La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 24473 depositata il 12 settembre 2024, intervenendo in tema di diritto di sciopero, ha riaffermato il principio secondo cui lo sciopero è un diritto individuale del lavoratore ma suscettibile di collettivo esercizio, in quanto diretto alla tutela di un interesse collettivo. Pertanto, ancorché per l’attuazione dello sciopero non si richieda una formale proclamazione né una preventiva comunicazione al datore di lavoro (salva la eventuale particolare disciplina del codice di autoregolamentazione), è necessario che l’astensione, totale o parziale, del lavoro sia collettivamente concordata, a prescindere da chi prenda l’iniziativa della sua attuazione, in presenza di una situazione conflittuale implicante la tutela di un interesse collettivo (Cass. n. 6831/1987). Quest’ultimo, infatti, costituisce elemento determinante dell’esercizio del diritto di sciopero, pur nella sottolineatura che l’art. 40 cost. attribuisce tale diritto personalmente ai lavoratori, e che lo stesso non incontra – stante la mancata attuazione della disciplina legislativa prevista da detta norma – limiti diversi da quelli propri della ratio storico-sociale che lo giustifica e dell’intangibilità di altri diritti o interessi costituzionalmente garantiti. Pertanto, può affermarsi che non si ha sciopero se non in presenza di un’astensione dal lavoro decisa ed attuata collettivamente per la tutela di interessi collettivi – anche di natura non salariale ed anche di carattere politico generale, purché incidenti sui rapporti di lavoro (Cass. n. 23552/2004).” 

La vicenda ha riguardato cinque di dipendenti di una società per azioni a cui venivano erogati, a seguito della procedura disciplinare, delle sanzione per essersi astenuti dall’attività lavorativa durante due giornate. I dipendenti impugnavano i provvedimenti disciplinari. Il Tribunale adito, nella veste di giudice del lavoro, accoglieva il ricorso dichiarando illegittime le sanzioni disciplinari. Avverso la decisione di primo grado la societài proponevano appello. La Corte territoriale riformando la decisione del primo giudice, dichiarava la legittimità della sanzione disciplinare adottata, ritenendo che in mancanza di una comunicazione sindacale che dichiarasse l’ora di inizio dello sciopero, svolto dai dipendenti indicati, con la chiusura delle “piste” cui erano assegnati e l’apertura della sola “pista” da cui i viaggiatori transitavano senza pagare il viaggio, ed in assenza, quindi di una deliberazione collettiva che attribuisse il carattere di “sciopero” al comportamento adottato dal lavoratori, questo fosse da qualificarsi come decisione di astensione dal lavoro assunta da singoli, priva delle caratteristiche della manifestazione collettiva di sciopero. Avverso la sentenza di appello, i lavoratori proponevano ricorso in cassazione fondato su cinque motivi.

I giudici di legittimità rigettavano il ricorso.

Gli Ermellini riaffermano che sussiste l’interesse del datore di lavoro ad agire per l’accertamento negativo della legittimità dell’astensione dal lavoro, proclamata dai rappresentanti sindacali, ove ne sia incerta la qualificabilità come sciopero nella sua accezione di astensione collettiva per finalità di carattere collettivo. (Cass. n. 24653/2015)

Per i giudici di piazza Cavour gli elementi che qualificano l’astensione dal lavoro come sciopero legittimo sono costituiti dalla natura dell’interesse collettivo da tutelare e dunque dalla decisione concordata e preventiva circa l’adozione del comportamento di astensione dal lavoro. Tale ultimo elemento (deliberazione collettivamente assunta) risulta infatti funzionale a dar conto proprio della diffusività dell’interesse (anche se riferito solo ad un gruppo di lavoratori addetti ad una singola funzione) e della natura collettiva dell’azione dimostrativa. Diversamente, ove la decisione dell’astensione e delle modalità di esecuzione dello sciopero siano lasciate totalmente ai singoli interessati, senza una loro predeterminazione, il datore di lavoro potrebbe essere esposto alla seria impossibilità di prevenire eventuali rischi per la salute di tutti i lavoratori ovvero rischi sulla produttività aziendale (Cass. n. 23552/2004).”