MINISTERO LAVORO E POLITICHE SOCIALI – Nota 17 settembre 2020, n. 9430
Contratto collettivo nazionale per la disciplina dell’attività di consegna di beni per conto altrui svola da lavoratori autonomi, c.d. rider
In relazione al contratto di cui all’oggetto, trasmesso a questo Ministero nella giornata di ieri, fatta salva ogni più ampia valutazione in relazione alle iniziative avviate nell’ambito dell’apposito Tavolo tecnico, si rileva quanto segue.
a) È opportuno premettere che l’art. 47-quater del d.lgs. n. 81 del 2015, così come modificato e integrato dalla legge n. 128 del 2019, demanda ai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale la determinazione del compenso dei lavoratori autonomi che svolgano attività di consegna di beni per conto altrui. La legge stabilisce inoltre che, in difetto della stipula dei contratti di cui sopra, gli stessi lavoratori non possano essere retribuiti in base alle consegne effettuate ed ai medesimi prestatori debba essere garantito un compenso minimo orario parametrato ai minimi tabellari stabiliti da contratti collettivi nazionali di settori affini (ovvero da quello della logistica, purché sottoscritto dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale). Pertanto, la contrattazione collettiva, anche sottoscritta prima della entrata in vigore dell’art. 47-quater, dovrà comunque svolgersi nel rispetto dei parametri fissati dalla legge.
b) La norma di rinvio alla contrattazione collettiva condiziona il potere negoziale di regolazione delle modalità di determinazione del compenso alla sussistenza, in capo tanto alla organizzazione datoriale quanto a quella dei lavoratori, del requisito della “maggiore rappresentatività comparativa”. Solo tali organizzazioni, infatti, ex art. 47-quater, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2015, come novellato, possono definire criteri di determinazione del compenso complessivo che tengano conto delle modalità della prestazione e dell’organizzazione del committente. Ancorché le richiamate disposizioni non siano ancora entrate in vigore, rimane nondimeno decisivo l’accertamento in concreto del requisito soggettivo richiesto, ovvero
– si ripete – che si tratti di organizzazioni entrambe comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
c) Non rileva – e quindi non è sufficiente – a questi fini il possesso del criterio della maggiore rappresentatività storica della organizzazione stipulante, ma il diverso e ulteriore requisito selettivo costituito dal parametro comparativo su base nazionale. Come chiarito dalla giurisprudenza (ad es. Corte costituzionale, sentenza n. 51 del 2015; TAR Lazio, sentenza n. 1522 del 2018 e 8865 del 2014; Cassazione, sez. lav., n. 4951 del 2019; Corte d’Appello di Torino, 2 novembre 2017), il requisito della maggiore rappresentatività comparata presuppone un raffronto appunto di natura comparativa, specifico e concreto e di tipo eminentemente quantitativo, nell’ambito – che è qui il livello generale nazionale – considerato dalla legge. Del resto, è la stessa lettera della previsione normativa, laddove fa riferimento espresso ai contratti sottoscritti “dalle organizzazioni sindacali a suggerire (a necessità che a stipulare il contratto stesso non possa essere una sola organizzazione, se non nel caso limite in cui detta organizzazione non realizzi – da sola – una rappresentanza largamente maggioritaria a livello nazionale. Ne consegue, quindi, che la sottoscrizione da parte di una sola sigla sindacale non sembrerebbe primo facie idonea a soddisfare il requisito di cui sopra.
d) Pertanto, allorché quanto disposto dai primi due commi del citato art. 47-quater sarà pienamente prescrittivo, l’accordo in esame sembrerebbe non idoneo a derogare alle regole così poste, laddove in particolare – agli artt. 10 e 11 – disciplina il compenso dei lavoratori. Infatti, le due clausole contrattuali, derogando al criterio legale, paiono commisurare il compenso del rider alle consegne effettuate, senza garantire un minimo orario. Quindi, a partire dall’entrata in vigore dell’art. 47-ter, d.lgs. n. 81 del 2015, le richiamate disposizioni contrattuali sul compenso potrebbero essere ritenute, anche in sede ispettiva, contra legem e dunque sostituite dalla norma di legge, in assenza di un eventuale contratto collettivo sottoscritto da sindacati che risultino certamente e complessivamente “comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale”.
e) Sempre per quanto concerne i profili di merito, non può altresì sottacersi un ulteriore profilo problematico in ordine alla compatibilità sostanziale tra le previsioni di cui agli artt. 10 e 11 del contratto collettivo e le garanzie minime previste dalla fonte legislativa. Ed invero, come emerge da una lettura sistematica della previsione normativa alla luce della ratio legis, il già citato art. 47-quater attribuisce alle organizzazioni sindacali e datoriali, che soddisfino i sopraddetti standard di rappresentatività comparativa, la facoltà di stabilire i soli criteri di determinazione del compenso complessivo alla luce delle modalità concrete della prestazione, facendo tuttavia comunque salva l’esigenza della garanzia di un compenso minimo orario, come si desume in particolare dal secondo comma della disposizione. E poiché le previsioni contrattuali non contemplano, all’apparenza, alcuna garanzia minima in tal senso, giacché paiono astrattamente consentire un compenso esclusivamente parametrato sulla base delle consegne effettuabili nel tempo unilateralmente stimato dalla piattaforma, ne risulta una ulteriore potenziale tensione con la norma di legge.
f) Infine, nel corso dell’ultima riunione tenutasi con Assodelivery il Ministero aveva rappresentato l’opportunità di delimitare i contenuti del futuro contratto collettivo alla individuazione delle tutele senza procedere a operazioni di qualificazione della fattispecie, notoriamente precluse all’autonomia collettiva in quanto riservate al giudice in sede di applicazione della legge. Dalla lettura dell’art. 3 del contratto, sembrerebbe invece desumere che le parti abbiano valuto procedere a una tale qualificazione, individuando una sorta di attività tipica cui attribuire la natura di lavoro autonomo. Anche tale profilo appare, quindi, assai problematico, trattandosi di inusuale attività qualificatoria, non potendosi comunque escludere che nella realtà dei fatti i rider possano svolgere attività di natura subordinata ai sensi dell’art. 2094 c.c..
Tanto si rappresenta, in un’ottica di collaborazione interistituzionale per le più opportune valutazioni di codesta Associazione.
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