CONSIGLIO NAZIONALE DOTT COMM E ESP CON – Nota 19 febbraio 2021, n. 21
Linee Guida per il risanamento delle imprese agricole
Ho il piacere di comunicarTi che è stato pubblicato il documento “Linee guida per il risanamento delle imprese agricole”, definito dal Consiglio nazionale nell’ambito del Tavolo di lavoro istituito sulle procedure delle crisi da sovraindebitamento con la collaborazione delle associazioni maggiormente rappresentative degli imprenditori agricoli.
Tale documento approfondisce gli aspetti relativi alla gestione delle crisi delle imprese agricole e individua linee guida e modelli utili sia al consulente dell’imprenditore agricolo, sia agli OCC e ai gestori, qualora esso acceda alla composizione della crisi tramite gli strumenti individuati nella legge n. 3/2012.
Considerato che sulla maggior parte delle imprese agricole non grava l’obbligo della tenuta delle scritture contabili e che la maggior parte di tali imprese non elabora i bilanci, le linee guida forniscono utili raccomandazioni per la redazione di una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata dell’impresa agricola e avanzano la proposta di affidare il rilascio di un’asseverazione della veridicità e dell’attendibilità delle informazioni a professionisti indipendenti iscritti all’Albo dei Commercialisti e al registro dei revisori legali.
Allegato
LINEE GUIDA PER IL RISANAMENTO DELLE IMPRESE AGRICOLE
SOMMARIO
PRESENTAZIONE
- IL PROGETTO
- L’IMPRENDITORE AGRICOLO E L’ACCESSO ALLE PROCEDURE CONCORSUALI: SOVRAINDEBITAMENTO E ACCORDI EX ARTT. 182-BIS E 182-TER L.F.
2.1. L’ accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l.f.
2.2. La transazione fiscale ex art. 182-ter l.f.
2.3. I procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento accessibili all’imprenditore agricolo
2.4. Le cooperative agricole: liquidazione coatta amministrativa e concordato ex art. 214 l.f.
- LA SITUAZIONE PATRIMONIALE E FINANZIARIA DELLA SOCIETÀ
3.1. L’asseverazione della situazione patrimoniale
- IL BUSINESS PLAN DELL’IMPRENDITORE AGRICOLO
4.1. il piano di risanamento
- Conclusioni. Alcune proposte DEJURE CONDENDO
Presentazione
Il settore dell’agricoltura rappresenta uno dei principali pilastri su cui si fonda l’economia del nostro Paese e risulta connotato, sia da molteplici potenzialità non confinate all’aspetto meramente produttivo di beni agro-alimentari, sia dalla coesistenza di una varietà di modelli produttivi e di realtà aziendali.
In riferimento a tale ultimo aspetto, è opportuno evidenziare che i dati numerici più aggiornati diffusi dall’lstat (relativi all’anno 2018) registrano la presenza, sul territorio nazionale, di 415.745 imprese che svolgono attività principale nel settore agricolo, di cui 349.072 (l’84%) sono imprese individuali, 49.203 sono società di persone e 17.470 sono società di capitali, cooperative ed altri tipi societari.
Delle 415.470 imprese agricole totali, 393.120 (il 94%) presentano un’azienda agricola associata specializzata in coltivazioni e/o allevamenti, mentre ammontano a circa 22.600 le imprese senza azienda agricola (NOTA 1).
L’incidenza numerica (e produttiva) che il comparto agricolo riveste sul tessuto economico nazionale, offre ampi margini di riflessione sulle potenzialità offerte dal settore e sulle pericolose derive che le crisi delle imprese agricole possono arrecare al sistema economico nel suo complesso.
Da una simile consapevolezza muove l’iniziativa di approfondire gli aspetti relativi alla gestione delle crisi delle imprese agricole – ancor più nell’attuale momento storico che, anche in tale settore, produrrà significative ripercussioni economiche – e di individuare Linee guida e modelli che supportino i professionisti coinvolti in occasione di processi di risanamento finalizzati a favorirne la continuità. In tale contesto, come si avrà modo di analizzare nel presente documento, un contributo indispensabile sarà fornito proprio dai professionisti iscritti all’Albo dei Dottori dei commercialisti e degli Esperti contabili, chiamati ad asseverare la tenuta del piano di risanamento dell’azienda e la situazione patrimoniale di partenza.
Al fine di sviluppare la progettualità accennata, il Consiglio Nazionale dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili ha istituito un Tavolo di lavoro sul sovraindebitamento delle aziende agricole avvalendosi del prezioso contributo delle associazioni maggiormente rappresentative sul territorio degli imprenditori agricoli che, meglio di altri, sanno cogliere e rappresentare le peculiarità di tali attività.
- Il progetto
L’attuale momento storico correlato alla emergenza pandemica di Covid-19 ha inciso anche sul comparto agricolo, in cui si registrano preoccupanti segnali di crisi diversificati tra i vari comparti produttivi. Vi sono canali che sono stati (per ora) meno interessati, quali la commercializzazione nella
Gdo e in tutti gli altri esercizi commerciali autorizzati all’apertura dal quadro normativo in vigore, mentre la sospensione dell’attività di somministrazione dei pasti nel canale Horeca sta penalizzando produzioni simbolo del “Made in Italy” agroalimentare. Per le imprese agricole e alimentari fornitrici di tali canali di vendita, la sospensione si è inevitabilmente tradotta in una riduzione del volume di affari e perdita di redditività. Senza dimenticare, in quanto altrettanto impattante in termini di riduzione della redditività aziendale, la contrazione delle vendite di prodotti agroalimentari “Made in Italy” sui mercati esteri, pervia delle restrizioni adottate su scala globale per fronteggiare l’emergenza epidemiologica.
A ciò vanno aggiunte le difficoltà di spostamento della manodopera agricola, un altro segnale preoccupante che ha interessato trasversalmente il settore, soprattutto alla vigilia di importanti campagne produttive.
Infine, le oramai costanti evoluzioni climatiche, in peius, che, rendendo instabile la programmazione di colture e di raccolti, accentuano il c.d. rischio climatico a cui tradizionalmente l’impresa agricola è esposta, con necessità di approntare rimedi di una certa urgenza.
Al di là delle misure temporanee adottate in questi ultimi mesi per arginare la crisi del settore agricolo dovuta alla diffusione della Pandemia di Covid-19 (NOTA 2), infatti, è fuor di dubbio che le ripercussioni della pandemia si avvertiranno in modo evidente nei prossimi anni e che dalla pandemia medesima si debba trarre l’insegnamento, del pari evidente, che l’agricoltura moderna necessita di investimenti importanti volti a sfruttarne le enormi potenzialità anche come modello di produzione di reddito per la collettività. Del resto, negli ultimi anni si è registrato un tasso di crescita costante dell’imprenditoria giovanile nell’agricoltura (NOTA 3): i giovani hanno riscoperto “la terra” e le sue nuove ed enormi potenzialità e vi si sono riavvicinati con nuovi stimoli e in cerca di nuove opportunità, a fronte di mercati alternativi del lavoro che si dimostrano incapaci di assorbire l’offerta di lavoro. La nuova dimensione agricola, infatti, è capace di fornire prospettive di sviluppo delle iniziative grazie alla multifunzionalità della moderna impresa agricola, capace di comprendere, oltre a quelle tradizionali, attività differenziate che spaziano, ad esempio, dalla produzione di energia, all’economia circolare, dai compiti di presidio del territorio e di tutela del paesaggio, all’agricoltura sociale fino all’accoglienza in azienda sotto forma di agriturismo ma anche di agriasili e fattorie didattiche. Si tratta di un nuovo modello di impresa agricola resiliente, generativa e sostenibile.
È di tutta evidenza come l’imprenditore agricolo necessiti di un nuovo e funzionante apparato di sostegno che, nel rispetto delle sue peculiarità, possa supportarlo sia nell’ordinaria gestione, sia nei momenti di crisi, senza comprometterne la funzionalità e la continuità dell’attività. La previsione di misure volte a facilitare il risanamento dell’impresa agricola in crisi, inoltre, potrebbe risultare proficua anche per il creditore ed in particolare per l’interlocutore bancario, destinato a trovare, proprio a causa degli attuali scenari di mercato, inadeguata soddisfazione delle proprie ragioni nella liquidazione del patrimonio dell’imprenditore agricolo.
Come è noto all’imprenditore agricolo in crisi, ferma restando la possibilità di accedere agli accordi di ristrutturazione del debito di cui all’art. 182-bis l.f. e di addivenire a una transazione fiscale ex art. 182 – ter l.f., su cui torneremo nel par. 2, è consentito proporre ai creditori un accordo della composizione della crisi, ai sensi della legge 27 gennaio 2012, n. 3 (di seguito, legge n. 3/2012).
In questo contesto potrebbe risultare che i creditori chiamati, anche tramite l’apporto di nuova finanza, a “negoziare” presso gli Organismi di composizione della crisi (di seguito, OCC) l’accordo di composizione della crisi in continuità, siano orientati, nel caso specifico, a non ritenere utili le trattative e i piani a supporto dell’accordo, con la conseguenza che il debitore si veda costretto a presentare istanza per la liquidazione del patrimonio, disciplinata nella legge n. 3/2012 come alternativa alla composizione della crisi da sovraindebitamento. Tale evenienza, peraltro, non conduce a esiti soddisfacenti perché, nella maggior parte dei casi, il creditore con diritto di prelazione (ad esempio, il creditore ipotecario) pur potendo contare sulla soddisfazione prioritaria rispetto agli altri creditori, in virtù delle garanzie ipotecarie gravanti sui beni immobili dell’imprenditore (solitamente l’abitazione principale e il fondo agricolo), vede nell’attuale stagnazione del mercato immobiliare – e nella specificità dei cespiti – la realizzazione di prezzi di vendita al ribasso con conseguente scarsa soddisfazione del creditore stesso. Mette conto rilevare, inoltre, che gli stessi creditori si trovano attualmente in una condizione di estrema difficoltà nell’erogare nuova finanza (financo a mantenere le linee di credito esistenti) a causa di normative di settore sull’accesso al credito sempre più stringenti a cui vanno ad aggiungersi le indicazioni dell’EBA riportate nelle Guidelines on loan origination and monitoring del 29 maggio 2020 (NOTA 4), con il corollario che molte sono le difficoltà incontrare per sostenere i piani a supporto dell’accordo.
In definitiva, maggiore attenzione all’esigenze dell’impresa e della manodopera impiegata, per tramite della condivisione di piani volti al risanamento e non alla liquidazione, può rivelarsi vantaggioso anche per i creditori.
In questa prospettiva, il progetto che intendiamo presentare può essere di grande utilità, in quanto – attraverso il monitoraggio delle prassi in uso e delle esperienze testimoniate dalle confederazioni – è volto a rendere possibile, in un futuro che si auspica quanto più prossimo, la condivisione di un protocollo tra i soggetti interessati che contenga indicazioni destinate a favorire il risanamento dell’impresa agricola sovraindebitata nell’ottica del perseguimento del soddisfacimento dei creditori per mezzo della continuità aziendale. In tale processo di risanamento, un contributo indispensabile sarà fornito dal professionista consulente dell’impresa che si impegnerà ad asseverare la bontà del piano di risanamento dell’azienda e della situazione patrimoniale di partenza.
È solo il caso di rammentare, infatti, che l’attuale previsione di cui all’art. 9, comma 3, della legge n. 3/2012, impone all’imprenditore che intenda accedere all’accordo di composizione il deposito delle scritture contabili degli ultimi tre esercizi, proprio al fine di rendere possibile all’OCC o e all’attestatore di comprendere al meglio la realtà aziendale e la situazione di partenza e le valutazioni si cui si fonda il piano di risanamento. Considerato allora che sulla maggior parte delle imprese agricole non grava l’obbligo della tenuta delle scritture contabili e che la maggior parte di tali imprese non elabora i bilanci, la redazione quantomeno di una situazione patrimoniale che rappresenti la realtà aziendale secondo criteri di correttezza, veridicità e chiarezza può essere opportuna, tanto più se si considera che su tale documentazione e su un piano economico-finanziario prospettico di corredo il creditore, specie quello bancario, potrà riporre il proprio affidamento.
Un’ulteriore precisazione si impone.
Il nostro progetto ha come obiettivo anche quello di individuare una metodologia generale e condivisa che riesca a incentivare il finanziamento delle imprese agricole, pur consapevoli del quadro normativo di riferimento e dei vincoli attualmente esistenti per le banche.
