MINISTERO LAVORO E POLITICHE SOCIALI – Circolare 27 agosto 2018, n. 10569
Circolare congiunta – Cittadini non comunitari richiedenti e titolari di protezione internazionale.
Chiarimenti e riferimenti normativi in merito all’accesso ai servizi e alle misure di politica attiva del lavoro erogati dai Centri per l’impiego
Premessa
Pervengono alla Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e all’ANPAL numerose richieste di chiarimenti sul tema dell’accesso ai servizi e alle misure di politica attiva del lavoro da parte dei cittadini non comunitari richiedenti e titolari di protezione internazionale e, in particolare, sul requisito della “residenza” a tal fine previsto dall’art. 11, comma 1, lett. c) del d.lgs. 150/2015.
Nel ribadire quanto già comunicato con nota ANPAL prot. 6202 del 23 maggio 2018 (allegato 1), con cui, acquisito il parere della Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, sono state già fornite indicazioni in merito, si ritiene opportuno effettuare una ricognizione della normativa vigente, al fine di fornire un quadro organico della materia.
Accesso dei cittadini non comunitari ai servizi e alle misure di politica attiva del lavoro
Cittadini non comunitari
Ai sensi del d.lgs. 286/1998 (T.U. Immigrazione), i cittadini stranieri non UE, regolarmente soggiornanti e titolari di un permesso di soggiorno che consente l’esercizio di un’attività lavorativa, godono di parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani e comunitari (articolo 2, comma 3 del T.U. Immigrazione). Tali diritti sono estesi anche ai cittadini stranieri in attesa del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno (articolo 5, comma 9-bis del T.U. Immigrazione).
Pertanto, ai cittadini stranieri non UE, a parità di condizioni rispetto ai cittadini italiani, è richiesta la dimostrazione del requisito della residenza, ai sensi del sopra citato articolo 11, comma 1 del d.lgs. 150/2015, ai fini dell’accesso ai servizi e alle misure di politica attiva del lavoro.
A tal proposito, l’iscrizione di un cittadino straniero regolarmente soggiornante nelle liste anagrafiche della popolazione di un determinato comune avviene ai sensi dell’articolo 6, comma 7 del T.U. Immigrazione e dell’articolo 2 della l. n. 1228/1954, c.d. “legge anagrafica”.
Si rammenta, inoltre, che i lavoratori stranieri, titolari di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato, che hanno perso il lavoro, anche per dimissioni, possono dichiarare lo stato di disoccupazione (articolo 19 del d.lgs. 150/2015) e usufruire dei servizi dei Centri per l’impiego per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore a un anno ovvero per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito percepita dal lavoratore straniero, qualora superiore. Decorso questo termine, trovano applicazione i requisiti reddituali dell’articolo 29, comma 3 lett. b) del T.U. Immigrazione, per cui l’eventuale successivo rinnovo del permesso di soggiorno potrà richiedersi anche qualora il lavoratore straniero dimostri un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale, sulla base dei parametri indicati (articolo 22, comma 11 del T.U. Immigrazione e Circolari del Ministero dell’Interno del 9 luglio 2012 e del 3 ottobre 2016).
Accesso ai servizi e alle misure di politica attiva del lavoro da parte dei cittadini stranieri richiedenti e titolari di protezione internazionale
La previsione del requisito della residenza, di cui all’art. 11, comma 1, lett. c) del d.lgs. 150/2015, ha fatto sorgere problemi applicativi con riferimento all’ipotesi in cui la richiesta di accesso ai servizi e alle misure di politica attiva del lavoro viene formulata da un richiedente protezione internazionale, generalmente ospitato in un centro di accoglienza. Da più parti è stato evidenziato il paradosso per cui ai cittadini richiedenti protezione internazionale, seppur legittimati a svolgere attività lavorativa trascorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda di asilo (come previsto dall’art. 22, comma 1, del d.lgs. 142/2015), risultava preclusa l’iscrizione ai Centri per l’impiego a causa della mancata iscrizione anagrafica.
In merito, giova anzitutto rammentare che, ai sensi dell’articolo 5, comma 3, del d.lgs. 142/2015, per i richiedenti protezione internazionale ospitati nei centri o nelle strutture di accoglienza, ai quali è rilasciato il permesso di soggiorno ovvero la ricevuta di richiesta, il centro o la struttura rappresentano luogo di dimora abituale ai fini della iscrizione anagrafica.
Sul tema è intervenuta la comunicazione di ANPAL n. 6202 del 23 maggio 2018, con la quale è stato rilevato che, in considerazione del carattere di lex specialis che il d.lgs. 142/2015 assume con riferimento a questa specifica categoria di soggetti vulnerabili, “il requisito della residenza anagrafica per l’accesso ai servizi e alle misure di politica attiva del lavoro erogati dai Centri per l’impiego- previsto dall’articolo 11 del D.Lgs. 150/2015 – per i richiedenti/titolari protezione internazionale è soddisfatto dal luogo di dimora abituale”.
Tale interpretazione appare, del resto, coerente con la possibilità, riconosciuta ai richiedenti protezione internazionale dal citato art. 22 del d.lgs. 142/2015, di svolgere attività lavorativa decorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda di asilo (sul tema si richiama il parere della Direzione Generale per l’attività ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, prot. n. 14751 del 26 luglio 2016, allegato 2). A fortiori, pertanto, dovrà essere consentito a tali soggetti l’accesso ai servizi e alle misure di politica attiva del lavoro erogati dai Centri per l’impiego, rispetto a cui il rilascio della dichiarazione immediata di disponibilità, di cui all’articolo 19 del d.lgs. 150/2015, è un passaggio utile, per i successivi momenti relativi alla profilazione qualitativa, sottoscrizione del patto di servizio personalizzato e attivazione della persona nella ricerca di un nuovo lavoro.
In linea con la disciplina speciale prevista per tale categoria vulnerabile, INPS ha comunicato, con il Messaggio n. 3151 del 28 luglio 2017 (allegato 3), di avere aggiornato il software Uniemens per accogliere i flussi individuali trasmessi con codice fiscale numerico provvisorio. Per effetto di tale modifica, i datori di lavori possono trasmettere le denunce individuali direttamente con il codice fiscale numerico provvisorio assegnato ai richiedenti protezione internazionale. L’innovazione mira a consentire a tale tipologia di cittadini stranieri di svolgere attività lavorativa e di accedere ad altre misure di politica attiva del lavoro, quali per esempio i tirocini formativi.
Si richiede di dare la più ampia diffusione alla presente circolare presso i Centri per l’impiego, al fine di garantire la parità di trattamento delle persone su tutto il territorio nazionale e l’accesso da parte dei cittadini stranieri, con particolare riferimento ai richiedenti/titolari di protezione internazionale, alle misure di politica attiva del lavoro, le quali costituiscono presupposto indefettibile di una efficace strategia di integrazione socio-lavorativa.
La presente circolare viene altresì pubblicata sui siti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell’ANPAL.
Allegato 1
ANPAL – Nota 22 maggio 2018, n. 6202
Allegato 2
Circolare Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 26 luglio 2016, n. 14751
Allegato 3
INPS – Messaggio 28 luglio 2017, n. 3151
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