La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 11333 depositata il 29 aprile 2024, intervenendo in tema contratti di lavoro a tempo parziale, ho ribadito quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 210/1992 che ha affermato che “non vi è quindi alcuna ragione, né alcuna possibilità di attribuire alla normativa una interpretazione tale da consentire la pattuizione di contratti di lavoro a tempo parziale nei quali la collocazione temporale della prestazione lavorativa nell’ambito della giornata, della settimana, del mese e dell’anno non sia determinata o non sia resa determinabile in base a criteri oggettivi ma sia invece rimessa allo ius variandi del datore di lavoro” 

La vicenda ha riguardato una dipendenti di una società per azioni, adibita a turni con orario part-time verticale. La dipendente citava in giudizio la datrice di lavoro affinché venisse accertato l’illegittimità della mancata indicazione della stabile collocazione della prestazione lavorativa nel contratto individuale di lavoro. Il Tribunale adito, in veste di giudice del lavoro, rigetto le richieste della lavoratrice. La dipendente impugnava la decisone di primo grado. La Corte di appello in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva l’appello proposto dalla dipendente e condannando la datrice di lavoro al pagamento, a titolo risarcitorio, di una somma pari al 5% della retribuzione percepita nei periodi lavorati ai sensi dell’art. 10, comma 2 del d.lgs. 81/2015. I giudici di secondo grado, respinsero la doglianza della lavoratrice di stabilire le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale, tenendo conto delle responsabilità familiari del lavoratore nonché delle esigenze del datore di lavoro ai sensi dell’art.10, 2 comma del d.lgs. n. 81/2015. La società, avverso la sentenza di appello, proponeva ricorso in cassazione fondato su un unico motivo. La dipendente resisteva con un successivo autonomo ricorso fondato su un unico un motivo. 

I giudici di legittimità respinsero le doglianze della datrice di lavoro ed accolsero l’unico motivo del ricorso incidentale della dipendente.

Gli Ermellini nel dichiarare infondato l’unico motivo del ricorso principale precisano che “… Non è possibile sostenere invece che la possibilità di prevedere lo svolgimento dell’orario part time in turni (anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite) comporti anche la deroga all’esigenza della puntuale indicazione dei turni nel contratto di lavoro (che la stessa legge vuole programmati per fasce prestabilite) …”

Inoltre evidenziano, i giudici di piazza Cavour, che “… la normativa sul part time sia rivolta espressamente a consentire al lavoratore part time di conoscere con certezza, fin dall’insorgere del rapporto di lavoro, l’entità della prestazione dovuta, anche allo scopo di organizzare l’orario residuo in altre eventuali occupazioni o impegni personali; mentre tale esigenza non ricorre nel contratto di lavoro a tempo pieno. …”

Il Supremo consesso accoglie la doglianza della lavoratrice evidenziando, alla luce del d.lgs. n. 81/2015, che la “… norma prevede dunque chiaramente che il giudice debba determinare le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale stabilendo anche quali siano i criteri da seguire ai fini della determinazione.

(…) Nessuna controindicazione deriva dal fatto che la prestazione lavorativa part-time sia collocata in turni di lavoro, essendo tale facoltà prevista con l’accordo delle parti dallo stesso art. 5 la cui previsione deve ritenersi disciplinata quanto alle sanzioni dall’art.10.

Pertanto, quando nel contratto part time manchi la precisa indicazione della collocazione dei turni di lavoro deve provvedere il giudice, come in qualsiasi altro caso in cui manchi l’indicazione “puntuale” dell’orario di lavoro.

(…) D’altra parte nessuna lesione dell’autonomia negoziale si può configurare posto che il legislatore ha riconosciuto tale potere alle parti nella fase di instaurazione del rapporto e non risulta lesivo di tale autonomia il fatto che sia previsto dalla legge l’intervento surrogatorio del giudice in caso di omessa specificazione della fascia oraria dentro cui collocare la prestazione di lavoro, tenuto conto delle esigenze indicate dal lavoratore e di quelle del datore di lavoro. …”