Nell’ambito della procedura di accordo con i creditori per l’imprenditore agricolo in crisi, rectius sovraindebitato, ad esempio, sebbene la ristrutturazione sia possibile anche senza il ricorso a nuovi finanziamenti a titolo di debito, si registrano maggiori probabilità di successo se la ristrutturazione è accompagnata da nuova finanza. La nuova finanza, infatti, consente di disporre di maggiori risorse sia per la gestione della fase di emergenza, sia per la successiva fase del processo di ritorno alla creazione di valore. Non va trascurato, poi, che nella nuova “dimensione” della crisi di impresa sono favorite le soluzioni che fanno leva sulla continuità aziendale, relegando l’alternativa liquidatoria a scelta residuale: tramite la nuova finanza accordata dalla banca, l’imprenditore può continuare a gestire la propria attività e tramite il cash flow generato dalla sua attività egli può soddisfare le pretese dei creditori secondo le previsioni contenute nel piano di risanamento.
In questo contesto va osservato, peraltro, che un ulteriore elemento che può scoraggiare i creditori bancari nell’erogazione di nuova finanza nell’ambito degli accordi di composizione della crisi da sovraindebitamento, è dato dal fatto che la legge n. 3/2012 non contiene una disciplina specifica che garantisca la prededucibilità a tali nuovi finanziamenti. In realtà, la legge n. 3/2012 contiene solo una previsione di carattere generale, l’art. 13, comma 4-bis, che riconosce la prededucibilità ai crediti sorti in occasione o in funzione di uno dei procedimenti, senza recare una disciplina specifica legata alle varie tipologie di finanziamenti come, peraltro, è previsto nella legge fallimentare (NOTA 5).
Resta ovviamente inteso che il risanamento potrà avvenire anche al di fuori delle sedi degli OCC, e dunque non necessariamente nell’alveo di una procedura concorsuale incardinata davanti all’organismo competente, bensì tramite la sottoscrizione di apposite convenzioni con gli istituti di credito volte sia al ripianamento di singole esposizioni debitorie, sia all’erogazione di nuovi finanziamenti.
Inoltre, per quanto sopra detto, Linee guida per il finanziamento delle imprese agricole si rendono necessarie per l’imprenditore agricolo che intenda implementare i processi in atto o sviluppare la propria attività.
Si avverte dunque l’esigenza di costruire modelli virtuosi di comportamento che, ove condivisi, possano rappresentare utili standard professionali, da integrare con previsioni specifiche e da adeguare alle singole realtà di riferimento. È all’evidenza, infatti, che per intercettare le esigenze provenienti dal sistema bancario è opportuno che le imprese siano in grado di offrire informazioni quanto più ampie e attuali, così da agevolare, da parte delle banche stesse, risposte rapide e certe. Come accennato, l’accesso al credito da parte dell’impresa agricola, anche con la finalità di risanamento, risulta notevolmente faticoso, non potendo fare affidamento l’interlocutore bancario, nella maggior parte dei casi, sulle scritture contabili dell’impresa.
Con l’obiettivo di individuare un percorso che possa facilitare il finanziamento dell’impresa agricola garantendone il risanamento e il riequilibrio della situazione finanziaria, e dunque con lo scopo di favorirne la “continuità”, pertanto, le Linee guida potrebbero rappresentare un vademecum per intraprendere una leale e fattiva collaborazione con i creditori rilevanti e, se del caso, la riuscita delle soluzioni individuate nei piani predisposti nell’ambito della procedura di composizione negoziale della crisi da sovraindebitamento ex lege n. 3/2012.
In linea di massima, muovendo dal riscontro delle criticità avvertite nella prassi dalle imprese agricole, un efficiente piano di lavoro dovrebbe articolarsi nella redazione di Linee guida che possano risultare di aiuto per l’imprenditore agricolo e per il suo consulente, ovvero per gli OCC e i gestori, qualora esso acceda alla composizione della crisi tramite gli strumenti individuati nella legge n. 3/2012.
A tal fine, è a parer nostro di estrema utilità che le imprese agricole accedano per tempo a un percorso di risanamento coadiuvate da professionisti regolamentati esperti nella gestione e nella soluzione delle crisi.
Il protocollo – che è il risultato del confronto con le confederazioni degli imprenditori agricoli e di cui, in un prossimo momento, si auspica la condivisione con il mondo bancario – potrebbe fondarsi, in termini generali, sulla predisposizione, presentazione e condivisione di un unico progetto che contempli le differenti ma correlate fasi di:
– redazione di una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata dell’impresa a cui allegare una asseverazione della veridicità e attendibilità delle informazioni rilasciata da un professionista indipendente che risulti iscritto all’Albo dei Commercialisti e al registro dei revisori legali: l’intervento da parte di professionalità esperte nella “compilazione” e nelle verifiche di documenti a evidenza contabile contribuisce a fornire maggiore credibilità agli occhi degli stakeholders. La contemporanea iscrizione all’Albo e al registro dei revisori legali del soggetto tenuto a rilasciare l’asseverazione, infatti, garantisce competenze e conoscenze specialistiche e un elevato grado di scetticismo professionale che assicurano l’affidabilità della compilazione;
– redazione di un business pian che consenta l’enunciazione in termini precisi della natura, degli obiettivi e delle caratteristiche essenziali del progetto di impresa, con indicazione di principi di redazione specificamente dedicati all’impresa agricola: anche in questo caso, non si dovrebbe prescindere dall’utile sinergia tra le Confederazioni e i professionisti iscritti all’Albo dei Commercialisti che vantano in tali materie competenze specifiche ex lege.
La redazione del business pian, del resto, ha assunto un ruolo fondamentale per avere accesso alle misure di investimento dei PSR per l’agricoltura e, se redatto sulla base di criteri rigorosi e condivisi dalle confederazioni agricole e dal sistema bancario, può facilitare notevolmente la comunicazione delle informazioni economico-finanziare e patrimoniali tra imprese e banche ritenute fondamentali per la corretta valutazione del merito creditizio.
Logicamente nelle situazioni di sovraindebitamento dell’impresa agricola i principi enunciati per la redazione del business pian verranno integrati con quelli specificatamente individuati per il risanamento delle crisi aziendali.
- L’imprenditore agricolo e l’accesso alle procedure concorsuali: sovraindebitamento e accordi ex artt. 182-bis e 182-ter l.f.
Accanto all’imprenditore agricolo persona fisica, sia esso coltivatore diretto che imprenditore agricolo professionale (di seguito IAP), come definito nel d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99, operano soggetti collettivi. Le forme societarie prescelte sono quelle delle società di persone, in primis della società semplice, ma anche delle società di capitali e delle cooperative. In questa prospettiva, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99 come modificato e integrato dal d.lgs. 27 maggio 2005, n. 101, la ragione sociale o la denominazione sociale delle società che hanno quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività di cui all’articolo 2135 c.c. deve contenere l’indicazione di società agricola.
Dal novero delle società agricole, pertanto, devono essere escluse le società che non abbiano quale oggetto sociale esclusivo la coltivazione del fondo, la selvicoltura, l’allevamento di animali e le attività connesse (si pensi, ad esempio alle società il cui oggetto sociale preveda attività di natura agricola e commerciale). Le società agricole possono godere dei benefici riservati al coltivatore diretto o all’lAP e anch’esse possono assumere tale ultima qualifica.
Con mero fine ricognitivo della normativa, si evidenzia che l’art. 1 del menzionato d.lgs. n. 99/2004 prevede che, al fine del riconoscimento della qualifica di IAP alla società agricola, debbano essere soddisfatti specifici requisiti quanto alla compagine societaria o all’organo di amministrazione. Viene infatti precisato che, per l’assunzione della qualifica di società agricola IAP, nelle società di persone è richiesto che almeno un socio (nella s.a.s. coincidente con uno dei soci accomandatari) possieda la qualifica di IAP e sia iscritto nella gestione previdenziale e assistenziale per l’agricoltura. Qualora la società agricola sia esercitata utilizzando il modello delle società di capitali la stessa disposizione stabilisce che almeno uno degli amministratori sia IAP; per le società cooperative l’amministratore, oltre ad essere IAP deve essere anche socio (NOTA 6).
Ciò premesso, rinviando per le società cooperative al par. 2.4., la crisi dell’imprenditore agricolo viene trattata nel nostro ordinamento unitariamente, prescindendo dalle dimensioni dell’attività e dalla modalità utilizzata per il concreto suo svolgimento.
Le progressive e profonde trasformazioni che hanno interessato l’impresa agricola hanno reso manifesta l’esigenza di dotare anch’essa di strumenti finalizzati ad affrontare le situazioni di crisi tramite il raggiungimento di accordi con i creditori, sotto l’egida del Giudice.
Più partitamente, ci si riferisce agli interventi normativi (NOTA 7) che hanno esteso all’imprenditore agricolo l’accesso agli accordi di ristrutturazione dei debiti, ex art. 182-bis l.f. e alla transazione fiscale ex art. 182-ter l.f., istituto, quest’ultimo, di indubbia significatività laddove si consideri che lo stato di crisi o di insolvenza dell’impresa può dipendere, come dipende nella maggior parte dei casi, anche dalle passività tributarie e previdenziali. Poi, con la legge n. 3/2012, come successivamente modificata e integrata, il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento procedimenti dedicati alla gestione della crisi di tutti i soggetti esclusi dall’ambito di applicazione della legge fallimentare, tra i quali, dunque, è ricompresa anche l’impresa agricola che, come accennato nel par. 1, può accedere all’accordo di composizione della crisi di cui all’art. 10 della legge n. 3/2012.
Più nel dettaglio, la legge n. 3/2012 ha fornito uno strumento di gestione negoziale della crisi da sovraindebitamento anche ai soggetti non fallibili, accordando agli stessi, al ricorrere delle condizioni previste dalla medesima legge, l’opportunità di beneficiare del c.d. fresh start, ossia della possibilità di liberarsi definitivamente delle situazioni debitorie pregresse (esdebitazione) e, con particolare riferimento alle imprese non fallibili, di garantirne, in caso di dissesto, la continuità aziendale (NOTA 8).
Purtuttavia, corre l’obbligo di segnalare che gli istituti in questione si dimostrano scarsamente “appetibili” per il mondo dell’agricoltura, laddove non vengano individuati adeguati correttivi. La scarsa strutturazione dell’organizzazione aziendale può rappresentare un elemento di sfavore per il risanamento e contribuire a rendere i soggetti interessati alle procedure non liberi dalle influenze decisionali dei creditori, che potrebbero trovare pochi ostacoli a indurre il “debitore agricolo” a presentare, piuttosto, una istanza per la liquidazione del patrimonio, confidando, in tal modo, su più concrete possibilità di soddisfacimento viste le garanzie, specie reali, costituite a suo tempo a proprio favore.
Nei successivi paragrafi saranno sinteticamente esaminati i tratti caratterizzanti dei tre istituti per poi delineare e approfondire maggiormente gli aspetti teorici e operativi legati alla ristrutturazione dell’impresa agricola tramite il procedimento di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento. La trattazione non tiene conto, considerata l’applicazione temporanea delle disposizioni di riferimento, delle modifiche apportate agli accordi di ristrutturazione e all’accordo di composizione della crisi dal d.l. 8 aprile 2020, n. 23, c.d. decreto “Liquidità”, varate per far fronte alla situazione emergenziale provocata dalla pandemia di Covid-19 (NOTA 9).
2.1. L’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l.f.
L’istituto dell’accordo di ristrutturazione dei debiti è caratterizzato da due fasi: la prima, prettamente negoziale, mira a riattivare il dialogo tra debitore e creditori al fine di ricercare una soluzione concordata per il superamento della crisi dell’impresa, la seconda, necessariamente a carattere giudiziale, è finalizzata ad ottenere l’omologazione da parte del Tribunale dell’accordo raggiunto con i creditori.
Ai sensi dell’art. 182-bis, comma 1, l.f., l’imprenditore in stato di crisi può domandare l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dell’ammontare dei crediti e corredato da una relazione di un professionista indipendente in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, comma terzo, lett. d), l.f., designato dal debitore, che attesti la veridicità dei dati aziendali e l’attuabilità dell’accordo stesso (NOTA 10), con specifico riferimento alla sua idoneità ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei termini individuati dallo stesso art. 182-bis, 1 comma, l.f. (NOTA 11).
Tale accordo, unitamente alla attestazione del professionista e alla documentazione richiesta dall’art. 161 l.f. (NOTA 12), deve essere depositato presso il Tribunale territorialmente competente ai fini della relativa omologazione e pubblicato (rectius, depositato per l’iscrizione) nel registro delle imprese, momento a decorrere dal quale i creditori e ogni altro interessato possono proporre opposizione (entro massimo 30 giorni dalla pubblicazione) e, soprattutto, l’accordo acquista efficacia. Va dunque evidenziato che tra la documentazione da allegare è annoverata una relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale e finanziaria dell’imprenditore agricolo, il che rende, anche a tali fini, di particolare interesse le considerazioni che verranno espresse nel par. 3.
