MINISTERO delle IMPRESE e del MADE IN ITALY – Circolare n. 10/V dell’ 11 agosto 2023
Assofiduciaria – Proposte evolutive – Contratto di amministrazione fiduciaria di fondi speciali affidati – Considerazioni MIMIT
Con nota del 5 luglio 2021 codesta Associazione ha sottoposto alle valutazioni della scrivente un nuovo modello contrattuale per le società fiduciarie, relativo al “contratto di amministrazione fiduciaria di fondi speciali affidati”.
Tale proposta traeva dichiaratamente spunto dalle novità recate in materia di istituti di segregazione patrimoniale dalla legge 112-2016 (cosiddetta “Dopo di noi”), ed in particolare dall’istituto dei “fondi speciali composti di beni sottoposti a vincoli di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario”.
Rispetto all’istituto in ultimo richiamato riteneva possibile, codesta Associazione, procedere all’ “estrapolazione” dei citati “fondi speciali” (sulla cui natura teoricamente non coincidente con quella dei “vincoli di destinazione di cui all’articolo 2645-ter del codice civile – istituto pure contemplato dalla citata legge 112-2016 – sembra possibile fare rinvio a MURITANO, studio CNN n. 3-2017/C) “coordinandoli”, piuttosto che con il contratto di affidamento fiduciario (come previsto dalla ripetuta legge) con il “mandato fiduciario”, costituente, ai sensi del DM industria, commercio e artigianato del 16-1-1995, lo strumento operativo tipico (ed anzi, per essere più precisi, unico) delle società fiduciarie di cui alla legge 1966-1939.
Esaminata la suddetta proposta di modello contrattuale (che sarebbe andato ad aggiungersi a quelli già in uso, ai sensi di legge, tra le società fiduciarie), questa Amministrazione, con nota 217229 del 4-7-2022 (all. 1) ha espresso le proprie valutazioni al riguardo, evidenziando che alcuni aspetti della stessa mostravano taluni punti di conflitto con il quadro normativo settoriale. Ci si soffermava, in particolare, sui seguenti aspetti:
1) il trasferimento della proprietà dei beni e diritti dal disponente all’ “affidatario”;
2) l’agire di quest’ultimo sulla base di un “programma”.
Tali aspetti – si evidenziava nella citata nota ministeriale – apparivano in contrasto con la citata disciplina settoriale atteso che, in base alla stessa, nel mandato fiduciario di cui al DM 16-1-1995:
1) i beni e diritti non sono trasferiti nella proprietà della fiduciaria, ma solo a questa intestati, rimanendo indubitabilmente la loro titolarità in capo al fiduciante;
2) la fiduciaria agisce sulla base di istruzioni scritte per ogni singola operazione inerente il singolo mandato.
Con successiva nota 87293 del 28-3-2023 codesta Associazione evidenziava che le considerazioni esposte nella citata nota ministeriale 217229 del 4-7-2022 (principalmente riferite all’istituto dei “fondi speciali, composti da beni sottoposti a vincolo di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario”, previsto espressamente dalla ridetta legge 112-2016) non potevano trovare applicazione all’istituto illustrato da codesta Associazione medesima nella citata nota del 5-7-2021, ovverosia, come detto, il “contratto di amministrazione fiduciaria di fondi speciali affidati”.
Sottolineava, in particolare, codesta Associazione, che tale schema contrattuale (elaborato da codesta Associazione medesima e che non ha formale base normativa) si basa solo in parte sull’istituto di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 112-2016: dallo stesso “estrapola”, infatti, come sopra già anticipato, l’istituto dei “fondi speciali”, affiancandogli, in luogo di quanto contemplato dalla ridetta legge 112 (il “contratto di affidamento fiduciario”) il mandato fiduciario di cui al DM 16-1-1995.
Sembra, sul punto, opportuna una breve digressione.
Il mandato fiduciario che costituisce, ai sensi del ripetuto DM 16-1-1995, lo strumento tipico (ed anzi, per essere precisi, come già detto, l’unico strumento) attraverso cui si svolge l’operatività delle società fiduciarie di cui alla legge 1966-1939, è esemplato sul mandato senza rappresentanza disciplinato dal codice civile, ma non coincide completamente con detto istituto, ordinariamente utilizzabile dai privati nell’ambito dei loro rapporti.
