La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 27390 depositata il 6 dicembre 2013 intervenendo in materia di licenziamento ha statuito che il provvedimento espulsivo comminato nei confronti del dipendente, sia che trovi fondamento nella giusta causa che nel giustificato motivo soggettivo, deve essere sorretto dal requisito dell’immediatezza ai fini della sua validità. La Corte, pertanto, chiarisce che ai fini della legittimità del provvedimento espulsivo connesso a giusta causa o a giustificato motivo soggettivo, risulta requisito fondamentale l’immediatezza della contestazione. Fermo restando tale ultimo presupposto, non può considerarsi legittimo un licenziamento per giustificato motivo soggettivo che segua un precedente provvedimento per giusta causa, non sorretto dal requisito in parola.
La vicenda ha avuto come protagonista un dipendente di un istituto di credito a cui era stato comunicato il provvedimento del licenziamento a seguito di procedimento disciplinare seguito da altra comunicazione di licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
Il dipendente impugnava entrambe le comunicazioni di licenziamento inanzi al Tribunale, in veste di giudice del lavoro, che riuniti i due procedimenti accoglieva parzialmente il primo ricorso dichiarando l’illegittimità del licenziamento intimato all’attore il primo febbraio 1999 e rigettava la domanda di cui al secondo ricorso condannando quindi il datore di lavoro al pagamento di tutte le retribuzioni maturate dal primo licenziamento sino all’epoca del secondo recesso.
Il Lavoratore propose ricorso, alla Corte di Appello, avverso la decisione del giudice di prime cure chiedendone la riforma con l’annullamento del secondo licenziamento, con le pronunce consequenziali, la società appellata si costituiva resistendo all’appello principale e proponendo appello incidentale, contestando la pronuncia di primo grado per la parte in cui aveva accolto la prima domanda.
I giudici territoriali rigettava l’appello principale e quello incidentale confermando la sentenza di primo grado.
Il dipendente, per il tramite del suo difensore, per la cassazione della sentenza impugnata propose ricorso, affidandosi a due motivi di censura, alla Corte Suprema. Il datore di lavoro ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale con cinque motivi.
Gli Ermellini nel respingere il ricorso del lavoratore riaffermano il principio di diritto secondo cui “il licenziamento illegittimo intimato ai lavoratori ai quali sia applicabile la tutela reale non è idoneo ad estinguere il rapporto al momento in cui è stato intimato, determinando solamente una interruzione di fatto del rapporto di lavoro senza incidere sulla sua continuità e permanenza. Ne consegue che, ove venga irrogato un secondo licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo, fondato su fatti diversi da quelli posti a sostegno del primo provvedimento di recesso, i relativi effetti si produrranno solo nel caso in cui il precedente recesso venga dichiarato illegittimo.” (Cass. 14-9-2009 n. 19770)
Inoltre i giudici del palazzaccio riaffermano un ulteriore principio che “in tema di rapporto di lavoro subordinato, il datore di lavoro, qualora abbia già intimato al lavoratore il licenziamento per una determinata causa o motivo, può legittimamente intimargli un secondo licenziamento, fondato su una diversa causa o motivo ….” (Cass. 20-1-2011 n. 1244)
I giudici di legittimità rigettano anche il ricorso del datore di lavoro riaffermando il principio secondo cui “in tema di licenziamento per giusta causa, l’immediatezza della comunicazione del provvedimento espulsivo rispetto al momento della mancanza addotta a sua giustificazione, ovvero rispetto a quello della contestazione, si configura quale elemento costitutivo del diritto al recesso del datore di lavoro, in quanto la non immediatezza della contestazione o del provvedimento espulsivo induce ragionevolmente a ritenere che il datore di lavoro abbia soprasseduto al licenziamento ritenendo non grave o comunque non meritevole della massima sanzione la colpa del lavoratore; peraltro, il requisito della immediatezza deve essere inteso in senso relativo, potendo in concreto essere compatibile con un intervallo di tempo, più o meno lungo, quando l’accertamento e la valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale maggiore ovvero quando la complessità della struttura organizzativa dell’impresa possa far ritardare il provvedimento di recesso, restando comunque riservata al giudice del merito la valutazione delle circostanze di fatto che in concreto giustifichi o meno il ritardo, (v. Cass. 1-7-2010 n. 15649, cfr. Cass. 6-10-2005 n. 19424, Cass. 15-5-2006 n. 11100).
In tema di licenziamento il requisito della immediatezza della contestazione, elemento costitutivo del diritto di recesso, riguarda indifferentemente sia il licenziamento per giusta causa sia il icenziamento per giustificato motivo soggettivo e di certo la sussistenza di quest’ultimo non deriva dalla mancanza del detto requisito.
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