AGENZIA delle ENTRATE – Circolare n. 27/E del 7 settembre 2023
Modifiche apportate dal decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11, alla disciplina della cessione del credito e dello sconto in fattura di cui all’articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, e altre disposizioni in tema di bonus edilizi
SOMMARIO:
PREMESSA
1. Modifiche apportate all’articolo 121 del Decreto Rilancio da parte del Decreto Cessioni
1.1. Cessione del credito e sconto in fattura – Modalità di fruizione del credito d’imposta – Articolo 121 del Decreto Rilancio – Aspetti generali
1.2. Divieto di esercizio delle opzioni dello sconto in fattura e della cessione dei crediti d’imposta
1.3. Articolo 2, comma 4 – Abrogazione espressa dell’articolo 14, commi 2-ter, 2-sexies e 3.1, nonché dell’articolo 16, commi 1-quinquies, terzo, quarto e quinto periodo, e 1-septies, secondo e terzo periodo, del d.l. n. 63 del 2013
2. Deroghe al divieto di esercizio dell’opzione
2.1. Articolo 2, comma 1-bis – Interventi relativi al superamento ed eliminazione di barriere architettoniche di cui all’articolo 119-ter
2.2. Articolo 2, comma 2 – Condizioni per l’esercizio dell’opzione per le spese relative agli interventi ammessi al Superbonus
2.3. Articolo 2, comma 3 – Condizioni per l’esercizio dell’opzione per le spese relative agli interventi ammessi ai bonus diversi dal Superbonus
2.3.1. Articolo 2-bis – Interpretazione autentica in materia di varianti degli interventi edilizi agevolati
2.4. Articolo 2, comma 3-bis – Soggetti esclusi dal divieto di opzione
2.5. Articolo 2, comma 3-quater – Immobili danneggiati da eventi sismici o meteorologici
3. Nuovo perimetro della responsabilità solidale dei fornitori e dei cessionari
4. Ripartizione in 10 rate annuali della quota annua di credito non utilizzata
5. Divieto di acquisto dei crediti d’imposta cedibili da parte della Pubblica Amministrazione
6. Remissione in bonis
6.1. Interpretazione autentica contenuta nell’articolo 2-ter – Remissione in bonis per la mancata presentazione nei termini dell’asseverazione di efficacia degli interventi per la riduzione del rischio sismico
6.2. Articolo 2-quinquies – Remissione in bonis della Comunicazione per l’esercizio dell’opzione di cessione del credito
PREMESSA
Il decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11 (di seguito Decreto Cessioni), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 aprile 2023, n. 38, ha introdotto modifiche all’articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (di seguito Decreto Rilancio), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (di seguito articolo 121), rubricato «Opzione per la cessione o per lo sconto in luogo delle detrazioni fiscali», al fine di ridefinire l’ambito applicativo della suddetta disciplina e delineare un nuovo perimetro di responsabilità del cessionario del credito d’imposta; lo stesso ha, inoltre, previsto particolari fattispecie di remissione in bonis.
Con la presente circolare si forniscono chiarimenti con riferimento alle novità introdotte dal Decreto Cessioni, fermo restando che, per quanto compatibili, valgono tutti i chiarimenti già resi in argomento con le circolari 27 maggio 2022, n. 19/E, 6 ottobre 2022, n. 33/E, 13 giugno 2023, n. 13/E, 26 giugno 2023, n. 17/E.
1. Modifiche apportate all’articolo 121 del Decreto Rilancio da parte del Decreto Cessioni
Il Decreto Cessioni ha modificato la disciplina riguardante lo sconto in fattura e la cessione dei crediti d’imposta relativi a spese sostenute per gli interventi ammessi al c.d. Superbonus, nonché di recupero del patrimonio edilizio, di efficientamento energetico, antisismici, di recupero o restauro delle facciate degli edifici (bonus facciate), di installazione di impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica dei veicoli elettrici, di superamento ed eliminazione delle barriere architettoniche, richiamati al comma 2 dell’articolo 121. Ragioni di tutela della finanza pubblica hanno reso, infatti, necessaria l’introduzione di alcune misure che hanno limitato l’ambito applicativo dell’opzione per lo sconto in fattura o per la cessione dei crediti d’imposta, mediante l’introduzione del divieto di opzione.
Premessi brevi cenni sulla disciplina dell’opzione per lo sconto in fattura o per la cessione dei crediti d’imposta, si forniscono di seguito chiarimenti al fine di individuare le ipotesi in cui il beneficiario dell’agevolazione relativa alle spese per gli interventi rientranti in una delle fattispecie di cui al citato comma 2 dell’articolo 121 può continuare a esercitare l’opzione per un contributo sotto forma di sconto in fattura sul corrispettivo dovuto o per la cessione del credito d’imposta, in luogo della detrazione spettante.
1.1. Cessione del credito e sconto in fattura – Modalità di fruizione del credito d’imposta – Articolo 121 del Decreto Rilancio – Aspetti generali
Il Superbonus e i bonus diversi dal Superbonus costituiscono agevolazioni riconosciute sotto forma di detrazioni fiscali a favore dei soggetti che sostengono spese per determinate tipologie di lavori, con lo scopo d’incentivare il miglioramento qualitativo degli edifici, anche sotto il profilo, tra gli altri, del consumo di energia e della sicurezza sismica.
In alternativa alla ordinaria modalità di fruizione del beneficio fiscale (detrazione ripartita in quote annuali), l’articolo 121, comma 1, introduce la possibilità di fruire del beneficio attraverso lo sconto in fattura o la cessione del credito d’imposta, possibilità poi ridefinita dal Decreto Cessioni, come illustrato al paragrafo seguente.
L’articolo 121, al comma 1, stabilisce che i «soggetti che sostengono, negli anni 2020, 2021, 2022, 2023 e 2024 spese per gli interventi elencati al comma 2 possono optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente»:
– per un contributo, sotto forma di “sconto in fattura” sul corrispettivo dovuto, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi recuperato sotto forma di credito d’imposta, pari alla detrazione spettante, cedibile ad altri soggetti (NOTA 1);
– per la cessione del credito d’imposta, corrispondente alla detrazione spettante, direttamente ad altri soggetti, senza facoltà di successiva cessione (NOTA 2).
Il comma 7-bis dell’articolo 121, introdotto dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022), nel prevedere che le «disposizioni del presente articolo si applicano anche ai soggetti che sostengono, dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2025, spese per gli interventi individuati dall’articolo 119», dispone che le opzioni di cui alle sopra citate lettere a) e b) (sconto in fattura e cessione del credito d’imposta) si applicano anche alle spese sostenute dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2025 per gli interventi agevolabili rientranti nella disciplina del Superbonus.
I crediti d’imposta di cui all’articolo 121, che, in ogni caso, originano dalle detrazioni legittimamente maturate in capo al beneficiario delle stesse, derivano dall’esercizio delle opzioni di cui alle lettere a) e b), comma 1, dell’articolo 121 da parte del titolare della detrazione d’imposta.
Salvo diverse specifiche disposizioni, l’opzione va comunicata all’Agenzia delle entrate, esclusivamente in via telematica, entro il 16 marzo dell’anno successivo a quello in cui sono state sostenute le spese che danno diritto alla detrazione. Nei casi di opzione di cessione delle rate residue non fruite delle detrazioni riferite alle spese sostenute negli anni 2020, 2021, 2022, 2023, 2024 e 2025, la Comunicazione deve essere inviata entro il 16 marzo dell’anno di scadenza del termine ordinario di presentazione della dichiarazione dei redditi in cui avrebbe dovuto essere indicata la prima rata ceduta non utilizzata in detrazione. L’opzione si riferisce a tutte le rate residue ed è irrevocabile (cfr. provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 3 febbraio 2022, prot. n. 35873).
In deroga al termine ordinario, l’articolo 3, comma 10-octies, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2023, n. 14, ha stabilito che, per «le spese sostenute nel 2022, nonchè per le rate residue non fruite delle detrazioni riferite alle spese sostenute nel 2020 e nel 2021, la comunicazione per l’esercizio delle opzioni di sconto sul corrispettivo o di cessione del credito relative agli interventi eseguiti sia sulle singole unità immobiliari, sia sulle parti comuni degli edifici, di cui all’articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, deve essere trasmessa all’Agenzia delle entrate entro il 31 marzo 2023».
Quanto alla modalità di utilizzo dei crediti d’imposta, si precisa che, come previsto al comma 3 dell’articolo 121, gli stessi «sono utilizzati in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, sulla base delle rate residue di detrazione non fruite. Il credito d’imposta è usufruito con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione. La quota di credito d’imposta non utilizzata nell’anno non può essere usufruita negli anni successivi, e non può essere richiesta a rimborso».
