La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 48104 depositata il 3 dicembre 2013 intervenendo in tema di sequestro per equivalente ha statuito che nella fattispecie del reato di cui all’articolo 8 inerente all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, non si è in presenza di un’evasione che si realizza automaticamente, e dunque di un risparmio di imposta che può essere aggredito con la confisca. Il risparmio di imposta, infatti, non si verifica in capo al soggetto che ha emesso la fattura e neppure in riferimento al contribuente che ha ricevuto il documento, se quest’ultimo non ponga in essere la specifica condotta prevista dall’art. 2, D.Lgs. n. 74/2000 indicando tale fattura in dichiarazione. Se ciò non avviene non si realizza alcun risparmio di imposta aggredibile con la confisca.
Per cui alla luce del principio statuito dalla Corte niente confisca sui beni di chi emette la fattura falsa se non viene accertata l’effettiva evasione d’imposta.
Gli Ermellini nella sentenza in commento dopo aver fatto una breve sintesi storica delle norma (legge finanziaria n. 244/2007) con cui il legislatore ha esteso l’istituto della confisca per equivalente di cui all’articolo 322 ter c.p. ai reati fiscali contemplati dagli articoli 2, 3, 4, 5 e 8 del D.Lgs. 74/2000. In particolare evidenziano che l’inciso “in quanto applicabili”, riportato all’art. 1, co. 143, L. 244/2007 consente di affermare che la misura ablativa va disposta solo nel caso in cui si sia in presenza di altre ulteriori condizioni e non solo in presenza di fatture per operazione inesistente.
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