MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO – Risoluzione 08 maggio 2013, n. 75893
Attività di vendita con il consumo sul posto e attività di somministrazione di alimenti e bevande
Con e-mail del 10 aprile u.s. codesta Regione sottopone all’attenzione della scrivente Direzione due questioni, una inerente la disciplina del consumo sul posto, l’altra riguardante la figura del preposto negli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande e le problematiche ad esse connesse.
Per quanto attiene il consumo sul posto, evidenzia, in via preliminare, che l’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, nella segnalazione AS900 del 4 gennaio 2012, ha ritenuto che ” .. agli esercizi di vicinato non debba essere preclusa la possibilità di utilizzare i propri arredi, ivi compresi tavoli e sedute, ai fini del consumo immediato dei prodotti di gastronomia da parte della propria clientela”. Evidenzia, altresì, che nella medesima segnalazione l’Autorità richiama la Circolare esplicativa del Ministero dello Sviluppo Economico n. 3063/C del 28 settembre 2006, la quale se da un lato ha escluso che negli esercizi di vicinato possa essere ammesso il servizio assistito, dall’altro non ha espressamente vietato che il consumo sul posto possa svolgersi attraverso l’utilizzo di sedute.
Sottolinea, successivamente, che lo scrivente Ministero ha espresso una serie di pareri, nei quali ha ripetutamente ribadito che nel caso specifico degli esercizi di vicinato gli arredi, richiamati nella lettera f-bis), del comma 1, dell’articolo 3 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248, non possono coincidere con le attrezzature tradizionalmente utilizzate negli esercizi di somministrazione, quali ad esempio fra gli altri tavoli e sedie.
Richiama, però l’attenzione su un parere del 2013, il numero 0041056, nel quale, ad avviso di codesta Regione, la scrivente Direzione non avrebbe più fatto espressa menzione del divieto di utilizzo di tavoli e sedie.
Richiede pertanto se, alla luce dei nuovi sviluppi, lo scrivente Ministero si sia allineato al parere dell’Autorità considerando come unico fattore discriminante, tra il consumo sul posto permesso negli esercizi di vicinato nel caso in cui siano legittimati alla vendita di prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare e l’attività di somministrazione di alimenti e bevande, la sola esclusione del servizio assistito di somministrazione, eventualità che a parere di codesta Regione produrrebbe di fatto una anomalia di sistema con conseguenze devianti rispetto al corretto dispiegarsi della concorrenza fra imprese del commercio ed esercizi di somministrazione, a svantaggio di questi ultimi.
Sottolinea, infatti, che anche nel caso di consumo immediato in un esercizio di vicinato l’utilizzo di tavoli e sedute produrrebbe la conseguenza del protrarsi dello stazionamento da parte del consumatore, similmente a quanto avviene nei locali di somministrazione, caratteristica per la quale si giustificano le prescrizioni poste dalle programmazioni di settore per l’esercizio dell’attività di somministrazione in relazione all’impatto territoriale-urbanistico e ambientale, oltre al rispetto del TULPS in materia di pubblica sicurezza e sorvegliabilità dei locali.
Per quanto attiene alla problematiche della figura del preposto all’attività di vendita e somministrazione di alimenti e bevande, fa presente che lo scrivente Ministero ha precisato che uno stesso preposto può essere nominato da parte di più società o imprese individuali e da parte delle stesse anche per più punti di vendita, fermo restando quanto sostenuto al punto 1.4.3 della circolare n. 3656/C del 12-9-2012.
Evidenzia, al riguardo, che tale indicazione interpretativa produce risvolti poco pratici per le polizie locali, in quanto l’indicazione suddetta risulta di difficile determinazione e gestione.
Chiede, pertanto, in che modo possa essere quantificata la presenza richiesta nel caso di utilizzo dello stesso soggetto quale preposto per più esercizi e per quante ore giornaliere deve essere garantita la presenza nel locale.