Dalla data di pubblicazione presso il registro delle imprese, originano gli effetti protettivi dell’accordo di ristrutturazione, riconducibili al divieto per i creditori (per la durata di sessanta giorni a decorrere dalla data di pubblicazione dell’accordo) di iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, nonché di acquisire titoli di prelazione, se non concordati (NOTA 13). Tuttavia, in seguito alle modifiche normative che hanno interessato l’art. 182-bis l.f. (NOTA 14), la rinuncia temporanea alle azioni esecutive e cautelari può essere anticipata già nella fase delle trattive e prima che l’accordo venga formalizzato, essendo all’uopo necessario che l’imprenditore depositi presso il Tribunale competente una proposta di accordo corredata da una propria dichiarazione, avente valore di autocertificazione, attestante che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori (che devono rappresentare il sessanta per cento dei crediti).
Anche in tale ipotesi, il debitore è tenuto a depositare, unitamente alla documentazione di cui sopra, una dichiarazione del professionista avente i requisiti di cui all’art. 67, comma terzo, lett. d) l.f. circa l’idoneità della proposta, qualora accettata, ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che abbiamo negato la loro disponibilità a trattare.
Il Tribunale, dunque, verificata la completezza della documentazione deposita e disponendone comunicazione ai creditori, fissa con decreto l’udienza nel corso della quale, se riscontra l’esistenza dei presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione (come detto, adesione del sessanta per cento dei crediti, calcolati sul passivo complessivo del debitore, e integrale soddisfacimento dei creditori estranei all’accordo), dispone con decreto il blocco delle azione esecutive e cautelari e assegna un termine di sessanta giorni per il deposito dell’accordo e della relazione sulla veridicità dei dati aziendali e sull’attuabilità dell’accordo, redatta dal professionista di cui all’art. 182-bis, comma 1,
Una volta depositato l’accordo, trovano applicazione le disposizioni relative alla pubblicazione dello stesso nel registro delle imprese e alle eventuali opposizioni dei creditori sulle quali il giudice decide prima di procedere, in camera di consiglio, all’omologazione dell’accordo.
Resta fermo che, anche in caso di mancata opposizione dei creditori, il giudice, in esito ad una valutazione negativa sull’esistenza dei presupposti richiesti dall’art. 182-bis l.f., può emettere un provvedimento di diniego dell’omologazione, reclamabile alla Corte d’Appello, ai sensi dell’art. 183 l.f.
Da quanto rilevato è evidente come la funzione degli accordi di ristrutturazione sia quella di permettere all’imprenditore in stato di crisi di tentare, con l’accordo dei creditori, il risanamento della propria esposizione debitoria, utilizzando uno strumento dal contenuto ampio e flessibile.
2.2. La transazione fiscale ex art. 182-ter l.f.
L’istituto della transazione fiscale permette all’imprenditore di regolare le proprie posizioni debitorie con l’Erario o con gli enti di previdenza attraverso un piano che preveda il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle Agenzie fiscali, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori (NOTA 15), sia privilegiati che chirografi (NOTA 16).
Trattasi di un procedimento attivabile nell’ambito di una procedura di concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione: la proposta ex art. 182-ter l.f., infatti, può autonomamente integrare il piano alla base della proposta di concordato preventivo di cui all’art. 160 l.f. (NOTA 17), ovvero inserirsi nell’ambito delle trattative che precedono la stipula dell’accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182-bis l.f., di talché, per l’ammissione alla procedura di transazione fiscale, si rende necessaria la preliminare verifica degli stessi presupposti richiesti dall’art. 160 l.f. e dall’art. 182-bis l.f., ossia lo stato di crisi o di insolvenza dell’impresa e la qualifica di imprenditore commerciale non piccolo, ovvero di imprenditore agricolo.
Ne consegue, altresì, che al di fuori dei suddetti procedimenti, non vi è possibilità di transigere il debito tributario, se non tramite gli strumenti “deflattivi” del contenzioso previsti dalla legislazione tributaria, in ossequio al principio generale di indisponibilità e irrinunciabilità del credito tributario da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Poiché l’imprenditore agricolo è escluso dall’applicazione delle disposizioni in materia di fallimento e concordato preventivo, l’analisi che segue si concentrerà unicamente sulla proposta di transazione fiscale nell’ambito degli accordi di ristrutturazione, come disciplinata dall’art. 182-ter, penultimo comma, l.f. (NOTA 18) (evidenziandosi, in ogni caso, che l’iter procedurale è pressoché analogo a quello previsto per la proposta nell’ambito del concordato preventivo).
In relazione agli aspetti procedurali, la norma prevede il deposito della proposta di transazione fiscale unitamente alla documentazione di cui all’art. 161 l.f., (NOTA 19) presso l’Agenzia delle Entrate-Riscossione e presso l’ufficio competente sulla base dell’ultimo domicilio fiscale del debitore; inoltre, ai sensi dell’art. 182-ter, penultimo comma, l.f., alla proposta deve essere allegata la dichiarazione sostitutiva, resa dal debitore o dal suo legale rappresentante, che la documentazione suindicata rappresenta fedelmente ed integralmente la situazione dell’impresa, con particolare riguardo alle poste attive del patrimonio.
Gli uffici tributari, a loro volta, allo scopo di definire il quadro effettivo della posizione fiscale del contribuente, devono porre in essere una serie di adempimenti: l’Agente della riscossione, non oltre trenta giorni dalla data di presentazione dell’istanza, è tenuto ad inviare al debitore una certificazione attestante l’entità del debito tributario iscritto a ruolo, scaduto o sospeso, inclusi interessi e sanzioni; nello stesso termine, l’ufficio territorialmente competente deve procedere alla liquidazione dei tributi risultanti dalle dichiarazioni ed alla notifica dei relativi avvisi di irregolarità, unitamente ad una certificazione attestante l’entità dei debiti derivanti da atti di accertamento, ancorché non definitivi, per la parte non iscritta a ruolo, nonché dei ruoli vistati, ma non ancora consegnati all’agente della riscossione.
L’art. 182-ter, ultimo comma, l.f. prevede la revoca di diritto degli effetti della transazione conclusa nell’ambito degli accordi di ristrutturazione laddove il debitore non esegua integralmente il pagamento dei debiti fiscali, entro novanta giorni dalle scadenze previste.
In tal modo, si è inteso non solo tutelare gli enti creditori, ma altresì prevenire forme di abuso dell’istituto e responsabilizzare il debitore, imponendogli di adempiere agli obblighi assunti in un determinato arco temporale, pena la revoca di diritto dell’accordo transattivo.
Corre l’obbligo di segnalare, in conclusione, le importanti integrazioni della legge fallimentare apportate, inter alia, agli artt. 182-bis e 182-ter dall’art. 3 d.l. 7 ottobre 2020, n. 125, convertito con modificazioni dalla legge 27 novembre 2020, n. 159, in vigore dal 4 dicembre 2020.
Più paratamente, si è previsto che il Tribunale può omologare l’accordo di ristrutturazione dei debiti anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, quando l’adesione è decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale del sessanta per cento richiesta per la conclusione dell’accordo e quando, sulla base delle risultanze della relazione dell’attestatore, la proposta di soddisfacimento della amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria. La citata modifica ha dunque sottolineato l’importanza dell’intervento sostitutivo da parte del Tribunale in caso di mancata adesione da parte dell’Agenzia e soprattutto degli enti di previdenza e rimarcato la centralità assunta dal ruolo assegnato all’attestatore.
Quanto alla transazione fiscale, la modifica in questione ha stabilito che i crediti che possono essere stralciati sono anche quelli vantati dai creditori pubblici (crediti tributari, contributivi e accessori) quando il professionista indipendente attesti la convenienza del trattamento proposto dal debitore rispetto all’alternativa liquidatoria, chiarendo che tale aspetto costituisce oggetto di specifica valutazione da parte del Tribunale.
2.3. I procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento accessibili all’imprenditore agricolo
Come accennato, la legge n. 3/2012 ha introdotto nel nostro ordinamento alcuni procedimenti destinanti a porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento non soggette né assoggettabili alle vigenti procedure concorsuali, così da fornire uno strumento di gestione negoziale della crisi anche ai soggetti non fallibili, tra cui, dunque, l’imprenditore agricolo (NOTA 20).
Il presupposto oggettivo per l’accesso alle procedure è lo stato di sovraindebitamento del soggetto, dovendosi intendere per tale la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente.
I procedimenti introdotti dalla legge in esame sono tre, alternativi l’uno all’altro:
1) l’accordo di composizione della crisi, attraverso il quale il debitore è ammesso a presentare ai propri creditori una proposta che preveda la ristrutturazione dei propri debiti e la soddisfazione, anche parziale, dei crediti attraverso qualsiasi forma (anche mediante cessione dei crediti futuri) sulla base di un piano che soddisfi i requisiti di legge di cui all’art. 7, comma 1, legge n. 3/2012 (NOTA 21);
2) il piano del consumatore, che differisce dall’accordo di cui sopra sia sotto il profilo del presupposto soggettivo di accesso alla procedura, essendo la stessa riservata solo al sovraindebitato- consumatore, sia in relazione al fatto che il piano non è sottoposto all’approvazione dei creditori;
3) la liquidazione del patrimonio del debitore.
Ne consegue che solo il consumatore, inteso come il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale e professionale eventualmente svolta (NOTA 22), può beneficiare di tutte e tre gli strumenti; alle altre categorie di soggetti sovraindebitati è consentito scegliere tra le restanti due procedure in relazione alle quali, pertanto, si concentrerà la presente analisi.
Prima di approfondirne i tratti maggiormente caratterizzanti, è doveroso dare conto del ruolo cardine rivestito in tutte e tre le procedure dall’Organismo di composizione della crisi (OCC), definito dall’art. 2, comma 1, lett. d), d.m. n. 202/2014 (NOTA 23), quale articolazione interna di uno degli enti pubblici individuati dallo stesso regolamento e dalla legge n. 3/2012 stabilmente destinato all’erogazione del servizio di gestione della crisi da sovraindebitamento.
All’OCC, il Legislatore ha inteso attribuire una ampia funzione di ausilio al debitore nella ricerca di una soluzione tempestiva della crisi che, a livello pratico, si traduce nello svolgimento di molteplici attività sia preliminari alla fase di omologazione del piano (come, ad esempio, la predisposizione della proposta e il confezionamento del piano su cui detta proposta si fonda), sia successive, avendo tale Organismo anche una funzione di vigilanza sull’esecuzione dello stesso (NOTA 24).
Passando all’analisi delle procedure dell’accordo ex art. 10 della legge n. 3/2012 e della liquidazione ex art. 14-ter della legge n. 3/2012, è innanzitutto doveroso evidenziare che il d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 (c.d. decreto “Ristori”) convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 ha recentemente integrato la legge n. 3/2012 con disposizioni volte a facilitare l’accesso e la riuscita delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, in considerazione anche del periodo dell’attuale pandemia (NOTA 25). Lo stesso decreto “Ristori”, inoltre, ha risolto la questione in ordine alla posizione dei soci illimitatamente responsabili, prevedendo espressamente che l’accordo di composizione della crisi della società è produttivo di effetti anche nei confronti di questi ultimi, così come il decreto di apertura della liquidazione della società medesima (NOTA 26).
Per quanto attiene alla procedura di accordo di composizione della crisi di cui al richiamato art. 10 della legge n. 3/2012, è possibile individuare due fasi: una negoziale, volta a ricercare una soluzione concordata con una parte qualificata del ceto creditorio, e una giudiziale, finalizzata ad ottenere l’omologazione dell’accordo raggiunto (NOTA 27). Si tratta di una procedura di stampo concordatario che, sotto diversi profili, rievoca la particolare fattispecie disciplinata nell’art. 182-bis, comma 6 e ss., I.f.
Più specificatamente, il debitore, ai fini dell’omologa, deposita presso il Tribunale territorialmente competente non un accordo già concluso, bensì una proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti, formulata con l’ausilio dell’OCC, da sottoporre all’approvazione dei creditori che, ai fini dell’omologazione, devono rappresentare almeno il sessanta per cento dei crediti (NOTA 28). Per completezza espositiva, si evidenzia che, quando l’accordo contempla la continuazione dell’attività aziendale, la proposta può prevedere il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo garantito con garanzia reale sui beni strumentali all’esercizio dell’impresa se il debitore, alla data di presentazione della proposta abbia adempiuto alle proprie obbligazioni, ovvero se il giudice lo autorizzi al pagamento del debito per capitale e interessi scaduto alla data di presentazione della proposta medesima (NOTA 29).
