Nella sentenza della Cassazione n. 10749 del 08 maggio 2013 gli Ermellini hanno bacchettato l’Agenzia delle Entrate, la quale prima di procedere ad emanare atti impositivi basati sul convincimento che il comportamento del contribuente sia sempre doloso deve sempre accertare con attenzione la concretezza delle accuse che sta muovendo.
Lo spirito della motivazione con cui la Corte Suprema con la sentenza in oggetto ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle entrate in un caso di acquisti effettuati da una società italiana presso una Ltd residente in Liechtenstein dalla quale era controllata; a insospettire il Fisco, che riteneva indeducibili i costi di quegli acquisti, era stata anche la circostanza che i pagamenti fossero stati effettuati in Svizzera, ove risiedeva il socio di maggioranza della società.
I giudici di legittimità hanno confermato la decisione d’appello, a favore del contribuente, che “data la materia trattata e la temerarietà della lite intrapresa” aveva già condannato sulle spese l’Agenzia. Gli Ermellini hanno ritenuto ineccepibili le motivazioni della sentenza di secondo grado nella parte in cui si evidenziava come “ le operazioni in esame erano rispondenti ad un effettivo interesse economico, intendendo per tale ”non solo prezzi competitivi delle merci acquistate, ma anche puntualità nelle forniture e serietà del fornitore in genere””. La Commissione Tributaria Regionale aveva “in ogni caso, e quindi con effetto assorbente, ritenuto non sufficientemente provato il rapporto di controllo tra le due società, considerando inadeguati a tal fine gli elementi addotti dall’Ufficio, quali il fatto che il socio di maggioranza della [X] risiedesse in Svizzera, che in tale Paese venissero inviati i pagamenti…”
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