Con riferimento a quanto rappresentato sulla problematica del consumo sul posto si evidenzia quanto segue.
In via preliminare si precisa che l’attività di somministrazione è definita all’articolo 1, comma 1, della legge 25 agosto 1991, n. 287, il quale dispone che “Per somministrazione si intende la vendita per il consumo sul posto, che comprende tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell’esercizio o in una superficie aperta al pubblico, all’uopo attrezzati”.
L’elemento di distinzione tra l’attività di somministrazione e l’attività di vendita è la presenza di una attrezzatura in grado di consentire che i prodotti oggetto della vendita, ossia gli alimenti e le bevande, possano essere consumati dagli acquirenti “nei locali dell’esercizio o in una superficie aperta al pubblico” a tal fine attrezzati. Pertanto si può parlare di somministrazione di alimenti e bevande in senso proprio, soltanto nel caso in cui la vendita del prodotto avvenga in locali dotati di una attrezzatura idonea a consentire la consumazione sul posto.
La possibilità, per un esercizio legittimato a svolgere l’attività di vendita di prodotti alimentari, di consentire il consumo sul posto dei medesimi è attualmente disciplinata dall’articolo 3, comma 1, lettera f-bis) del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni nella legge 4 agosto 2006, n. 248, il quale dispone che il consumo immediato dei prodotti di gastronomia presso l’esercizio di vicinato utilizzando i locali e gli arredi dell’azienda non può essere vietato o limitato se svolto alle condizioni espressamente previste dalla nuova disposizione, ovvero con l’esclusione del servizio assistito di somministrazione.
La circolare n. 3603/C del 28-9-2006, al punto 8.1 chiarisce che il consumo sul posto dei prodotti di gastronomia da parte degli esercizi di vicinato, ovviamente solo nel caso in cui siano legittimati alla vendita dei prodotti alimentari “… non può essere vietato o limitato se svolto alle condizioni espressamente previste dalla nuova disposizione. Le condizioni concernono la presenza di arredi nei locali dell’azienda e l’esclusione del servizio assistito di somministrazione. Per quanto riguarda gli arredi (…) è di tutta evenienza che i medesimi devono essere correlati all’attività consentita, che nel caso di specie è la vendita per asporto dei prodotti alimentari e il consumo sul posto dei prodotti di gastronomia. In ogni caso, però, la norma che consente negli esercizi di vicinato il consumo sul posto non prevede una modalità analoga a quella consentita negli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande di cui alla legge 25 agosto 1991, n. 287”.
Alcuni pareri ministeriali, tra i quali quelli citati nel quesito in discorso, consentono di dettagliare i limiti e le modalità da rispettare in caso di consumo sul posto negli esercizi di vicinato. Con gli stessi pareri, infatti, la scrivente Direzione ha ulteriormente approfondito la questione degli arredi richiamati dalla disposizione nonché quella delle attrezzature tipiche degli esercizi di somministrazione, annoverando tra queste le apparecchiature per le bevande alla spina, tavoli e sedie, così come macchine industriali per il caffè, il cui utilizzo, pertanto, non è ammesso nel caso di consumo sul posto da parte degli esercizi di vicinato.
Con il parere sul quale codesta Regione richiama l’attenzione, ovvero il n. 0041056 dell’8 marzo 2013, nel quale non si sarebbe fatta espressa menzione del divieto di utilizzo di tavoli e sedie, la scrivente Direzione si è espressa con riferimento alla possibilità del consumo sul posto nel caso degli imprenditori agricoli. Tale possibilità, infatti, è consentita a i titolari degli esercizi di vicinato, qualora siano legittimati a svolgere l’attività di vendita di prodotti alimentari e ai titolari di impianti di panificazione con le stesse modalità applicative cui devono sottostare i titolari di esercizi di vicinato.