Il legislatore del 1995, infatti, al fine di perimetrare rigorosamente l’ambito di attività delle società fiduciarie (esigenza sentita, in particolare, dopo uno scandalo di risonanza nazionale, scaturito dalle spericolate operazioni condotte da due società fiduciarie che avevano approfittato delle “opacità” rinvenibili, all’epoca, nella disciplina che le riguardava) ha dettato una disciplina puntigliosa e quasi “costrittiva” del mandato fiduciario, ovverosia lo strumento operativo individuato per le società fiduciarie.
In primis, dopo molti anni di incertezze e ondeggiamenti tra “fiducia romanistica” e “fiducia germanistica”, il DM optava definitivamente per la seconda.
Ciò comportava (e comporta tutt’ora) che le società fiduciarie, nel momento in cui viene loro conferito il mandato (come regolato dal DM medesimo), non diventano proprietarie dei beni o diritti oggetto del mandato in questione, ma solo formali intestatarie (nei confronti dei terzi) dei beni o diritti stessi. Ciò ai fini della sola “amministrazione” dei beni e diritti in parola, nei termini di seguito illustrati.
Onde evitare, poi, che il concetto di “amministrazione di beni per conto di terzi” richiamato nell’articolo 1, comma 1, della legge n. 1966 del 1939 trovasse una applicazione troppo “elastica”, fino a sconfinare nella “gestione”, il legislatore del 1995 ha introdotto una regola formale molto rigida: il fiduciante deve fornire alla fiduciaria istruzioni per iscritto prima di, e per ogni singola operazione inerente il singolo mandato fiduciario; istruzioni che devono essere rigorosamente conservate nei sistemi informativi delle fiduciarie, per essere esibite in occasione di verifiche da parte delle autorità vigilanti.
L’amministrazione di beni (o diritti) di terzi mediante conferimento di mandato fiduciario senza rappresentanza (ma con intestazione dei beni o diritti medesimi) – cioè l’attività tipica (nonché appannaggio esclusivo) delle società fiduciarie – non comporta, pertanto, il trasferimento, in capo alla società fiduciaria conferitaria del mandato, della proprietà del bene o diritto (che rimane di proprietà del terzo fiduciante), ma solo l’intestazione formale del bene o diritto stesso, ed il potere di compiere, in riferimento ai medesimi, gli atti giuridici indicati, di volta in volta, mediante singole istruzioni scritte, dal fiduciante; atti giuridici che la società fiduciaria compirà in proprio nome, ma per conto del fiduciante.
In tale contesto (di “amministrazione fiduciaria di beni”) il bene o diritto “circola”, per così dire, sulla base degli “input” che, di volta in volta, fornisce il fiduciante, il quale, in qualsiasi momento, può decidere di “ritirare dalla circolazione” il bene o diritto in questione, chiedendo alla società fiduciaria di rimetterlo nella sua disponibilità, tornando così a coincidere, in capo al fiduciante, titolarità formale e titolarità sostanziale di tale bene o diritto.
Questo modo di amministrare i beni conto terzi è riconducibile alla “fiducia germanistica”.
Di impostazione ben diversa è la “fiducia romanistica”.
Essa si esprime tipicamente, nell’ambito dei rapporti economico-giuridici svolgentisi nel nostro Paese, attraverso l’istituto (di derivazione puramente dottrinale e giurisprudenziale, non trovando, nel nostro ordinamento, regolazione espressa; diversamente, come si è visto, dal “mandato fiduciario”, che è invece espressamente e dettagliatamente disciplinato dal ripetuto DM industria, commercio e artigianato 16-1-1995) del “negozio fiduciario” (a volte indicato anche come “contratto fiduciario”, “patto fiduciario”, “contratto di fiducia”; e sul punto sembra possibile, anche per un più puntuale inquadramento dell’istituto, fare rinvio a OCCORSIO, studio CNN 5-2020/C).
Nonostante la somiglianza del nome rispetto al “mandato fiduciario” (somiglianza che ha dato luogo a più di un fraintendimento) si tratta di un istituto (della cui stessa esistenza, d’altra parte, si discute) profondamente diverso.
