La Corte di Cassazione con la sentenza n. 11493 del 14 maggio 2013 ha riaffermato per le movimentazioni sui conti correnti che non trovano corrispondenza nelle registrazioni contabili aziendali l’onere di prova è a carico del contribuente, il quale è tenuto a dimostrare la correttezza delle operazioni e la loro estraneità all’attività aziendale. La Commissione Tributaria Regionale di Bari, nel confermare il giudizio di primo grado, aveva ritenuto non legittimo l’avviso di rettifica che il Fisco aveva emesso a seguito di PVC contenente varie contestazioni, tra cui quella relativa alle operazioni, sia di accrediti che di addebiti, sui conti correnti dei familiari del titolare dell’azienda contribuente e privi di tracce nei riscontri contabili. La motivazione del giudice di merito contenuta nella decisione era basata sulla irragionevole automatica attribuzione di quei movimenti bancari ad operazioni aziendali poiché non erano stati “effettuati adeguati accertamenti ed approfondimenti volti ad escludere che detti movimenti potessero essere invece riferiti ad operazioni estranee alle attività aziendali”. Inoltre la Commissione Tributaria Regionale evidenziava che il processo penale per le questioni connesse si era concluso con sentenza passata in giudicato, con dichiarazione di non doversi procedere nei confronti del contribuente.
Gli Ermellini ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate improntato su due motivazioni. La Corte Suprema ha ricordato, confermando l’orientamento della stessa relativa alla Sentenza n. 25365 del 05/12/2007, come“una presunzione legale relativa di redditività degli accrediti e dei prelievi di conto corrente a ricavi non dichiarati”sia “superabile soltanto a mezzo di prova contraria fornita dalla parte contribuente”.
Per cui l’onere della prova non compete all’Amministrazione, bacchettando i giudici di merito. Gli Ermellini hanno ricordato (Cass. n. 25365/07) come in tema ”di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito di impresa, l’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 impone di considerare ricavi sia i prelevamenti, sia i versamenti su conto corrente, salvo che il contribuente non provi che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili; posto che, in materia, sussiste inversione dell’onere della prova, alla presunzione di legge (relativa) va contrapposta una prova, non un’altra presunzione semplice ovvero una mera affermazione di carattere generale, né è possibile ricorrere all’equità”. in merito alla questione che si siano presi in esame anche i conti dei familiari, nessuna novità. Infatti è legittimo, come più volte la Suprema corte ha confermato, ed il principio è lo stesso, tocca al “sospettato” chiarire in maniera circostanziata la situazione.
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