In tema di compensazione, si precisa che l’articolo 2-quater del Decreto Cessioni in esame ha fornito un’interpretazione autentica dell’articolo 17, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, stabilendo che la compensazione ivi prevista «può avvenire, nel rispetto delle disposizioni vigenti, anche tra debiti e crediti, compresi quelli di cui all’articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nei confronti di enti impositori diversi».
La suddetta disposizione d’interpretazione autentica chiarisce, con valenza anche per il passato, che la compensazione ivi prevista, fermo restando il rispetto delle disposizioni vigenti, può avvenire anche tra crediti e debiti riferiti a enti impositori diversi (NOTA 3).
A titolo esemplificativo, è quindi possibile estinguere i debiti previdenziali e contributivi mediante l’impiego in compensazione di crediti d’imposta (nella fattispecie considerata, derivanti da bonus edilizi).
1.2. Divieto di esercizio delle opzioni dello sconto in fattura e della cessione dei crediti d’imposta
Il Decreto Cessioni modifica, come detto, la disciplina della cessione del credito d’imposta relativa ai c.d. bonus edilizi per gli interventi indicati nell’articolo 121, comma 2.
Il comma 1 dell’articolo 2 del Decreto Cessioni stabilisce che a «decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, in relazione agli interventi di cui all’articolo 121, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, non è consentito l’esercizio delle opzioni di cui all’articolo 121, comma 1, lettere a) e b) del medesimo decreto-legge».
Detta disposizione sancisce, quindi, per il titolare della detrazione d’imposta, a partire dal 17 febbraio 2023 (NOTA 4), un generale divieto di esercizio dell’opzione per il c.d. sconto in fattura o per la cessione del credito d’imposta per gli interventi elencati al comma 2 dell’articolo 121.
A decorrere dal 17 febbraio 2023, pertanto, salve le deroghe tassative esaminate nei successivi paragrafi della presente circolare, i beneficiari del Superbonus e dei bonus diversi dal Superbonus potranno fruire esclusivamente della detrazione in diminuzione delle imposte dovute, in sede di dichiarazione dei redditi, mediante una ripartizione su più anni d’imposta.
Il divieto all’esercizio dell’opzione opera in relazione agli interventi di:
– recupero del patrimonio edilizio di cui all’articolo 16-bis, comma 1, lettere a), b) e d), del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia effettuati sulle singole unità immobiliari residenziali e sulle parti comuni degli edifici residenziali; interventi di manutenzione ordinaria effettuati sulle parti comuni degli edifici residenziali, nonché interventi volti alla realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali anche a proprietà comune);
– efficienza energetica di cui all’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, e di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 119 del Decreto Rilancio;
– adozione di misure antisismiche di cui all’articolo 16, commi da 1-bis a 1-septies, del d.l. n. 63 del 2013 e di cui al comma 4 dell’articolo 119 del Decreto Rilancio;
– recupero o restauro della facciata degli edifici esistenti, ivi inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna, di cui all’articolo 1, commi 219 e 220, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (bonus facciate);
– installazione d’impianti fotovoltaici di cui all’articolo 16-bis, comma 1, lettera h), del TUIR, ivi compresi gli interventi di cui ai commi 5 e 6 dell’articolo 119 del Decreto Rilancio;
– installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici di cui all’articolo 16-ter del d.l. n. 63 del 2013 e di cui al comma 8 dell’articolo 119 del Decreto Rilancio;
– superamento ed eliminazione di barriere architettoniche di cui all’articolo 119-ter del Decreto Rilancio.
A fronte di un generale divieto di opzione per lo sconto in fattura e per la cessione del credito, i commi 1-bis, 2, 3, 3-bis e 3-quater dell’articolo 2 del Decreto Cessioni, di seguito analizzati, individuano tassative deroghe al divieto in commento.
1.3. Articolo 2, comma 4 – Abrogazione espressa dell’articolo 14, commi 2-ter, 2-sexies e 3.1, nonché dell’articolo 16, commi 1-quinquies, terzo, quarto e quinto periodo, e 1-septies, secondo e terzo periodo, del d.l. n. 63 del 2013
Il comma 4 dell’articolo 2 del Decreto Cessioni abroga le disposizioni di cui all’articolo 14, commi 2-ter, 2-sexies e 3.1, e all’articolo 16, commi 1-quinquies, terzo, quarto e quinto periodo, e 1-septies, secondo e terzo periodo, del d.l. n. 63 del 2013, ossia le norme che prevedevano la possibilità di esercitare – già prima dell’entrata in vigore dell’articolo 121 – il diritto di opzione, in luogo della detrazione, per la cessione dei crediti d’imposta e, nella sola ipotesi di cui all’articolo 14, comma 3.1 (NOTA 5), per lo sconto in fattura, in relazione a:
a) spese per interventi di riqualificazione energetica e interventi di ristrutturazione importante di primo livello (prestazione energetica) per le parti comuni degli edifici condominiali, con un importo dei lavori pari o superiore a 200.000 euro;
b) spese per interventi di riduzione del rischio sismico realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali o realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3, mediante demolizione e ricostruzione d’interi edifici, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, che provvedano alla successiva alienazione dell’immobile.
Tali norme, ancor prima dell’introduzione delle opzioni di cui all’articolo 121, comma 1, prevedevano che i soggetti beneficiari delle detrazioni potessero optare, secondo modalità diversificate, per la cessione del corrispondente credito in favore delle imprese che avevano effettuato gli interventi ovvero ad altri soggetti privati, con la facoltà di successiva cessione del credito.
La deroga alle disposizioni sopra citate, contenuta al comma 2 dell’articolo 121, aveva consentito, al momento dell’introduzione generalizzata dell’istituto della cessione del credito d’imposta e dello sconto in fattura (con il Decreto Rilancio), l’applicazione omogenea delle opzioni di cessione del credito d’imposta e sconto in fattura per gli interventi ivi previsti, consentendo, quindi, per ciascuno di essi sia la cessione sia lo sconto.
L’abrogazione ora disposta dall’articolo 2, comma 4, del Decreto Cessioni determina che, qualora la fattispecie in concreto verificatasi non rientri tra quelle di cui al comma 2 dell’articolo 121, il contribuente non potrà più avvalersi, in via residuale, delle disposizioni del d.l. n. 63 del 2013 relative all’esercizio delle opzioni.
A decorrere dall’entrata in vigore del Decreto Cessioni, dunque, gli interventi che rientravano nella previsione delle norme abrogate possono fruire dello sconto in fattura o della cessione del credito d’imposta solo ove siano compresi nell’elenco di cui al comma 2 dell’articolo 121 e sempre che ricorrano le condizioni di deroga previste dal d.l. in esame.
2. Deroghe al divieto di esercizio dell’opzione
2.1. Articolo 2, comma 1-bis – Interventi relativi al superamento ed eliminazione di barriere architettoniche di cui all’articolo 119-ter
Il nuovo comma 1-bis dell’articolo 2 (NOTA 6) del Decreto Cessioni, introdotto in sede di conversione, stabilisce la possibilità di continuare a esercitare l’opzione per lo sconto in fattura e per la cessione dei crediti d’imposta per le spese sostenute per gli interventi relativi al superamento ed eliminazione delle barriere architettoniche di cui all’articolo 119-ter del Decreto Rilancio.
Il generale divieto stabilito al comma 1 dell’articolo 2, dunque, incontra una prima deroga per le «spese documentate sostenute dal 1° gennaio 2022» (NOTA 7) per la realizzazione degli interventi (per i quali la detrazione spetta nella misura del 75 per cento):
– finalizzati al superamento e alla eliminazione delle barriere architettoniche in edifici già esistenti;
– di automazione degli impianti degli edifici e delle singole unità immobiliari funzionali ad abbattere le barriere architettoniche;
– finalizzati allo smaltimento e alla bonifica dei materiali e dell’impianto sostituito, in caso di sostituzione dell’impianto.
2.2. Articolo 2, comma 2 – Condizioni per l’esercizio dell’opzione per le spese relative agli interventi ammessi al Superbonus
Il comma 2 del richiamato articolo 2 (NOTA 8) stabilisce la possibilità di continuare a esercitare l’opzione per lo sconto in fattura e per la cessione del credito d’imposta in relazione alle spese sostenute per gli interventi agevolabili ai sensi dell’articolo 119 del Decreto Rilancio (Superbonus), per i quali, alla data del 16 febbraio 2023 (NOTA 9), risulti:
a) presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA), ai sensi dell’articolo 119, comma 13-ter, del Decreto Rilancio, nei casi di interventi diversi da quelli effettuati dai condomìni;
b) adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori e risulti presentata la CILA, ai sensi dell’articolo 119, comma 13-ter, del Decreto Rilancio, nei casi d’interventi effettuati dai condomìni;
c) presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo per gli interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici.
Il comma 2, dunque, individua ipotesi tassative di deroghe al divieto di cessione e sconto in fattura.
