Con la sentenza n. 9157 depositata il 7 aprile 2025 la Corte di Cassazione, sezione tributaria, è ritornata sugli effetti e limiti di applicazione del nuovo art. 21-bis del d.lgs. n. 74/2000, introdotto dall’art. 1 del d.lgs. n. 87/2024, ed ha statuito il principio di diritto secondo cui “L’ art. 21-bis D.Lgs. n. 74 del 2000 , introdotto con l’ art. 1 , D.Lgs. n. 87 del 2024 , poi recepito nell’art. 119 T.U. della giustizia tributaria, in base al quale la sentenza penale dibattimentale di assoluzione, con le formule perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto, ha, nel processo tributario, efficacia di giudicato quanto ai fatti materiali, si riferisce, alla luce di una interpretazione letterale, sistematica, costituzionalmente orientata e in conformità ai principi unionali, esclusivamente alle sanzioni tributarie irrogate e non all’accertamento dell’imposta, rispetto alla quale la sentenza penale assolutoria ha rilievo come elemento di prova, oggetto di autonoma valutazione da parte del giudice tributario unitamente agli altri elementi di prova introdotti nel giudizio“
Pertanto per il Supremo consesso l’articolo 21-bis del Dlgs 74/2000 si applica esclusivamente alle sanzioni tributarie restando escluso l’accertamento delle imposte. Per cui ai fini dell’accertamento fiscale la sentenza penale di assoluzione costituisce un elemento di prova nel processo tributario, ma non determina automaticamente l’annullamento della pretesa impositiva.
Per gli Ermellini, infatti, “l’estensione ai fini del solo trattamento sanzionatorio trova il suo fondamento nella necessità di assicurare una unitarietà del momento afflittivo, che deve rispondere a criteri di non contraddizione, adeguatezza e proporzionalità, mentre l’imposizione resta – in ogni caso – soggetta all’ordinario regime probatorio, sicché resta esclusa una ingiustificata divaricazione e differenziazione tra i contribuenti.“
Nell’iter logico seguito dai giudici di piazza Cavour si è richiamato il diritto dell’unione in tema di giudicato ricordando che “principio dell’autorità di cosa giudicata poiché “al fine di garantire tanto la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici quanto una buona amministrazione della giustizia, è importante che le decisioni giurisdizionali divenute definitive dopo l’esaurimento dei mezzi di ricorso disponibili o dopo la scadenza dei termini previsti per tali ricorsi non possano più essere rimesse in discussione”.
La CGUE, inoltre, ha statuito che il diritto dell’Unione non impone di disapplicare le norme procedurali interne che attribuiscono forza di giudicato a una pronuncia giurisdizionale e ciò “neanche quando ciò permetterebbe di porre rimedio a una situazione nazionale contrastante con” il diritto dell’Unione.
Tuttavia, la Corte si è espressa in termini parzialmente diversi nel caso dell’estensione di una sentenza (penale) passata in giudicato – e lesiva dei principi unionali – ad un giudizio civile, ritenendo che la possibilità dell’estensione dovesse essere oggetto di disamina da parte del giudice civile.
È utile riportare i parr. 94-96 della sentenza Vueling:
“94 – Nelle presenti cause si deve constatare che l’interpretazione del principio dell’autorità di cosa giudicata menzionato al punto 92 della presente sentenza impedisce di rimettere in discussione non solo una decisione giudiziaria di natura penale avente autorità di cosa giudicata, anche se tale decisione comporta una violazione del diritto dell’Unione, ma anche, in occasione di un procedimento giurisdizionale di natura civile relativo ai medesimi fatti, qualsiasi accertamento vertente su un punto fondamentale comune contenuto in una decisione giudiziaria avente autorità di cosa giudicata (v., per analogia, sentenza del 3 settembre 2009, Fallimento Olimpiclub, C-2/08, EU:C:2009:506, punto 29).
