La Corte di Cassazione sez. lavoro con la sentenza n. 20918 depositata il 12 settembre 2013 internendo in tema di licenziamento ha statuito che e legittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo se l’azienda è in crisi da anni. Poichè in tale circostanza la risoluzione per ragioni economiche: la decisione spetta solo al datore. Nessun obbligo di repechage: conta il fatturato dell’intera impresa non quello del settore di appartenenza del lavoratore estromesso
Posto che, ai fini della verifica della possibilità di repechage rilevano le mansioni equivalenti, ove però i lavoratori abbiano accettato mansioni inferiori al fine di evitare il licenziamento, la prova dell’impossibilità di repechage va fornita anche con riferimento a tali mansioni.
La vicenda ha riguardato un dipendente che ricorreva al Tribunale in veste di giudice del lavoro con domanda volta ad ottenere la dichiarazione di illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, nonché il risarcimento del danno biologico, morale ed esistenziale causato dalle modalità di intimazione del recesso.
Il Tribunale respinge la richiesta del lavoratore, il quale avverso la decisione del giudice di prime cure ricorre alla Corte di Appello. I giudici della Corte Territoriale affermano che “ai fini della sussistenza di una condizione di oggettiva difficoltà finanziaria, tale da giustificare il licenziamento, quel che conta è il fatturato dell’intera impresa non quello del settore di appartenenza del lavoratore licenziato, tanto più che, per far fronte alla crisi, l’azienda nell’esercizio della propria discrezionalità può scegliere anche di ridurre i costi in settori che sono dì per sé produttivi e, quindi, non richiedono particolare attenzione”.
Il lavoratore ricorre contro la sentenza dei giudici di merito alla Corte Suprema per la cassazione della sentenza per due motivi.
Gli Ermellini nel respingere il ricorso del lavoratore si sono soffermati ed hanno precisato, richiamando varie sentenze della Corte sul licenziamento per giustificato motivo oggettivo, quale sia la corretta interpretazione delle suddette disposizioni ed in particolare hanno ricordato che “il motivo oggettivo di licenziamento determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva -nel cui ambito rientra anche l’ipotesi di riassetto organizzativo attuato per la più economica gestione dell’impresa – è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, atteso che tale scelta è espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost., mentre al giudice spetta il controllo della reale sussistenza del motivo addotto dall’imprenditore, sicché non è sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente licenziato, sempre che risulti l’effettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo operato, non essendo neanche necessario, ai fini della configurabilìtà del giustificato motivo, che vengano soppresse tutte le mansioni in precedenza attribuite al lavoratore licenziato, ben potendo le stesse essere solo diversamente ripartite ed attribuite (vedi, fra le molte: Cass. 23 ottobre 2001, n. 13021; Cass. 4 novembre 2004, n. 21121; Cass. 14 giugno 2005, n. 12769; Cass. 2 ottobre 2006, n. 21282; Cass. 3 novembre 2010, n. 24235; Cass. 11 luglio 2011, n. 15157).”
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