Con specifico riferimento alla CILA, al fine di poter esercitare l’opzione è necessario che, per gli interventi di cui alle lettere a) e b) richiamati, essa sia stata presentata, ai sensi dell’articolo 119, comma 13-ter, del Decreto Rilancio, entro il 16 febbraio 2023, a prescindere dalla circostanza che, in applicazione del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (TU dell’edilizia), i lavori richiedano un diverso titolo edilizio.
Analogamente a quanto chiarito con la circolare n. 13/E del 2023, si precisa che per gli interventi edilizi di cui alle lettere a) e b), iniziati in data antecedente all’introduzione dell’obbligo di presentazione della CILA, di cui al comma 13-ter dell’articolo 119 del Decreto Rilancio, rileva, ai fini dell’applicazione della deroga in commento, la data di presentazione del diverso titolo abilitativo richiesto dalla normativa all’epoca vigente (NOTA 10).
L’esercizio dell’opzione dello sconto in fattura e della cessione del credito di cui alla lettera c) del comma 2 dell’articolo 2 è riconosciuto, inoltre, con esclusivo riferimento alle aree classificate come zone sismiche di categoria 1, 2 e 3, anche per le spese relative agli interventi già rientranti nelle agevolazioni Superbonus e nelle previsioni di cui al comma 2 dell’articolo 121, compresi in piani di recupero del patrimonio edilizio esistente o di riqualificazione urbana comunque denominati. Tali piani di recupero e di riqualificazione urbana, tuttavia, devono presentare contenuti progettuali di dettaglio, attuabili a mezzo di titoli semplificati, i quali, al 17 febbraio 2023 (NOTA 11), risultino approvati dalle amministrazioni comunali a termine di legge e che concorrono al risparmio energetico e all’adeguamento sismico dei fabbricati.
2.3. Articolo 2, comma 3 – Condizioni per l’esercizio dell’opzione per le spese relative agli interventi ammessi ai bonus diversi dal Superbonus
Il comma 3 del richiamato articolo 2 (NOTA 12) prevede un’ulteriore deroga al divieto generale di opzione con riferimento agli interventi non rientranti nel Superbonus, stabilendo che è possibile l’esercizio dell’opzione per lo sconto in fattura e per la cessione del credito d’imposta in relazione alle spese sostenute per gli interventi diversi da quelli di cui all’articolo 119 del Decreto Rilancio, per i quali alla data del 16 febbraio 2023 (NOTA 13):
a) risulti presentata la richiesta del titolo abilitativo, ove necessario;
b) siano già iniziati i lavori per gli interventi per i quali non è prevista la presentazione di un titolo abilitativo oppure, nel caso in cui i lavori non siano ancora iniziati, sia già stato stipulato un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori; nel caso in cui al 17 febbraio 2023 (NOTA 14) non risultino versati acconti, l’attestazione che i lavori abbiano avuto inizio entro il 16 febbraio 2023, o entro detta data sia avvenuta la stipula di un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori, deve essere fornita dal cedente o committente e dal cessionario o prestatore mediante dichiarazione sostitutiva di atto notorio, resa ai sensi dell’articolo 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;
c) risulti presentata la richiesta di titolo abilitativo per l’esecuzione dei lavori edilizi rientranti negli interventi agevolabili di seguito elencati:
– realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali anche a proprietà comune (articolo 16-bis, comma 1, lettera d, del TUIR);
– restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, che provvedano entro diciotto mesi dalla data di termine dei lavori alla successiva alienazione o assegnazione dell’immobile (articolo 16-bis, comma 3, del TUIR);
– interventi antisismici effettuati mediante demolizione e ricostruzione dell’immobile ubicato in zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3 (individuate dall’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3519 del 28 aprile 2006) da parte di imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare che entro trenta mesi dal termine dei lavori provvedano alla successiva rivendita (articolo 16, comma 1-septies, del d.l. n. 63 del 2013).
2.3.1. Articolo 2-bis – Interpretazione autentica in materia di varianti degli interventi edilizi agevolati
L’articolo 2-bis (NOTA 15) del Decreto Cessioni, con una norma d’interpretazione autentica, ha stabilito, tra l’altro, che le disposizioni dell’articolo 2, commi 2 e 3, del medesimo decreto s’interpretano nel senso che «(…) la presentazione di un progetto in variante alla comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) o al diverso titolo abilitativo richiesto in ragione della tipologia di intervento edilizio da eseguire non rileva ai fini del rispetto dei termini previsti. Con riguardo agli interventi su parti comuni di proprietà condominiale, non rileva, agli stessi fini, l’eventuale nuova deliberazione assembleare di approvazione della suddetta variante».
In altri termini, sia per le spese sostenute in relazione agli interventi ammessi al Superbonus sia per quelle relative agli interventi ammessi ai bonus diversi dal Superbonus, la suddetta disposizione prevede che, nel caso in cui siano stati presentati progetti edilizi in variante alla CILA o al diverso titolo abilitativo richiesto, la verifica per stabilire l’applicabilità delle deroghe di cui all’articolo 2, commi 2 e 3, del Decreto Cessioni deve avvenire con riferimento alla data:
– di presentazione dell’originaria CILA;
– di presentazione dell’originario diverso titolo abilitativo richiesto in ragione della tipologia di intervento da eseguire;
– della delibera di esecuzione dei lavori, in caso d’interventi condominiali.
In relazione agli interventi rientranti nel Superbonus, qualora con riferimento agli interventi trainanti siano rispettate le condizioni previste dall’articolo 2, comma 2, del Decreto Cessioni, ai fini della conservazione del diritto di opzione di sconto in fattura e cessione del credito, si ritiene che il medesimo diritto di opzione spetti anche per le spese sostenute in relazione agli interventi trainati effettuati sulle parti comuni dell’edificio nonché per quelli effettuati sulle singole unità immobiliari.
La successiva presentazione di una variante al titolo originario, dunque, ai sensi dell’articolo 2-bis del Decreto Cessioni, non rileva ai fini del rispetto dei termini per l’applicabilità delle deroghe di cui sopra.
Come chiarito con la circolare n. 13/E del 2023, a mero titolo esemplificativo, costituiscono varianti alla CILA, che non rilevano ai fini del rispetto dei termini previsti dai commi 2 e 3 dell’articolo 2 del Decreto Cessioni:
– le modifiche o le integrazioni al progetto iniziale;
– la variazione dell’impresa incaricata dei lavori o del committente degli stessi;
– la previsione della realizzazione d’interventi trainanti e trainati rientranti nel Superbonus, non previsti nella CILA presentata a inizio dei lavori.
Al riguardo, si evidenzia che il comma 13-quinquies dell’articolo 119 del Decreto Rilancio prevede che, in caso di varianti in corso d’opera, queste possano essere comunicate alla fine dei lavori e costituiscono integrazione dell’originaria CILA presentata.
2.4. Articolo 2, comma 3-bis – Soggetti esclusi dal divieto di opzione
Il comma 3-bis dell’articolo 2 (NOTA 16), introdotto in sede di conversione, prevede una deroga di carattere soggettivo al generale divieto di opzione per lo sconto in fattura o cessione del credito.
La norma consente l’esercizio dell’opzione di sconto in fattura e di cessione del credito d’imposta per i seguenti soggetti:
– istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati nonché enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti istituti, costituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di “in house providing” (articolo 119, comma 9, lettera c), del Decreto Rilancio);
– cooperative di abitazione a proprietà indivisa (articolo 119, comma 9, lettera d), del Decreto Rilancio);
– organizzazioni non lucrative di utilità sociale, di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, organizzazioni di volontariato, iscritte nei registri di cui all’articolo 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266, e associazioni di promozione sociale iscritte nel registro nazionale e nei registri regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano previsti dall’articolo 7 della legge 7 dicembre 2000, n. 383 (articolo 119, comma 9, lettera d-bis, del Decreto Rilancio).
Il rinvio operato dal comma 3-bis dell’articolo 2 del Decreto Cessioni alle disposizioni di cui alle lettere c), d) e d-bis) del comma 9 dell’articolo 119 del Decreto Rilancio è diretto a individuare i soggetti esclusi dal divieto di opzione, senza alcun riferimento all’ambito oggettivo.
Ne consegue che detti soggetti possono continuare a esercitare l’opzione di sconto in fattura e cessione del credito d’imposta con riferimento sia al Superbonus sia ai bonus diversi dal Superbonus.
Tale tesi è supportata dal dato letterale del comma 3-bis dell’articolo 2 del Decreto Cessioni, che sottrae al divieto di cui al comma 1 del medesimo articolo quelle «opzioni (…) esercitate dai soggetti di cui alle lettere c), d) e d-bis) dell’articolo 119» senza discriminare le opzioni relative a crediti d’imposta da Superbonus da quelle relative ai bonus diversi dal Superbonus.
