La Corte di Cassazione con la sentenza n. 16738 del 4 luglio 2013 interviene in materia di mancata erogazione della retribuzione ha chiarito che in caso di versioni discordanti fornite dai testimoni chiamati in causa, circa il presunto mancato pagamento di retribuzioni dovute ai lavoratori, il datore di lavoro è tenuto comunque a risarcire quanto richiesto dai lavoratori.
Nella fattispecie, un lavoratore ha testimoniato di aver sempre assistito al pagamento, da parte del datore di lavoro, delle retribuzioni spettanti ai lavoratori. Tesi inversa, invece, viene sostenuta dal ricorrente principale, che afferma il mancato pagamento delle quattordicesime, e da parte di altri dipendenti che hanno testimoniato. La Suprema Corte, visto che le tesi dei lavoratori sono in disaccordo, dopo aver affermato che la competenza nel valutare i fatti attiene al giudice di merito, di fatto smentisce quanto affermato dal lavoratore “fedele” al datore di lavoro, costringendo quest’ultimo al pagamento delle retribuzioni richieste.
Gli Ermellini nel ricordare che per costante giurisprudenza della Corte Suprema il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 n. 5 c.p.c., sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di un fatto decisivo della controversia, potendosi in sede di legittimità controllare unicamente sotto il profilo logico – formale la valutazione operata dal giudice del merito, soltanto al quale spetta individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr., ex aliis, Cass. S.U. 11.6.98 n. 5802 e innumerevoli successive pronunce conformi).
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