Per consentire al giudice e ai creditori di conoscere l’effettiva esposizione debitoria e la situazione patrimoniale e finanziaria del debitore, l’imprenditore agricolo è tenuto ad allegare alla proposta, ai sensi dell’art. 9, commi 2 e 3, della legge n. 3/2012, la seguente documentazione: l’elenco di tutti i creditori, con l’indicazione delle somme dovute, di tutti i beni del debitore e degli eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni (corredati dalle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni), una preliminare attestazione sulla fattibilità del piano a cura dell’OCC, l’elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia e da ultimo, le scritture contabili degli ultimi tre anni. In relazione a tale ultimo aspetto, si rileva sin d’ora che, seppur la maggior parte degli imprenditori agricoli siano esonerati dall’obbligo di tenuta delle scritture contabili di cui all’art. 2214 c.c, gli stessi, per far sì che la proposta di accordo sia ammissibile, sono in ogni caso tenuti a produrre tutta la documentazione idonea a ricostruire compiutamente la posizione patrimoniale-finanziaria; trattasi, come si vedrà, di un’attività non sempre agevole e in relazione alla quale si concentrerà maggiormente il prosieguo della presente analisi (par. 3).
A seguito delle novità introdotte con il citato decreto “Ristori”, alla domanda di accordo deve essere altresì allegata una relazione particolareggiata dell’OCC, nell’ambito della quale il medesimo OCC deve indicare anche se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore (NOTA 30). Di talché, il novellato art. 12, comma 3-ter, della legge n. 3/2012 precisa attualmente che il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento non può presentare opposizione o reclamo in sede di omologa, anche se dissenziente, né far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore (NOTA 31).
Una volta depositata la proposta (unitamente alla documentazione suddetta), il giudice, se la stessa soddisfa i requisiti di ammissibilità previsti dalla legge (NOTA 32), ne ordina la comunicazione ai creditori e fissa l’udienza con decreto, attraverso il quale stabilisce adeguata forma di pubblicità della proposta e dello stesso decreto (richiedendosi, qualora il debitore svolga attività di impresa, la pubblicazione di tali atti nel registro delle imprese) e dispone, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, il blocco delle azioni esecutive individuali e dei sequestri conservativi nonché il divieto per i creditori aventi titolo o causa anteriore di acquistare diritti di prelazione sul patrimonio del debitore (c.d. automastic stay) (NOTA 33). Gli effetti protettivi del patrimonio del sovraindebitato, pertanto, si verificano a prescindere da una specifica richiesta del debitore in tal senso, ovvero da una valutazione discrezionale del giudice, limitata, in questa fase, a valutare i requisiti di ammissibilità della proposta, il contenuto del piano e la documentazione allegata.
Almeno dieci giorni prima dell’udienza i creditori sono tenuti a comunicare all’OCC il proprio consenso alla proposta, fermo restando che, se nello stesso termine non perviene alcuna dichiarazione di dissenso, il consenso si ritiene prestato; se l’accordo viene raggiunto con la maggioranza suddetta, l’OCC trasmette una relazione sui consensi a tutti i creditori che, nei dieci giorni successivi al ricevimento della stessa, possono sollevare le eventuali contestazioni; in mancanza, l’OCC trasmette al giudice la relazione, le eventuali contestazioni e un’attestazione definitiva sulla fattibilità del piano e sulla veridicità dei dati aziendali.
All’udienza, il giudice, verificato il raggiungimento della percentuale richiesta e l’assenza di iniziative o atti in frode ai creditori, omologa l’accordo che diviene obbligatorio per tutti i creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità di cui sopra e produce, altresì, l’effetto di impedire ai creditori con titolo o causa posteriore, di procedere esecutivamente sui beni oggetto del piano relativo all’accordo omologato; in caso di contestazioni sulla convenienza del piano da parte dei creditori che non vi hanno aderito (o che risultino esclusi) il giudice può disporre, in ogni caso, l’omologazione, laddove ritenga che il credito possa essere soddisfatto dall’accordo in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria, di cui agli artt. 14-ter e ss. legge n. 3/2012.
Va peraltro sottolineato che a seguito delle modifiche apportate con il decreto “Ristori” alla legge n. 3/2012, il Tribunale può omologare l’accordo anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria quando l’adesione è decisiva ai fini del raggiungimento della maggioranza richiesta ai fini dell’omologazione e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione dell’OCC, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria (NOTA 34).
Occorre, inoltre, dare conto delle ulteriori significative novità che il decreto “Ristori” ha introdotto per facilitare la ristrutturazione degli imprenditori in stato di sovraindebitamento nell’attuale situazione emergenziale e, più precisamente, per consentire agli stessi di presentare una nuova proposta di accordo ovvero di modificarne unicamente i termini di adempimento (NOTA 35). Più partitamente, si è stabilito che nei procedimenti di omologazione degli accordi pendenti alla data del 25 dicembre 2020, il debitore può presentare, fino all’udienza fissata ai sensi dell’art. 10 della legge n. 3/2012, un’istanza al Tribunale per la concessione di un termine per il deposito di una nuova proposta di accordo. Il debitore ha a disposizione novanta giorni, non prorogabili, che decorrono dalla data del provvedimento del Tribunale con cui il termine viene concesso. L’istanza non è ammissibile se è presentata nell’ambito di un procedimento nel corso del quale è stata già tenuta l’udienza ma non sono state raggiunte le maggioranze richieste. Inoltre, di particolare rilevanza appare l’ulteriore possibilità riconosciuta al debitore che intenda modificare unicamente i termini di adempimento dell’accordo.
A costui viene consentito di depositare, fino all’udienza fissata per l’omologazione dell’accordo, una memoria contenente l’indicazione dei nuovi termini di adempimento – che non possono cadere oltre sei mesi dalle originarie scadenze – e la documentazione che comprova la necessità della modifica. In tale evenienza, il Tribunale riscontrata la ricorrenza dei presupposti richiesti dall’art. 12 della legge n. 3/2012, procede all’omologazione dell’accordo dando atto delle nuove scadenze.
Passando all’analisi della procedura liquidatoria, come accennato, la stessa oltre ad essere uno dei procedimenti attivabili ab initio dal soggetto in stato di sovraindebitamento, può derivare da una conversione della procedura di accordo di composizione già avviata, disposta dal giudice, su istanza del debitore o dei creditori, al ricorrere delle ipotesi di annullamento dell’accordo (NOTA 36) nonché nei casi di risoluzione per inadempimento dell’accordo per cause imputabili al debitore (NOTA 37).
In relazione al procedimento di liquidazione del patrimonio, cui ci si limita ad accennare senza alcuna pretesa di esaustività, si evidenzia che i presupposti oggettivi e soggetti di accesso alla procedura sono i medesimi previsti per l’accordo di composizione della crisi, così come, ai fini dell’ammissibilità della domanda di liquidazione, il debitore è tenuto a depositare, presso il Tribunale territorialmente competente, la stessa documentazione su indicata (NOTA 38), da integrarsi con l’inventario di tutti i beni e con la relazione particolareggiata dell’OCC (NOTA 39) da cui emergano, in particolar modo, le cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere volontariamente le obbligazioni, nonché le esposizioni delle ragioni di incapacità dello stesso ad adempiervi.
Con il decreto di apertura della liquidazione il giudice nomina un liquidatore (NOTA 40), le cui funzioni possono essere eventualmente svolte dallo stesso OCC e dispone, sino alla chiusura della procedura, il blocco delle azioni esecutive e cautelari, analogamente a quanto già rilevato in relazione al decreto di ammissibilità della proposta di accordo di composizione della crisi (NOTA 41).
Il liquidatore procede, quindi, all’inventario dei beni, comunicando ai creditori le modalità e le tempistiche di presentazione delle domande di partecipazione alla liquidazione (NOTA 42) e, dopo aver esaminato le stesse, predispone un progetto di stato passivo da sottoporre agli interessati che hanno quindici giorni di tempo per presentare le rispettive osservazioni, in mancanza delle quali il liquidatore approva lo stato passivo (NOTA 43).
Successivamente, ed entro trenta giorni dall’inventario dei beni, il liquidatore elabora un programma di liquidazione e lo deposita presso la cancelleria del giudice, dandone altresì comunicazione al debitore e ai creditori. Le operazioni di vendita dei beni, in esecuzione del programma di liquidazione, sono poste in essere dal liquidatore tramite procedure competitive, avvalendosi di soggetti specializzati e assicurando la partecipazione degli interessati mediante le opportune forme di pubblicità.
Il giudice, sentito il liquidatore e verificata la conformità degli atti dispositivi al programma di liquidazione, autorizza lo svincolo delle somme (NOTA 44), ordinando la cancellazione della trascrizione del pignoramento e delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché di ogni altro vincolo e, una volta accertata la completa esecuzione del programma di liquidazione (NOTA 45), dispone con decreto la chiusura della procedura.
Nella ricostruzione della disciplina, occorre evidenziare come, mentre in relazione alla procedura di accordo di composizione l’effetto esdebitatorio (c.d. fresh start) si verifica automaticamente e consegue alla completa esecuzione dell’accordo, nella procedura liquidatoria il beneficio della liberazione dei debiti nei confronti dei creditori concorsuali e non soddisfatti è ammesso solo per il debitore persona fisica ed è subordinato alla valutazione del giudice sulla meritevolezza dei comportamenti posti in essere dal debitore, nell’ambito del procedimento delineato nell’art. 14 – terdecies, comma 1, legge n. 3/2012. Restano escluse dal beneficio, dunque, le società agricole, con una possibile lesione dei principi sottesi alla tutela costituzionale dell’iniziativa economica privata in qualsiasi forma essa sia esercitata (NOTA 46).
2.4. Le cooperative agricole: liquidazione coatta amministrativa e concordato ex art. 214 l.f.
Le cooperative operanti nel settore agricolo sono imprese che svolgono attività di coltivazione, selvicolture e allevamento tramite il lavoro dei soci e/o di raccolta, lavorazione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli conferiti dagli stessi o, in alcuni casi l’organizzazione della produzione dei propri soci.
In base all’attività esercitata e alla tipologia di scambio mutualistico che si realizza tra cooperativa e soci, è possibile distinguere le cooperative agricole in cooperative di consumo o di servizi, cooperative di produzione di lavoro e cooperative agricole di conferimento.
Ne deriva che la cooperativa agricola può essere costituita (NOTA 47) sia da soci che si occupano di lavorare direttamente i terreni della società, sia da soci che lavorano autonomamente la propria terra e poi conferiscono il prodotto ottenuto alla cooperativa per la sua trasformazione e distribuzione. I settori principalmente caratterizzati e promossi da imprese cooperative sono il settore lattiera-caseario con i caseifici sociali, il settore zootecnico con le cooperative di allevamento, il settore ortofrutticolo con le cooperative ortofrutticole ed il settore vitivinicolo con le cantine sociali. La cooperativa è tenuta al controllo del livello qualitativo dei prodotti ed opera in maniera centralizzata su tutti i processi di lavorazione. In definitiva, le cooperative agricole sono prevalentemente costituite da agricoltori e allevatori che si uniscono per affrontare al meglio la redditività della propria attività.
Tutto ciò premesso, occorre spendere alcuni cenni in ordine all’insolvenza delle cooperative agricole, riservandoci di affrontare la trattazione della materia, e delle tematiche ad essa correlate, con maggior dettaglio in successivi approfondimenti.
Come è noto, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2545-terdecies c.c., le società cooperative agricole che versino in uno stato di insolvenza possono essere poste in liquidazione coatta amministrativa dall’autorità governativa alla quale spetta il controllo della società stessa (NOTA 48).
Si reputa opportuno, dunque, effettuare una sintetica disamina della disciplina, con particolare attenzione alla fattispecie tratteggiata nell’art. 214 l.f., ove è disciplinata una modalità di chiusura alternativa a quella di cui all’art. 213 l.f.
L’art. 214 l.f.prevede la possibilità per l’impresa, o per uno o più creditori, ovvero per un terzo, di presentare una proposta di concordato ai sensi dell’art. 124 l.f., osservando le disposizioni di cui all’art. 152 l.f. La presentazione della proposta deve essere autorizzata dall’autorità di vigilanza, su parere del commissario liquidatore e del comitato di sorveglianza, e comunicata dal commissario liquidatore a tutti i creditori in ossequio ai criteri esposti nell’art. 207 l.f.