In modo del tutto atecnico ma, tutto sommato, efficace, potremmo descrivere l’istituto in parola come il trasferimento della proprietà di un bene o diritto, dal fiduciante (che se ne spoglia) al fiduciario, in modo “temporaneo” e “conformato”.
“Temporaneo”, nel senso che il bene o diritto non viene trasferito nella titolarità del fiduciario (e sembra opportuno evidenziare che anche il termine “fiduciario” viene qui utilizzato in senso, tutto sommato, atecnico, atteso che nel presente contesto illustrativo, potrebbe essere tranquillamente sostituito con “gestore”, “affidatario”, “trustee”, ecc.) a tempo indeterminato: nel “programma fiduciario” è già previsto un termine entro il quale il programma fiduciario stesso deve completarsi. Spesso, si tratta di un termine assai lungo (trenta o più anni). Sembra opportuno aggiungere, per motivi di chiarezza, che i beni o diritti oggetto di tali “negozi” normalmente non entrano nel patrimonio personale del fiduciario (ma nel “negozio fiduciario” avviene proprio questo, con i possibili deleteri effetti facilmente immaginabili in termini, ad esempio, di azioni esercitabili da parte dei creditori del “fiduciario”: e questa è la principale caratteristica che lo differenzia rispetto ai più moderni istituti di segregazione patrimoniale sviluppati dai legislatori nei tempi recenti), ma, pur essendo nella sua titolarità, formano un patrimonio “separato”, che sono incomunicanti anche con altri patrimoni “separati” di cui sia posta ugualmente la titolarità in capo al fiduciario.
“Conformato”, nel senso che la proprietà del fiduciario non può esplicarsi attraverso un uso e disposizione del bene o diritto senza limiti. Il bene o diritto dovrà, infatti, essere utilizzato nei modi indicati nel programma, onde conseguire un determinato risultato voluto dal fiduciante (ad esempio, versare i frutti dei beni o diritti ricevuti in amministrazione a favore di determinati beneficiari, in corso di svolgimento del programma, e consegnare ad un diverso beneficiario quanto residua nel fondo fiduciario, al termine del programma).
Sembra evidente, d’altra parte, che tale “programma” (costituente, per così dire, la “mappa” che il fiduciario dovrà seguire per pervenire all’obiettivo, o agli obiettivi, indicati dal fiduciante), non può essere inteso (soluzione interpretativa che sembra, invece, condivisa da codesta Associazione) come una semplice sommatoria delle istruzioni per ciascuna operazione (impartite dal fiduciante) che caratterizzano, come sopra si è illustrato, i mandati fiduciari di cui al DM 16-1-1995: il dispiegarsi del programma in un arco temporale molto lungo, nonché la natura spesso composita degli obiettivi che attraverso lo stesso si vogliono conseguire, uniti all’inevitabile mutare, nel tempo, del quadro che il fiduciario si trova di fronte (si pensi, solo per un attimo, agli sconvolgimenti che hanno segnato, negli anni trascorsi, i mercati finanziari e quelli immobiliari), rendono la posizione di quest’ultimo molto più complessa e sfumata rispetto a quella che caratterizza il mandato fiduciario, implicando spesso l’assunzione di determinazioni con un margine anche elevato di discrezionalità. Aspetto che, d’altra parte, risulta indirettamente confermato dalla previsione, in tali tipologie di contratti basati sull’istituto della “fiducia” (romanistica), della figura di un “garante” (volto ad “assistere” il fiduciario nell’adozione delle decisioni più complesse), nonché del possibile intervento di “arbitratori” o dei tribunali, cui vengono attribuiti penetranti poteri di modifica ed integrazione del programma destinatorio, sempre nell’ottica di salvaguardare il raggiungimento degli obiettivi – finali e intermedi – individuati dal fiduciante.
Tutti gli aspetti in ultimo illustrati indicano in modo incontrovertibile, nella visione della scrivente, che il “programma” sotteso a tali istituti di fiducia “romanistica”, in alcun modo è assimilabile ad una mera sommatoria di singole istruzioni che accompagnano obbligatoriamente (e devono precedere) le singole operazioni inerenti il singolo mandato fiduciario, che caratterizzano (nell’esplicazione di una tipica figura di fiducia “germanistica”) i mandati fiduciari disciplinati dal DM 16-1-1995.