La disposizione normativa, in particolare, prevede che i soggetti sopra elencati possano continuare a esercitare l’opzione di sconto in fattura e cessione del credito d’imposta purché risultino già costituiti alla data del 17 febbraio 2023 (NOTA 17).
2.5. Articolo 2, comma 3-quater – Immobili danneggiati da eventi sismici o meteorologici
Il comma 3-quater (NOTA 18), introdotto in sede di conversione, prevede un’ulteriore deroga all’applicazione del divieto di avvalersi della procedura di cessione del credito d’imposta o dello sconto in fattura.
Con tale deroga si consente di continuare a esercitare l’opzione di cui sopra per gli interventi effettuati in relazione a immobili danneggiati dagli eventi sismici di cui all’articolo 119, comma 8-ter, primo periodo, del Decreto Rilancio (NOTA 19).
Al fine di individuare l’ambito applicativo della disposizione in commento, va rilevato che il predetto comma 8-ter dell’articolo 119 del Decreto Rilancio fa espresso riferimento ai commi 1-ter, 4-ter e 4-quater del medesimo articolo 119, che disciplinano i rapporti tra il Superbonus e i contributi previsti per la riparazione e la ricostruzione degli edifici danneggiati da eventi sismici. In sintesi, dunque, le disposizioni di cui al citato primo periodo del comma 8-ter si applicano agli interventi ammessi al Superbonus effettuati su edifici residenziali o unità immobiliari a destinazione abitativa per i quali sia stato accertato il nesso causale tra danno dell’immobile ed evento sismico, situati in uno dei Comuni di cui alle Regioni interessate da eventi sismici per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza (NOTA 20).
È possibile, altresì, esercitare l’opzione in parola per gli interventi effettuati in relazione a immobili danneggiati dagli eventi meteorologici verificatisi a partire dal 15 settembre 2022, per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con le deliberazioni del Consiglio dei ministri del 16 settembre 2022 e del 19 ottobre 2022, siti nei territori della regione Marche.
3. Nuovo perimetro della responsabilità solidale dei fornitori e dei cessionari
Al fine di contrastare i comportamenti fraudolenti nell’ambito delle operazioni di cessione dei crediti d’imposta relativi ai bonus edilizi e tutelare le ragioni erariali, sono stati introdotti nel tempo diversi correttivi alla relativa disciplina.
Con la circolare n. 33/E del 2022 è stato chiarito che “affinché il fornitore o il cessionario che utilizza in compensazione il credito d’imposta possa considerarsi responsabile in solido con il beneficiario della detrazione in ipotesi di carenza dei relativi presupposti costitutivi, lo stesso, nel rispetto delle altre condizioni recate dalla predetta modifica, deve aver operato con dolo o colpa grave, risultando, invece, irrilevante l’ipotesi di colpa lieve”.
La circolare sopracitata, cui si rinvia per quanto non diversamente disciplinato dal Decreto Cessioni, delinea, altresì, i profili degli elementi soggettivi del dolo e della colpa grave (NOTA 21) caratteristici degli illeciti tributari e la disciplina relativa al concorso nella violazione, ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
L’articolo 1, comma 1, lettera b), del Decreto Cessioni, mediante l’inserimento dei nuovi commi 6-bis, 6-ter e 6-quater all’articolo 121, individua delle ipotesi al ricorrere delle quali il fornitore o il cessionario del credito d’imposta non concorre nella violazione per colpa grave e nelle quali, quindi, non si configura la responsabilità in solido con il beneficiario della detrazione qualora sia accertata la carenza dei relativi presupposti costitutivi.
Dall’analisi del comma 6-bis (NOTA 22) si rileva, preliminarmente, che tale disposizione conferma l’applicabilità della disciplina di cui al comma 6 per le ipotesi di dolo, nonché il divieto di acquisto dei crediti di cui all’articolo 122-bis, comma 4, del Decreto Rilancio, da parte dei soggetti obbligati al rispetto della normativa antiriciclaggio (NOTA 23).
Al di fuori di questi casi, la disposizione stabilisce che non ricorre l’elemento soggettivo della colpa grave e, quindi, è esclusa la responsabilità in solido del fornitore o del cessionario del credito d’imposta laddove questi dimostri congiuntamente:
– di aver acquisito il credito d’imposta;
– di essere in possesso di una specifica documentazione a sostegno della legittimità dell’agevolazione, relativa alle opere edilizie dalle quali si è originato il credito.
Con riferimento alla condizione riguardante il possesso di una specifica documentazione, il comma 6-bis ne fornisce un elenco, di seguito riportato:
– titolo edilizio abilitativo degli interventi, oppure, nel caso d’interventi in regime di edilizia libera, dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, resa ai sensi dell’articolo 47 del DPR n. 445 del 2000, in cui sia indicata la data di inizio dei lavori e attestata la circostanza che gli interventi di ristrutturazione edilizia posti in essere rientrino tra quelle agevolabili, pure se i medesimi non necessitano di alcun titolo abilitativo, ai sensi della normativa vigente;
– notifica preliminare dell’avvio dei lavori all’azienda sanitaria locale, oppure nel caso d’interventi per i quali tale notifica non è dovuta in base alla normativa vigente, dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, resa ai sensi dell’articolo 47 del DPR n. 445 del 2000, che attesti tale circostanza;
– visura catastale ante operam o storica dell’immobile oggetto degli interventi, oppure, nel caso di immobili non ancora censiti, domanda di accatastamento;
– fatture, ricevute o altri documenti comprovanti le spese sostenute, nonché documenti attestanti l’avvenuto pagamento delle spese medesime;
– asseverazioni, quando obbligatorie per legge, dei requisiti tecnici degli interventi e della congruità delle relative spese, corredate di tutti gli allegati previsti dalla legge, rilasciate dai tecnici abilitati, con relative ricevute di presentazione e deposito presso i competenti uffici;
– nel caso d’interventi su parti comuni di edifici condominiali, delibera condominiale di approvazione dei lavori e relativa tabella di ripartizione delle spese tra i condomini;
– nel caso d’interventi di efficienza energetica, diversi da quelli di cui all’articolo 119, commi 1 e 2, la documentazione prevista dall’articolo 6, comma 1, lettere a) e c), del decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 agosto 2020, recante “Requisiti tecnici per l’accesso alle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici – cd. Ecobonus”, pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana del 5 ottobre 2020, n. 246, oppure, nel caso d’interventi per i quali uno o più dei predetti documenti non risultino dovuti in base alla normativa vigente, dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, resa ai sensi dell’articolo 47 del DPR n. 445 del 2000, che attesti tale circostanza;
– visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesti la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione sulle spese sostenute per le opere, rilasciato ai sensi dell’articolo 35 del d.lgs. n. 241 del 1997, dai soggetti indicati all’articolo 3, comma 3, lettere a) e b), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e dai responsabili dell’assistenza fiscale dei centri costituiti dai soggetti di cui all’articolo 32 del citato d.lgs. n. 241 del 1997;
– un’attestazione, rilasciata dal soggetto che è controparte nella cessione comunicata ai sensi del presente articolo, di avvenuta osservanza degli obblighi di cui agli articoli 35 e 42 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231; qualora tale soggetto sia una società quotata o una società appartenente al gruppo di una società quotata e non rientri fra i soggetti obbligati ai sensi dell’articolo 3 dello stesso d.lgs. n. 231 del 2007, un’attestazione dell’adempimento di analoghi controlli in osservanza degli obblighi di adeguata verifica della clientela è rilasciata da una società di revisione a tal fine incaricata; nel caso d’interventi di riduzione del rischio sismico, la documentazione prevista dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 6 agosto 2020, n. 329, recante modifica del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 28 febbraio 2017, n. 58, recante “Sisma Bonus – Linee guida per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni nonché le modalità per l’attestazione, da parte di professionisti abilitati, dell’efficacia degli interventi effettuati”;
– contratto di appalto sottoscritto tra il soggetto che ha realizzato i lavori e il committente.
Laddove il cessionario o il fornitore, pertanto, dimostri di aver acquisito il credito e sia in possesso della documentazione elencata al comma 6-bis, non si configura l’ipotesi del concorso nella violazione con il beneficiario della detrazione per la mancanza dei presupposti costitutivi.
Il comma 6-bis deve essere coordinato con il disposto di cui al comma 6-quater, con il quale è stato previsto che il «mancato possesso di parte della documentazione di cui al comma 6-bis non costituisce, da solo, causa di responsabilità solidale per dolo o colpa grave del cessionario, il quale può fornire, con ogni mezzo, prova della propria diligenza o della non gravità della negligenza.
Sull’ente impositore grava l’onere della prova della sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave del cessionario, ai fini della contestazione del concorso del cessionario nella violazione e della sua responsabilità solidale ai sensi del comma 6 (…)».