Detta proposta dovrà essere pubblicata mediante inserzione nella gazzetta ufficiale e presso l’ufficio del registro delle imprese. La proposta dovrà essere depositata, inoltre, presso la cancelleria del Tribunale territorialmente competente con il parere del commissario liquidatore e del comitato di sorveglianza. I creditori e altri interessati possono proporre opposizioni entro trenta giorni dalla ricevuta comunicazione o dalle formalità pubblicitarie sopra indicate: sulle opposizioni decide il Tribunale sentito il parere dell’autorità che vigila sulla liquidazione. Il giudizio di omologazione, l’efficacia del decreto e il reclamo sono regolati alla stregua di quanto previsto per il concordato fallimentare agli artt. 129, 130 e 131 l.f.
Al commissario liquidatore, con l’assistenza del comitato di sorveglianza, è demandato il controllo circa l’adempimento del concordato ai sensi dell’art. 214, comma 7, l.f.
Il Tribunale, su ricorso del Commissario Liquidatore o di uno o più creditori, può dichiarare la risoluzione del concordato nel caso non sia eseguito ai sensi dell’art. 215, comma 1, l.f.
Il concordato può essere altresì annullato da Tribunale, a norma dell’art. 138 l.f., su richiesta del Commissario Liquidatore o dei creditori, secondo quanto previsto dall’art. 215, comma 2, l.f.
- La situazione patrimoniale e finanziaria della società
La definizione di un accordo di ristrutturazione, indipendentemente dall’istituto utilizzato, necessita di una adeguata rappresentazione “aziendale” aggiornata.
Più specificamente, la redazione della suddetta situazione patrimoniale e finanziaria dell’azienda agricola deve essere redatta tenendo conto delle specificità dell’attività e del contesto territoriale in cui l’attività è esercitata.
La situazione patrimoniale e finanziaria rappresenta, da un lato, una “fotografia” dello stato dell’azienda in un preciso momento, e dunque dell’eventuale stato di crisi che si intende risanare e, dall’altro lato, indica le risorse poste a disposizione per lo svolgimento dell’attività futura, per il raggiungimento di un equilibrio economico e finanziario a valere nel tempo, mediante la redazione di un piano che identifichi le cause delle criticità, le reazioni e gli obiettivi che si intendono raggiungere, tradotti in budget economico-finanziari che permettano il costante monitoraggio del piano (si veda par. 4).
Per questo motivo, la ricostruzione della posizione patrimoniale e finanziaria costituisce un’azione prodromica essenziale per rendere edotti gli stakeholders in merito alla consistenza patrimoniale dell’azienda ed, eventualmente, sulle problematiche finanziarie che hanno portato allo stato di crisi, nonché in una logica di controllo direzionale e sviluppo del piano, consentire di esprimere un giudizio sulle prospettive di funzionamento.
L’analisi di ricostruzione delle informazioni finanziarie non può prescindere dall’attuale normativa in materia di bilancio, e in particolare a quanto previsto dagli artt. 2423 e ss. c.c. Tale condizione, nonostante non siano previsti né dal legislatore specifici criteri per la rappresentazione e la valutazione dei beni biologici, consente di avere un quadro concettuale di riferimento che – seppur convenzionale, ed in ogni momento adattabile, come avremo modo di rilevare in seguito – risulta consolidato e comprensibile a tutti gli stakeholders coinvolti. Chiaro che le imprese agricole che sono costituite sotto forma di società di capitali non necessitano di modifiche per quanto concerne gli aspetti di presentazione, in quanto già tenute alle previsioni codicistiche.
Discorso diverso per le imprese agricole che si configurano giuridicamente come società di persone, in particolare quando se ne prescelga il tipo, come società semplici, o come imprese individuali comunque non obbligate alla tenuta della contabilità. In tali casi, il professionista necessita di ricostruire una posizione patrimoniale e finanziaria, partendo dalla documentazione contabile ed extra contabile esistente, riconciliando tali saldi con la codificazione prevista, nello specifico, dall’art. 2424, c.c.
Si potrebbe, in questa circostanza, anche verificare che l’impresa agricola abbia tenuto sino all’arrivo del professionista una contabilità essenzialmente articolata sulla competenza monetaria (entrate e uscite), atta ad esprimere in essenza la generazione/assorbimento di cassa avvenuta nel periodo e la consistenza della cassa stessa ad inizio e fine periodo. L’adozione di una siffatta logica finanziaria, desumibile da una contabilità a partita semplice, non riesce a rappresentare, fatta eccezione per le disponibilità liquide, la posizione patrimoniale e finanziaria dell’organizzazione; in tali circostanze, quindi, il professionista è tenuto a dover ricostruire il patrimonio, in base alle indicazioni di cui sopra.
Le imprese agricole costituite sotto forma di società di persone, per le quali non sono previsti obblighi cogenti in materia di presentazione dei dati, necessiteranno – nel caso in cui espongano i propri dati in maniera difforme rispetto a quanto disposto dal codice civile-di adattare il contenuto degli schemi alla citata normativa del codice, operando le eventuali riconciliazioni del caso.
In sostanza, il professionista che opera ai fini della ricostruzione della posizione patrimoniale e finanziaria dovrebbe giungere a uno schema di presentazione dei dati omogeneo, indipendentemente dalla natura giuridica dell’impresa agricola. Ad ogni modo, è utile operare secondo un ragionevole principio di applicazione modulare delle disposizioni in materia di bilancio, tale per cui le organizzazioni dimensionalmente più rilevanti e organizzativamente più complesse si doteranno di un livello di dettaglio naturalmente maggiore, al fine di fornire una rappresentazione veritiera e corretta della propria posizione patrimoniale e finanziaria. Non si deve, infatti perdere di vista la finalità ultima dell’operazione individuabile nella costruzione di una posizione di partenza attendibile per la predisposizione di un piano di risanamento per l’impresa interessata e la costruzione della posizione patrimoniale e finanziaria non può non essere costruita tenendo in considerazione la reale “fisionomia” aziendale dell’impresa.
Per tale motivo, occorre definire uno schema di riferimento che potrà essere, se del caso, rivisitato, non stravolto, nella sua struttura. Di seguito, si propone uno schema di riferimento facilmente – e, laddove necessario, doverosamente-adattabile alla specifica circostanza.
ATTIVO PATRIMONIALE | PASSIVO PATRIMONIALE | |
---|---|---|
Crediti vs soci per versamenti ancora dovuti | PATRIMONIO NETTO | |
IMMOBILIZZAZIONI | FONDO RISCHI E ONERI | |
– Capitale fondiario (terreni e fabbricati, piantagioni) – Capitale strumentale (macchinari, attrezzature, capitale agrario fisso) | TFR | |
DEBITI – Debiti commerciali – Debiti finanziari – Debiti erariali e previdenziali – Debiti verso dipendenti | ||
ATTIVO CIRCOLANTE | ||
– Capitale agrario non fisso (capitale di scorta) – Crediti verso clienti – Crediti per contributi – Altri crediti – Disponibilità liquide | ||
RATEI E RISCONTI | RATEI E RISCONTI |
In base a quanto detto, anche i valori espressi devono essere coerenti con la normativa esistente, ma attendibili e funzionali all’analisi finanziaria prospettica. Di tutta evidenza, che la ricostruzione, anche per quanto detto, potrà risultare più “libera”, nel caso in cui non vi siano norme civilistiche che già richiedono specifici criteri estimativi per la rappresentazione contabile degli elementi patrimoniali.
Laddove si parli, infatti, di società semplici, non vi sono particolari criteri di valutazione. Il professionista tenuto alla ricostruzione della posizione finanziaria-patrimoniale agisce, sulla base anche della propria esperienza professionale, per attribuire i valori che tendano a misurare il valore recuperabile dall’azienda per gli elementi strumentali e i valori di realizzo, se inferiori ai costi storici, per le rimanenze.
Per quanto concerne più specificamente le immobilizzazioni, il paragrafo 5 dell’Olc 9, Svalutazioni per perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali, intende il valore recuperabile come “maggiore tra il suo valore d’uso e il suo fair value, al netto dei costi di vendita”, laddove il fair value è definito come “il prezzo che si percepirebbe per la vendita di un’attività ovvero che si pagherebbe per il trasferimento di una passività in una regolare operazione tra operatori di mercato alla data di valutazione” mentre il valore d’uso è inteso come “il valore attuale dei flussi di cassa attesi da un’attività o da un’unità generatrice di flussi di cassa”. Prescindendo, quindi, dalle spesso complesse operazioni che interessano la determinazione del valore recuperabile, il valore attribuito dovrebbe essere in grado di riflettere il contributo che l’elemento in oggetto può essere in grado di apportare all’attività aziendale per tramite del suo utilizzo. Laddove si tratti di beni immobilizzati, può essere presa in considerazione la possibilità di fare uso dei valori catastali nonché delle più aggiornate quotazioni dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare.
Nel caso in cui si faccia riferimento a società di capitali o società di persone, alle quali si applicano le medesime disposizioni delle società di capitali (art. 2426, c.c.) per la determinazione quantitativa dei valori aziendali in virtù del rinvio di cui all’art. 2217 c.c. (NOTA 49), appare inopportuno considerare valori diversi da quelli già espressi nel bilancio (o, per le società di persone, nell’inventario). Si deve, a questo fine, considerare che il sistema giuscontabile del codice civile è articolato su un principio generale di prudenza che considera in molti casi (ad es., per le immobilizzazioni) il costo storico (se del caso ammortizzato) come il valore più alto assumibile. Tale valore deve, peraltro, essere “controllato” con il già citato valore recuperabile nei casi in cui vi siano sintomi di perdite durevoli di valore.
Nei non frequenti casi in cui il valore del bene sia significativamente più alto del costo, il professionista non effettua specifiche rivalutazioni ai fini del piano anche se potrebbe dover evidenziare separatamente il presunto valore recuperabile dell’immobile. Il maggior valore, infatti, potrebbe, rappresentare un’informazione utile ai fini della redazione del piano, laddove il redattore del piano decida – in funzione del principio di correlazione tra costi e ricavi – di rivedere tale valore al fine di includere ammortamenti proporzionati al valore effettivo dell’elemento strumentale, oppure laddove sia ipotizzata nel corso del piano una dismissione.
Con riferimento alle voci dell’attivo circolante, sembra utile ricordare che il codice civile indica che le rimanenze devono essere iscritte al loro valore di costo o, se inferiore, al valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato (art. 2426, comma 1, n. 9, c.c.).
In questa prospettiva, si deve ricordare che le rimanenze che hanno ancora completato il proprio processo produttivo sono determinate alla data di riferimento del bilancio in base al loro valore di realizzo indiretto.
A tale fine, il paragrafo 51 dell’OlC 13, Rimanenze, dispone che “[i]l valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato delle materie prime e sussidiarie, delle merci, dei prodotti finiti, semilavorati e prodotti in corso di lavorazione è pari alla stima del prezzo di vendita delle merci e dei prodotti finiti nel corso della normale gestione, avuto riguardo alle informazioni desumibili dal mercato, al netto dei presunti costi di completamento e dei costi diretti di vendita (quali, ad esempio, provvigioni, trasporto, imballaggio). Ai fini della determinazione del valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, occorrerà tenere conto, tra l’altro, del tasso di obsolescenza e dei tempi di rigiro del magazzino” e, ancora, il successivo paragrafo 53 prevede che “[l]e materie prime e sussidiarie che partecipano alla fabbricazione di prodotti finiti non sono oggetto di svalutazione se ci si attende che i prodotti finiti nei quali saranno incorporate possono essere oggetto di realizzazione per un valore pari o superiori al costo di produzione del prodotto finito. Tuttavia, quando una diminuzione nel prezzo delle materie prime e sussidiarie indica che il costo dei prodotti finiti eccede il valore netto di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato dei prodotti finiti, le materie prime e sussidiarie sono svalutate fino al valore netto di realizzazione. In tali circostanze, il prezzo di mercato delle materie prime e sussidiarie può rappresentare la migliore stima disponibile del loro valore netto di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato”.
Nel momento in cui il processo agricolo completa il proprio percorso ed i beni agricoli sono pronti per essere dismessi, gli elementi possono essere valutati in base al loro valore netto di realizzo diretto (NOTA 50) .
Le voci del passivo non sembrano necessitare di specificità particolari, dovendo evidenziare, in termini generali, la dimensione quantitativa delle obbligazioni mantenute nei confronti dei Terzi.
