La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 1445 depositata il 21 gennaio 2025, intervenendo in tema di NASpI, ha statuito il principio di diritto secondo cui nell’applicazione dell’art. 8, comma 4, d.lgs. n. 22/2015, secondo cui l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato prima della scadenza del periodo per cui è riconosciuta la liquidazione anticipata della NASpI obbliga l’assicurato a restituire per intero l’anticipazione ottenuta, il lavoratore assicurato non può provare nei confronti dell’INPS l’avvenuta simulazione del rapporto di lavoro subordinato al fine di sottrarsi all’obbligo di restituzione, potendo viceversa l’INPS sempre dimostrare l’avvenuta instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato per ottenere la restituzione del trattamento corrisposto

La vicenda ha riguardato un lavoratore a cui l’INPS aveva chiesto la restituzione di quanto anticipata per l’incentivo all’autoimprenditorialità percepito in luogo della NASpI. Il dipendente impugnava giudizialmente il provvedimento affermando, tra l’altro, che si era in presenza di un contratto simulato in quanto si trattava di prestazione occasionale. Il Tribunale adito respingeva la richiesta dell’attore. La Corte di appello in riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava l’insussistenza della pretesa creditoria fatta valere dall’INPS. L’Istituto, avverso la sentenza di appello, proponeva ricorso per cassazione fondato su due motivi.

I giudici di legittimità accoglievano il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.

Per gli Ermellini per principio generale desumibile dall’art. 1415, comma 1°, c.c., infatti, la simulazione non può essere opposta ai terzi che hanno fatto affidamento sull’apparenza creata dal contratto e che siano titolari di una situazione giuridica che sia connessa o dipendente o che in qualche modo possa essere influenzata dall’accordo simulatorio, nel senso che potrebbe venir meno o diminuire nella sua consistenza in conseguenza del discoprimento della simulazione e della conseguente manifestazione esteriore della effettiva realtà giuridica esistente tra le parti dell’accordo simulatorio (cfr. Cass. n. 338 del 2001)”

Per cui, secondo i giudici di piazza Cavour, la possibilità che l’Istituto, in tali casi, possa far valere la realtà del rapporto contro la sua apparenza altro non è che un’applicazione del principio generale di cui all’art. 1415, comma 2°, c.c., secondo cui la simulazione è inefficace nei confronti di quei terzi i cui diritti sono pregiudicati dal contratto simulato, potendo essi conseguentemente far valere con ogni mezzo la prova della simulazione (cfr., per un’applicazione di questo principio, Cass. n. 15207 del 2002). E dal momento che l’INPS è per definizione terzo rispetto al contratto di lavoro possono non valere nei suoi riguardi le medesime regole che disciplinano la simulazione nei riguardi dei terzi, di talché il contratto simulato sarà inefficace quando pregiudica i suoi diritti ed efficace quando l’ente abbia fatto in buona fede affidamento sull’apparenza per suo tramite creata.