La Corte di Cassazione sez. penale con la sentenza n. 42868 depositata il 18 ottobre 2013 intervenendo in materia di reati fiscali ha affermato che la soglie di punibilità fissate dall’articolo 3 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, sono elemento costitutivo del reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, sicché la punibilità del contribuente è esclusa se quest’ultimo dimostra di non aver avuto l’intenzione né di indicare elementi attivi per un ammontare inferiore rispetto a quello effettivo né di indicarli in misura superiore alla soglia di punibilità.
La vicenda ha riguardato un imprenditore che è stato condannato dalla Corte d’appello per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici reato di cui all’articolo 3 D.Lgs. n. 74 del 2000. Infatti il giudice de quo non ha aderito alla tesi dell’imputato secondo cui il reato in questione non si era configurato per mancanza del dolo specifico, inteso come consapevolezza del superamento della soglia di punibilità. Sul punto i giudici della Corte territoriale hanno ritenuto che il raggiungimento di detta soglia non è elemento costitutivo del reato, ma una condizione obiettiva di punibilità, il cui verificarsi non deve rientrare nell’ambito della rappresentanza ideativa/volitiva dell’agente (articolo 44 c.p.).
Avverso la predetta sentenza della Corte di Appello l’imputato ha proposto ricorso alla Corte Suprema per la cassazione della decisione.
Gli Ermellini hanno accolto la tesi dell’imputato e ritenuta incorretta la tesi del giudice di secondo grado, affermando che le soglie di punibilità hanno, in realtà, natura di elementi costitutivi del reato. Ciò si ricava sia dal tenore della relazione Governativa di accompagnamento al D.Lgs. n. 74 del 2000 che dall’orientamento espresso dalle Sezioni Unite (sentenza n. 37424/13, pubblicata lo scorso 12 settembre), che ha qualificato le soglie di punibilità come elementi costitutivi del reato. Questa conclusione appare peraltro conforme al principio del “favor rei”.
Pertanto gli Ermellini aderiscono all’indirizzo che ritiene che le soglie di punibilità debbano essere investite dal dolo, dando così ragione al ricorrente, anche se solo dal punto di vista teorico. Il ricorso di legittimità è stato infatti respinto perché il contribuente avrebbe dovuto fornire, in ossequio al principio di specificità del ricorso (articolo 581 c.p.p.), precisi elementi per condurre all’esclusione del dolo, inteso come coscienza e volontà del superamento delle soglie di punibilità; nel ricorso non è stato invece indicato alcun elemento in tal senso, leggiamo nella sentenza che “non essendo sufficiente una mera enunciazione di principio e un generico richiamo alle circostanze documentali e dichiarative emerse durante gli interrogatori sostenuti davanti al pubblico ministero e nel corso dello svolgimento dell’incidente probatorio”.
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