La disposizione riportata prevede, dunque, che il mancato possesso della documentazione di cui al comma 6-bis non comporta, di per sé, la sussistenza di dolo o colpa grave del cessionario, in quanto detti elementi soggettivi non sono desumibili dalla sola mancanza di detta documentazione conservando il cessionario la possibilità di «fornire, con ogni mezzo, prova della propria diligenza o della non gravità della negligenza».
Come stabilito all’ultimo capoverso del comma 6-quater, rimane ferma l’applicazione dell’articolo 14, comma 1-bis.1, del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91. Pertanto, in base al comma 1-bis.1 dell’articolo 14 citato, la limitazione della responsabilità solidale del cessionario al dolo e alla colpa grave opera solo con riferimento ai crediti d’imposta per i quali siano stati acquisiti, nel rispetto delle previsioni legislative, i visti di conformità, le asseverazioni e le attestazioni di legge di cui agli articoli 119 e 121, comma 1-ter, del Decreto Rilancio.
Il nuovo comma 6-ter (NOTA 24), introdotto in sede di conversione, prevede un’ulteriore ipotesi di esclusione della responsabilità solidale, applicabile a quei cessionari che acquistano i crediti d’imposta da una banca o da altra società appartenente al gruppo bancario della medesima banca o da una società quotata o da altra società appartenente al gruppo della medesima società quotata e che dispongano di un’attestazione di possesso della documentazione di cui al comma 6-bis, rilasciata dai soggetti qualificati elencati.
La presente disposizione, come già previsto al comma 6-bis, mantiene fermo il divieto di acquisto dei crediti d’imposta per i soggetti obbligati al rispetto della disciplina antiriciclaggio previsto al comma 4 (NOTA 25) dell’articolo 122-bis del Decreto Rilancio.
4. Ripartizione in 10 rate annuali della quota annua di credito non utilizzata
Il comma 3-quinquies dell’articolo 2 del predetto decreto, inserito in fase di conversione, modificando l’articolo 9, comma 4, del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176 (NOTA 26), convertito, con modificazioni, dalla legge 13 gennaio 2023, n. 6, attribuisce al cessionario di taluni crediti, al ricorrere di specifiche condizioni, la facoltà di ripartire la quota annuale di credito d’imposta non utilizzata nell’anno (credito residuo) in ulteriori 10 rate annuali di pari importo.
Trattasi, in sostanza, di una disposizione di favore che consente di ripartire la “quota annuale di credito d’imposta residuo” in 10 rate annuali di pari importo, per agevolare i cessionari che non hanno – o che prevedono di non avere – la capienza per utilizzare in compensazione tramite modello F24, entro il 31 dicembre, la quota annuale del credito d’imposta acquistato.
I crediti d’imposta per i quali può essere esercitata la facoltà di cui sopra sono relativi agli interventi di cui:
– all’articolo 119 del Decreto Rilancio (Superbonus);
– all’articolo 119-ter del Decreto Rilancio (superamento ed eliminazione delle barriere architettoniche);
– all’articolo 16, commi da 1-bis a 1-septies, del d.l. n. 63 del 2013 (interventi antisismici e di riduzione del rischio sismico, c.d. sismabonus).
La sopracitata facoltà può essere esercitata a condizione che i crediti d’imposta elencati derivino dalle Comunicazioni di cessione o di sconto in fattura inviate all’Agenzia delle entrate entro il 31 marzo 2023.
Con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 18 aprile 2023, prot. n. 132123, sono state disciplinate le modalità di attuazione della disposizione in esame, al quale si rinvia per completezza.
5. Divieto di acquisto dei crediti d’imposta cedibili da parte della Pubblica Amministrazione
All’esplicito fine del coordinamento della finanza pubblica, l’articolo 1, comma 1, lettera a), del Decreto Cessioni, nell’inserire il comma 1-quinquies nell’articolo 121, stabilisce, a decorrere dal 17 febbraio 2023 (NOTA 27), per le pubbliche amministrazioni, un divieto di acquisto dei crediti d’imposta derivanti dall’esercizio delle opzioni di cui al comma 1, lettere a) e b), del medesimo articolo (sconto in fattura e cessione del credito d’imposta).
Le pubbliche amministrazioni per le quali opera il divieto all’acquisto dei crediti d’imposta sono, per espressa disposizione normativa, «le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196», ossia:
– gli enti e i soggetti indicati a fini statistici nell’elenco oggetto del comunicato dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) in data 24 luglio 2010, pubblicato in pari data nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 171, nonché gli enti e i soggetti indicati a fini statistici dal predetto Istituto nell’elenco oggetto del comunicato dell’ISTAT in data 30 settembre 2011, pubblicato in pari data nella Gazzetta ufficiale n. 228, e successivi aggiornamenti, effettuati sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti dell’Unione Europea (NOTA 28);
– le Autorità indipendenti;
– le Amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni (NOTA 29).
6. Remissione in bonis
Le disposizioni di cui agli articoli 2-ter e 2-quinquies, introdotte in fase di conversione del Decreto Cessioni, individuano due ipotesi in cui il contribuente può avvalersi dell’istituto della remissione in bonis di cui al comma 1 dell’articolo 2 del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44.
La prima ipotesi opera nel caso in cui il contribuente non abbia presentato tempestivamente l’asseverazione di efficacia degli interventi, necessaria per fruire dell’agevolazione prevista nei casi d’interventi volti alla riduzione del rischio sismico.
La seconda ipotesi riguarda la comunicazione per l’esercizio dell’opzione di cessione del credito nel caso in cui il contratto di cessione del credito d’imposta non sia stato concluso entro il 31 marzo 2023 e il cessionario sia un soggetto qualificato come di seguito descritto.
Al riguardo si ricorda che, già con la circolare n. 33/E del 2022, è stata riconosciuta la possibilità di avvalersi della remissione in bonis anche per l’esercizio dell’opzione per lo sconto in fattura o la cessione del credito di cui al citato articolo 121 del Decreto Rilancio, purché:
– sussistano tutti i requisiti sostanziali per usufruire della detrazione di imposta relativa alle spese dell’anno di riferimento;
– i contribuenti abbiano tenuto un comportamento coerente con l’esercizio dell’opzione, in particolare, nelle ipotesi in cui tale esercizio risulti da un accordo o da una fattura precedenti al termine di scadenza per l’invio della comunicazione;
– non siano già state poste in essere attività di controllo in ordine alla spettanza del beneficio fiscale che si intende cedere o acquisire sotto forma di sconto sul corrispettivo;
– sia versato l’importo corrispondente alla misura minima della sanzione stabilita all’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.
Se tali presupposti sussistono, l’invio della Comunicazione è consentito entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile successiva all’ordinario termine annuale di trasmissione dell’opzione.
6.1. Interpretazione autentica contenuta nell’articolo 2-ter – Remissione in bonis per la mancata presentazione nei termini dell’asseverazione di efficacia degli interventi per la riduzione del rischio sismico
L’articolo 2-ter, comma 1, lettera c) (NOTA 30), primo periodo, del Decreto Cessioni prevede la possibilità che il contribuente si avvalga della remissione in bonis, di cui all’articolo 2, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, per sanare la mancata presentazione nei termini dell’asseverazione di efficacia degli interventi per la riduzione del rischio sismico (NOTA 31).
La disposizione in commento ha la finalità, quindi, di consentire al contribuente di beneficiare, attraverso la remissione in bonis, della detrazione delle spese di cui all’articolo 16, commi 1-quater, 1-quinquies e 1-septies, del d.l. n. 63 del 2013 (c.d. sismabonus) e all’articolo 119, comma 4, del Decreto Rilancio (c.d. super sismabonus).
Il secondo periodo della lettera c) del comma 1 dell’articolo 2-ter del Decreto Cessioni introduce, poi, una norma d’interpretazione autentica volta a definire il «termine di presentazione della prima dichiarazione utile» (NOTA 32) entro cui il contribuente può avvalersi della remissione in bonis di cui sopra (NOTA 33).
In particolare, il secondo periodo della lettera c) del comma 1 dell’articolo 2-ter del Decreto Cessioni stabilisce che, in relazione alle spese relative agli interventi ammessi al sismabonus e al super sismabonus, «la lettera b) del citato comma 1 dell’articolo 2 del decreto-legge n. 16 del 2012» s’interpreta nel senso che la prima dichiarazione utile è «la prima dichiarazione dei redditi nella quale deve essere esercitato il diritto a beneficiare della detrazione della prima quota costante dell’agevolazione (…)».
Pertanto, le spese sostenute a decorrere dal 2022, agevolabili ai sensi dell’articolo 16, commi 1-quater, 1-quinquies e 1-septies, del d.l. n. 63 del 2013 (c.d. sismabonus) e dell’articolo 119, comma 4, del Decreto Rilancio (c.d. super sismabonus), finalizzate alla riduzione del rischio sismico, possono essere portate in detrazione solo a condizione che tutti gli adempimenti necessari ai fini del perfezionamento della remissione in bonis siano posti in essere entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi nella quale deve essere esercitato il diritto a beneficiare della detrazione della prima quota costante dell’agevolazione.
