Il Ministero del Lavoro con la circolare del 16/01/2013 n. 3 ritorna sulla legge 92/2012 relativa ai licenziamenti per giustificato motivo, illustrando le procedura di conciliazione.
L’art. 7 della legge 604/1966, come riscritto dalla legge 92/2012 art. 1 comma 40, prevede l’obbligatorietà di una nuova forma di conciliazione nei confronti di tutti i datori di lavoro a cui è applicabile l’art. 18 della legge 300/1970 (statuto dei lavoratori) nel caso di licenziamenti dei lavoratori per giustificato motivo oggettivo.
Appare subito chiara l’innovazione sull’applicazione dell’ istituto della conciliazione. Infatti nella fattispecie previsto della normativa in esame l’istituto della conciliazione trova applicazione preventiva, pertanto va posta in essere quando il datore di lavoro manifesta la volontà di procedere al recesso del contratto di lavoro subordinato per motivi oggettivi e prima ancora che tale evento abbia effetto.
La procedura della conciliazione da attivare da parte del datore di lavoro, come abbiamo visto, è obbligatoria il cui mancato ottemperamento ha come effetto, nel caso di impugnazione del lavoratore, il riconoscimento di un risarcimento danni a favore del lavoratore ricompreso tra le 6 e le 12 mensilità come sancito dal nuovo contenuto dell’art. 18 legge 300/1970. Pertanto il giudice è tenuto, anche in caso il licenziamento fosse ampiamente giustificato, a determinare il risarcimento di cui sopra.
I soggetti obbligati al rispetto dell’art. 7 legge 604/1966 sono come si è soprascritto quelli a cui si applica l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Riepiloghiamo brevemente i datori di lavoro su cui è applicabile la norma. La norma si applica a tutti i datori di lavoro che:
- Nell’unità produttiva o nel medesimo territorio comunale abbia più di 15 dipendenti oppure 5 se imprenditori agricoli;
- Nel territorio nazionale abbia più di 60 dipendenti.
La circolare del 16/01/2013 n. 3 riepiloga su come calcolare il limite numerico per l’applicazione della norma. Nella circolare il calcolo numerico viene fatto tenendo conto del la media (come affermato dalla Cassazione sentenza n. 2546/2004) ovvero secondo un criterio di normalità della forza lavoro riferita all’organico necessario in quello specifico momento dell’anno (cassazione sent. n. 2241/1987 e 2371/1986) possono rientrare, a pieno titolo, nell’ambito di applicazione del nuovo art. 7 della legge 604/1966.
Dal calcolo per i limiti numerici non vanno inclusi:
- Gli apprendisti (D.Lgs. n.81/2000 art. 7);
- Lavoratori assunti con contratto di inserimento;
- Assunti dalle liste dei lavoratori socialmente utili o di pubblica utilità;
Per alcuni lavoratori il calcolo va effettuato seguendo i criteri indicati:
- Per i lavoratori assunti con contratto part-time oppure intermittente in proporzione all’orario effettivo svolto;
- Lavoratori di società cooperative di produzione e lavoro;
- Lavoratori a domicilio;
- Lavoratori sportivi;
La procedura della conciliazione preventiva non trova applicazione nei casi:
- di licenziamento per superamento del periodo di comporto (art. 2110 c.c.) soggetto ad una specifica tutela dell’art. 18 legge 300/70;
- licenziamenti collettivi ex art. 4 e 24 legge 223/1991;
- licenziamenti disciplinari o per giusta causa, ove è richiesta la procedura di cui all’art. 7 dello Statuto
Il Ministero nella circolare indica anche una variegata serie di altri casi in cui trova applicazione la procedura della conciliazione obbligatoria.
Il datore di lavoro deve obbligatoriamente inviare, la sua volontà di procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, alla Direzione Territoriale del lavoro competente (unico soggetto legittimato ad instaurare la conciliazione). La predetta comunicazione va inviatea, per conoscenza, anche al lavoratore.
Per le comunicazioni è ammesso l’utilizzo della posta elettronica certificata. La comunicazione ha un contenuto obbligatorio:
- motivo del licenziamento individuati in modo specifico ed improntati a correttezza e buona fede;
- le misure di assistenza del lavoratore, intese come eventuali possibili ricollocazioni del prestatore.
Dal momento della ricezione la Direzione territoriale del lavoro ha 7 giorni (termine perentorio) per procedere alla convocazione delle parti. La procedura va conclusa nel termine, anch’esso perentorio, di 20 giorni dal momento della convocazione delle parti inclusi, come lo stesso Ministero dichiara, i giorni necessari per la ricezione della raccomandata. Il mancato rispetto dei due termini vanifica la procedura ed il datore di lavoro può procedere al licenziamento. Ipotesi di sospensione della procedura sono ammessi solo in presenza di un legittimo e documentato impedimento del lavoratore (es. malattia, motivi familiari, altre forme di assenza giustificate secondo la legge e contratto. Il periodo di sospensione non può superare i 15 giorni.
Riepilogando, il datore di lavoro può procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo nelle ipotesi sottoelencate:
- mancato rispetto da parte della DTL dei termini di convocazione e svolgimento della procedura;
- abbandono della procedura ;
- mancato raggiungimento di un accordo;
Si ricorda che il licenziamento avvenuto in costanza di maternità/paternità è sempre nullo ed il licenziamento per giustificato motivo oggettivo ha effetti sospesi solo per infortunio sul lavoro e non per malattia.
Documentazione
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