95 – Una siffatta interpretazione del principio dell’autorità di cosa giudicata ha quindi come conseguenza che, qualora la decisione di un giudice penale divenuta definitiva si fondi su un accertamento di frode compiuto da tale giudice non tenendo conto del procedimento di dialogo di cui all’ articolo 84 bis , paragrafo 3, del regolamento n. 1408/71 nonché su un’interpretazione delle disposizioni relative all’effetto vincolante dei certificati E 101 contraria al diritto dell’Unione, la non corretta applicazione di tale diritto si riprodurrebbe in ogni decisione adottata da giudici civili riguardanti i medesimi fatti, senza che sia possibile correggere tale accertamento e tale interpretazione effettuati in violazione di detto diritto (v., per analogia, sentenza del 3 settembre 2009, Fallimento Olimpiclub, C-2/08, EU:C:2009:506, punto 30).
96 – In tali circostanze, si deve concludere che simili ostacoli all’applicazione effettiva delle norme del diritto dell’Unione riguardanti detta procedura nonché l’effetto vincolante dei certificati E 101 non possono ragionevolmente essere giustificati dal principio della certezza del diritto, e devono quindi essere considerati contrari al principio di effettività (v., per analogia, sentenza del 3 settembre 2009, Fallimento Olimpiclub, C-2/08, EU:C:2009:506, punto 31).”
Rapporti tra accertamento sulla sanzione e accertamento sull’imposta
Nella sentenza in commento, i giudici della Suprema Corte, hanno voluto precisare che “L’incidenza del giudicato assolutorio penale sulla sola sanzione lascia inalterato il regime probatorio e la rilevanza della decisione penale sul rapporto d’imposta.
(…) Più specificamente, l’art. 21-bis ha anticipato alla fase di cognizione il sistema del “doppio binario” penale-tributario:
– per i profili sanzionatori occorre valutare se i fatti siano i medesimi e, quindi, in applicazione dell’art. 21-bis, riconoscere efficacia di giudicato alla sentenza penale di assoluzione;
– per l’accertamento dell’imposta, il giudizio, i criteri di ripartizione dell’onere della prova e la valutazione da parte del giudice restano soggetti agli ordinari criteri e principi che disciplinano il giudizio civile e tributario: la sentenza penale di assoluzione conserva la sua rilevanza nell’alveo dei principi della circolazione della prova ai sensi dell’ art. 654 cod. proc. pen. e 20 D.Lgs. n. 74 del 2000 , dunque quale prova, soggetta all’autonoma valutazione del giudice, da apprezzare insieme alle altre prove acquisite nel giudizio.
(…) Tale esito, del resto, è conforme alla struttura del rapporto tra giudizio tributario e giudizio penale, già a fondamento degli artt. 19 e 21 D.Lgs. n. 74 del 2000 , improntato a criteri di reciproca autonomia, salva la previsione di un (reciproco) collegamento probatorio ai fini accertativi e di una valutazione unitaria ai fini sanzionatori.
Differenti, del resto, sono le esigenze e gli obbiettivi che presiedono i due ambiti.
Sulla sanzione (penale e amministrativa-tributaria) è preminente la necessità che il regime sanzionatorio, in applicazione del principio del ne bis in idem, sia unitario, non contraddittorio e proporzionato.
Sull’imposta, invece, l’accertamento mira ad assicurare l’attuazione delle norme impositive in funzione dell’obbiettivo di attuare la “giusta imposizione”, nell’equilibrio tra dovere contributivo e principio della capacità contributiva, che viene realizzato con gli strumenti previsti dall’ordinamento tributario e secondo i criteri di riparto della prova tra il contribuente e il fisco.
Si tratta, in evidenza, di oggetti radicalmente differenti, il primo dei quali, inoltre, è solo eventuale e occasionale.
(…) La questione è di particolare e specifico rilievo ove, in ragione della sentenza penale assolutoria, la sentenza sia stata annullata con rinvio al giudice del merito per le ulteriori valutazioni.
In tale evenienza, il giudice del rinvio – a fronte della sentenza penale dibattimentale di assoluzione ex art. 530 , comma 1, cod. proc. pen. perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso – sarà tenuto ad operare una duplice operazione: a) quanto alla ripresa impositiva dovrà apprezzare, con valutazione autonoma, la suddetta decisione come elemento di prova unitamente agli altri elementi introdotti nel giudizio ai sensi degli artt. 654 cod. proc. pen e 20 D.Lgs. n. 74 del 2000 , con un giudizio di sintesi che non è condizionato dal passaggio in giudicato della decisione penale; b) quanto alla sanzione tributaria, ove accerti la medesimezza dei fatti, dovrà applicare il 21-bis, annullando la sanzione irrogata. “