Chiarito quanto sopra, e cioè che il trasferimento della titolarità/proprietà di un bene o diritto da un fiduciante (che se ne spoglia) ad un fiduciario (che ne diventa proprietario, sia pure, come sopra a più riprese ribadito, in via “temporanea” e “conformata”) per il perseguimento di un “programma” – aspetti che contraddistinguono anche il “contratto di amministrazione fiduciaria di fondi speciali” (v., al riguardo, la già citata nota di codesta Associazione del 5-7-2021, secondo cui vengono conferiti alla fiduciaria, relativamente ai beni o diritti oggetto del contratto, “poteri che coincidono con quelli che la legge riconosce al proprietario o titolare” e l’identica formulazione rinvenibile nell’esempio di contratto trasmesso a corredo della nota medesima; nonché ibidem per numerosi richiami al “programma”) – costituiscono aspetti caratterizzanti gli “istituti di segregazione” (o “di fiducia romanistica”, se ci si concede l’espressione), appare evidente che le considerazioni espresse dalla scrivente nel parere prot. 217229 del 4-7-2022 (qui unito per migliore comodità di lettura dei destinatari della presente) risultano pienamente applicabili anche al modello contrattuale sottoposto da codesta Associazione alle valutazioni della scrivente.
Ne risulta che anche tale modello contrattuale risulta, in base alla vigente normativa applicabile alle società fiduciarie, non utilizzabile dalle stesse nell’ambito della loro operatività.
Tanto si è ritenuto opportuno chiarire affinché le società fiduciarie (che rientrano tra i destinatari della presente) abbiano consapevolezza di tale incompatibilità, così evitando – sulla base di una errata lettura delle fonti disponibili, spesso assai risalenti e tra loro mal coordinate – di ritenere conformi al vigente quadro normativo modelli contrattuali che non lo sono, così incorrendo, inconsapevolmente, in violazioni del quadro normativo medesimo.
Nel contempo, non si può mancare di esprimere apprezzamento per la continua ricerca, condotta da codesta Associazione, di nuovi moduli operativi da mettere a disposizione del settore fiduciario (e quindi, indirettamente, del nostro sistema economico), al fine di aumentarne l’efficienza e la flessibilità, e al fine di renderlo competitivo rispetto agli analoghi operanti in Stati membri o, comunque, europei.
La strada maestra, in tal senso, appare certamente quella normativa, come ci insegnano tanti Paesi vicini o anche vicinissimi (si citano qui, tra le moltissime, la legge di San Marino sull’ “Istituto dell’affidamento fiduciario”, ampiamente ripresa dal ddl S1452, in materia di “Disposizioni sul negozio di affidamento fiduciario”, del 2019, e la legge del Lussemburgo in materia “Trust e contratti fiduciari”, del 2003).
Il nostro Paese non ha saputo, fino ad oggi, seguire il passo di questi “concorrenti”: sono ben noti i numerosi progetti di legge, in tema di contratti di fiducia e analoghi, naufragati in Parlamento, e l’unico progetto tradottosi in legge (se si escludono i vincoli di destinazione di cui all’art. 2645-ter del codice civile) è quello relativo alla già citata legge 112-2016 (“Dopo di noi”), che ha avuto il grande merito (sia pure partendo da una prospettiva ben specifica) di “rinvigorire” in Italia il dibattito su tali istituti (e ci si riferisce, ovviamente, ai trusts, ai vincoli di destinazione di cui all’art. 2645-ter del codice civile ed ai fondi speciali composti da beni sottoposti a vincolo di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario, richiamati all’articolo 1, comma 3, della legge medesima), fornendo, nel contempo, agli stessi una prima base normativa (v. articolo 6 della ridetta legge).
Consapevole di tale complesso quadro, la scrivente non ha mancato di farsi parte attiva, proponendo ai propri uffici di vertice uno schema di atto normativo volto, tra l’altro, a “calare” gli istituti in questione nell’ambito della disciplina propria delle società fiduciarie, nell’ottica di aumentare la flessibilità operativa e l’ambito di attività delle stesse.
Ogni contributo d’idee e coinvolgimento proattivo può rivelarsi importante per raggiungere un obiettivo – la revisione e l’aggiornamento della disciplina delle società fiduciarie – da tempo ricercato ma, almeno fino ad oggi, risultato sfuggente.
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