MINISTERO LAVORO E POLITICHE SOCIALI – Lettera 10 giugno 2013, n. 10478
Collaboratori familiari nei settori dell’artigianato, dell’agricoltura e del commercio – Indicazioni operative per il personale ispettivo.
Sono pervenute a questa Direzione generale richieste di chiarimenti da parte del personale ispettivo, nonché da parie di professionisti e di associazioni di categoria, in ordine alla corretta interpretazione della disciplina sulle prestazioni di natura occasionale rese dal familiare nell’ambito di realtà imprenditoriali appartenenti a ire diversi settori: artigianato, agricoltura e commercio.
I quesiti sollevati attengono, in particolare, alla possibilità per l’imprenditore, rientrante in uno dei citati settori, di utilizzare l’attività di familiari – già titolari di altro rapporto di lavoro, pensionati o soggetti che non svolgano tale attività in modo prevalente o continuativo – a titolo di collaborazione meramente occasionale, senza necessità di assolvere gli obblighi nei confronti dell’Istituto previdenziale competente.
Si riscontra, infatti, di frequente che. nelle piccole realtà imprenditoriali. il soggetto titolare dell’azienda si avvalga della collaborazione di coniuge, parenti e affini, per espletare compiti o attività a carattere puramente residuale o saltuario, a titolo di mero “aiuto” nella conduzione dell’azienda.
Quadro normativo
Nella maggior parie dei casi, la collaborazione prestata all’interno di un contesto familiare viene resa in virtù di una obbligazione di natura “morale”, basala sulla cd. affectio vel benevolentiae causa, ovvero sul legame solidaristico ed affettivo proprio del contesto familiare, che si articola nel vincolo coniugale, di parentela e di affinità e che non prevede la corresponsione di alcun compenso.
Sull’argomento in esame – il carattere abituale e prevalente del lavoro del familiare dell’imprenditore, individuale o socio, ai fini della iscrizione presso le apposite Gestioni previdenziali INPS – la circostanza che il lavoro sia reso da un familiare contribuisce a determinare in molti casi la natura occasionale della prestazione lavorativa, così da escludere l’obbligo di iscrizione in capo al familiare. In alcune specifiche circostanze, inoltre, l’occasionalità della prestazione può essere qualificata come regola generale e pertanto si ritiene che in sede di verifica ispettiva se ne debba tener conto.
In via prioritaria, appare opportuno ricondurre nell’ambito delle collaborazioni occasionali affectionis causa, escluse dall’obbligo di iscrizione presso l’Ente previdenziale, le prestazioni rese da pensionati, i quali verosimilmente non possono garantire al familiare che sia titolare o socio dell’impresa un impegno con carattere di continuità. Le ragioni possono essere molte; la scarsa volontà di impegnarsi in una attività nuova, la scelta di dedicarsi ad altri progetti o a curare più da vicino il contesto familiare. In sintesi è sempre possibile individuare una o più ragioni che possano giustificare un limitato ed occasionale impegno lavorativo. Ciò appare tanto più plausibile in quanto la “contropartita” di un impegno lavorativo abituale, ossia un futuro e, forse non significativo incremento della rata di pensione, potrebbe apparire poco “invitante” anche alla luce del relativo onere contributivo da sopportare.
Alla luce di tali osservazioni, il personale ispettivo considererà le prestazioni rese dai pensionati, parenti o affini dell’imprenditore, quali collaborazioni occasionali di tipo gratuito, tali dunque da non richiedere né l’iscrizione nella Gestione assicurativa di competenza, né da ricondurre alla fattispecie della subordinazione.
Analoga conclusione può adottarsi nell’ipotesi di prestazioni svolte dal familiare impiegato full time presso altro datore di lavoro, considerato il residuale e limitato tempo a disposizione per poter espletare altre attività o compiti con carattere di prevalenza e continuità presso l’azienda del familiare.
Nei suddetti casi, dunque, la collaborazione del familiare si considera “presuntivamente” di natura occasionale e pertanto il personale ispettivo, solo ove non ritenga di accedere a tale impostazione per la presenza di precisi indici sintomatici di una “prestazione lavorativa” in senso stretto, dovrà comunque dimostrarne la sussistenza mediante puntuale e idonea documentazione probatoria di carattere oggettivo e incontrovertibile.
Fatta questa premessa per illustrare due casi specifici di utilizzo del concetto di lavoro gratuito occasionale, ricordiamo alcuni interventi di legge aventi l’obiettivo di affermare. al verificarsi di determinate condizioni, il carattere occasionale della prestazione lavorativa.
Il riferimento è in particolare agli artt. 21 comma 6 ter D.I.. n. 260/2003 (conv. da I.. n. 326/2003) e 74. D.I.gs. n. 276/2003 concernenti, rispettivamente, la disciplina delle prestazioni di natura occasionale rese dal familiare nell’ambito delle imprese appartenenti ai settori dell’artigianato e dell’agricoltura.