Essendo stato richiesto, in generale, un parere in merito al consumo sul posto per gli imprenditori agricoli non si è ritenuto di entrare nello specifico della questione, ovvero i limiti e le modalità cui sottostare precedentemente evidenziati, che ovviamente restano validi così come ampiamente ribadito nei precedenti citati pareri.
Proprio tale posizione ministeriale, ampiamente ribadita, è stata richiamata dall’autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nella segnalazione AS900 del 4 gennaio 2012 indirizzata ad un Comune.
Nel citato parere detta Autorità sostiene che la circolare ministeriale n. 3603/C si è limitata ad indicare come gli esercizi di vicinato, svolgendo un’attività di vendita e non tipicamente di somministrazione, non possano utilizzare gli “arredi-tipo” di un esercizio di somministrazione “senza tuttavia introdurre il divieto esplicito di utilizzare una qualsiasi tipologia di seduta, quanto meno in ausilio al consumo sui piani d’appoggio”, esprimendosi pertanto favorevolmente sulla possibilità di utilizzo di tavoli e sedie.
Appare opportuno specificare che l’Autorità ha formulato il citato parere ai sensi dell’articolo 21-bis della legge n. 287 del 1990, così come introdotto dall’articolo 35 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, il quale dispone che ” 1. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato è legittimata ad agire in giudizio contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato (…) 2. L’Autorità (…) emette, entro sessanta giorni, un parere motivato, nel quale indica gli specifici profili delle violazioni riscontrate. Se la pubblica amministrazione non si conforma nei sessanta giorni successivi alla comunicazione del parere, l’Autorità può presentare, tramite l’Avvocatura dello Stato, il ricorso, entro i successivi trenta giorni”.
Considerato che il Comune in questione ha formulato le proprie controdeduzioni entro i sessanta giorni previsti dal dettato normativo e non risultando atti successivi o impugnazioni, è sostenibile che le motivazioni addotte dall’ente siano state ritenute convincenti. Allo stato, pertanto, nonostante le evidenti perplessità espresse dall’A., non sembrano sussistere dubbi sulla corretta modalità di applicazione della disciplina in materia di consumo sul posto, che continua quindi ad escludere la possibilità di contemporanea presenza di tavoli e sedie associati o associabili, fatta salva solo la necessità di un’interpretazione ragionevole di tale vincolo, che non consente di escludere, ad esempio, la presenza di un limitato numero di panchine o altre sedute non abbinabili ad eventuali piani di appoggio.
Con riferimento a quanto rappresentato sulla problematica della figura del preposto in caso di attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande si evidenzia quanto segue.
In via preliminare si precisa che l’articolo 8, comma 7, del decreto legislativo 6 agosto 2012, n. 147 ha abrogato il comma 6 dell’articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, il quale disponeva che: “In caso di società il possesso di uno dei requisiti di cui al comma 5 è richiesto con riferimento al legale rappresentante o ad altra persona specificamente preposta ali ‘attività commerciale”.
In vigenza della formulazione ora abrogata, che prevedeva espressamente la condizione di specificità della persona preposta all’attività commerciale, la scrivente Direzione aveva sostenuto l’impossibilità di nominare un identico preposto per più società.
Con la nuova formulazione intervenuta con le modifiche all’articolo 71 del decreto legislativo n. 59 del 2010 è stata eliminata tale condizione di specificità con la conseguenza che il precedente divieto può considerarsi decaduto.
Di conseguenza la scrivente Direzione ha già avuto modo di esprimersi al riguardo, con nota del 15-11-2012, n. 236057, sostenendo che uno stesso preposto può essere nominato da parte di più società o imprese individuali diverse e da parte delle stesse anche per più punti vendita, fermo restando, come sostenuto al punto 1.4.3 della circolare n. 3656/C del 19-2-2012, che la preposizione all’attività commerciale debba essere effettiva, con i conseguenti poteri e le connesse responsabilità, e non solo nominalistica e limitata strumentalmente alla fase di dimostrazione dei requisiti.