La predisposizione della situazione deve essere accompagnata da una descrizione delle principali assunzioni poste alla base delle misurazioni effettuate, nonché da una sintetica illustrazione qualitativa e quantitativa del contenuto, indicando le informazioni rilevanti ai fini della lettura dei dati, anche nella logica di redazione del piano.
La ricostruzione della posizione patrimoniale finanziaria deve essere fornita con riferimento ad una situazione aggiornata, al fine di poter fornire un’adeguata “spalla” per la redazione del piano. Si intende aggiornata una situazione patrimoniale e finanziaria riferita a una data quanto più ravvicinata possibile a quella di riferimento. Nel caso in cui la situazione patrimoniale e finanziaria su cui si basa il piano non sia aggiornata, il redattore del piano effettua, se significative ai fini della determinazione dei flussi prospettici, le apposite correzioni ed integrazioni.
3.1. L’asseverazione della situazione patrimoniale
La chiarezza, la veridicità e la correttezza dei dati riportati nella situazione patrimoniale dovrà essere asseverata da un professionista iscritto nell’Albo dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili e nel registro dei revisori legali. La credibilità dei dati risulta maggiormente credibile per gli stakeholders, soprattutto per le banche, se verrà “certificata” da un professionista tenuto per legge all’aggiornamento continuo su tali materie.
È doveroso mettere in evidenza, inoltre, che all’iscritto all’Albo dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili è riconosciuta ex lege competenza specifica nella “verificazione e ogni altra indagine in merito alla attendibilità di bilanci, di conti, di scritture e di ogni altro documento contabile delle imprese, degli enti pubblici e privati” (art. 1, comma 2, lett. d), d.lgs. n. 139/2005). Considerata la specificità della funzione svolta dal revisore legale rispetto ai bilanci di maggiori dimensioni, la allegazione di tale asseverazione tra la documentazione da esibire per ottenere il finanziamento potrà rappresentare una ulteriore condizione di ammissibilità della pratica.
Appare preferibile che la posizione patrimoniale e finanziaria sia asseverata dal medesimo professionista che ha effettuato la ricostruzione.
Nello specifico, l’incarico è funzionale a garantire i terzi in merito all’attendibilità dei dati. Questo rappresenta, secondo anche quanto previsto dal Principio internazionale sugli incarichi di assurance (ISAE) n. 3000 (Revised), Incarichi di assurance diversi dalle revisioni contabili complete o dalle revisioni contabili limitate dell’informativa finanziaria storica, “[u]n incarico di assurance nel quale il professionista misura o valuta l’oggetto sottostante rispetto ai criteri applicabili e presenta le informazioni risultanti sull’oggetto all’interno della relazione di assurance, o allegandole alla stessa. In un incarico diretto, la conclusione del professionista indica il risultato ottenuto dalla misurazione o dalla valutazione dell’oggetto sottostante rispetto ai criteri”.
L’incarico può essere espletato con la finalità di fornire un’attestazione di assurance ragionevole o di assurance limitata.
L’incarico di assurance ragionevole è volto a ridurre il rischio dell’incarico (NOTA 51) ad un livello accettabilmente basso e la conseguente conclusione è espressa in una forma che comunica in positivo il proprio giudizio sul risultato dell’attività svolta.
L’incarico di assurance limitata assume un rischio maggiore rispetto all’incarico di assurance ragionevole, ma ad ogni modo accettabile per comunicare nella propria conclusione se, in base alle procedure effettuate e alle evidenze acquisite, non sono pervenuti elementi che portano a ritenere che le informazioni siano significativamente errate.
Per quanto concerne l’attestazione fornita dal professionista si può ritenere sufficiente una assurance limitata, anche se spetta al professionista definire, in base alla propria alla propria prospettiva e all’attività svolta, qualificare il proprio giudizio in funzione del livello di rischio.
- Il business pian dell’imprenditore agricolo
Il business pian, o piano di impresa, è il documento di pianificazione che presenta l’iniziativa imprenditoriale da intraprendere.
Il business pian costituisce un elemento indispensabile per tutti i soggetti pubblici e privati che ricevendo richieste di credito, in campo ordinario e agevolato, hanno bisogno di valutare correttamente se il credito richiesto, concorrerà a produrre la ricchezza necessaria per l’estinzione del debito.
In linea generale, il business pian, il quale dovrà necessariamente tenere in considerazione le specificità degli elementi caratterizzanti l’attività agricola, può articolarsi in:
– presentazione del progetto di impresa, con indicazione della natura, delle caratteristiche essenziali del progetto di impresa e degli obiettivi e della tempistica presa in considerazione (3/5 anni);
– descrizione dell’azienda e della sua storia; analisi dei mercati di riferimento dell’iniziativa; diagnosi della crisi;
– formulazione del piano di investimenti previsti e dei relativi costi; formulazione di un piano economico-finanziario dell’impresa agricola; volume delle vendite dei prodotti e servizi accessori;
– valutazione sulla fattibilità complessiva del progetto anche sulla base dei risultati riportati nella situazione patrimoniale e attestati dal professionista indipendente.
Come individuato nelle Linee guida del CNDCEC sarebbe auspicabile che, al fine di avere una rappresentazione veritiera della realtà aziendale a cui si riferisce, la redazione del business pian sia ispirata ai seguenti principi:
– sistematicità;
– chiarezza;
– affidabilità;
– attendibilità;
– raggiungimento di un equilibrio a valere nel tempo (NOTA 52).
Sistematicità. Il programma deve descrivere la situazione attuale ricostruita e quella obiettivo, considerando l’azienda nel suo complesso (completezza) e nelle principali aree di attività.
Chiarezza. Il principio della chiarezza va inteso come semplicità di lettura e comprensibilità. Il rispetto del principio di chiarezza consente al destinatario del programma di comprenderne gli obiettivi, i contenuti, le iniziative, gli strumenti e le risorse con cui si intende realizzarlo. In sintesi, il principio della chiarezza implica che il programma debba possedere un livello di dettaglio informativo relazionato alla sua esecuzione e all’esigenza degli stakeholder di riferimento, e ciò con riguardo ai contenuti quanto ai suoi riferimenti temporali, nonché presentare una terminologia univoca e non ambigua.
Affidabilità. L’affidabilità del programma segue all’affidabilità delle assunzioni e dei procedimenti attraverso i quali avviene la formulazione delle proiezioni e la derivazione delle conclusioni che contiene. Ciò implica che deve essere affidabile anche il metodo utilizzato sia per la raccolta dei dati sia per la loro successiva elaborazione. Al fine di ritenere una procedura complessiva affidabile, si ritiene che la raccolta dei dati sia documentata, la loro elaborazione sia sistematica e che l’analisi dei medesimi sia controllabile. In altri termini, dati e informazioni devono essere riportati e descritti in modo da rendere possibile l’identificazione della fonte, per consentire una verifica della loro affidabilità. Dunque, il programma dovrà indicare le modalità di costruzione di eventuali modelli per la formulazione di proiezioni, illustrare le ipotesi e le assunzioni sottostanti allo sviluppo delle proiezioni e rappresentare le fonti da cui i dati alla base delle proiezioni sono stati raccolti.
Attendibilità. Il programma deve essere, nonostante articolato su un insieme di assunzioni ipotetiche, razionale e ragionevole. La razionalità consta anche della fattibilità del percorso di sviluppo proposto e della connessione causa-effetto delle operazioni riportate, nonché della logica correlazione e coerenza con i valori espressi. La ragionevolezza attiene anche alla determinazione quantitativa dei valori, alla luce dell’analisi aziendale effettuata.
L’attendibilità implica la rappresentazione dei risultati più probabili. I risultati esposti non espongono, quindi, performance “medie”, né tantomeno “prudenti”, nel senso di stime medie riviste al ribasso, poiché l’incertezza è uno degli elementi connaturati allo sviluppo di valori probabilistici e la cautela valutativa un principio insito nell’espressione stessa delle stime. Il fattore dell’incertezza può essere, poi, naturalmente espresso nei flussi o nei tassi di sconto applicati.
Raggiungimento di un equilibrio a valere nel tempo. Il Piano deve evidenziare la possibilità di raggiungimento di un equilibrio finanziario, economico e patrimoniale sostenibile. Il piano deve evidenziare che a regime vi sia la capacità di conseguire flussi di cassa operativi, al netto di quanto occorrente per permettere gli investimenti di mantenimento e per l’assolvimento delle imposte sul reddito, atti ad assicurare il servizio del debito.
4.1. Il piano di risanamento
Per la redazione del piano di risanamento dell’impresa agricola sovraindebitata un utile modello di riferimento è rappresentato dal documento del CNDCEC “Principi per la redazione dei piani di risanamento”, principi che nella loro valenza generale andranno adattati alla realtà di riferimento.
Come accennato, il piano di risanamento può essere presentato in occasione dell’accesso alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento di cui alla legge n. 3/2012, ovvero formulato in un contesto avulso dalla procedura e finalizzato a sistemare anche una singola esposizione debitoria.
In ogni caso, il piano di risanamento che l’impresa agricola, in molti casi coadiuvata da un proprio consulente di fiducia, dovrà presentare all’OCC dovrà ispirarsi ai principi di tempestività, sistematicità, coerenza e attendibilità, nel senso che dovrà contenere quantomeno:
– l’illustrazione delle fonti utilizzate, la loro attendibilità e le eventuali carenze o criticità riscontrate nei dati, nonché i rischi potenziali che questi elementi rappresentano per l’attuazione del piano;
– la descrizione dell’azienda agricola e delle attività svolte;
– l’analisi delle strategie applicate e in atto;
– la presentazione dei dati economici – finanziari per come sopra detto;
– la diagnosi sullo stato e sulle cause di sovraindebitamento;
– l’individuazione della strategia di risanamento, in termini di produzione e di organizzazione con individuazione del piano degli investimenti futuri;
– la manovra finanziaria;
– l’action pian, vale dire il piano delle azioni da porre in essere per raggiungere gli obiettivi del piano in termini di implementazione della strategia impiegata;
– le indicazioni circa il monitoraggio del piano e la fase di sua esecuzione;
– le indicazioni circa la procedura di composizione, quando correlata al piano.
- Conclusioni. Alcune proposte de jure condendo
Con l’obiettivo di individuare un percorso che possa facilitare il finanziamento dell’impresa agricola garantendone il risanamento e il riequilibrio della situazione finanziaria, e dunque con lo scopo di favorirne la “continuità”, le Linee guida illustrate nel documento possono rappresentare un vademecum per intraprendere una leale e fattiva collaborazione con i creditori rilevanti e, se del caso, la riuscita delle soluzioni individuate nei piani predisposti nell’ambito della procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento ex lege n. 3/2012.
Tuttavia, nella prospettiva di una migliore fruizione degli istituti disciplinati nella legge n. 3/2012, si è dell’avviso che alcune integrazioni della normativa dovrebbero essere ulteriormente effettuate ancor prima dell’entrata in vigore del Codice della crisi (NOTA 53).
A titolo d’esempio, l’attuale impianto della legge n. 3/2012 presenta una evidente lacuna in quanto il debitore che propone un accordo di ristrutturazione ai sensi dell’art. 7 della medesima legge deve attendere il decreto del Tribunale di apertura della procedura per ottenere il blocco di tutte le azioni esecutive e cautelari (c.d. automastic stay).
Può quindi accadere, ed è accaduto, che il debitore nel lasso di tempo che intercorre tra la presentazione della proposta, la redazione del piano ed il decreto del Tribunale venga aggredito dai creditori attraverso azioni esecutive; in questo caso è evidente che non si ottiene il risultato finale voluto dalla normativa, vale a dire il risanamento dell’azienda e il soddisfacimento, almeno in parte, dei creditori.
Sarebbe quindi auspicabile de iure condendo una modifica della legge n. 3/2012 allo scopo di anticipare lo scudo protettivo previsto dall’art. 10 della medesima legge sin dal momento della presentazione della domanda presso il Tribunale. In tal modo, le trattative verrebbero facilitate e si consentirebbe al debitore di fruire del c.d. ombrello protettivo verso le pretese dei creditori in un momento anteriore alla predisposizione di proposta e piano. Pur trattandosi delle c.d. procedure maggiori, lo schema di riferimento, potrebbe essere quello disciplinato nell’art. 161, comma 6, l.f., in ordine alla domanda prenotativa di concordato, a cui si ispira, peraltro, l’art. 44 del Codice della crisi (NOTA 54).