Qualora il contribuente intenda avvalersi, in luogo della detrazione d’imposta, dell’opzione dello sconto in fattura o della cessione del credito d’imposta, la lettera c) del comma 1 dell’articolo 2-ter del Decreto Cessioni prevede che la remissione in bonis, mediante la presentazione dell’asseverazione sopracitata, debba perfezionarsi «prima della presentazione della comunicazione di opzione di cui al comma 7 del medesimo articolo 121».
6.2. Articolo 2-quinquies – Remissione in bonis della Comunicazione per l’esercizio dell’opzione di cessione del credito
La nuova previsione normativa prevede la possibilità di avvalersi della remissione in bonis anche nell’ipotesi in cui la Comunicazione per l’esercizio dell’opzione di cessione del credito di cui all’articolo 3, comma 10-octies, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2023, n. 14 (NOTA 34), non sia stata effettuata entro il 31 marzo 2023 perché, a tale data, non risultava ancora concluso il contratto di cessione del credito.
In particolare, l’articolo 2-quinquies (NOTA 35) del Decreto Cessioni prevede che è comunque consentita la presentazione tardiva della Comunicazione per l’esercizio dell’opzione di cessione sopra identificata, avvalendosi dell’istituto della remissione in bonis, nonostante alla data del 31 marzo 2023 mancasse il presupposto sostanziale per l’invio della comunicazione, ossia un contratto regolarmente concluso.
Tale eccezione all’istituto della remissione in bonis (NOTA 36) – limitata alle sole spese sostenute nel 2022, nonché per le rate residue non fruite delle detrazioni riferite alle spese sostenute nel 2020 e nel 2021 – è, tuttavia, subordinata alla condizione che il cessionario del credito d’imposta rientri tra i soggetti qualificati (banche, intermediari finanziari iscritti nell’albo previsto dall’articolo 106 del testo unico bancario, società appartenenti a un gruppo bancario iscritto nell’albo di cui all’articolo 64 del TUB, imprese di assicurazione autorizzate a operare in Italia ai sensi del codice delle assicurazioni private).
La disposizione in esame consente al beneficiario della detrazione di effettuare la Comunicazione di cessione del credito all’Agenzia delle entrate, utilizzando l’istituto della remissione in bonis di cui all’articolo 2, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile, da intendersi come la prima dichiarazione dei redditi il cui termine di presentazione scade successivamente al termine previsto per effettuare la Comunicazione (ossia entro il 30 novembre 2023, a nulla rilevando il “periodo di tolleranza” di 90 giorni (NOTA 37)).
Inoltre, poiché ai fini dell’esercizio della remissione in bonis è richiesto, tra le altre condizioni previste dall’articolo 2 del d.l. n. 16 del 2012, anche il versamento di un importo pari a 250,00 euro, ossia il minimo della sanzione stabilita all’articolo 11, comma 1, del d.lgs. n. 471 del 1997, si precisa che tale somma è dovuta per sanare ciascun inadempimento del contribuente. Ne deriva, pertanto, che il contribuente deve versare un importo pari a 250,00 euro per ciascuna Comunicazione di cessione del credito non effettuata nel termine del 31 marzo 2023.
Si rappresenta, infine, che, qualora il contribuente abbia inviato diverse Comunicazioni di cessione del credito oltre il termine del 31 marzo 2023, versando un unico importo di 250 euro, in luogo del versamento di 250 euro per ciascuna comunicazione tardiva, ai fini del perfezionamento della remissione in bonis, il versamento delle ulteriori somme dovute può avvenire anche successivamente alla presentazione delle Comunicazioni, purché lo stesso avvenga entro la predetta data del 30 novembre 2023, sempreché, come detto, sussistano i presupposti sostanziali per godere delle agevolazioni richieste. Le condizioni previste dalla norma per considerare perfezionata la remissione in bonis (rimozione dell’errore od omissione e versamento della somma pari a 250 euro per ciascun errore/omissione rimosso) devono, infatti, realizzarsi al più tardi entro il termine del 30 novembre 2023, sempre che la violazione non sia stata constatata dall’Amministrazione finanziaria o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza.
A supporto di tale conclusione depongono i chiarimenti forniti in tema di ravvedimento operoso (di cui la remissione in bonis mutua i principi laddove non esplicitamente derogati) con la circolare 10 luglio 1998, n. 180, secondo cui: “(…) il ravvedimento si perfeziona allorquando siano state eseguite tutte le incombenze richieste dalla legge (…)”; “(…) il termine ‘contestualmente’ (…) non deve essere inteso nel senso che tutte le incombenze previste ai fini del ravvedimento (rimozione formale della violazione e pagamento delle somme dovute) debbano avvenire nel ‘medesimo giorno’ ma, com’è logico che sia, entro lo stesso ‘limite temporale’ (…) previsto dalla norma” (cfr. anche risoluzione del 23 giugno del 2011, n. 67, in tema di ravvedimento parziale).
Le direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle direzioni provinciali e dagli uffici dipendenti.
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– Note –
(1) L’articolo 121, comma 1, lettera a), prevede «un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d’imposta, di importo pari alla detrazione spettante, cedibile dai medesimi ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di tre ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all’albo previsto dall’articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, di società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all’albo di cui all’articolo 64 del predetto testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia ovvero di imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia ai sensi del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, ferma restando l’applicazione dell’articolo 122-bis, comma 4, del presente decreto, per ogni cessione intercorrente tra i predetti soggetti, anche successiva alla prima; alle banche, ovvero alle società appartenenti ad un gruppo bancario iscritto all’albo di cui all’articolo 64 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, è sempre consentita la cessione a favore di soggetti diversi dai consumatori o utenti, come definiti dall’articolo 3, comma 1, lettera a), del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, che abbiano stipulato un contratto di conto corrente con la banca stessa, ovvero con la banca capogruppo, senza facoltà di ulteriore cessione».
(2) L’articolo 121, comma 1, lettera b), prevede «la cessione di un credito d’imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di tre ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all’albo previsto dall’articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, di società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all’albo di cui all’articolo 64 del predetto testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia ovvero di imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia ai sensi del codice di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, ferma restando l’applicazione dell’articolo 122-bis, comma 4, del presente decreto, per ogni cessione intercorrente tra i predetti soggetti, anche successiva alla prima; alle banche, ovvero alle società appartenenti ad un gruppo bancario iscritto all’albo di cui all’articolo 64 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, è sempre consentita la cessione a favore di soggetti diversi dai consumatori o utenti, come definiti dall’articolo 3, comma 1, lettera a), del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, che abbiano stipulato un contratto di conto corrente con la banca stessa, ovvero con la banca capogruppo, senza facoltà di ulteriore cessione».
(3) Cfr. in tema di compensazione le risposte a interpello n. 1 del 2020 e n. 435 del 2022.
(4) Data di entrata in vigore del Decreto Cessioni.
(5) Il comma 3.1 dell’articolo 14 del d.l. n. 63 del 2013 stabilisce che a «partire dal 1° gennaio 2020, unicamente per gli interventi di ristrutturazione importante di primo livello di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 giugno 2015, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 15 luglio 2015, recante adeguamento del decreto del Ministro dello sviluppo economico, 26 giugno 2009 – Linee guida nazionali per la certificazione energetica, per le parti comuni degli edifici condominiali, con un importo dei lavori pari o superiore a 200.000 euro, il soggetto avente diritto alle detrazioni può optare, in luogo dell’utilizzo diretto delle stesse, per un contributo di pari ammontare, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, anticipato dal fornitore che ha effettuato gli interventi e a quest’ultimo rimborsato sotto forma di credito d’imposta da utilizzare esclusivamente in compensazione, in cinque quote annuali di pari importo, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, senza l’applicazione dei limiti di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Il fornitore che ha effettuato gli interventi ha a sua volta facoltà di cedere il credito d’imposta ai propri fornitori di beni e servizi, con esclusione della possibilità di ulteriori cessioni da parte di questi ultimi. Rimane in ogni caso esclusa la cessione ad istituti di credito e ad intermediari finanziari».
(6) L’articolo 2, comma 1-bis, del Decreto Cessioni prevede che le «disposizioni di cui al comma 1 non si applicano alle opzioni relative alle spese sostenute per gli interventi di superamento ed eliminazione di barriere architettoniche di cui all’articolo 119-ter del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77».
(7) Ai sensi dell’articolo 121, comma 1, l’opzione può essere esercitata per le spese relative agli interventi di cui al comma 2, diverse da quelle che danno diritto al Superbonus, sostenute negli anni 2020, 2021, 2022, 2023 e 2024.