Ne deriva che la persona designata come preposto può non essere necessariamente legata contrattualmente al soggetto titolare dell’autorizzazione e che il medesimo può non essere sempre presente nell’esercizio commerciale, garantendo comunque quanto richiesto ed esplicitato al citato punto 1.4.3 della circolare n. 3656.
Da quanto sopra rappresentato si deduce che non è possibile quantificare le ore di effettiva presenza nel locale della persona preposta, la quale, come ribadito nella circolare, deve comunque assumersi tutti i poteri e le conseguenti responsabilità che il ruolo richiede. Ne consegue, pertanto, che è nell’interesse del soggetto preposto assicurare la presenza nel locale in modo consono viste le citate implicazioni di responsabilità che ne derivano.
Si precisa, altresì, che quanto sopra espresso è conseguente al contenuto delle disposizioni in materia di esercizio delle attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande di cui al citato decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e 6 agosto 2012, n. 147.
Va rilevato, però, che nel caso di esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande di cui alla legge 25 agosto 1991, n. 287, come modificata e integrata dal decreto legislativo n. 59 del 2010 e s.m.i., resta fermo, ad avviso della scrivente, quanto precisato dal Ministero dell’Interno con nota n. 557/PAS.16646.12000.A (17) del 31 gennaio 2006 in merito all’obbligatorietà della conduzione personale delle attività di somministrazione di alimenti e bevande, autorizzate ai sensi della legge 25 agosto 1991, n. 287, fatta salva la possibilità per i soggetti titolari di impresa individuale che risultino in possesso di più titoli autorizzatori, di ricorrere all’istituto della rappresentanza ai sensi degli artt. 8 e 93 del T.U.L.P.S..
Non è più sostenibile, invece, quanto formulato nella predetta nota ossia che “… il rappresentante deve essere in possesso dei requisiti prescritti per il conseguimento della licenza, con riferimento a quelli anche di carattere professionale richiesti dalla sopramenzionata legislazione di settore per la specifica attività di somministrazione di alimenti e bevande”.
Con riferimento a quest’ultima questione, infatti, come peraltro già precisato nel parere n. 0050011 del 26-3-2013, dopo l’emanazione del decreto legislativo n. 147 del 2012, è consentita la possibilità che il possesso dei requisiti professionali sia in capo ad un soggetto preposto che può non coincidere con il soggetto al quale il titolare dell’attività ricorre in applicazione dei citati artt. 8 e 93 del T.U.L.P.S..
Del resto, il richiamo di cui all’articolo 8 del R.D. n. 773 del 1931, ossia che “… il rappresentante deve possedere i requisiti necessari per conseguire l’autorizzazione e ottenere l’approvazione dell’autorità di pubblica sicurezza che ha conceduta l’autorizzazione” non può che riferirsi ai requisiti prescritti dal medesimo Regio Decreto ai fini di pubblica sicurezza.
Peraltro, il medesimo Ministero, nella nota n. 557/PAS/U/001574/12000.A del 29-1-2013, ha sostenuto che “Poiché l’introduzione della SCIA non implica alcuna modifica dei presupposti richiesti per l’esercizio dell’attività, restano fermi i requisiti soggettivi previsti per il rilascio di detta licenza di polizia (indicati, in particolare, dagli articoli 11, 92 e 131 del TULPS). Pertanto, è necessario che la SCIA sia corredata anche dalle dichiarazioni attestanti il possesso di detti requisiti in capo al titolare della licenza e di eventuali suoi rappresentanti, i quali devono essere oggetto della successiva verifica comunale analogamente e al pari di quelli richiesti dalla disciplina di settore”.
Tali ultime osservazioni sulla figura del rappresentante nel caso degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, comunque, sono state oggetto di un precedente parere, il quale, vista la competenza in materia del Ministero dell’Interno, è stato inviato anche alla citata Amministrazione, che ad oggi non ha ancora fatto conoscere alla scrivente eventuali determinazioni contrarie.
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