La Corte di Cassazione sez. lavoro con la sentenza n. 22606 depositata il 03 ottobre 2013 intervenendo in tema di licenziamento ha statuito che le assenze per infortunio sul lavoro non vanno computate nel periodo di comporto anche se il datore di lavoro non aderisce alle sigle firmatarie del Ccnl.
Gli Ermellini hanno chiarito che deve essere considerato illegittimo il provvedimento di licenziamento per superamento del periodo di comporto, qualora lo stesso sia legato ad un infortunio sul lavoro riconosciuto al dipendente.
La vicenda ha avuto origine con la comunicazione, da parte del datore di lavoro, di licenziamento inviata ad un lavoratore per aver superato il periodo di comporto. Il dipendente impugna il provvedimento di licenziamento inanzi al Tribunale, in veste di giudice del lavoro, che riconosce l’illegittimità del licenziamento e dipone il reintegro del dipendente. Il datore di lavoro avverso la decisione del giudice di prime cure propone ricorso alla Corte di Appello. I giudici della Corte Territoriale rigettano l’impugnazione proposta da M.G.. Infatti i giudici di appello osservano che “la norma collettiva richiamata dal ricorrente, vale a dire l’art. 29 del CCNL per gli autotrasporti, a sua volta menzionata nell’atto di licenziamento, stabiliva che l’assenza per infortunio non doveva essere computata nel periodo di comporto previsto dallo stesso contratto e che nemmeno poteva negarsi il carattere di infortunio sul lavoro all’incidente occorso al M.” Inoltre in merito all’applicazione della tutela reale, i giudici di appello, hanno evidenziato che “il datore di lavoro non aveva eccepito alcunché in ordine alla richiesta di tutela reale avanzata dal proprio dipendente, mentre era infondata l’eccezione di inammissibilità del provvedimento di reintegra per l’asserita cessazione dell’azienda, posto che quest’ultima circostanza era stata smentita dalla visura camerale in atti, senza che l’appellante avesse fornito, da parte sua, la prova del suo assunto difensivo.”
Il datore di lavoro propone per la cassazione della sentenza, alla Corte Suprema, ricorso basato due motivi di censura.
I giudici della Corte Suprema ritenendo infondati i motivi rigetta il ricorso presentato. In merito al primo motivo i giudici del Palazzaccio osservano che “come è dato ricavare dalla lettura dell’impugnata sentenza, la norma collettiva che escludeva il periodo di malattia da infortunio sul lavoro dal calcolo del comporto era stata richiamata esplicitamente nell’atto di licenziamento, oltre che nel ricorso, per cui è logica ed immune da rilievi di carattere giuridico la decisione della Corte di merito di ritenere che l’applicabilità della stessa norma contrattuale discendeva dal fatto che in tal modo le parti avevano inteso farvi chiaro riferimento” Per quanto concerne il secondo motivo, anch’esso ritenuto infondato, la Cassazione ha evidenziato “che le sezioni unite di questa Corte (Cass. Sez. un. n. 141 del 10/1/2006) hanno espressamente statuito che ” in tema di riparto dell’onere probatorio in ordine ai presupposti di applicazione della tutela reale o obbligatoria al licenziamento di cut sta accertata l’invalidità, fatti costitutivi del diritto soggettivo del lavoratore a riprendere l’attività e, sul piano processuale, dell’azione dì impugnazione del licenziamento sono esclusivamente l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato e l’illegittimità dell’atto espulsivo, mentre le dimensioni dell’impresa, inferiori ai limiti stabiliti dall’art. 18 della legge n. 300 del 1970, costituiscono, insieme al giustificato motivo de! licenziamento, fatti impeditivi del suddetto diritto soggettivo del lavoratore e devono, perciò, essere provati dal datore di lavoro.”