Nella accennata prospettiva di integrazione della vigente legge fallimentare con quanto è disciplinato nel Codice della crisi, un altro istituto potrebbe essere “importato” nella normativa vigente in estensione all’imprenditore agricolo. Ci riferiamo all’accordo in esecuzione di piano attestato di risanamento che l’art. 56 del Codice della crisi disciplina tra gli strumenti negoziali stragiudiziali praticabili dagli imprenditori in stato di crisi o di insolvenza. Tale ultima integrazione – realizzabile per mezzo di una semplice modifica dell’art. 67, comma terzo, lett. d) l.f. che preveda l’applicazione della disposizione anche all’impresa agricola – infatti, contribuirebbe a realizzare soluzioni stragiudiziali delle crisi, semplificate e di rapida attuazione, anche al di fuori dei vigenti schemi procedurali.
—
Note:
(1) Cfr. Istat, Dati sulle imprese agricole per l’anno 2018, elaborati e tratti dal Registro Asia Agricoltura, reperibili al seguente link: Le imprese agricole in Italia nel Registro Asia (istat.it).
(2) Al riguardo, si segnalano alcune delle misure a valenza temporanea introdotte a sostegno delle imprese appartenenti alle filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura dal d.l. 28 ottobre 2020 n. 137, (c.d. decreto “Ristori”), convertito con modificazioni nella legge 18 dicembre 2020 n. 176 e relative alla previsione di contributi a fondo perduto riconosciuti in via straordinaria e urgente, nel limite complessivo di 100 milioni di euro per l’anno 2020, a favore delle imprese operanti nei predetti settori. Nell’ottica di assicurare la tutela produttiva e occupazionale delle medesime filiere e, più in generale, di contenere gli effetti negativi del perdurare dell’epidemia da Covid-19, gli artt. 16 e 16-bis del richiamato decreto “Ristori” hanno altresì riconosciuto alle aziende appartenenti alle filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per le mensilità di novembre e dicembre 2020. Con riferimento a tale ultimo aspetto, si evidenzia che secondo i dati forniti da Enpaia e aggiornati alla data del 30 novembre 2020, i datori di lavoro che hanno beneficiato della sospensione contributiva sono 2845 e che la maggior parte appartiene ai seguenti settori di attività:
– coltivazioni agricole, orticoltura, floricolutra;
– allevamento di animali;
– coltivazioni agricole associate all’allevamento di animali:
– attività mista; trasformazione di prodotti;
– attività di servizi connessi all’agricoltura e ala zootecnica, esclusi i servizi veterinari;
– creazione e manutenzione di giardini, aiuole e spazi verdi.
Si segnala, inoltre, che l’art. 16-ter del decreto “Ristori”, al fine di far fronte alla crisi di mercato dei prodotti ortofrutticoli di quarta gamma, e di quelli della cosiddetta prima gamma evoluta, ossia freschi, confezionati, non lavati e pronti per il consumo, conseguente alla diffusione dell’epidemia da Covid-19, ha concesso alle organizzazioni dei produttori ortofrutticoli riconosciute ed alle loro associazioni un contributo per far fronte alla riduzione del valore della produzione commercializzata verificatasi nel periodo di vigenza dello stato di emergenza rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente.
(3) Secondo i dati forniti da Enpaia e aggiornati alla data del 30 novembre 2020, sono 435 le imprese iscritte con il legale rappresentante di età inferiore a 35 anni.
(4) II documento dell’EBA, Guidelines on loan origination and monitoring, è stato elaborato ai sensi dell’articolo 16 del regolamento (UE) n. 1093/2010 in risposta al piano d’azione del Consiglio europeo per contrastare l’elevato livello di crediti deteriorati. Il Consiglio europeo, nel suo piano d’azione del luglio 2017, ha invitato l’EBA a “emanare orientamenti dettagliati sulla creazione, il monitoraggio e la governance interna dei prestiti delle banche che potrebbero in particolare affrontare questioni quali la trasparenza e la valutazione dell’accessibilità del mutuatario”. Gli orientamenti dell’EBA specificano i dispositivi, i processi e i meccanismi di governance interna, come stabilito all’articolo 74, paragrafo 1, della Direttiva 2013/36/UE, i requisiti in materia di rischio di credito e di controparte, come stabilito all’articolo 79 di tale Direttiva, e i requisiti in relazione alla valutazione del merito creditizio del consumatore, come previsto dal capo 6 della Direttiva 2014/17/UE e dall’articolo 8 della direttiva 2008/48/CE. Le Linee guida troveranno applicazione dal 30 giugno 2021. Tuttavia, gli enti creditizi beneficeranno di una serie di disposizioni transitorie: i) l’applicazione degli orientamenti ai prestiti e anticipazioni già esistenti che richiedono la rinegoziazione o modifiche contrattuali con i mutuatari si applicherà dal 30 giugno 2022; ii) gli enti potranno colmare eventuali lacune nei dati e adeguare i propri quadri di monitoraggio e infrastruttura fino al 30 giugno 2024. L’EBA ha posto in evidenza la necessità di tener conto dell’attuale momento storico contrassegnato dalla pandemia di Covid-19. La questione è particolarmente delicata, atteso che, dal 1° gennaio 2021, è entrata in vigore la nuova definizione di default prevista dal regolamento europeo relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento (articolo 178 del regolamento UE n. 575/2013) tanto per le banche significative, che potevano decidere di adottarle già dal 1° luglio 2019, che per le non significative.
In base a tali regole, le banche saranno tenute a classificare l’esposizione dell’impresa in default in caso di un arretrato di pagamento, per oltre 90 giorni, su importi di ammontare superiore a 500 euro (complessivamente riferiti a uno o più finanziamenti) e che rappresentino più dell’1% del totale delle esposizioni dell’impresa verso la banca.
Per le piccole e medie imprese esposte nei confronti della banca per finanziamenti inferiori a 1 milione di euro, l’importo dei 500 euro è ridotto a 100 euro.
Va inoltre sottolineato che il default di un’esposizione debitoria dell’impresa comporterà l’automatico default di tutte le esposizioni della stessa impresa nei confronti della banca e di tutto il gruppo bancario. E potrà estendersi anche a tutte le imprese a essa collegata anche nell’ambito di catene di fornitura.
Tali regole potranno determinare un incremento della probabilità di default delle esposizioni delle imprese e pertanto renderanno necessaria una maggiore attenzione da parte delle imprese nella gestione puntuale delle proprie scadenze di pagamento nei confronti della banca, anche per piccolissimi importi, al fine di non essere classificate in default.
Le possibili ricadute negative che l’applicazione della normativa in questione potrebbe produrre sul contesto economico hanno indotto l’ABI e le associazioni di categoria maggiormente rappresentative a richiedere alle istituzioni europee di intervenire urgentemente, se del caso anche concedendo un rinvio, sulla normativa che, pensata in un contesto diverso da quello attuale e caratterizzata da un eccesso di automatismi, rischia di compromettere irrimediabilmente le prospettive di recupero dell’economia italiana ed europea.
(5) Occorre mettere nella dovuta evidenza che le previsioni di cui all’art. 13, comma 4-bis, della legge n. 3/2012, non sono state replicate nel Codice della crisi, nel quale non si rinviene più nemmeno la previsione, contenuta nell’art. 12, comma 5, della legge n. 3/2012, che, in caso di sentenza dichiarativa di fallimento, sancisce la prededucibilità dei finanziamenti effettuati in esecuzione o in funzione dell’accordo omologato.
(6) I dati forniti da Enpaia e aggiornati alla data del 30 novembre 2020 in relazione ai lavoratori iscritti alla cassa di previdenza, informano che i dipendenti del settore agricolo sono 38.822 e che la maggior parte di essi svolge la propria prestazione lavorativa nelle società cooperative, nelle società a responsabilità limitata e nelle società dì persone.
(7) L’ambito soggettivo della disciplina di cui agli artt. 182-bis e 182-ter l.f.è stato ampliato dall’art. 23, d.l. 6 luglio 2011, n. 98 recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria e convertito, con modifiche, nella legge 15 luglio 2011, n. 111.
(8) Cfr. art. 8, comma 3-bis, legge n. 3/2012.
(9) Si tratta delle disposizioni a valenza temporanea recate dall’art. 9 del d.l. 8 aprile 2020 n. 23, convertito con modificazioni nella legge 5 giugno 2020, n. 40, finalizzate a salvaguardare l’esecuzione dei concordati, degli accordi di ristrutturazione, degli accordi dì composizione della crisi da sovraindebitamento e dei piani del consumatore già omologati durante la prima fase della situazione di emergenza sanitaria.
(10) Per quanto concerne i principi di redazione e i contenuti dell’attestazione, si rinvia a CNDCEC, Principi di attestazione dei piani di risanamento, approvati il 16 dicembre 2020 e pubblicati il 7 gennaio 2021.
(11) II pagamento dei creditori estranei deve avvenire entro 120 giorni dall’omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data, entro 120 giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell’omologazione.
(12) II riferimento è alla stessa documentazione richiesta a corredo della domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, ossia: una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica, e finanziaria dell’impresa; uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con l’individuazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione; l’elenco dei titolari dei diritti reali o personali sui beni di proprietà o in possesso del debitore; il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili; un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta.
(13) Al riguardo, ferma restando la necessità di un puntuale intervento normativo, si ritiene fondamentale che il principio relativo agli effetti protettivi del patrimonio del debitore venga esteso ai beni dei soci delle società semplici. Si ricorda, infatti, che i beni immobili sono sovente di proprietà dei soci, ed è di palese evidenza che l’accordo eventualmente redatto per la società, con le relative procedure ed effetti, rischia di non essere efficace nei confronti dei soci, che potrebbero invece essere aggrediti sul piano esecutivo in quanto proprietari dei beni (spesso gravati da ipoteche).
(14) Ci si riferisce, in particolare, alle modifiche apportate dall’art. 48, comma 2, del d.l. 31 maggio 2010 n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e dì competitività economica, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010 n. 122 e, successivamente, a quelle intervenute ad opera della legge 7 agosto 2012, n. 134.
(15) II comma 81 della legge di Bilancio 2017 (legge n. 232/2016) ha modificato l’istituto della transazione con riferimento al pagamento dei debiti aventi ad oggetto l’IVA e le ritenute operate e non versate, con ciò conformandosi ai principi espressi dalla Corte di Giustizia europea con la sentenza 7 aprile 2016, causa C-546/14, in tema di falcidia di IVA e ritenute. Al riguardo, non può sottacersi che la precedente versione dell’art. 182-ter L.F. ammetteva unicamente la dilazione del pagamento dell’IVA e delle ritenute, escludendo la possibilità di un pagamento parziale dì tali tributi.
(16) L’art. 182-ter, l.f, con riferimento al grado di soddisfazione dei crediti, prevede un trattamento differenziato a seconda della natura degli stessi: se il credito tributario o contributivo è assistito da privilegio, la percentuale di soddisfazione, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore, oppure che vantano una posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle agenzie e degli enti gestori; se il credito tributario o contributivo ha natura chirografaria, il trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografi ovvero, nel caso di suddivisioni in classi, dei creditori rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole.
(17) A seguito dell’entrata in vigore della legge di Bilancio 2017 (legge n. 232/2016), il piano deve prevedere la soddisfazione dei tributi e dei contributi (e rispettivi accessori) in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso dì liquidazione, avuto riguardo al valore dì mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa dì prelazione. Tale valore deve essere quantificato nella relazione dì un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, comma 3, lett. d), l.f.
(18) La possibilità per l’impresa in crisi di ricorrere alla transazione fiscale nell’ambito degli accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis l.f. è stata introdotta dall’art. 16, comma 5, d.lgs. 12 settembre 2007 n. 169 (in vigore dal 1° gennaio 2008).
(19) Con riferimento ai contenuti della attestazione resa del professionista indipendente, si rinvia a CNDCEC, Principi di attestazione dei piani di risanamento, cit.
(20) La platea dei destinatari della norma è ampia ed eterogenea, ancor più in considerazione del fatto che i soggetti che possono accedere alle procedure di cui alla legge n. 3/2012 sono individuati in senso negativo, ossia escludendo coloro che sono assoggettabili a procedure concorsuali diverse da quelle disciplinate dalla stessa legge. Fanno eccezione ì consumatori, individuati positivamente, cui la legge dedica una apposita procedura, le start up e l’impresa agricola, espressamente annoverata tra i beneficiari dei procedimenti di composizione della crisi (cfr. art. 7, comma 2-bis, legge n. 3/2012).
