La Corte di Cassazione sez. lavoro con la sentenza n. 24198 depositata il 25 ottobre 2013 intervenendo in tema di licenziamento ha affermato che qualora il datore di lavoro proceda al licenziamento del lavoratore per giustificato motivo soggettivo, benché sussista l’obbligo di audizione del prestatore, lo stesso non ha alcun vincolo di forma. Inoltre la Corte ha precisato che in presenza di esplicita richiesta del lavoratore, l’azienda è tenuta all’audizione dopo la comunicazione del licenziamento per giustificato motivo soggettivo; tuttavia, non sussiste nessun obbligo di forma scritta rispetto alla convocazione del prestatore, me è sufficiente dimostrare che lo stesso ne era a conoscenza.
Gli Ermellini, infine, hanno ritenuto non sufficiente una richiesta di aspettativa generica ( per motivi di famiglia) ai fini della concessione dell’astensione dal lavoro per la partecipazione del dipendente al programma terapeutico e socio riabilitativo previsto dal dlgs 309/90. La domanda deve essere specifica.
La vicenda ha riguardato un dipendente che era risultato assente ingiustificato per quattro giorni, condotta reiterata, ed alla conclusione del provvedimento disciplinare, con invito all’audizione, veniva applicata la sanzione del licenziamento. Il dipendente impugnava il provvedimento di licenziamento inanzi al Tribunale, in veste di giudice del lavoro, che respingeva le richieste del ricorrente.
Avverso la decisione del giudice di prime cure, il dipendente, ricorreva alla Corte Territoriale che confermava la la pronuncia di primo grado che aveva respinto l’impugnazione del licenziamento per giustificato motivo soggettivo (assenza ingiustificata per oltre 4 giorni, dopo analoga condotta del lavoratore, già punita con sanzione disciplinare non impugnata) irrogatogli dalla datrice di lavoro spa .
I giudici di appello evidenziarono che “dalla prova espletata non era emerso che la datrice di lavoro fosse a precisa conoscenza, già all’epoca della domanda di aspettativa, dello stato di tossicodipendenza in cui versava la figlia del proprio dipendente, posto che la domanda in questione faceva riferimento a generici “motivi di famiglia” e non esplicitava in alcun modo la grave situazione suddetta, né documentava, come pure richiesto dal dl.vo n. 309/90 e dal CCNL, ai fini del diritto all’aspettativa, la necessità, attestata dall’apposito servizio, di partecipazione del congiunto al programma terapeutico e socio riabilitativo dei tossicodipendente; doveva quindi ritenersi del tutto legittimo il diniego opposto dalla azienda a fronte di una istanza che, per come formulata e motivata, non rendeva doverosa la concessione dell’aspettativa, restando la decisione sul punto , riservata alla discrezionale valutazione datoriale.“
Il dipendente, per il tramite del proprio difensore, proponeva ricorso, basto su due motivi di doglianze, per la cassazione della sentenza del giudice de quo, deducendo che il management dell’azienda era invece a conoscenza dei problemi di tossicodipendenza della figlia e che quindi in base alle norme di legge e di CCNL, la parte datoriale avrebbe dovuto accogliere la richiesta.
I giudici di legittimità confermano l’accertamento fatto dai Giudici di merito che il lavoratore non aveva comunicato le precise ragioni della richiesta di aspettativa, né, tanto meno, la prevista attestazione da parte del servizio per le tossicodipendenze. Il che escludeva il preteso diritto all’ottenimento dell’aspettativa. Il richiamo alle risultanze testimoniali effettuato dal ricorrente è stato ritenuto peraltro privo di decisività, contemplando dette testimonianze, secondo quanto dedotto in ricorso, soltanto la generica conoscenza nell’ambiente di lavoro dei problemi della figlia del ricorrente, ma non la circostanza che quest’ultimo si trovasse nella necessità di concorrere al programma socio riabilitativo. Il motivo opposto dal dipendente è stato quindi disatteso con rigetto del ricorso.
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