dell’art. 37, comma 12, d. lgs. n. 81/2008 nel senso che esso non impone l’obbligo per il datore di lavoro di organizzare i corsi di formazione in tema di sicurezza durante il turno di lavoro di ogni singolo dipendente, né l’obbligo di adattare il predetto turno di lavoro sì da consentire a ciascun lavoratore di seguire il corso durante il proprio orario di lavoro, bensì invita il datore di lavoro a organizzare i corsi prioritariamente durante i turni di lavoro dei suoi dipendenti, compatibilmente con le esigenze aziendali, e di considerare la frequenza come orario di lavoro. Il dipendente, avverso tale sentenza proponeva ricorso in cassazione fondato su unico articolato motivo.
I giudici di legittimità rigettano il ricorso del lavoratore.
Per gli Ermellini, condividendo l’interpretazione dei giudici di merito, affermano che “… la normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro impone al datore di lavoro di organizzare i corsi di formazione e sicurezza dei lavoratori durante l’orario di lavoro e senza oneri economici per il lavoratore; ma ha altresì rilevato che detta disposizione non prevede (né lo potrebbe, salvo ipotizzare corsi organizzati per 24 ore al giorno) che la formazione del singolo dipendente avvenga durante il relativo orario di lavoro di quel lavoratore; al contrario, dispone che la formazione dei lavoratori avvenga durante l’orario di lavoro, espressione, quest’ultima, non riferita alle specifiche ore giornaliere di lavoro svolte da ciascun dipendente, ma da intendersi come volta a precisare che il corso deve essere tenuto durante l’orario di lavoro, eventualmente straordinario; in questo senso, il tempo dedicato alla formazione deve intendersi come tempo di lavoro e, dunque, retribuito come tale;
(…)
dalla suddetta interpretazione della norma in discussione, conforme al dovere di collaborazione del lavoratore anche in materia di sicurezza, e dagli accertamenti fattuali svolti, è conseguita la valutazione dell’illegittimità del rifiuto del lavoratore a seguire il corso di complessive 12 ore come programmato dall’azienda, tenendo conto dell’elevato numero di dipendenti e della procedura ad evidenza pubblica seguita per individuare l’attuatore del piano formativo; il rifiuto del lavoratore è stato ritenuto in violazione del dovere di partecipazione ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro di cui all’art. 20, lett. h), d. lgs. 81/2008; la messa in aspettativa d’ufficio fino alla frequenza del corso è stata qualificata come misura di sicurezza per l’incolumità dello stesso lavoratore e impedimento all’utilizzo delle sue prestazioni, potenziale fonte di responsabilità del datore nei confronti di lavoratore non formato in materia di sicurezza in adempimento di preciso obbligo di legge; …”
Inoltre il Supremo consesso in continuità con la pronuncia n. 20259/2023 ribadisce che “… l’art. 37, comma 12, del d.lgs. n. 81/2008, nella parte in cui prescrive che la formazione dei lavoratori in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro deve avvenire “durante l’orario di lavoro”, va interpretato nel senso che tale locuzione sia comprensiva anche dell’orario relativo a prestazioni esigibili al di fuori dell’orario di lavoro ordinario, di legge o previsto dal contratto collettivo, per i lavoratori a tempo pieno, e di quello concordato, per i lavoratori a tempo parziale (in tale caso è stata confermata la sentenza che aveva ritenuto un lavoratore con rapporto a tempo parziale tenuto all’effettuazione della formazione nell’orario, pur non corrispondente a quello concordato tra le parti, a tal fine stabilito dal datore di lavoro, qualificando tale partecipazione come prestazione di lavoro straordinario, esigibile dal datore di lavoro);
(…)
in tale arresto che l’obbligo per il soggetto datore di assicurare ai dipendenti un’adeguata formazione in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro si inscrive nel quadro della più generale disciplina dettata dal d. lgs. n. 81/2008, di attuazione dell’art. 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;
(…) in particolare, il relativo art. 15 del d. lgs. cit. nello stabilire “le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro”, annovera fra queste anche la formazione ed informazione dei lavoratori, dei dirigenti e preposti e dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
(…) l’art. 37 d. lgs. cit. pone specificamente a carico del soggetto datore di lavoro l’obbligo di assicurare ai lavoratori una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza (comma 1), dettando un’articolata disciplina circa le modalità e i contenuti di tale obbligo, …”
I giudici di piazza Cavour, concludono, che “… dal complesso delle richiamate disposizioni si evince il carattere ineludibile per il soggetto datore di lavoro dell’obbligo di assicurare ai dipendenti un’adeguata formazione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; tale tema intercetta quello rappresentato dalla verifica dell’esigibilità da parte del soggetto datore della partecipazione del dipendente ad un corso di formazione che si tenga in orario non corrispondente a quello ordinario, e in che limiti possa avvenire in orario non coincidente con la normale articolazione oraria della prestazione; …”