(21) il piano deve: assicurare il regolare pagamento dei titolari di crediti impignorabili, prevedere le scadenze e le modalità di pagamento, anche se suddivisi in classi, indicare le eventuali garanzie rilasciate per l’adempimento dei debiti e le modalità per la eventuale liquidazione dei beni; può inoltre prevedere la soddisfazione non integrale dei crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca, purché ne sìa assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile sul ricavato in fase dì liquidazione, come attestato dagli OCC. Con riferimento ai debiti di natura tributaria e, più precisamente, ai tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea, all’IVA e alle ritenute operate e non versate, si ricorda che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 245 del 29 novembre 2019, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 7, comma 1, terzo periodo, della legge n. 3/2012 nella parte in cui ne prevedeva esclusivamente la dilazione del pagamento, ammettendo, conseguentemente la possibilità dì prospettare nell’accordo di composizione della crisi anche il pagamento parziale dell’IVA. Per completezza espositiva si segnala, altresì, che il piano di cui all’art. 7 legge n. 3/2012 può anche prevedere l’affidamento del patrimonio del debitore ad un liquidatore, nominato dal giudice, in possesso dei requisiti dì cui all’art. 28, l.f.
(22) Si segnala che, a seguito delle integrazioni della legge n. 3/2012 apportate dal d.l. 28 ottobre 2020 n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, per consumatore si intende la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socio illimitatamente responsabile per i debiti estranei a quelli sociali.
(23) Trattasi del regolamento recante i requisiti di iscrizione nel registro degli organismi di composizione della crisi, ai sensi dell’art. 15, comma 9, legge n. 3/2012 e successive modificazioni.
(24) Cfr. artt. 7, comma 1; 13, comma 2; 15, comma 5, della legge n. 3/2012.
(25) Più precisamente, si tratta di modifiche che, di fatto, rendono applicabili, in via anticipata, la gran parte delle previsioni recate nel d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, c.d. Codice della crisi, in relazione alle nuove procedure dì ristrutturazione dei debiti del consumatore, concordato minore e liquidazione controllata del sovraindebitato.
(26) Cfr. artt. 7, comma 2-ter e 14-ter, comma 1-bis, della legge n. 3/2012.
(27) L’omologazione, ai sensi dell’art. 12, comma 3-bis della legge n. 3/2012, deve intervenire nel termine di sei mesi dalla presentazione della proposta.
(28) Ai fini del raggiungimento della maggioranza non sono computati né i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, a meno che gli stessi non rinuncino in tutto o in parte al diritto di prelazione, né il coniuge del debitore, ì suoi parenti e affini entro il quarto grado, i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno dì un anno prima della proposta.
(29) Si tratta della previsione contenuta nell’art. 8, comma 1-quater, della legge n. 3/2012 come modificata dal recente d.l. 137/2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 176/2020, con cui si è evitato che il debitore, al fine di adempiere il debito per la restituzione del mutuo, sia costretto a contrarre un nuovo debito, anche a condizioni deteriori (stante il peggioramento del merito creditizio), effettuando la sottrazione di tale debito alle regole del concorso.
(30) Cfr. art. 9, comma 3-bis.2 della legge n. 3/2012. La relazione particolareggiata dell’OCC, come prevede lo stesso art. 9, comma 3-bis.l, deve comprendere: a) l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni; b) l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte; c) l’indicazione dell’eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori; d) la valutazione sulla completezza e sull’attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda, nonché sulla convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria; e) l’indicazione presumibile dei costi della procedura; f) la percentuale, le modalità e ì tempi dì soddisfacimento dei creditori; g) l’indicazione dei criteri adottati nella formazione delle classi, ove previste dalla proposta.
(31) Si tratta della modifica apportata dall’art. 4-ter del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176.
(32) Cfr. artt. 7, 8 e 9 della legge n. 3/2012, come modificati dal d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176.
(33) Ai sensi dell’art. 10, comma 2, lett. c), legge n. 3/2012 la sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili.
(34) Cfr. art 12, comma 3-quater della legge n. 3/2012.
(35) Si tratta delle previsioni contenute nell’art. 4-ter, commi 3 e 4 del d.l n. 28 ottobre 2020, n. 137 convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, applicabili alle procedure pendenti alla data di entrata in vigore della cennata legge di conversione (25 dicembre 2020).
(36) La conversione in liquidazione può essere disposta anche in caso dì cessazione degli effetti dell’omologazione del piano del consumatore di cui all’art. 14-bis, comma 2, lett. a), della legge n. 3/2012.
(37) Per la disciplina dell’impugnazione e della risoluzione dell’accordo, sì rimanda all’art. 14 della legge n. 3/2012.
(38) Si tratta della documentazione di cui all’art. 9, commi 2 e 3, della legge n. 3/2012.
(39) Ai sensi dell’art. 14-ter, comma 3, della legge n. 3/2012, la relazione particolareggiata dell’OCC deve contenere anche il resoconto sulla solvibilità del debitore persona fisica negli ultimi cinque anni, l’indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori e il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda.
(40) La nomina sì rende necessaria laddove, il liquidatore non sia già stato nominato, su proposta dell’OCC durante la fase di esecuzione dell’accordo, ai sensi dell’art. 13, comma 1 della legge n. 3/2012.
(41) Per gli altri effetti riconducibili all’emissione del decreto di apertura della liquidazione si veda l’art. 14-quinquies della legge n. 3/2012.
(42) Cfr. art. 14-septies della legge n. 3/2012.
(43) Se il liquidatore ritiene fondate le osservazioni, predispone un nuovo progetto di stato passivo; in presenza di contestazioni non superabili, invece, è tenuto a rimettere gli atti al giudice che lo ha nominato, il quale provvederà alla definitiva formazione del passivo.
(44) I crediti sorti in occasione o in funzione della liquidazione sono soddisfatti con precedenza rispetto agli altri, fatta eccezione per il ricavato della liquidazione dei beni oggetto di pegno o ipoteca, per la parte destinata ai creditori garantiti; i beni e i crediti sopravvenuti nei quattro anni successivi al deposito della domanda di liquidazione, invece, costituiscono oggetto della stessa ed è onere del debitore integrare l’inventario dei beni da liquidare.
(45) La procedura, per espressa previsione dell’art. 14-nonies, comma 5, legge n. 3/2012, ha una durata minima di quattro anni.
(46) Occorre segnalare l’evidente inversione di rotta effettuata per tramite dell’art. 282 del d.lgs 12 gennaio 2019, n. 14, c.d. Codice della crisi, ove per le procedure di liquidazione controllata, seppur con le opportune precisazioni contenute nei commi 2 e 3 della disposizione, l’esdebitazione opera di diritto a seguito del provvedimento di chiusura o anteriormente decorsi tre anni dalla sua apertura e viene dichiarata dal Tribunale con decreto iscritto nel registro delle imprese su richiesta del cancelliere.
(47) Si rammenta, a tal proposito, che alle società cooperative si applicano le previsioni di cui agli artt. 2518 e 2519 c.c. Affinché venga riconosciuta come cooperativa, la società deve ottenere riscrizione all’albo delle cooperative, istituito con il decreto del Ministero delle attività produttive del 23 giugno 2004, presso il MISE (Ministero dello Sviluppo Economico). L’iscrizione determina anche la possibilità di applicare le agevolazioni fiscali quando previsto. Nelle cooperative agricole, il numero dei soci non può essere inferire a 9 e ai sensi dell’art. 2522, secondo comma, c.c., possono essere soci della società cooperativa anche società semplici.
(48) Le società cooperative, diverse da quelle agricole, che esercitano attività commerciale sono soggette anche al fallimento. In tal caso, per quanto attiene ai procedimenti, trova applicazione il c.d. principio di prevenzione enunciato nel secondo comma dell’art. 2545-terdecies c.c.
Con riferimento alle cooperative agricole si segnala che, in alternativa alla l.c.a., decisioni isolate ne hanno consentito l’ammissione agli istituti disciplinati nella legge n. 3/2012 (Trib. Lucca, 14 novembre 2016). Al riguardo, si pone nella dovuta evidenza che le disposizioni contenute nel Codice della crisi di impresa chiariscono che l’assoggettabilità di una impresa alla l.c.a., come nel caso delle cooperative, escluda la possibilità di accedere alla procedura di sovraindebitamento (fermo restando ovviamente l’assoggettamento alle procedure di allerta, al concordato e agli altri strumenti di regolazione della crisi alternativi alla liquidazione).
Con riferimento alle cooperative agricole si segnala che, in alternativa alla l.c.a., decisioni isolate ne hanno consentito l’ammissione agli istituti disciplinati nella legge n. 3/2012 (Trib. Lucca, 14 novembre 2016). Al riguardo, si pone nella dovuta evidenza che le disposizioni contenute nel Codice della crisi di impresa chiariscono che l’assoggettabilità di una impresa alla l.c.a., come nel caso delle cooperative, escluda la possibilità di accedere alla procedura di sovraindebitamento (fermo restando ovviamente l’assoggettamento alle procedure di allerta, al concordato e agli altri strumenti di regolazione della crisi alternativi alla liquidazione).
(49) L’art. 2217, c.c. dispone che: “L’inventario deve redigersi all’inizio dell’esercizio dell’impresa e successivamente ogni anno, e deve contenere l’indicazione e la valutazione delle attività e delle passività relative all’impresa, nonché delle attività e delle passività dell’imprenditore estranee alla medesima.
L’inventario si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite, il quale deve dimostrare con evidenza e verità gli utili conseguiti o le perdite subite. Nelle valutazioni di bilancio l’imprenditore deve attenersi ai criteri stabiliti per i bilanci delle società per azioni, in quanto applicabili.
L’inventario deve essere sottoscritto dall’imprenditore entro tre mesi dal termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi ai fini delle imposte dirette”.
(50) L’art. 2217, c.c. dispone che: “L’inventario deve redigersi all’inizio dell’esercizio dell’impresa e successivamente ogni anno, e deve contenere l’indicazione e la valutazione delle attività e delle passività relative all’impresa, nonché delle attività e delle passività dell’imprenditore estranee alla medesima.
L’inventario si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite, il quale deve dimostrare con evidenza e verità gli utili conseguiti o le perdite subite. Nelle valutazioni di bilancio l’imprenditore deve attenersi ai criteri stabiliti per i bilanci delle società per azioni, in quanto applicabili.
L’inventario deve essere sottoscritto dall’imprenditore entro tre mesi dal termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi ai fini delle imposte dirette”.
(51) II rischio dell’incarico è definito come “[i]l rischio che il professionista esprima una conclusione inappropriata nel caso in cui le informazioni sull’oggetto siano significativamente errate”. Si veda: IAASB, Principio internazionale sugli incarichi di assurance (ISAE) n. 3000 (Revised) incarichi di assurance diversi dalle revisioni contabili complete o dalle revisioni contabili limitate dell’informativa finanziaria storica, par. 12, lett. f).
(52) Cfr. CNDCEC, Principi per la redazione dei piani di risanamento, 2017, p. 10 e ss., Linee guida alla redazione del business pian, 2011
(53) L’entrata in vigore del d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 è prevista per il 1° settembre 2021
(54) Sul punto può risultare utile richiamare i principi contenuti nell’art. 168 l.f. per cui “dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore”.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CONSIGLIO NAZIONALE DOTT COMM E ESP CON - Comunicato 04 novembre 2021 - Crisi di impresa e risanamento aziendale: il ruolo dell’organo di controllo - Pubblicato un documento della Fondazione Nazionale dei Commercialisti sulle misure urgenti previste…
- CONSIGLIO NAZIONALE DOTT COMM E ESP CON - Nota 26 aprile 2021, 52 - Documento "Linee Guida per il rilascio del Visto di Conformità e del Visto di Congruità sull’informativa finanziaria aziendale da parte dei commercialisti"
- Linee guida sui compensi del Gestore nelle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento - CONSIGLIO NAZIONALE dei DOTT COMM ed ESP CON - Nota n. 73 del 31 maggio 2023
- Linee guida per la valutazione di aziende sequestrate e confiscate - CONSIGLIO NAZIONALE DOTT COMM E ESP CON - Nota 14 maggio 2020, n . 46
- Linee guida per la redazione dei regolamenti degli Organismi di Composizione della Crisi (OCC) dei commercialisti - CONSIGLIO NAZIONALE dei DOTT COMM e degli ESP CON - Nota n. 48 del 3 aprile 2023
- CONSIGLIO NAZIONALE DOTT COMM E ESP CON - Comunicato 04 maggio 2020 - Dai commercialisti le linee guida per la valutazione di aziende sequestrate e confiscate
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…
- E illegittimo il licenziamento del dipendente in m
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 8381 depositata…
- Illegittimo il licenziamento per inidoneità fisica
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9937 depositata…