MINISTERO LAVORO E POLITICHE SOCIALI – Nota 27 febbraio 2020, n. 2088
Artt. 8, comma 3, lettera b), 16 e 17 del Codice del Terzo settore. Risposta quesito.
Sono pervenute a questa Direzione da parte di diversi stakeholders alcuni quesiti volti ad ottenere un chiarimento sulla portata e sull’applicazione delle disposizioni in oggetto richiamate.
Al riguardo, anche a seguito dell’approfondimento istruttorio condotto con la Direzione generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali di questo Ministero e con l’Agenzia delle Entrate, sentito altresì l’Ufficio legislativo, si forniscono le prime indicazioni sulle tematiche trattate.
L’articolo 4, comma 1 del Codice del Terzo settore contiene la definizione di ente del Terzo settore (ETS), i cui requisiti necessari sono la natura privatistica dell’ente, l’elemento teleologico del perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, l’assenza dello scopo di lucro, lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, l’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS), nonché l’indipendenza dai soggetti indicati al successivo comma 2. Pertanto, uno degli elementi caratterizzanti in via necessaria l’ETS è rappresentato dall’assenza dello scopo di lucro, che si traduce nell’obbligo di destinazione esclusiva delle risorse finanziarie e strumentali dell’ETS al perseguimento degli scopi istituzionali, come esplicitato nell’articolo 8, comma 1 del codice, che recita:
“Il patrimonio degli enti del Terzo settore, comprensivo di eventuali ricavi, rendite, proventi, entrate comunque denominate è utilizzato per lo svolgimento dell’attività statutaria ai fini dell’esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale”
Il medesimo articolo 8, nel successivo comma 2, al fine di evitare ogni possibile aggiramento del vincolo di destinazione sopra descritto, reca il divieto di distribuzione sia diretta che indiretta di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve, comunque denominati, a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di ogni altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto associativo. Il comma 3 contiene poi una tipizzazione, non esaustiva, delle fattispecie di distribuzione indiretta di utili e, come tali, vietate. Ai fini che rilevano in questa sede, l’attenzione deve essere rivolta alla tipologia descritta nella lettera b) del comma 3, che considera distribuzione indiretta di utili “la corresponsione a lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del quaranta per cento rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale di cui all’articolo 5, comma 1, lettere b), g) o h).
Il limite predetto, pertanto, per espressa previsione del legislatore può essere superato, senza che si integri la violazione del divieto di distribuzione indiretta di utili, in presenza di comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle seguenti attività di interesse generale: interventi e prestazioni sanitarie; formazione universitaria e post-universitaria; ricerca scientifica di particolare interesse sociale.
Ulteriori profili giuslavoristici sono presenti nell’articolo 16 del codice, il quale recita: “I lavoratori degli enti del Terzo settore hanno diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In ogni caso, in ciascun ente del Terzo settore, la differenza retributiva tra lavoratori dipendenti non può essere superiore al rapporto uno a otto, da calcolarsi sulla base della retribuzione annua lorda. Gli enti del Terzo settore danno conto del rispetto di tale parametro nel proprio bilancio sociale o, in mancanza, nella relazione di cui all’articolo 13, comma 1”
Sulla base di tale quadro normativo di riferimento, i quesiti sollevati attengono alla decorrenza delle disposizioni, all’ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione, ed infine al regime di incompatibilità tra lo status di volontario e quello di lavoratore dell’ETS.
In ordine al profilo temporale, secondo il canone interpretativo già espresso da questa Direzione con la ministeriale n. 12604 del 29.12.2017 “Codice del Terzo settore. Questioni di diritto transitorio. Prime indicazioni”(https://www.lavoro.gov.it/notizie/Documents/DG-III-Settore-lettera-Regioni-questioni-diritto-transitorio.pdf), non essendo le disposizioni di cui agli articoli 8 e 16 del Codice legate da un nesso di diretta riconducibilità all’istituzione ed all’operatività del RUNTS o all’adozione di atti di normazione secondaria, esse si devono ritenere immediatamente applicabili, a decorrere dalla data di entrata in vigore del Codice ( 3 agosto 2017). Ciò premesso, è doveroso precisare che, in ossequio al principio generale di irretroattività della legge (art.11 delle preleggi), l’articolo 8, comma 2, lettera b) dovrà applicarsi soltanto ai rapporti di lavoro costituiti a partire dall’entrata in vigore del Codice, con esclusione pertanto della sua applicazione ai rapporti già in essere antecedentemente alla medesima data. Analogo discorso deve essere fatto in relazione all’articolo 16, che troverà pertanto applicazione sui nuovi rapporti di lavoro dipendente: ai fini del rispetto del rapporto proporzionale indicato nella disposizione, il trattamento economico del nuovo rapporto di lavoro andrà commisurato alla retribuzione più bassa già in essere presso l’ETS, in sintonia con la ratio legis di contenere entro un limite definito il divario con le retribuzioni applicate ai titolari delle posizioni di responsabilità dell’ente.
