La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 8537 depositata il 31 marzo 2017 intervenendo in tema di motivazione dell’atto di intimazione ha affermato che è sufficiente e valida l’intimazione di pagamento che richiama sinteticamente, “la sentenza non definitiva della Commissione tributaria” e “l’avviso di accertamento impugnato in quel giudizio”.
La vicenda ha riguardato un contribuente a cui veniva notificato una cartella di pagamento ai sensi dell’articolo 68 del D.Lgs. n. 546/92 emessa in seguito alla decisione della Commissione Tributaria Regionale nel giudizio di impugnazione del prodromico avviso di accertamento. Il contribuente impugnala la cartella con ricorso alla Commissione Tributaria. I giudici di merito accoglievano le doglianze del ricorrente. In particolare i giudici di appello nell’accogliere le doglianze del contribuente annullando la cartella per carenza di motivazione, hanno sostenuto che non era sufficiente il semplice “riferimento alla sentenza della C.T.R.” (con la quale, in parziale accoglimento dell’appello dell’Amministrazione finanziaria, erano stati rideterminati i maggiori ricavi su cui computare il maggior reddito d’impresa e le imposte), in difetto di indicazione dei criteri utilizzati dall’Ufficio per il calcolo dell’imponibile e dell’imposta.
Avverso la decisione della CTR l’Amministrazione finanziaria propone ricorso fondato su un unico motivo.
Gli Ermellini accolgono la doglianza dell’Agenzia in quanto per “la funzionalità dell’obbligo motivazionale alla preservazione in capo al contribuente del diritto di difesa e di contraddittorio sul fondamento della pretesa fiscale”, “la cartella esattoriale (che segua ad una decisione intervenuta nel giudizio di impugnazione a prodromico accertamento) non può considerarsi invalida allorquando, pur limitandosi ad indicare gli estremi dell’atto presupposto, già noto al contribuente stesso, venga impugnata da quest’ultimo il quale dimostri, proprio per averli puntualmente contestati, di avere piena conoscenza dei presupposti della pretesa medesima”.
In questa vicenda “l’intimazione di pagamento conteneva gli estremi della sentenza, non definitiva, resa inter partes dalla Commissione tributaria provinciale e dell’avviso di accertamento in quel giudizio impugnato e, pur essendosi quei giudici di primo grado limitati a disporre la rideterminazione del reddito imponibile della società, sulla base di una diversa percentuale di ricarico, e delle conseguenti imposte e sanzioni, il contribuente aveva potuto puntualmente contestare i presupposti della riscossione frazionata e, nel merito, la stessa debenza delle imposte e sanzioni”.
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