La Corte di Cassazione sez. lavoro con la sentenza n. 17371 del 16 luglio 2013 è intervenuta in materia di licenziamenti affermando che in merito alla giustificazione del licenziamento per scarso rendimento, come già affermato da costante giurisprudenza, che “il rendimento lavorativo inferiore al minimo contrattuale non integra “ex se” l’inesatto adempimento che, a norma dell’art. 1218 cod. civ., si presume, fino a prova contraria, imputabile a colpa del debitore, dato che, nonostante la previsione di minimi quantitativi, il lavoratore è obbligato ad un “facere” e non ad un risultato e l’inadeguatezza della prestazione resa può essere imputabile alla stessa organizzazione dell’impresa o, comunque, a fattori non dipendenti dal lavoratore.
Pertanto in relazione al cosiddetto scarso rendimento, il datore di lavoro che intenda farlo valere quale giustificato motivo soggettivo di licenziamento non può limitarsi – neanche nei casi in cui il risultato della prestazione non è collegato ad elementi intrinsecamente aleatori – a provare il mancato raggiungimento del risultato atteso ed eventualmente la sua oggettiva esigibilità, ma è onerato della dimostrazione di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore, quale fatto complesso alla cui valutazione deve concorrere anche l’apprezzamento degli aspetti concreti del fatto addebitato, tra cui il grado di diligenza richiesto dalla prestazione e quello usato dal lavoratore, nonché l’incidenza dell’organizzazione d’impresa e dei fattori socio-ambientali.”
Gli Ermellini hanno rigettato il ricorso di un’Amministrazione Locale avverso la pronuncia dei giudici di merito che avevano dichiarato illegittimo il licenziamento comminato ad un tecnico informatico per scarso rendimento.
Per i giudici di legittimità non emerge dall’impianto motivazionale della pronunzia del giudice d’Appello alcun discostamento dai principi enunciati, “avendo dato conto della insufficiente prova da parte del datore di lavoro, oneratone, della inadeguatezza della prestazione lavorativa in relazione ai canoni del minimo esigibile e della persistenza del comportamento inadempiente limitato ad una valutazione negativa espressa con riguardo ai sei incarichi primari assegnati al lavoratore, in relazione ai quali era stata espressa una valutazione negativa da parte del Direttore dell’Ufficio.” Anche ove sia richiesto – proseguono i giudici di legittimità – un mero inadempimento e non un “notevole inadempimento” nell’ambito dei compiti assegnati nello svolgimento delle mansioni come giustificativo del recesso del datore di lavoro, prevedendo l’art. 58, lett. e) del testo contrattuale che il licenziamento senza preavviso sia irrogabile nei casi di “persistente insufficiente rendimento, ovvero per qualsiasi fatto grave che dimostri piena incapacità ad adempiere adeguatamente agli obblighi dì servizio”, la istruttoria non ha dimostrato, come coerentemente osservato dalla Corte territoriale, la contestuale sussistenza anche del requisito della persistenza “dell’insufficiente rendimento”.
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