Con riguardo all’ambito soggettivo di applicazione, nel periodo transitorio, per effetto del combinato disposto degli artt. 101, comma 2 e 102, comma 1, lettera a) del codice, l’articolo 8, comma 3, lettera b) si applicherà alle ODV e alle APS iscritte nei rispettivi registri, per le quali non era finora prevista una disciplina ad hoc con riguardo alle presunzioni in tema di distribuzione indiretta di utili. Per le ONLUS, invece, poiché il d.lgs. n.460/1997 sarà abrogato solo a decorrere dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea sulle disposizioni fiscali indicate nell’articolo 101, comma 10 e comunque non prima del periodo di imposta successivo all’operatività del RUNTS, ai sensi del combinato disposto degli artt. 102, comma 2 lettera a) e 104, comma 2 del codice, nel periodo transitorio continuerà a trovare applicazione la disciplina contenuta nell’articolo 10, comma 6, lettera e) del già citato d.lgs.n.460/1997, che fissa la misura differenziale alla soglia del 20%.
Per altro verso, la fattispecie dell’art. 16 comma 1 non si applicherà nel periodo transitorio alle ONLUS, per le quali la necessità di rispettare il citato rapporto di uno a otto diverrà efficace a partire dal momento dell’iscrizione nel RUNTS. Ciò in quanto fino al termine di cui all’art. 104, comma 2 del codice continueranno a trovare applicazione nei confronti di tali enti le disposizioni di cui agli artt. 10 e seguenti del D.Lgs. n. 460/1997.
Altra questione di pregnante interesse attiene all’ ambito oggettivo di applicazione dell’articolo 8, comma 3, lettera b): il riferimento fatto dal legislatore ad alcune specifiche tipologie di attività di interesse generale porta necessariamente ad escludere, stante la portata eccezionale della disposizione, avente natura derogatoria rispetto alla regola generale enunciata nell’articolo in parola, la possibilità di applicare in via analogica la medesima disposizione anche ad ulteriori tipologie di attività di interesse generale contemplate nell’articolo 5 del codice. Fatta questa precisazione preliminare, si deve aggiungere che il legislatore ritiene derogabile il tetto del 40% del livello retributivo in presenza della necessità di acquisire specifiche professionalità ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale contemplate dalla norma, supportate da idonea documentazione giustificativa. Ai fini della derogabilità del vincolo, pertanto occorre che le condizioni previste dal legislatore siano tra loro legate da un logico e coerente nesso eziologico, che ricorre in tutte quelle ipotesi nelle quali solo il superamento del tetto retributivo rende possibile all’ETS l’acquisizione di una professionalità da ritenere oggettivamente necessaria ai fini dell’implementazione delle specifiche attività di interesse generale facoltizzate dalla norma, senza le quali non sarebbe possibile lo svolgimento delle attività medesime. Appare utile precisare come il codice esiga la sussistenza di un nesso tra le professionalità che si intendono acquisire e l’esercizio dell’attività di interesse generale, da leggersi nei termini della funzionalizzazione delle specifiche competenze professionali allo sviluppo dell’oggetto sociale. Ne discende, pertanto che, da un lato, l’applicazione della deroga postula il presupposto necessario che almeno una delle attività di cui alle lettere b), g) o h) dell’articolo 5, comma 1 del codice siano statutariamente contemplate nell’oggetto sociale dell’ETS, quale attività di interesse generale dell’ETS medesimo ( anche eventualmente in concorso con ulteriori attività ex art.5 del codice); dall’altro, che il superamento del tetto sarà legittimo allorquando le professionalità da contrattualizzare siano necessariamente funzionali all’esercizio di tali attività, sia direttamente attraverso le prestazioni da svolgersi nello specifico settore di attività sopra richiamate, che indirettamente attraverso prestazioni parimenti connotate dall’elevato profilo di professionalità che siano comunque necessarie, in presenza della particolare complessità del modello organizzativo dell’ente, ai fini dell’efficace coordinamento delle attività medesime, e senza le quali, pertanto, si genererebbe un pregiudizio alle attività di interesse generale sopra richiamate. Tale rapporto di necessaria causalità dovrà essere evidenziato da adeguata documentazione, a partire dal curriculum del lavoratore e dalla relativa deliberazione assunta dal competente organo sociale, che dovrà contenere un esaustivo e logico sviluppo del percorso motivazionale alla base della costituzione del rapporto di lavoro, che dovrà essere particolarmente stringente nella rappresentazione del nesso teleologico sopra descritto, specialmente nell’ipotesi di funzionalizzazione indiretta. Sotto il profilo procedimentale, per