La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 18383 depositata il 4 settembre 2020 intervenendo in tema di mancato rispetto del termine dilatorio di 60 giorni ha affermato che il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7 della legge 212/2000 trova applicazione solo nei confronti della società sottoposta a verifica e non anche al socio in virtù dell’intrinseca autonomia che caratterizza la posizione dei soci rispetto a quella della società.
La vicenda ha riguardato un contribuente socio di una società a responsabilità limitata a cui veniva notificato un avviso di accertamento con cui venivano recuperati a tassazione i redditi di partecipazione scaturenti dall’accertamento effettuato nei confronti della srl, società a ristretta base partecipativa di cui era socio con una partecipazione del 24%. Avverso tale atto impositivo, il contribuente proponeva ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale. I giudici di prime cure non accoglievano le doglianze del ricorrente. Il contribuente impugnava la decisione della CTP innanzi alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello confermarono la sentenza impugnata. Il contribuente, avverso la decisione della CTR, proponeva ricorso in cassazione fondato su tre motivi.
Gli Ermellini rigettarono il ricorso. I giudici di legittimità evidenziano che il tenore letterale della norma e la considerazione della sua ratio consentono di riconoscere che il diritto al contraddittorio preventivo ex art. 12, commi 1 e 7 cit., non spetta indistintamente ed in via generale a tutti i contribuenti coinvolti nell’accertamento, ma soltanto allo specifico contribuente che sia stato raggiunto da accessi, ispezioni e verifiche presso i locali aziendali.
Per i giudici del palazzaccio deve essere affermato il carattere di intrinseca autonomia della posizione del socio rispetto a quella della società, sicché, una volta assodata l’esistenza di un accertamento nei confronti della società, costituente atto presupposto, non integra alcun vizio incidente sulla legittimità dell’accertamento la mera priorità temporale della notifica del relativo avviso al socio, dovuta all’evidente esigenza di rispettare il termine dilatorio di 60 giorni previsto per la società sottoposta a verifica.
Nella sentenza in commento, i giudici della Suprema Corte, sottolineano che attesa la legittimità della presunzione di attribuzione pro quota ai soci, nel corso dello stesso esercizio annuale, degli utili extra bilancio prodotti da società di capitali a ristretta base azionaria, la quale – fondata sul disposto dell’art.39, primo comma, lett. d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 – induce un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, detta presunzione non viene meno neppure in ipotesi di presentazione di domanda di condono da parte della società – e, quindi, di “preclusione” dell’attività accertativa rispetto ad essa -, essendo questa ed il socio titolari di posizioni fiscali distinte e indipendenti […] non sussiste dunque alcun rapporto di pregiudizialità necessaria tra accertamento a carico del socio ed a carico della società, ben potendo dunque notificarsi avviso di accertamento del maggior reddito da partecipazione nei confronti del socio di società di capitali a ristretta base, anche in caso di condono tombale della società, i cui effetti “preclusivi” non si estendono ai soci, stante la distinta soggettività e posizione fiscale di questi ultimi. Le risultanze della verifica nei confronti della società potranno dunque ben essere poste a fondamento dell’accertamento nei confronti dei soci, in relazione alla rideterminazione del relativo reddito da partecipazione. Pure in tal caso opererà dunque la presunzione di distribuzione di utili e l’eventuale maggior reddito accertato a carico dell’ente collettivo, ripercuotendosi sul reddito da partecipazione del socio, comporterà per costui l’onere di contestare non solo la presunzione, ma pure le risultanze della verifica e la rideterminazione del reddito della società effettuato dall’Ufficio.
Pertanto, continuano i giudici della Corte Suprema, in base all’orientamento richiamato, non occorre neppure la previa emissione, alle condizioni date, di un avviso di accertamento nei confronti della compagine sociale per potersi procedere ad accertamento anche nei confronti del socio, a maggior ragione non occorre che la notifica dell’atto di accertamento sociale, ove compiutamente effettuato, preceda quella dell’atto diretto ai singoli soci, particolarmente laddove tale “sfasatura” temporale derivi dalla necessità di rispettare, quanto alla società, il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, citato.
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