La Corte di Cassazione sez. lavoro con la sentenza n. 21820 depositata il 24 settembre 2013 intervenendo in tema di natura del rapporto di lavoro ha statuito che non può essere qualificato come lavoro subordinato se il teste conferma la presenza quotidiana del lavoratore ma non ricorda gli orari di servizio. La valutazione delle dichiarazioni è riservata al processo di merito: dalle contraddizioni emerse il giudice può ben escludere la veridicità dei fatti riferiti.
La vicenda ha avuto origine dalla richiesta fatta dal Sig. O.M. al Tribunale in veste di giudice del lavoro affinché riconoscesse la natura subordinata del rapporto di lavoro con la società M. sas. e dichiarasse nullo il licenziamento. Il Tribunale accoglieva le richieste del ricorrente riconoscendo la natura subordinata del rapporto, condannava la società al pagamento della somma richiesta per differenze retributive, ma rigettava la domanda relativa al licenziamento.
La società soccombente ricorreva avverso al decisione del giudice di prime cure alla Corte di Appello che riformava la sentenza. I giudici di appello hanno, rigettato le richieste del lavoratore, riformato la sentenza di primo grado e ritenendo che dalle risultanze istruttorie non emergessero elementi idonei a dimostrare l’assunto dell’appellato riguardante la natura subordinata del rapporto di lavoro in questione, atteso che i due testi escussi avevano riferito di circostanze loro confidate dal M., tra l’altro facendo anche confusione sul nome del cinema con il quale le prestazioni sarebbero state poste in essere.
Avverso la sentenza della Corte di Appello il Sig. M. ricorreva alla Corte Suprema per la cassazione della decisione dei giudici di merito.
Gli Ermellini nel rigettare il ricorso del lavoratore hanno affermato che “Secondo costante orientamento di questa Corte è devoluta al giudice di merito l’individuazione delle fonti del proprio convincimento e pertanto anche la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, la scelta tra le risultanze probatorie – di quelle ritenute idonee ad accertare i fatti oggetto della controversia, privilegiando in via logica taluni mezzi di prova e disattendendone altri, in ragione del loro spessore probatorio, con l’unico limite dell’adeguata e congrua motivazione del criterio adottato (ex plurimis Cass. sentenza n. 9834 del 1995; Cass. sentenza n. 10896 del 1998).”
in merito all’esistenza del rapporto di lavoro subordinato, la Corte di Cassazione non ha accolto la domanda di un addetto alle pulizie, anche se il teste ha confermato che questi ha lavorato tutti i giorni alla stessa ora, senza tuttavia ricordare con esattezza né l’esatta collocazione dell’orario, né il nome del datore di lavoro.
Infatti, la Suprema Corte, con la Sentenza n. 21820 del 24 settembre 2013, disponendo che è devoluta al giudice di merito l’individuazione delle fonti del proprio convincimento e, pertanto, la valutazione delle prove, conferma l’insussistenza del rapporto di lavoro.
No al lavoro subordinato se il teste conferma la presenza quotidiana del lavoratore ma non ricorda gli orari di servizio. La valutazione delle dichiarazioni è riservata al processo di merito: dalle contraddizioni emerse il giudice può ben escludere la veridicità dei fatti riferiti.
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