le ONLUS, alle quali, come sopra espresso, continua ad applicarsi il regime dell’art.10, comma 6 del d.lgs. n.460/1997, in conformità a quanto espresso dall’Agenzia delle entrate con la circolare n. 59/E del 31.10.2007, essendo la disposizione richiamata norma antielusiva di tipo sostanziale, della stessa dovrà essere chiesta la disapplicazione ai sensi dell’art. 11, comma 2 della L. n.212/2000. Diversamente è a dirsi per le ODV e le APS, per le quali la natura civilistica della disposizione contenuta nell’articolo 8, comma 3 del codice esclude la possibilità di applicare alla medesima la richiesta di disapplicazione. Peraltro, in ossequio al fondamentale principio di autonomia organizzativa degli ETS, la costituzione di rapporti di lavoro comportanti lo sforamento del tetto del 40% costituisce l’esito di un processo decisionale interno all’ETS, assunto nel rispetto delle disposizioni legislative e statutarie, senza che sia necessaria alcuna preventiva autorizzazione da parte della P.A. La legittimità delle scelte organizzative adottate dall’ETS costituirà oggetto di accertamento in sede di controlli di cui agli artt.93 e 94 del codice, che potranno comportare, qualora si ravvisi l’insussistenza dei presupposti di cui all’articolo 8, comma 3, lettera b), l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’art.91, comma 1, a carico degli amministratori che hanno violato il divieto di distribuzione degli utili o hanno concorso alla loro violazione. La maggiore entità della sanzione amministrativa, rispetto alle altre fattispecie di illecito tipizzate dal codice, evidenzia il particolare disvalore di tali condotte, in quanto minano alla radice un requisito fondamentale dell’ETS, l’assenza del fine lucrativo.
Ulteriori quesiti sottoposti all’attenzione della scrivente Direzione hanno riguardato i valori retributivi da prendere in considerazione ai fini del rispetto del rapporto percentuale di cui agli articoli in esame. In primo luogo, la contrattazione collettiva richiamata dagli artt. 8, comma 3 e 16, comma 1 del codice costituisce il benchmark di riferimento ai fini della corretta applicazione delle disposizioni ivi richiamate, anche con riferimento al lavoro autonomo, ivi comprese le collaborazioni coordinate e continuative. Per altro verso, poiché le norme in questione fanno riferimento ai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del d.lgs. n.81/2015, i valori della retribuzione da prendere in considerazione saranno quelli scaturenti dai diversi livelli della contrattazione collettiva (nazionale, territoriale o aziendale). In particolare, stante il generico riferimento dell’articolo 8 comma 3 al concetto di retribuzione, si ritiene che debba essere presa a riferimento a tal fine anche la parte variabile della retribuzione, purché prevista nei contratti collettivi di cui all’articolo 51 del d.lgs. n.81/2015, applicati all’ETS.
Da ultimo, è stata prospettata la possibilità di leggere la norma sull’incompatibilità (di cui all’articolo 17, comma 5 del codice), tra lo status di volontario e quello di lavoratore della medesima organizzazione limitata al solo volontario non occasionale ( iscritto nell’apposito registro da tenersi da parte dell’ETS), consentendo in tal modo ai lavoratori dell’ETS di svolgere spontaneamente l’attività di volontariato presso il medesimo ETS in via occasionale e comunque avente un oggetto diverso dalla prestazione lavorativa. Preliminarmente, si riporta il testo della disposizione in esame: “La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria”.
Sul tema questa Direzione ha già avuto modo di pronunciarsi in altre occasioni, evidenziando come la disposizione abbia una portata ampia e generalizzata, riferibile, da un lato a “qualsiasi rapporto di lavoro” e, dall’altro, facendo riferimento al volontario sic et simpliciter, non introduce alcuna distinzione tra volontario stabile e volontario occasionale, come viene fatto in altra parte del medesimo articolo ( comma 1), a proposito dell’obbligo di registrazione, limitato alla prima categoria di volontari. La prescrizione della suddetta incompatibilità, da rapportarsi al più ampio inquadramento fornito dai precedenti commi 2 e 3 del medesimo articolo 17, intende valorizzare la libera scelta del volontario, che esula da qualunque vincolo di natura obbligatoria o da condizionamenti di alcun tipo. Al contempo, essa intende assicurare la necessaria tutela del lavoratore da possibili abusi legati ad attività che non rispondono alle caratteristiche dell’azione volontaria, come definita nei sopra richiamati commi 2 e 3 dell’articolo 17. Alla luce delle superiori considerazioni, la sussistenza di qualsiasi forma di rapporto di lavoro con l’ETS preclude al lavoratore di svolgere attività di volontariato per il medesimo ETS.