La Corte di Cassazione sez. lavoro con la Sentenza n. 23181 depositata l’11 ottobre 2013 è intervenuta in merito sanzioni civili dovute dal datore di lavoro per ritardo nel pagamento dei contributi dovuti all’Inps in caso di reintegro del lavoratore a seguito di licenziamento giudicato illegittimo.
Gli Ermellini con la sentenza in commento ha ricordato il principio di diritto affermato dalle Sezioni unite nella sentenza 5 luglio 2007, n. 15143, secondo cui il datore di lavoro è tenuto a versare i contributi previdenziali all’INPS, non solo sulle cinque mensilità liquidate a titolo di risarcimento dei danni, ma per tutto il periodo di tempo tra il licenziamento e la sentenza di reintegrazione. Pertanto in caso di accertamento della illegittimità del licenziamento, il datore di lavoro è obbligato al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento del recesso a quello della effettiva reintegrazione, perché in tale periodo il rapporto di lavoro è solo quiescente, di conseguenza un ritardo di quest’ultima nel versamento degli oneri previdenziali e assicurativi configura un comportamento sanzionabile.
I giudici di legittimità per dirimere il problema interpretativo invitano a considerare due elementi desumibili dalla normativa di legge e dalla ricostruzione compiuta in alcune fondamentali sentenze, anche a Sezioni unite.
Il primo elemento è costituito dal fatto che la norma prima richiamata (L. n. 388 del 2000, art. 116)collega il pagamento delle sanzioni civili al mero dato del ritardo nel pagamento dei contributi, senza fare distinguo di sorta in ordine alle cause del ritardo, in quanto collega il pagamento delle somme ulteriori al mero fatto che un soggetto non abbia provveduto al pagamento nei termini stabiliti
Il secondo dato è costituito dal fatto che l’art. 18 st. lav., in caso di accertamento della illegittimità del licenziamento, prevede, fra l’altro, la condanna del datore di lavoro “al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento al momento della effettiva reintegrazione”.
Da tale previsione e, più in generale, dalla efficacia retroattiva della condanna prevista dall’art. 18 st. lav., la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione ha desunto che, nel periodo di tempo tra il licenziamento illegittimo e la reintegrazione, il rapporto previdenziale continua. La sentenza delle Sezioni unite già richiamata (n. 15143 del 2007) ha infatti affermato, riallaciandosi ad alcune affermazioni della Corte costituzionale (sentenza n. 7 del 1986), che in tale periodo il rapporto di lavoro è quiescente ma non estinto e rimangono in vita il rapporto assicurativo previdenziale ed il corrispondente obbligo del datore di lavoro di versare all’ente previdenziale i contributi assicurativi per tutta la durata di tale periodo.
Per cui la Corte Suprema chiarisce che la ricostruzione conferma che il mancato versamento dei contributi implica un ritardo nell’adempimento.
Distinto problema è quello della possibilità di considerare giustificato il ritardo. Possibilità che deve essere esclusa in quanto il pagamento tardivo è determinato da un atto illegittimo, che quindi è intrinsecamente inidoneo ad assurgere a causa di giustificazione.
Il ricorso dell’INPS, pertanto, deve essere accolto e la sentenza deve essere cassata con rinvio al giudice di merito che dovrà decidere applicando il seguente principio di diritto: “Il ritardo nel pagamento dei contributi assistenziali e previdenziali, relativi al periodo di tempo intercorso tra il licenziamento illegittimo e la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, comporta l’applicazione delle sanzioni civili previste dalla L. n. 388 del 2000, art. 116, commi 8 e 9”.
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