(8) L’articolo 2, comma 2, del Decreto Cessioni prevede che le «disposizioni di cui al comma 1 non si applicano alle opzioni relative alle spese sostenute per gli interventi di cui all’articolo 119 del citato decreto-legge n. 34 del 2020, per i quali in data antecedente a quella di entrata in vigore del presente decreto:
a) per gli interventi diversi da quelli effettuati dai condomini risulti presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA), ai sensi dell’articolo 119, comma 13-ter, del decreto-legge n. 34 del 2020;
b) per gli interventi effettuati dai condomini risulti adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori e risulti presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA), ai sensi dell’articolo 119, comma 13-ter, del decreto-legge n. 34 del 2020;
c) per gli interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici risulti presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo. Con esclusivo riferimento alle aree classificate come zone sismiche di categoria 1, 2 e 3, le disposizioni della presente lettera si applicano anche alle spese per gli interventi già rientranti nell’ambito di applicazione degli articoli 119 e 121, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, compresi in piani di recupero del patrimonio edilizio esistente o di riqualificazione urbana comunque denominati, che abbiano contenuti progettuali di dettaglio, attuabili a mezzo di titoli semplificati, i quali alla data di entrata in vigore del presente decreto risultino approvati dalle amministrazioni comunali a termine di legge e che concorrano al risparmio del consumo energetico e all’adeguamento sismico dei fabbricati interessati».
(9) Data antecedente a quella di entrata in vigore del Decreto Cessioni.
(10) L’articolo 1 dell’Accordo tra Governo, Regioni ed enti locali del 4 agosto 2021 n. 88/cu prevede che: «1. Ai sensi dell’art. 24, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, secondo cui lo Stato, le regioni, le province autonome e le autonomie locali sottoscrivono accordi e intese al fine di coordinare le iniziative e le attività delle amministrazioni interessate concernenti l’attuazione dell’Agenda per la semplificazione, è adottato il modulo unificato e standardizzato per la presentazione della CILA, ai sensi dell’art. 119, comma 13-ter del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, di cui all’Allegato 1, che costituisce parte integrante del presente Accordo.
2. Attesa l’urgenza dell’adozione della modulistica di cui al comma 1, la stessa è efficace dal giorno successivo alla data di pubblicazione del presente Accordo sul sito istituzionale della Presidenza del Consiglio – Dipartimento della funzione pubblica.
3. Le regioni, le province autonome e i comuni adottano le misure organizzative e tecnologiche necessarie per assicurare la massima diffusione e la gestione anche telematica del modulo».
Il predetto modello è efficace dal 5 agosto 2021.
(11) Data di entrata in vigore del Decreto Cessioni.
(12) L’articolo 2, comma 3, del Decreto Cessioni prevede che le «disposizioni di cui al comma 1 non si applicano alle opzioni relative alle spese sostenute per gli interventi diversi da quelli di cui all’articolo 119 del citato decreto-legge n. 34 del 2020, per i quali in data antecedente a quella di entrata in vigore del presente decreto:
a) risulti presentata la richiesta del titolo abilitativo, ove necessario;
b) per gli interventi per i quali non è prevista la presentazione di un titolo abilitativo, siano già iniziati i lavori oppure, nel caso in cui i lavori non siano ancora iniziati, sia già stato stipulato un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori. Nel caso in cui alla data di entrata in vigore del presente decreto non risultino versati acconti, la data antecedente dell’inizio dei lavori o della stipulazione di un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori deve essere attestata sia dal cedente o committente sia dal cessionario o prestatore mediante dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà resa ai sensi dell’articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;
c) risulti presentata, con riguardo alle agevolazioni di cui all’articolo 16-bis, commi 1, lettera d), e 3, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e all’articolo 16, comma 1-septies, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, la richiesta di titolo abilitativo per l’esecuzione dei lavori edilizi».
(13) Data antecedente a quella di entrata in vigore del Decreto Cessioni.
(14) Data di entrata in vigore del Decreto Cessioni.
(15) L’articolo 2-bis prevede che: «1. Le disposizioni dell’articolo 1, comma 894, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, e dell’articolo 2, commi 2 e 3, del presente decreto si interpretano nel senso che la presentazione di un progetto in variante alla comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) o al diverso titolo abilitativo richiesto in ragione della tipologia di intervento edilizio da eseguire non rileva ai fini del rispetto dei termini previsti. Con riguardo agli interventi su parti comuni di proprietà condominiale, non rileva, agli stessi fini, l’eventuale nuova deliberazione assembleare di approvazione della suddetta variante».
(16) L’articolo 2, comma 3-bis, del Decreto Cessioni prevede che le «disposizioni di cui al comma 1 non si applicano alle opzioni di cui all’articolo 121, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, esercitate dai soggetti di cui alle lettere c), d) e d-bis) del comma 9 dell’articolo 119 del medesimo decreto-legge n. 34 del 2020 che risultano già costituiti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Con riguardo ai soggetti di cui alla predetta lettera d-bis) del comma 9 dell’articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020, tutti i requisiti necessari ai fini dell’applicazione delle disposizioni del comma 10-bis del medesimo articolo 119 devono sussistere fin dalla data di avvio dei lavori o, se precedente, di sostenimento delle spese, e devono permanere fino alla fine dell’ultimo periodo d’imposta di fruizione delle quote annuali costanti di detrazione, salvo il requisito della registrazione del contratto di comodato d’uso, nel caso di detenzione a tale titolo dell’immobile oggetto degli interventi, per il quale il secondo periodo del citato articolo 119, comma 10-bis, lettera b), prevede espressamente la sussistenza da data certa anteriore alla data di entrata in vigore del medesimo comma 10-bis».
(17) Data di entrata in vigore del Decreto Cessioni.
(18) L’articolo 2, comma 3-quater, del Decreto Cessioni prevede che le «disposizioni di cui al comma 1 non si applicano agli interventi effettuati in relazione a immobili danneggiati dagli eventi sismici di cui all’articolo 119, comma 8-ter, primo periodo, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nonché in relazione a immobili danneggiati dagli eventi meteorologici verificatisi a partire dal 15 settembre 2022 per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con le deliberazioni del Consiglio dei ministri 16 settembre 2022, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 221 del 21 settembre 2022, e 19 ottobre 2022, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 255 del 31 ottobre 2022, situati nei territori della regione Marche».
(19) In particolare, il comma 8-ter, primo periodo, dell’articolo 119 del Decreto Rilancio prevede che, per «gli interventi effettuati nei comuni dei territori colpiti da eventi sismici verificatisi a far data dal 1° aprile 2009 dove sia stato dichiarato lo stato di emergenza, la detrazione per gli incentivi fiscali di cui ai commi 1-ter, 4-ter e 4-quater spetta, in tutti i casi disciplinati dal comma 8-bis, per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2025, nella misura del 110 per cento».
(20) Cfr. al riguardo i chiarimenti resi con la risoluzione del 15 febbraio 2022, n. 8/E e con la circolare del 23 giugno 2022, n. 23/E e, da ultimo, con la circolare n. 13/E del 2023.
(21) Nella medesima circolare sono riportate alcune ipotesi esemplificative e non esaustive in cui sussistono il dolo e la colpa grave. Al riguardo, è stato precisato che “il dolo ricorre quando il cessionario è consapevole dell’inesistenza del credito, come ad esempio nel caso in cui quest’ultimo abbia preventivamente concordato con l’asserito beneficiario le modalità di generazione e fruizione dello stesso ovvero qualora il carattere fittizio del credito sia manifestamente evidente ad un primo esame, da chiunque condotto, e ciononostante il cessionario proceda comunque all’acquisizione e alla compensazione dello stesso nel modello F24, traendo un beneficio fiscale indebito correlato al credito inesistente”, mentre “la colpa grave ricorre quando il cessionario abbia omesso, in termini “macroscopici” la diligenza richiesta, come, ad esempio, nel caso in cui l’acquisto dei crediti sia stato eseguito in assenza di documentazione richiesta a supporto degli stessi o in presenza di una palese contraddittorietà della documentazione prodotta dal cedente (ad esempio, nel caso in cui l’asseverazione si riferisca a un immobile diverso da quello oggetto degli interventi agevolati)”.
(22) L’articolo 121, comma 6-bis prevede che «Ferma restando, nei casi di dolo, la disciplina di cui al comma 6 del presente articolo e fermo restando il divieto di acquisto di cui all’articolo 122-bis, comma 4, il concorso nella violazione che, ai sensi del medesimo comma 6, determina la responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari, è in ogni caso escluso con riguardo ai cessionari che dimostrino di aver acquisito il credito d’imposta e che siano in possesso della seguente documentazione, relativa alle opere che hanno originato il credito d’imposta, le cui spese detraibili sono oggetto delle opzioni di cui al comma 1:(…)».