La prima delle due disposizioni stabilisce che “gli imprenditori artigiani iscritti nei relativi albi provinciali possono avvalersi, in deroga alla normativa previdenziale vigente di collaborazioni occasionali di parenti entro il terzo grado, aventi anche il titolo di studente per un periodo complessivo nel corso dell’anno non superiore a novanta giorni”. La norma prosegue, inoltre, evidenziando che le collaborazioni debbano avere “carattere di aiuto, a titolo di obbligazione morale”, ovvero senza corresponsione alcuna di compensi ed essere rese nel caso di temporanea impossibilità dell’imprenditore artigiano all’espletamento della propria attività lavorativa. Resta ferma, tuttavia, per tale settore, la necessaria iscrizione all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e la malattie professionali ex D.P.R. n. 1124/1965 (cfr. art. 21 comma 6 ter).
Con riferimento alle attività agricole, l’art.74 D.Lgs. n. 276/2003 dispone, invece, che “non integrano in ogni caso un rapporto di lavoro autonomo o subordinato le prestazioni svolte da parenti e affini sino al quarto grado in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi (…).
Per quanto concerne il settore del commercio, pur non rinvenendosi un’espressa disposizione sulle collaborazioni occasionali dei familiari svolte a titolo gratuito, si può comunque richiamare l’art. 29. L. n. 160/1975, come modificato dalla L. n. 662/1996, ai sensi del quale l’obbligo di iscrizione alla gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, di cui alla L. n 613/1966, sussiste solo per i titolari o gestori in proprio di imprese che a prescindere dal numero di dipendenti, siano organizzate o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia, compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero i familiari, coadiutori preposti al punto vendita, che partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza.
Comune denominatore delle norme sopra illustrate è costituito dal fattore dell’occasionalità che rappresenta l’elemento dirimerne al fine di escludere l’obbligo di iscrizione all’Ente previdenziale e il conseguente versamento contributivo relativo all’attività svolta dal familiare a titolo gratuito.
Parametri e casistiche utili al riscontro dell’occasionalità nelle collaborazioni familiari.
Prendendo le mosse dal summenzionato quadro normativo, obiettivo della presente circolare risulta quello di fornire indicazioni di cantiere tecnico sul mero piano della metodologia ispettiva anche mediante l’utilizzo di presunzioni operative; ciò al fine di orientare le valutazioni in merito alle collaborazioni familiari di tipo occasionale escluse dagli obblighi previdenziali, assicurando in tal modo un’uniforme applicazione della soluzioni da adottare in sede di accertamento ispettivo.
Occorre sottolineare, innanzitutto, che per attività occasionale si intende quella caratterizzata dalla non sistematicità e stabilità dei compiti espletati, non integrante comportamenti di tipo abituata e prevalente nell’ambito della gestione e del funzionamento dell’impresa.
Al di fuori delle fattispecie sopra declinate (familiare pensionato o lavoratore full time), al fine di fornire una linea guida che orienti il giudizio sulla non abitualità della prestazione, appare opportuno individuare un parametro di natura quantitativa di tipo convenzionale da poter utilizzare in linea generale al fine di uniformare l’attività di vigilanza in ordine all’accertamento delle collaborazioni “familiari” in questione.
Tale parametro può essere utilmente desunto dalla disposizione di cui all’art. 21 comma 6 ter citato già previsto specificatamente per il settore dell’artigianato, che fissa in 90 giorni nel corso dell’anno il limite temporale massimo della collaborazione occasionale e gratuita prestata nel caso in cui il familiare sia impossibilitato al lavoro. Lo stesso può dunque essere ragionevolmente applicato agli artigiani al commercio e al settore agricolo, in ragione dei comuni aspetti di carattere previdenziale.
Sii ricorda, infatti, che la norma considera collaborazioni occasionali, in deroga alla normativa previdenziale vigente, le prestazioni rese da parenti entro il terzo grado, aventi anche il titolo di studente per un periodo complessivo del corso dell’anno non superiore a novanta giorni
In tal senso, nei diversi contesti settoriali, appare opportuno legare la nozione di occasionalità al limite quantitativo dei 90 giorni, intesi come frazionabili in ore, ossia 720 ore nel corso dell’anno solare.
Nel caso di superamento dei 90 giorni il limite quantitativo si considera comunque rispettato anche laddove l’attività resa dal familiare si svolga soltanto per qualche ora al giorno, fermo restando il tetto massimo delle 720 ore annue.
Trattandosi di parametro esclusivamente orientativo non si ritiene necessario, ai fini del rispetto dello stesso, che l’attività del collaboratore venga svolta “in sostituzione” del titolare dell’azienda. L’art. 21. infatti, fa semplicemente riferimento all’ipotesi di temporanea impossibilità dell’imprenditore di espletare la propria attività lavorativa ed appare dunque possibile riscontrare la genuina occasionalità della prestazione del collaboratore a prescindere dalla contestuale presenza del titolare nei locali dell’azienda ove impegnato in altre attività.
