La Corte di Cassazione con la sentenza n. 17531 depositata il 14 luglio 2016 intervenendo in tema di licenziamento disciplinare e badge c.d. “a radio frequenza” ha affermato che il badge c.d. “a radio frequenza” utilizzato per registrare le presenze dei dipendenti in azienda ricade invece nel novero delle strumentazioni di controllo a distanza per la cui installazione è necessaria la stipula di un accordo sindacale o l’apposita autorizzazione concessa dalla sede INL competente per territorio, così come previsto dal comma 1 dell’art. 4 della L. 300/70
In materia di controlli a distanza dei lavoratori, il comma 2 dell’art. 4 della L. 300/70 – così come riformulato dall’art. 23 del DLgs. 151/2015 – esclude espressamente la necessità di ricorrere all’apposito accordo sindacale o all’autorizzazione amministrativa con riferimento agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa (es. computer, tablet, cellulari e smartphone aziendali), nonché agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze in azienda.
Per la seconda tipologia di strumenti, con la sentenza in commento, ha confermato che per utilizzare il badge c.d. “a radio frequenza” per registrare le presenze dei dipendenti in azienda ricade tra le strumentazioni di controllo a distanza per la cui installazione è necessaria la stipula di un accordo sindacale o l’apposita autorizzazione.
Il sistema utilizzato nella fattispecie dalla Corte Suprema è caratterizzato dalla presenza di un particolare chip (denominato RFID) installato nel badge e in un lettore collegato on line all’ufficio del personale, che consente la trasmissione di tutti i dati acquisiti tramite la lettura magnetica del badge del singolo lavoratore, riguardanti non solo l’orario di ingresso e di uscita, ma anche le sospensioni, i permessi e le pause.
I giudici dei due gradi di merito hanno ritenuto che tale sistema costituisca di fatto uno strumento di controllo a distanza, in quanto consente al datore di lavoro la comparazione in tempo reale dei dati riferiti a tutti i dipendenti, dando luogo ad un’attività di monitoraggio continuo e complessivo.
Accertata la mancanza del necessario accordo sindacale o dell’autorizzazione dell’INL, i giudici d’appello avevano quindi confermato l’illegittimità del licenziamento disciplinare di un dipendente, intimato per essersi allontanato diverse volte dalla struttura durante l’orario di lavoro, con conseguente ordine di reintegra e condanna della società al risarcimento del danno ex art. 18 della L. 300/70.
Avverso la decisione dei giudici distrettuali il datore di lavoro propone ricorso in cassazione fondato su quattro motivi. In particolare il ricorrente sostiene che i giudici di Appello avrebbe erroneamente ritenuto che il sistema del badge “a radio frequenza”, che si limita a leggere le informazioni contenute nella tessera dei dipendenti, costituisse un illegittimo strumento di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. Al contrario, sempre secondo la tesi datoriale, si tratterebbe invece di una mera evoluzione del cartellino marcatempo e di rilevazione di un dato fornito dallo stesso lavoratore, senza alcuna possibilità di verifica della sua presenza reale, in assenza di tornelli o di videocamere, come risultante dalla modalità di rilevazione dei fatti contestati, in esito ad accertamento investigativo della durata di 15 giorni.
Gli Ermellini rigettano il ricorso del datore di lavoro precisando che anche la rilevazione dei dati di entrata ed uscita dall’azienda tramite “un’apparecchiatura di controllo predisposta dal datore di lavoro, sia pure per il vantaggio dei dipendenti, ma utilizzabile anche in funzione di controllo dell’osservanza dei doveri di diligenza nel rispetto dell’orario di lavoro e della correttezza dell’esecuzione della prestazione lavorativa, non concordata con le rappresentanze sindacali, né autorizzata dall’ispettorato del lavoro, si risolve in un controllo sull’orario di lavoro e in un accertamento sul quantum della prestazione”, rientrante quindi nella fattispecie prevista dal comma 1 dell’art. 4 della L. 300/70.
In tal modo, si realizzava in concreto un controllo costante e a distanza circa l’osservanza da parte dei dipendenti del loro obbligo di diligenza, sotto il profilo del rispetto dell’orario di lavoro. Quindi, osserva la Cassazione, i giudici di merito hanno correttamente convenuto che si trattasse di strumento di controllo a distanza e non di mero rilevatore di presenza, tenuto anche conto che il sistema in oggetto consente di comparare immediatamente i dati di tutti i dipendenti, realizzando così un controllo continuo, permanente e globale.
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