La vicenda ha riguardato una lavoratrice a cui era stato comunicato il suo trasferimento senza indicazione dei motivi, la dipendente con raccomandata chiedeva di conoscere le motivazioni del provvedimento la richiesta veniva reiterata poichè la società non aveva dato seguito alla prima richiesta. La società rispondeva con lettera solo il 9 maggio 2003.
Gli Ermellini nella sentenza in commento richiamano un consolidato orientamento della Suprema corte secondo cui “ai fini dell’efficacia del provvedimento di trasferimento del lavoratore, non è necessario che vengano contestualmente enunciate le ragioni del trasferimento stesso, atteso che l’art. 2103 cod. civ., nella parte in cui dispone che le ragioni tecniche, organizzative e produttive del provvedimento suddetto siano comprovate, richiede soltanto che tali ragioni, ove contestate, risultino effettive e di esse il datore di lavoro fornisca la prova”.
Nelle motivazioni della sentenza viene puntualizzato che “Pertanto l’onere dell’indicazione delle ragioni del trasferimento, che in caso di mancato adempimento determina l’inefficacia sopravvenuta del provvedimento, sorge a carico del datore di lavoro soltanto nel caso in cui il lavoratore ne faccia richiesta – dovendosi applicare per analogia la disposizione di cui all’art. 2 della legge n. 604 del 1966 sul licenziamento (Cass. n. 8628 del 2004, n. 1912 del 1998)”.
Per cui, in ragione della applicazione analogica della richiamata disciplina in tema di licenziamento, “ove accertata la inosservanza del termine per la comunicazione dei motivi del trasferimento, il trasferimento dall’appalto deve considerarsi illegittimo”, e dunque “anche la condotta della lavoratrice ritenuta dalla sentenza impugnata integrare la giusta causa di licenziamento deve essere riesaminata alla luce di tale accertamento”.
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