Sotto il profilo propriamente istruttorio, in virtù dei criteri generali di riparti/ione dell’onere della prova, il mancato rispetto del parametro quantitativo dovrà evidentemente essere dimostrato dal personale ispettivo mediante la rigorosa acquisizione di elementi di natura documentale o testimoniale, in assenza dei quali non potrà ritenersi provato il superamento del limite dei 90 giorni ovvero delle 720 ore annue.
Vincolo di parentela e natura giuridica dell’impresa
Per quanto attiene al riscontro del vincolo di parentela, si ritiene opportuno ricondurre in linea generale nell’ambito delle collaborazioni occasionali, escluse dagli adempimenti di carattere previdenziale, quelle instaurate tra il titolare dell’azienda, oltre che con il coniuge, con i parenti e gli affini entro il terzo grado, salva la specifica disposizione applicabile nel settore agricolo che contempla i rapporti di parentela e affinità lino al quarto grado. In proposito, si ricorda che sono parenti:
– di primo grado i genitori e i figli;
– di secondo grado i nonni, i fratelli e sorelle, i nipoti intesi come figli dei figli;
– di terzo grado i bisnonni e gli zii;
– i nipoti intesi come figli di fratelli e sorelle, i pronipoti intesi come figli dei nipoti di secondo grado.
Riguardo agli affini sono tali i parenti del coniuge:
– di primo grado i suoceri;
– di secondo grado i nonni del coniuge e i cognati;
– di terzo grado i bisnonni del coniuge, gli zii del coniuge, i nipoti intesi come figli dei cognati.
Per quanto infine concerne il soggetto imprenditoriale al quale il vincolo coniugale, di parentela o affinità va riferito, in linea di massima vale la regola generale che l’obbligo contributivo compete all’imprenditore individuale o associato, sia in forma di società a carattere personale (SNC e in accomandita) sia di società a responsabilità limitata. Disposizioni più specifiche valgono per le imprese artigiane e agricole, soprattutto in ragione delle possibili attività esercitate. Per quanto riguarda l’impresa artigiana, essa può essere esercitata in forma individuale e di società, a responsabilità limitata (INPS circ. n. 126/1997), in nome collettivo (INPS circ. n. 94/1987) e in accomandita semplice (INPS circ. nn. 126 e 179 del 1997). restando escluse le società per azioni e in accomandita per azioni. Più complesse sono le disposizioni che individuano la figura dell’imprenditore agricolo e per tale motivo si rimanda in primo luogo alle specifiche norme su coltivatori diretti . coloni e mezzadri e imprenditori agricoli professionali.
Collaborazioni familiari non occasionali – tipologie contrattuali
Merita una ulteriore considerazione la circostanza che nelle realtà imprenditoriali il familiare collaboratore sia inquadrato con differenti tipologie contrattuali, quali il contratto di natura subordinata, autonoma o mediante voucher.
Nel rispetto della libere scelte imprenditoriali, nulla vieta, infatti, che il titolare dell’azienda possa avvalersi dell’ausilio del collaboratore familiare, instaurando con lo stesso un vero e proprio rapporto di lavoro dietro corresponsione di un trattamento economico.
In queste ipotesi, l’eventuale disconoscimento dei rapporti di lavoro posti in essere deve essere presidiato da analitica attività istruttoria basata su una puntuale acquisizione e verifica di elementi documentali e testimoniali, volti a suffragare le soluzioni adottate.
In altri termini, laddove il familiare risulti inquadrato nell’ambito di tipologie contrattuali di lavoro subordinalo o autonomo (ad esempio iscrizione alla gestione INPS in concomitanza di eventi che danno diritto alle prestazioni indennitarie di maternità), si predisporrà l’attività istruttoria alla luce dei consueti criteri già evidenziali da questo Ministero in precedenti circolari.
Premesso quanto sopra si invita tutto il personale di vigilanza ad attenersi scrupolosamente alle suddette indicazioni operative richiamando, in ordine a tali profili, l’attenzione anche di coloro che presiedono alla verifica delle pratiche ispettive ed i Dirigenti chiamali ad adottare i provvedimenti definitivi sia di carattere sanzionatorio che volti al recupero della contribuzione obbligatoria.
Il rispetto di tali orientamenti, evidentemente, è richiesto anche da parte degli organi deputati a decidere su eventuali ricorsi amministrativi in merito alla corretta qualificazione dei rapporti di lavoro.
Si ricorda, da ultimo, che il mancato rispetto delle predette istruzioni può rilevare anche sotto il profilo disciplinare e sulla valutazione del comportamento organizzativo del personale dirigenziale in forza di eventuali segnalazioni che verranno trasmesse alla competente Direzione generale di questo Ministero (cfr. nota 27 aprile 2009 – Progetto Trasparenza e Uniformità dell’azione ispettiva).
Si confida nella puntuale osservanza della presente nota al fine di assicurare l’uniformità sull’intero territorio nazionale dell’azione ispettiva.
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