(23) I soggetti obbligati al rispetto della disciplina antiriciclaggio (articolo 122-bis del Decreto Rilancio) hanno il divieto di acquistare i crediti d’imposta ove ricorrano i seguenti presupposti:
– l’operazione sia soggetta all’obbligo di segnalazione in quanto sospetta, ai sensi dell’articolo 35 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231;
– il cessionario avrebbe dovuto astenersi dall’operazione ai sensi dell’articolo 42 del d.lgs. n. 231 del 2007 (cfr. circolare n. 33/E del 2022, pag.11).
(24) L’articolo 121, comma 6-ter, del Decreto Rilancio prevede che la «esclusione di cui al comma 6-bis opera anche con riguardo ai cessionari che acquistano i crediti d’imposta da una banca o da altra società appartenente al gruppo bancario della medesima banca o da una società quotata o da altra società appartenente al gruppo della medesima società quotata facendosi rilasciare un’attestazione del possesso, da parte della banca, della società quotata o della diversa società del gruppo cedente, di tutta la documentazione di cui al comma 6-bis. Resta fermo il divieto di cui all’articolo 122-bis, comma 4».
(25) L’articolo 122-bis, comma 4, del Decreto Rilancio prevede che i «soggetti obbligati di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, che intervengono nelle cessioni comunicate ai sensi degli articoli 121 e 122 del presente decreto, non procedono all’acquisizione del credito in tutti i casi in cui ricorrono i presupposti di cui agli articoli 35 e 42 del predetto decreto legislativo n. 231 del 2007, fermi restando gli obblighi ivi previsti».
(26) L’articolo 9, comma 4, del d.l. n. 176 del 2022 prevede che per «gli interventi di cui agli articoli 119 e 119-ter del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, e all’articolo 16, commi da 1-bis a 1-septies, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, in deroga all’articolo 121, comma 3, terzo periodo, del predetto decreto-legge n. 34 del 2020, i crediti d’imposta derivanti dalle comunicazioni di cessione o di sconto in fattura inviate all’Agenzia delle entrate entro il 31 marzo 2023 e non ancora utilizzati possono essere fruiti in 10 rate annuali di pari importo, in luogo dell’originaria rateazione prevista per i predetti crediti, previo invio di una comunicazione all’Agenzia delle entrate da parte del fornitore o del cessionario, da effettuarsi in via telematica, anche avvalendosi dei soggetti previsti dal comma 3 dell’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322. La quota di credito d’imposta non utilizzata nell’anno non può essere usufruita negli anni successivi e non può essere richiesta a rimborso. L’Agenzia delle entrate, rispetto a tali operazioni, effettua un monitoraggio dell’andamento delle compensazioni, ai fini della verifica del relativo impatto sui saldi di finanza pubblica e della eventuale adozione da parte del Ministero dell’economia e delle finanze dei provvedimenti previsti ai sensi dell’articolo 17, commi 12-bis, 12-ter e 12-quater, della legge 31 dicembre 2009, n. 196. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sono definite le modalità attuative della disposizione di cui al presente comma».
(27) Data di entrata in vigore del Decreto Cessioni.
(28) Trattasi degli enti e dei soggetti individuati dall’ISTAT in apposito elenco contenente le unità istituzionali che fanno parte del settore delle Amministrazioni Pubbliche, consultabile sul sito internet dell’Istituto, predisposto in applicazione del Sistema europeo dei conti e della guida metodologica e operativa fornita dal Manual on Government Deficit and Debt – Implementation of ESA 2010, pubblicato da Eurostat (Edizione 2019). Le unità istituzionali sono classificate in base a criteri di natura statistica-economica e oggetto di continui confronti con le Autorità statistiche europee (cfr. AC 889/A documentazione per l’esame parlamentare delle misure urgenti in materia di cessione dei crediti).
(29) Trattasi di tutte le Amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende e le Amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e i loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le Camere di Commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e egli enti del Servizio Sanitario Nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie fiscali di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (cfr. AC 889/A documentazione per l’esame parlamentare delle misure urgenti in materia di cessione dei crediti).
(30) L’articolo 2-ter, comma 1, lettera c), del Decreto Cessioni prevede che «è concessa al contribuente la possibilità di avvalersi della remissione in bonis di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, rispetto all’obbligo di presentazione nei termini dell’asseverazione di efficacia degli interventi per la riduzione del rischio sismico, di cui all’articolo 3, comma 3, del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 58 del 28 febbraio 2017, ai fini delle detrazioni fiscali di cui all’articolo 16, commi 1-quater, 1-quinquies e 1-septies, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, e all’articolo 119, comma 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77; in relazione a tali benefìci fiscali, la lettera b) del citato comma 1 dell’articolo 2 del decreto-legge n. 16 del 2012 si interpreta nel senso che la prima dichiarazione utile è la prima dichiarazione dei redditi nella quale deve essere esercitato il diritto a beneficiare della detrazione della prima quota costante dell’agevolazione, fermo restando che, nel caso in cui l’agevolazione sia fruita mediante esercizio di una delle opzioni previste dall’articolo 121, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020, la remissione in bonis del contribuente deve avvenire prima della presentazione della comunicazione di opzione di cui al comma 7 del medesimo articolo 121».
(31) Cfr. articolo 3, comma 3, del d.m. n. 58 del 2017.
(32) Cfr. l’articolo 2, comma 1, lettera b), del d.l. n. 16 del 2012.
(33) Come chiarito con la circolare del 28 settembre 2012, n. 38/E, cui si rinvia per completezza, la remissione in bonis è subordinata al ricorrere delle condizioni previste all’articolo 2, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, ossia qualora:
a) sussistano tutti i requisiti sostanziali per godere delle agevolazioni richieste (articolo 2, comma 1, lettera a), del d.l. n. 16 del 2012);
b) il contribuente effettui la comunicazione o l’adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile (articolo 2, comma 1, lettera b), del d.l. n. 16 del 2012);
c) il contribuente proceda, contestualmente, al versamento di un importo pari a 250,00 euro, ossia il minimo della sanzione stabilita all’articolo 11, comma 1, del d.lgs. n. 471 del 1997, per ciascuna violazione commessa tramite modello F24, ai sensi dell’articolo 17 del d.lgs. n. 241 del 1997 e successive modifiche, senza possibilità di effettuare la compensazione con crediti eventualmente disponibili (articolo 2, comma 1, lettera c, del d.l. n. 16 del 2012).
Il contribuente potrà avvalersi della remissione in bonis a condizione che la violazione «non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza (…)». Ne consegue che soltanto in assenza di attività di accertamento avviate da parte dell’Amministrazione finanziaria e conosciute dal contribuente è possibile porre in essere, ancorché tardivamente, gli adempimenti necessari al fine di fruire del beneficio fiscale.
(34) L’articolo 3, comma 10-octies, del d.l. n. 198 del 2022 prevede che: «Per le spese sostenute nel 2022, nonché per le rate residue non fruite delle detrazioni riferite alle spese sostenute nel 2020 e nel 2021, la comunicazione per l’esercizio delle opzioni di sconto sul corrispettivo o di cessione del credito relative agli interventi eseguiti sia sulle singole unità immobiliari, sia sulle parti comuni degli edifici, di cui all’articolo 121, deve essere trasmessa all’Agenzia delle entrate entro il 31 marzo 2023».
(35) L’articolo 2-quinquies del Decreto Cessioni prevede che la «comunicazione per l’esercizio dell’opzione di cessione del credito di cui all’articolo 3, comma 10-octies, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2023, n. 14, qualora il contratto di cessione non sia stato concluso alla data del 31 marzo 2023, può essere effettuata dal beneficiario della detrazione con le modalità ed entro i termini di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, se la cessione è eseguita a favore di banche, intermediari finanziari iscritti nell’albo previsto dall’articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, società appartenenti a un gruppo bancario iscritto nell’albo di cui all’articolo 64 del medesimo testo unico o imprese di assicurazione autorizzate a operare in Italia ai sensi del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209».
(36) In linea di principio, la remissione in bonis consente di regolarizzare un adempimento di natura formale cui è subordinata la fruizione di un beneficio o l’esercizio di una opzione, solo a condizione che ne ricorrano i presupposti sostanziali.
(37) Con la circolare 28 settembre 2012, n. 38/E, in argomento, l’Agenzia ha precisato che, “(…) sulla base delle disposizioni del DPR n. 322 del 1998, per ‘termine di presentazione’ si intende quello ordinario di presentazione del Modello UNICO, a nulla rilevando il ‘periodo di tolleranza’ di 90 giorni previsto dall’articolo 2, comma 7, del medesimo decreto secondo cui «sono considerate valide le dichiarazioni presentate entro 90 giorni dalla scadenza del termine, salva restando l’applicazione delle sanzioni amministrative per il ritardo»”.
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